Porsi il problema del "significato della vittoria referendaria" è un po' come voler comprendere il contenuto di un libro leggendone una singola pagina.
Intendo che và inquadrato come momento di una evoluzione. Parlando della situazione storico-politica, raramente ci sono atti che da soli determinano un cambio della direzione.
Di solito siamo noi che, a posteriori, attribuiamo una valenza simbolica a un atto singolo. Diciamo un segnaposto che ci aiuti a inquadrare il panorama, cosicché il "movimento" di cui parliamo abbia un inizio (o una fine) precisi.
Non significa che non s'ha da parlare del referendum o del suo significato. Basta non caricarlo di valenza simbolica, che invece non ha: la insoddisfazione di cui il risultato referendario è sintomo non è né nuova né più pesante di prima o dopo, è soprattutto evidenziata, portata alla luce (per i pochi ciechi che non la vedevano già prima).
Citazione:
Operazione poi particolarmente difficile da parte di chi non ha molta stima e comprensione della forma letteraria e della tecnica di stampa.
Intendo che, in tema di interrogarsi su cosa ci circonda politicamente/storicamente/culturalmente, chi privilegia le immagini fisse e molto nette rimarrà deluso dalla scarsa definizione e dalla forzata sfocatura che l'osservazione di una situazione in movimento rendono inevitabili.
Sappiamo/capiamo abbastanza poco per fare descrizioni precise e dettagliate. Forzarle significa creare artificialmente i dettagli.
Questa "bassa definizione" è una seccatura implicita nell'analisi del divenire delle cose, con antecedenti e susseguenti, cause ed effetti, ecc
O ce la facciamo piacere o, se non apprezziamo l'incertezza del quadro generale, ci faremo delle semplificazioni e generalizzazioni, di solito abbastanza brutali e fallaci (e se non lo sono è culo o un intuito fuor del comune).
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