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Iraq : Arabia Saudita, il regno dell'ambiguità
Inviato da Mnz86 il 31/3/2007 11:40:00 (7679 letture)

di Andrea Franzoni

Mentre gli Stati Uniti e Israele soffrono un calo di credibilità e di capacità di manovra ed una instabilità interna, lo scenario medio orientale osserva l’emergere dell’Arabia Saudita che si va proponendo apertamente come potenza regionale pacificatrice nuova paladina della stabilità regionale.

Se da un lato è sicuramente presto per sancire questo atteggiamento come reale autonomia della dinastia dei Saud dai tradizionali alleati a Washington, e per stabilire se l’iniziativa dell’Arabia sia intenzionata a rafforzare la propria influenza unicamente sul mondo sunnita (in opposizione all’Iran faro sciita) o a creare una nuova unità nel mondo musulmano, dall’altra sono evidenti negli ultimi giorni le critiche aperte del re Abdullah agli Usa sull’Iraq, le intense relazioni diplomatiche con l’Iran e i tentativi di risoluzione della questione palestinese e di quella sudanese. Queste mosse da una parte possono sembrare in aperta rottura con i piani degli Stati Uniti, ...

... ma esiste la possibilità che esse siano parte di un nuovo corso strategico degli Usa alla ricerca di una nuova stabilità mediorientale e, dopo il fallimento del progetto imperialista in Iraq e Afghanistan che sta segnando la fine politica di Bush, di un disperato avvicinamento sostanziale addirittura all’Iran.

L’Arabia Saudita, che gode di una posizione di rispetto sia in occidente (essendo il più affidabile fornitore di petrolio) sia nel mondo arabo sunnita (finanziando moschee ed opere sociali in diversi paesi), è stata considerata fino ad oggi una pedina nelle mani di Washington. Una pedina certo non limpida, essendo la patria di Bin Laden (che pure accusava il regime di Saud come corrotto) e la sostenitrice indiretta dell’islam politico radicale attraverso le tante moschee finanziate, e nemmeno troppo presentabile (essendo una monarchia assoluta nota al mondo per la stretta osservanza di una tra le versioni più integrali della legge coranica), ma utile per svolgere operazioni coperte e al limite della legalità per conto degli Stati Uniti. Ora che la dottrina Bush si è dimostrata pienamente fallimentare, è possibile che l’Arabia Saudita possa diventare il veicolo per la pacificazione diplomatica del Medio Oriente, sulla quale gli Usa potrebbero poi ritagliare una nuova forma sostenibile di egemonia.

Presunto lavoro sporco nel conflitto tra sciiti e sunniti

Solo poche settimane fa Seymour Hersh, uno dei maggiori giornalisti investigativi statunitensi, scriveva in un lungo articolo per il New Yorker (tradotto in Italia da Internazionale) [1] del presunto sostegno dato dagli Usa, attraverso l’Arabia Saudita, ai gruppi paramilitari sunniti in Iraq così come al governo libanese di Siniora (in opposizione a Hezbollah, vicina agli sciiti). Scriveva il Pulitzer Hersh: «In questi ultimi mesi l’amministrazione Bush ha dato una svolta decisiva alla sua strategia in Medio Oriente. Questa “sterzata” –così la definiscono alcuni alla Casa Bianca- ha avvicinato gli Stati Uniti a uno scontro aperto con l’Iran e li ha portati a intromettersi nel sempre più acceso conflitto tra musulmani sunniti e sciiti in atto nella regione. Per contrastare l’Iran, paese a prevalenza sciita, la Casa Bianca ha quindi deciso di rivedere da cima a fondo le sue priorità. L’amministrazione Bush – in collaborazione con l’Arabia Saudita, paese a maggioranza sunnita- conduce da tempo operazioni clandestine in Libano per indebolire Hezbollah. Inoltre gli Stati Uniti hanno preso parte ad altre azioni contro l’Iran e la Siria, sua alleata». In Libano, in particolare, l’Arabia Saudita ha effettivamente concesso grandi prestiti al governo Siniora permettendo al Libano la stabilità monetaria nonostante il conflitto con Israele e la crisi interna che ha seguito la perdita di legittimità dello stesso governo.

