Sono certo di non sapere
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Io credo che la definizione di Gatekeeper sia più o meno questa: " La donna di casa è gatekeeper, perché decide cosa comparirà sulla tavola, e in ultima analisi cosa mangeranno marito e figli. Preso da questo articolo che offre una visione più ampia della figura del Gatekeeper. GatekeeperA ben guardare, nel passaggio da media stampati a Broadcasting, le cose non cambiano tanto quanto sembrerebbe a prima vista.
La relazione è sempre unidirezionale, dal centro alla periferia, one to many. Ruoli e funzioni sono nettamente distinti: rigorosamente disgiunte e separate le figure di chi dice e di chi ascolta, così come le figure di chi scrive e di chi legge. La critica dei mass media non ha motivo di distinguere. Il vincolo formale che la tecnologia della stampa impone alla costruzione di conoscenza permane tale e quale quando a libri e giornali si sostituiscono radio e televisione.
Walter Lippmann, giornalista stimatissimo per equilibrio e indipendenza di opinione, dal 1921 scriveva sul quotidiano radicale New York World. Quando nel 1931 passa al conservatore Herald Tribune, il direttore lo presenta tranquillizzando i lettori: Lippmann continuerà a scrivere su ciò che gli pare e come gli pare.
Lippmann resta maestro del ‘costruire conoscenza’, per la sua attitudine a non conformarsi alle opinioni già espresse. Nemmeno ai giudizi da lui stesso già formulati, perché ogni giudizio è legato a uno speciale momento della vita personale, e a un diverso stato del mondo.
Ma Lippmann resta per noi importante più che come buon giornalista, come critico del meccanismo che sta alla base del giornalismo, così come del Broadcasting. Nel 1922 dà alle stampe Public Opinion, libro anticipatore, ancora oggi di grande attualità. [1] “Nel momento in cui raggiunge il lettore, il giornale è il risultato di un’intera serie di scelte”, afferma.
La pura informazione, fatti separati dalle opinioni, è un mito o un sogno, o una ipocrita illusione. Il giornalista, filtra le notizie in base a personali criteri.
Ricordando Lippmann, o forse no, l’idea di Lippmann è ripresa venticinque anni dopo da Kurt Lewin, nel più vasto quadro dei comportamenti sociali. Ebreo socialista, emigrato negli States nel 1933, psicologo di solida formazione filosofica, Lewin è allievo di Karl Stumpf, a sua volta allievo di Franz Brentano.
Brentano aveva innovato la filosofia tedesca parlando di intenzionalità, mente, psicologia, ontologia, empirismo, esperienza immediata. Aprendo così la strada alla fenomenologia di Husserl e Heidegger, così come alla ricerca psico-sociologica di Lewin. L’idea di conoscenza che Maturana ci propone era già, in buona misura, di Brentano – che già nel 1874 sosteneva l’impossibilità di indagare oggettivamente la realtà psicologica al di fuori della relazione che questa intrattiene con il soggetto che vive l’esperienza. [2]
Lewin, nella sua ultima ricerca, i cui risultati saranno pubblicati dopo la sua morte, sopraggiuntanel 1947, studia le dinamiche di interazione nei gruppi sociali. I comportamenti relativi ad un campo d’azione scorrono lungo canali. In dati luoghi dei canali si trovano zone filtro, lì operano ‘guardiani’. Lewin, che ormai scriveva direttamente in inglese, usa l’espressione gatekeepers.
Gatekeeping: ‘custodia del cancello’, soglia sulla quale si concentra l’attenzione della moderna ricerca sociologica e psicologica.
La donna di casa è gatekeeper, perché decide cosa comparirà sulla tavola, e in ultima analisi cosa mangeranno marito e figli. Ogni processo sociale è segnato da luoghi nei quali agiscono gatekeeper. Il controllo sociale, più che da vincoli esterni posti da legislatori o autorità, dipende dal lavoro di gatekeeper che agiscono all’interno del processo. Perché è il gatekeeper a manovrare le leve tecnologiche che garantiscono, nei fatti, il controllo. [3]
A conferma di ciò che aveva intuito Lippmann, e Lewin aveva generalizzato e modellizzato, sta -nel 1950- la ricerca empirica di White sul ruolo del giornalista. In un piccolo centro degli Stati Uniti, solo il dieci per cento delle notizie pervenute sul avolo del giornalista vengono pubblicate. Il giornalista-gatekeeper può essere più o meno consapevole dei criteri di scelta: mancanza di spazio, scarso interesse, lontananza geografica o culturale. Il giornalista si illude magari di operare in base all’etica o ad una rigorosa cultura professionale. Di fatto, sta intervenendo nel processo di circolazione delle conoscenze, imponendo al flusso regole che si traducono in selezione e controllo. [4]
Lippmann scriveva Public Opinion negli anni in cui il neonato Boadcasting elettronico già prendeva il sopravvento sulla stampa. Lewin e White compiono le loro ricerche quando ormai radio e televisione si sono dimostrate veicolo ideale per le comunicazioni di massa. E la carta stampata, cara a Lippmann, appare sempre più chiaramente come un’eredità di quella stagione dell’Ottocento celebrata da Balzac.
