Mi sento vacillare
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Per chi ha voglia e se la Storia sta tanto a cuore anche a te, leggi qesto articolo: Fonte: LA LIBRE BELGIQUE (25.01.2006) Dichiarazione di storici belgi.
QUANDO LO STATO SI OCCUPA DELLA STORIA La Storia viene ormai quotata in Borsa. L'infatuazione del pubblico e le bramosie del mondo politico sono innegabili. Ministri federali e regionali, deputati e senatori moltiplicano le iniziative di carattere storico invocando quasi sempre un " dovere di memoria ". A testimonianza di ciò, per citare solo qualche esempio, l'inchiesta promossa dal Senato circa la responsabilità delle autorità belghe nella persecuzione degli ebrei, le commissioni parlamentari per stabilire le responsabilità del Belgio nell'assassinio di Patrice Lumumba oppure per stabilire le cause della scomparsa della compagnia aerea Sabena, i dibattiti parlamentari sul genocidio armeno e la sua punibilità se lo si nega, i progetti del governo fiammingo per un " museo ", centri d'archivio e di studio sulle violazioni dei diritti dell'uomo a Malines, il finanziamento belga di un futuro museo dell'Europa a Bruxelles oppure il programma " scuola per la democrazia " che organizza viaggi ad Auschwitz su un aereo militare per centinaia di studenti belgi alla fine di Gennaio. Ce n'è dunque da riempire di gioia gli storici di tutto il Belgio? Da storici quali noi siamo, non rifiutiamo qualsiasi concorso in queste iniziative. Sarebbe come fare prova di un purismo scientifico a discapito della domanda sociale. Siamo numerosi ad impegnarci in progetti su richiesta del mondo politico e ci assumiamo per intero le responsabilità derivanti dal nostro statuto di ricercatori e di insegnanti remunerati con denaro pubblico. Tuttavia questa infatuazione ci lascia talvolta scettici, in alcuni casi può preoccuparci perchè, al di là degli effetti mediatici chiaramente visibili, essa non porta nessun nuovo impulso alla ricerca storica, anzi, tende a creare un obbligo di memoria. Quale deve essere il ruolo dei poteri pubblici nella " trasmissione della memoria del passato " così come viene invocata dai predetti progetti in corso? In primo luogo la commemorazione che organizza il ricordo in uno scopo politico, è un'azione assolutamente legittima di uno Stato, di una regione o di un comune. Solamente che questa non può essere confusa con il promuovere la ricerca storica che è una disciplina critica e indipendente dall'uso che viene fatto della memoria in politica. Se c'è un legame fra memoria e Storia, le due cose obbediscono a esigenze diverse. La memoria non da accesso alla conoscenza, essa mobilita il passato in un progetto politico o civio del presente. La Storia, invece, rivendica uno statuto di scientificità. La Storia non è al servizio del politico, essa non è un'emozione. Essa non accetta alcun dogma e può essere scomoda. La Storia può tener conto della memoria ma certamente non si ci sottomette. Più che il dovere di memoria, tanto invocato, vorremmo vedere più spesso invocare il dovere di storia e di sapere. Le recenti iniziative miranti a diversificare le esperienze storiche commemorative in questo paese, al fine di mettere le nostre politiche di memoria in fase con le diversità della società belga, sono lodevoli. Guardiamoci però dall'idea magica che crede di trasformare degli studenti in cittadini tolleranti ed antirazzisti dopo un viaggio di andata e ritorno ad Auschwitz! Questa pratica, utile e meritevole, non ha altro che un valore radicato in una conoscenza storica che va al di là dell'emozione nata dallo choc degli orrori. No, la Storia non è una nuova dottrina della multiculturalità, capace di combattere l'estrema destra e la xenofobia, di promuovere la democrazia, l'idea europea o la solidarietà mondiale. Una memoria esclusivamente " negativa " fatta dall'elenco delle Grandi Tragedie della Storia contribuisce poco allo sviluppo di una riflessione critica e questa può addirittura coltivare un sentimento di autosoddisfazione morale di un presente redento nei confronti di un passato di orrori e di brutalità. E' quindi di competenza del Parlamento e del Governo elaborare una nomenclatura di catastrofi in un inventario sempre più esauriente, partendo dal genocidio degli ebrei, passando per quello degli zingari, gli armeni, le vittime del colonialismo, del genocidio rwandese, del conflitto in Bosnia o nel Darfour sudanese ? Come ha scritto recentemente lo storico francese