Secondo questa prospettiva, condivisa da tempo da molti (a partire dai sostenitori dei neo-con), l’Arabia Saudita sarebbe una sorta di avamposto statunitense con il compito di compattare le nazioni sunnite (tra cui Giordania ed Egitto), di sostenere i gruppi sunniti negli stati misti (Siniora in Libano) anche nell’interesse di Israele e di provocare il blocco contrapposto, cioè quello sciita, con azioni di disturbo in Iran e in Siria (il cui governo, nelle mani della famiglia alawita –setta sunnita minoritaria- degli Assad, è vicino all’Iran). Tutte mosse preludio, secondo alcuni, di una prossima guerra (suicida) di Bush e degli Usa all’Iran. Guerra che non appare tuttavia sostenibile, e che potrebbe essere un semplice proclama di facciata.

L’Arabia Saudita e il rilancio della dimensione pan-arabista

Negli ultimi giorni il vertice della Lega Araba che si sta tenendo proprio in Arabia Saudita sta aggiungendo particolari interessanti che potrebbero aprire nuovi scenari. Le parole e le opere di re Abdallah e del ministro degli esteri principe Fouad hanno infatti lasciato intendere, oltre all’intenzione evidente di acquisire una posizione di assoluto protagonismo e di rilanciare il proprio ruolo di potenza regionale, un tentativo di emancipazione (apparente) dell’Arabia Saudita dagli Stati Uniti ed una promessa di superamento della divisione tra sciiti e sunniti.

«Nel mio caro Iraq - ha dichiarato nel discorso di apertura re Abdallah - il sangue scorre incessantemente tra i nostri fratelli, sull'ombra di un'illegittima occupazione straniera e continue minacce di una guerra civile e settaria. Non permetteremo a forze straniere di disegnare l'avvenire della regione. L'unica bandiera che sventolerà sulla terra araba sarà quella dell'arabismo» [2].

Una dichiarazione simile può essere interpretata in due maniere: essa può infatti essere tranquillamente considerata anche una manovra strategica per legittimare la monarchia agli occhi dell’opinione pubblica musulmana continuando sotto banco a perseguire gli interessi americani. Interessi americani che rimangono sostanzialmente gli stessi (egemonia politica ed economica, approvvigionamenti energetici), ma che sono messi a dura prova dalla strategia aggressiva di Bush. Proprio questa considerazione ci obbliga a provare ad andare oltre le varie dichiarazioni di facciata e le varie opposizione, per ritrovare il filo del realismo e della conservazione del potere –oggi messa a repentaglio soprattutto dalla situazione irakena- che anima anche l’attuale governo americano.

Palestina, Iran, Sudan: la disonorevole necessità di un accordo col nemico

L’Arabia Saudita non si è limitata a questa dichiarazione. Da una parte essa, dopo aver sostenuto la creazione del governo di unità nazionale Hamas-Fatah (ufficialmente bocciato da Usa e Israele), ha proposto con forza un piano per la normalizzazione della questione palestinese che prevede il ritorno di Israele entro i confini del 1967. Il piano è stato accolto come un segnale positivo dal primo ministro Olmert, alle prese con tensioni interne, che ha annunciato tuttavia emendamenti. Il proseguo delle trattative dimostrerà le vere anime dell’iniziativa, probabilmente avviate nel vertice di pochi giorni fa tra Condoleeza Rice e la stessa Arabia Saudita.

I passi più interessanti si sono però svolti sul fronte Iran e su quello sudanese. Oltre ad avere sostenuto un importante incontro con la Siria, il ministro degli esteri Saudita ha intrattenuto frequenti relazioni diplomatiche con l’Iran staccando un invito di partecipazione, in qualità per ora di osservatore, alla Lega Araba. «Consapevoli dell’importanza e del ruolo chiave della repubblica islamica dell’Iran, e allo scopo di proseguire il rafforzamento della cooperazione tra Teheran e la Lega Araba, rendiamo noto il nostro pieno supporto per l’ingresso dell’Iran nella Lega con status di osservatore» ha dichiarato il ministro degli esteri principe Fouad [3].