Ma tra l’antica tecnologia della stampa e le nuove tecnologie elettroniche non c’è, dal punto di vista del gatekeeping, soluzione di continuità. Sia con la stampa, sia con il Broadcasting, il processo di produzione e diffusione di conoscenza passa necessariamente attraverso luoghi – la casa editrice, l’emittente televisiva – che rendono possibile il lavoro di chi intende imporsi come mediatore necessario. Dietro la nobile figura dell’editore si nasconde sempre la figura del censore.
Molto meno di quello che parrebbe a prima vista è cambiato dal 1600. Cervantes, mentre scrive il Quijote, e Galileo, mentre scrive il Dialogo dei massimi sistemi, sanno benissimo che i testi subiranno l’acuto vaglio del Sant’Uffizio. Così, perché il testo sforbiciato e corretto non resti squilibrato, preferiscono autocensurarsi, sovrapponendo già durante la scrittura al proprio pensiero, alla propria concezione del testo che sta emergendo dalla mente, la concezione che di quel testo immaginano abbiano i censori.
Non dissimile la situazione di un autore televisivo oggi, di fronte a ciò che accetterà o non accetterà l’inserzionista pubblicitario. Non dissimile il modo di agire del giornalista di Lippmann e di White: anche aldilà di personali inclinazioni, essi finiscono per essere applicatori delle regole che presiedono al giornale ‘ben fatto’. E così il redattore e l’editor che, in casa editrice, limano il testo emerso dalla mente dell’autore per renderlo conforme al gusto del mainstream: penso -un caso tra gli infiniti casi- alla commovente delusione di Raymond Carver che vede il suo testo già di per sé così vicino alla semplicità assoluta, al grado minimo della scrittura, manipolato e cancellato da Gordon Lish, nell’intento di renderlo conforme a una regola, ad una astratta rappresentazione di come deve essere inteso il minimalismo.
La presenza di luoghi nei quali -per necessità dettate dalla stessa tecnologia- verrà esercitato il controllo, spinge ognuno all’autocontrollo. E dove qualcuno non si autolimita, ed oltre l’autolimitazione, il flusso sarà comunque atteso al varco dal gatekeeper, a valle filtrerà solo ciò che risulta conforme alle procedure di normalizzazione di cui egli è esecutore.
“La conoscenza è la condotta considerata adeguata da un osservatore in un determinato dominio”, ci dice Maturana. Nessuno nega legittimità allo sguardo del gatekeeper. Né c’è motivo qui di addentrarsi in ragionamenti a proposito di autorevolezza e di autorità. Quel che c’è da dire è che stampa e Broadcasting, tecnologie limitanti, ci fanno sentire la mancanza di tecnologie in grado di garantire la compresenza di diverse condotte, diverse conoscenze, una per ogni persona.
Se stampa e ancor più Broadcasting indirizzano fatalmente verso il pensiero unico, nell’epoca in cui stampa e Broadcasting trionfano cresce il bisogno di tecnologie in grado di favorire un pensiero plurale e molteplice.
Gran parte del recente dibattito sulla crisi dei modelli di governo delle grandi imprese si è concentrato sui carenti comportamenti di Amministratori Delegati e Presidenti. Dovremmo però guardare con più attenzione al ruolo svolto dai loro consulenti. Veri e propri gatekeeper, filtrano informazioni e conoscenze, influendo grandemente sui processi decisionali.
Siamo prigionieri dei nostri guardiani.
[1] Walter Lippmann, Public Opinion, new York, Macmillan, p. 321. Trad. it. L’opinione pubblica, Edizioni di Comunità, 1963, e poi Donzelli, 1995 [2] Franz Brentano, Psychologie vom empirischen Standpunkte, Lipsia, 1874; trad. it. Psicologia da un punto di vista empirico, Laterza, 1997. [3] Kurt Lewin, “Frontiers in Group Dynamics: II. Channels of Group Life; Social Planning and Action Research”, Human Relations, 1 (1947), pp- 143-153. Kurt Lewin, Field Theory in Social Science: Selected Theoretical Papers , ed. by Dorwin Cartwright, New York, Harper & Brothers. 1951. [4] David Manning White, “The ‘Gate Keeper’: A Case Study in te Selection of News”, Journalism Quarterly, 27, 3 (1950),pp. 383-390.- - - -- - - - - - - Il grassetto è mio. Di solito chi scrive sul Web come sulla carta stampata cerca di raggiungere la platea più ampia possibile, per cui sapendo che i suoi testi saranno sottoposti a censura, si auto-censurerà per evitare che i suoi testi venendo censurati da altri perderanno di forma o verranno presentati con dei vuoti di testo se non addirittura denigrati nella sostanza.
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