Henry Rousso, in una storia criminale dell'umanità " lo Stato si trova sempre più spesso ad essere, nel medesimo tempo, fonte del crimine e fonte di rendenzione ". Bisogna dunque moltiplicare gli atti di pentimento e di perdono per mettersi la coscienza in pace, per spiegare il comportamento dell'amministrazione statale sotto l'occupazione, l'Inquisizione, la tratta degli schiavi, il comportamento delle truppe tedesche nell'Agosto del 1914, i processi di Mosca, lo sterminio dei pellerossa, lo sfruttamento dei bambini da parte del nascente neo- liberismo o i massacri delle legioni romane in Gallia ? Una crescente giudiziarizzazione del dibattito storico costituisce una minaccia alla libertà di espressione e della ricerca e porta con se delle conseguenze perverse che vanno a beneficio esclusivo dei bugiardi e dei fomentatori d'odio. Gli storici sono ovviamente gli ultimi a lamentarsi quando lo Stato fa prova di apertura, di autocritica e di trasparenza nelle inchieste ordinate per far luce in un passato torbido. Queste inchieste hanno sicuramente contribuito ad una migliore conoscenza di questi drammi ed a identificare in modo incontestabile le responsabilità politiche al di là della polemica e del sospetto. E' certamente positivo che gli storici siano chiamati come esperti, se necessario, a patto che ciò non produca una nuova Storia ufficiale e che gli archivi siano accessibili all'insieme della comunità scientifica. Pertanto, la procedura che consiste nel concedere un accesso esclusivo a dei ricercatori selezionati con cura, per poi chiudere gli archivi in faccia agli altri, è fondamentalmente problematico per una disciplina che ha la sua scientificità del controllo contradittorio delle fonti, della critica e del dibattito sulle interpretazioni. Quando la ricerca su commissione si generalizza, questo comporta un grave pericolo per gli equilibri tematici in una così piccola comunità di storici come in Belgio, in quanto interi lembi di ricerca che non corrispondono alle priorità politiche del momento rischiano di essere abbandonati. Vittime dei fenomeni di moda, gli storici potrebbero perdervi una delle principali libertà di cui dispongono, quella di porre i loro propri quesiti nei confronti del passato. Non dimentichiamo che, comunque, non c'è stato bisogno di commissioni parlamentari per chiarire questioni scottanti della recente storia politica belga, come lo testimoniano i lavori su Leopoldo III° o nell'assassinio di Julien Lahaut. In conclusione noi chiediamo alle autorità politiche di non fare più di quanto sia necessario, ma di attenersi ai loro compiti per permettere agli storici di fare il loro lavoro. Il mondo politico si premura di portare avanti numerose iniziative storiche ad alto contenuto simbolico, mentre la legge sul materiale d'archivio, invariata dal 1955, è vergognosamente anacronistica in confronto ai nostri partners europei. Anzichè procedere a moltiplicare le commissioni, sarebbe più urgente che i responsabili politici consentano l'accesso agli archivi a tutti i ricercatori, dando i mezzi necessari alle istituzioni incaricate di identificarli, per classificarli ed inventariarli. L'accesso accordato nel quadro delle commissioni d'inchiesta deve diventare la regola e non l'eccezione. Se la Storia sta tanto a cuore, perchè non mettere la nostra legislazione in conformità con quella di una democrazia moderna, portare i termini di consultazione da 100 anni a 30 o anche a 20 anni e vegliare sulla conservazione del nostro patrimonio archivistico ? Da parte nostra non potremmo fare altro che sostenere tutte quelle procedure degli archivi di stato e di altre istituzioni che si orientassero in tal senso. Inoltre sarebbe urgente rivedere la legge sulla protezione della vita privata (privacy), legislazione che si applica per documenti e schedari relativi ad individui in vita ma che ostacola non poco le ricerche storiche, fino a paralizzarle totalmente, se questa norma fosse applicata sempre e ovunque. Il salto di qualità per la salvaguardia di tutte le nostre memorie mondiali, nazionali, regionali o locali non ci aspettiamo che arrivi dalle grandi dichiarazioni, dalle nuove iniziative legislative per codificare la Storia o da ambiziosi programmi educativi, ma bensì da una efficace politica di trasparenza. di accesso agli archivi e di rispetto per l'autonomia e la libertà dei ricercatori. Traduzione a cura di: Gian Franco Spotti
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