Il ministro degli esteri iraniano Mottaki è arrivato addirittura a proporre la possibilità di stipulare un trattato regionale sulla sicurezza e sulla difesa, accogliendo il parere positivo della controparte saudita.

Sempre l’intervento dell’Arabia Saudita ha reso possibile l’accettazione, da parte del presidente del Sudan, di quel contingente ONU incaricato di risolvere la questione del Darfur che rifiuta da mesi e che gli USA hanno tentato di imporre insistendo sulle sanzioni economiche con il progetto, secondo quanto riportato dalla più autorevole agenzia di stampa internazionale, «di premere militarmente sul governo di Bashir aiutando la ricostituzione del Sudan People’s Liberation Army che è stato in guerra con il nord fino agli accordi di pace del 2005» [4]

Ridisegnare il Medio Oriente: l’egemonia sostenibile

Certo l’Arabia Saudita può avere fatto tutto questo autonomamente, con l’obiettivo di emancipare sé stessa e tutte le nazioni musulmane dai condizionamenti e dagli interessi degli Stati Uniti.

E’ però evidente che l’attuale strategia Usa ha portato ad un indebolimento della nazione e dello stesso governo al potere insidiato elettoralmente dai Democratici, e che un cambiamento è necessario per la stessa conservazione dell’attuale classe al governo.

Qualche tempo fa Condolleza Rice sosteneva la necessità di ridisegnare il Medio Oriente in funzione di una nuova stabilità. Questo nuovo e funzionale Medio Oriente non deve necessariamente essere un perenne campo di battaglia come quasi tutti rigidamente sostengono.

Certo Bush ha bisogno di sostenere una contrapposizione di facciata feroce e muscolare quanto ne ha bisogno la controparte Ahmadinejad. Ma è evidente che l’attuale atteggiamento americano si è rivelato fallimentare, e gli strateghi di Bush lo sanno. Bush ha bisogno anche dell’Iran per risolvere la questione irakena, per cavarsi dagli impacci in Afghanistan e per allentare la pressione che l’irrisolta questione palestinese genera. La priorità politica di Bush è quella di rimanere al potere, e la chiave può essere lo scendere a patti con chi fino ad oggi è stato nemico. Nel nuovo ordine, condizione imprescindibile, gli Stati Uniti troveranno sicuramente il modo per ridisegnare una nuova forma di egemonia sostenibile.

E l’Arabia Saudita può essere, ancora una volta, l’agente segreto incaricato di realizzare questo nuovo nuovo corso.

Andrea Franzoni (Mnz86)

-----------------------------------------------------

[1] Vedi l’articolo originale "The Redirection", e l'intervista di Amy Goodman per Democracy Now!

[2] RaiNews24

[3] Press Tv.ir

[4] Reuters

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I commenti sono proprietà dei rispettivi autori. Non siamo in alcun modo responsabili del loro contenuto.
Autore Albero
Freeman
Inviato: 31/3/2007 16:03  Aggiornato: 31/3/2007 16:08
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 31/7/2006
Da: NiggahCity
Inviati: 2092
 Re: Arabia Saudita, il regno dell'ambiguità
Secondo me fa tutto parte di uno "spostamento" di asse.
Gli USA hanno l'esigenza di togliere le loro basi dall'Arabia Saudita, sia per motivi "religiosi" (la presenza sul suolo sacro di basi americane è malvista da gran parte del mondo sunnita ed indebolisce la leadership attuale, filoamericana), sia per motivi "logistici" (la necessità di essere più vicini al centro del nuovo scenario mediorientale).
Quindi migrare dall'Arabia a... l'Iraq, no?
Del resto la strategia di uscita dal pantano irakeno viene ritardata a bella posta, perché prima è necessario strangolare il "governo legittimo" (??) con richieste tipo quelle che seguirono il Piano Marshall in Italia.
Basi americane a gogo, extraterritorialità, contratti in esclusiva per la fornitura di armi e tecnologia, ecc. ecc.
Sarà sicuramente semplicistica come visione, c'è molto di più in ballo, ma in linea di massima credo che questa possa essere una parte della spiegazione.

"Non siamo noi a trovare la Verità. È la Verità a trovare noi. Dobbiamo solo prepararci. Si può invitare un ospite che non si conosce? No. Ma si può mettere la casa in ordine, così che, quando l'ospite arriva, si è pronti a riceverlo e a conoscerlo".
Lestaat
Inviato: 31/3/2007 16:14  Aggiornato: 31/3/2007 16:14
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 27/7/2005
Da: Perugia
Inviati: 1774
 Re: Arabia Saudita, il regno dell'ambiguità
Citazione:
dopo il fallimento del progetto imperialista in Iraq e Afghanistan che sta segnando la fine politica di Bush


Mah....
fallimento?
Ma sono rinco io o sta davvero prendendo piede quest'idea?
Io di fallito non vedo proprio nulla, al contrario, vedo un crescente appiattimento delle sfumature interne al mondo politico occidentale nel suo complesso tutte assolutamente asservite ai veri poteri forti.
Poi sarò paranoico e complottista per carita, ma settimana prossima bombardano l'Iran esattamente come predetto al tempo dell'offensiva mediatica anti-911truth...
L'unico fallimento è stato il tentativo di mettere sciiti contro sunniti, risolto con un bel mucchio unico islamo-fascista, tirato negli occhi del pubblico obbediente e passivo.
L'Arabia Saudita è solamente un paese arabo, usato fino ad ora, controllato alla bel'e meglio fino ad ora che ormai non può più continuare a guadagnare potere a scapito dei popoli arabi, il re probabilmente se n'è accorto ed è venuto meno a qualche accordo con l'ocidente, e forse, ha deciso di cambiare alleato. Ma è e resta un semplice azionista degli Usa, che, nella peggiore delle ipotesi, non potrà far altro che accelerare il decadimento economico degli Usa, che è già in atto da un pezzo.
L'impero, intanto, prosegue per la sua strada, e non è mai stata così tanto spianata come ora.

In nomine libertatis vincula edificamus.
In nomine veritatis mendacia efferimus.
clausneghe
Inviato: 31/3/2007 17:44  Aggiornato: 31/3/2007 17:45
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 17/4/2006
Da: nordcentro
Inviati: 1679
 Re: Arabia Saudita, il regno dell'ambiguità
Citazione:
L'impero, intanto, prosegue per la sua strada, e non è mai stata così tanto spianata come ora.


Giusto, Lestaat

Resta da vedere cosa ci sarà alla fine della veloce spianata in discesa...

Un uccellino mi ha detto che in fondo c'è il baratro..

Lestaat
Inviato: 31/3/2007 17:48  Aggiornato: 31/3/2007 17:48
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 27/7/2005
Da: Perugia
Inviati: 1774
 Re: Arabia Saudita, il regno dell'ambiguità
Ah certo, per noi di sicuro.
E dopo esser caduti è tutta un altra storia....o almeno così la storia della società umana insegna.
Una lezione che a questi potentoni non interessa perchè troppo presi a guardare al breve termine delle loro misere vite.
Il problema è semmai se ci sarà ancora un mondo degno in cui poter vivere, dopo!

In nomine libertatis vincula edificamus.
In nomine veritatis mendacia efferimus.
simone81
Inviato: 31/3/2007 18:04  Aggiornato: 31/3/2007 18:04
Ho qualche dubbio
Iscritto: 20/8/2006
Da:
Inviati: 33
 Re: Arabia Saudita, il regno dell'ambiguità
A meno che non sia una strategia premeditata, in cui gli Usa ritiranole truppe e poi, con la scusa del finanziamento al terrorismo ( cosa che gli Usa fanno uttiizzando proprio il loro fantoccio Saudita), "riconquisteranno" militarmente la nazione del Re Fahd. o no ?

andal
Inviato: 31/3/2007 19:23  Aggiornato: 31/3/2007 19:23
Ho qualche dubbio
Iscritto: 4/10/2006
Da:
Inviati: 58
 Re: Arabia Saudita, il regno dell'ambiguità
La proposta di pace(rivolta ad israele) che c’è stata in questo vertice della lega araba è una proposta vecchia fatta ancora nel 2002 al vertice di beirut che prevedeva la fine dell’occupazione militare israeliana dei territori palestinesi e di quelli seriani e libanesi ,la creazione di un stato vivibile palestinese entro i confini del 67 ed il ritorno dei profoghi palestinesi (si tratta di quasi 5 milioni).
La risposta fu di sharon all epoca che invase con i carri armati la cisgiordania e mise sotto fuoco tutti i territori occupati.ed anche olmert qualche giorno fa ha rispinto tale proposta.


Ciò che cercano di fare in medio oriente è il raffreddamento del problema israelo-palestinese e dare l’impressione al pubblico(anche arabo) che qualcosa si muove e che siamo lavorando per la pace,tipo olmert ed abbas si incontreranno regolarmente ogni due settimane sotto la guida della condolisa rais(non so cosa possono dirsi). invece chi segue da viccino la situazione si rende conto che tutta una manovra per occuparsi dell’iran e i suoi problemi e che non c’è nessuna novità sul piano della pace.hanno fatto la stessa manovra, prima di bombardare l’iraq nel 90 e prima di invaderlo nel 2003.
L’arabia saudita ha fatto passare sempre la politica usa in regione ed ha anche finanziato molte guerre in afganistan contro i russi per esempio.

Dorian
Inviato: 31/3/2007 19:49  Aggiornato: 31/3/2007 19:52
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 23/1/2007
Da:
Inviati: 1275
 Re: Arabia Saudita, il regno dell'ambiguità
Articolo interessante in onore di questo strano alleato americano:

In effetti se il piano americano fosse ancora quello di dividere l'Iraq in due o più regioni su base etnica (sciita, sunnita e kurda) sia l'Iran (sciiti) che l'Arabia Saudita (sunniti) giocherebbero un ruolo fondamentale.
Infatti è evidente che gli americani stanno per ritirarsi; inoltre a causa delle atrocità commesse, della disfatta militare, del profilo debole dimostrato nei confronti dell'Iran gli USA non paiono più autorevoli in Medio Oriente.

Attualmente l'Iran è ben piazzato perché ha già uomini di potere nel Palazzo del Governo (incluse le milizie sciite Badr che hanno già aiutato gli americani nei lavoretti a Falluja).
Ma anche l'Arabia Saudita una volta terminata la de-bathificazione dell'Iraq potrebbe giocare un ruolo fondamentale nel finanziare le milizie sunnite e controbilanciare il potere sciita (che fin'ora ha avuto la meglio e che si è macchiata, complici gli americani, di stragi di rara violenza).

Per quanto riguarda l'essere fantocci degli USA credo che tale definizione si adatti maggiormente al Pakistan e al vacillante regime del Generale Musharaff il quale si barcamena sempre più difficilmente tra alleanze con gli USA, da cui riceve lauti sussidi, e quella con i Talebani che proprio a Islamabad hanno la loro capitale.

Blondet, in un recente articolo, aggiunge che «bisognerebbe trattare Afghanistan e Pakistan come un unico teatro operativo».

Ma anche in questo caso è difficile dire esattamente chi controlli chi perché la caduta del regime di Musharaff consegnerebbe la nazione in mano ai Talebani! E il Pakistan, con i suoi 150 milioni di abitanti, non è l'Afghanistan.
E le atomiche pronte all'uso non sono quel genere di attrezzature che è bene lasciar cadere in mani sbagliate!
D'altro canto Musharaff non può andare troppo pesante con i "ribelli" perchè deve evitare di provocare una popolazione che tanto filo-americana non è.

Viceversa l'Arabia Saudita ha i capitali, la stabilità (essendo monarchia assoluta non esistono praticamente elezioni) e le risorse con cui pilotare la politica americana.

Basta ricordare i legami tra la famiglia Bush e quella Bin Laden: legami che risalgono agli anni '60 e che vedono protagonisti una lunga serie di dirigenti della CIA (Bush Senior in primis).
In effetti è curioso come la famiglia Bush abbia regalato agli USA tre presidenze, due guerre in Iraq e una in Afghanistan mentre la famiglia saudita ci ha regalato Bin Laden, leggendario leader del terrorismo globale.

Bin Laden, gli americani e i talebani

Questo Senatore, ex commissione intelligence, ci va giù pesante nel suo libro:

Bush covered up Saudi involvement in 9/11

Ancora:

The Bush-Saudi Connection

Come non ricordare che la maggior parte dei dirottatori dell'11 Settembre erano sauditi?
Nonostante alcuni sarebbero risultati vivi (!!!) mentre di quelli (eventualmente) morti si sarebbe potuto congelarne i beni, l'Arabia Saudita, opponendosi a ogni tipo di indagine ufficiale e giornalistica, ottenne solo blande proteste da parte degli USA.

Anche le indagini sul caso PTECH - finanziatori sauditi dagli strani legami terroristici - avrebbero potuto rappresentare la chiave con cui decifrare il modus operandi del 9-11. Ma anche qui opportune pressioni hanno bloccato le ricerche dell'FBI.

Campo: intelligenza artificiale a reti neurali avanzate, sistemi di sicurezza militari, sorveglianza aerea.
Clienti PTECH: agenzie governative, esercito, NATO, Congresso, Dipartimento Energia (inclusi depositi nucleari), Dipartimento della Giustizia, FBI, FAA, IRS, Servizi Segreti, Casa Bianca, ecc...
Partecipazione a progetti militari Top Secret, contratti fin dal 1997 NONOSTANTE fosse chiaro da anni quali legami avessero con il terrorismo i suoi finanziatori!

[PTECH, 9/11, and USA-SAUDI TERROR - Part 1]
[PTECH, 9/11, and USA-SAUDI TERROR - Part 2]

Se gli USA attaccheranno l'Iran sarà chiaro per chi combatteranno davvero questa ennesima e assurda guerra.

Mnz86
Inviato: 1/4/2007 1:56  Aggiornato: 1/4/2007 1:56
Ho qualche dubbio
Iscritto: 4/7/2005
Da: BS
Inviati: 246
 Re: Arabia Saudita, il regno dell'ambiguità
Citazione:
fallimento?


Citazione:
L'impero, intanto, prosegue per la sua strada, e non è mai stata così tanto spianata come ora.


queste tue due affermazioni, Lestaat, non sono secondo me in contraddizione. Credo che la strategia di Bush (invasione indiscriminata e tentativo di "conversione" di Afghanistan e Iraq) sia risultata deleteria per il progetto neocon, infatti Rumsfeld è stato dimesso (sostituito da Gates che non è per nulla neocon) e Bush annaspa, rischiando seriamente di perdere le prossime elezioni criticato com'è ormai da tutti, a partire dai generali e da molti media prestigiosi (accidentalmente gli stati uniti sono ancora una democrazia, e chi ha i mezzi per aggiustarla ha come unico interesse gli affari, e non le questioni di principio o gli idealismi).

questo non significa che il concetto di IMPERO AMERICANO sia in crisi! esso si deve semplicemente riprogrammare sotto un'altra forma più accettabile, o meglio più sostenibile.

certo bush se la può prendere seriamente con l'iran, riaccendere il nazionalismo e tirare avanti ancora qualche annetto, ma la situazione in medio oriente in questo modo non è gestibile, e gli affari vanno male.

meglio abbaiare a ahmadinejad per compattare gli americani, ed attrezzarsi per fottere l'umanità in modi meno appariscenti e rischiosi, "as usual".

redna
Inviato: 5/4/2007 10:36  Aggiornato: 5/4/2007 10:36
Sono certo di non sapere
Iscritto: 4/4/2007
Da:
Inviati: 8095
 Re: Arabia Saudita, il regno dell'ambiguità
Perosnalmente non credo che la strada l'impero l'abbia così spianata... come loro fanno i loro interessi dall'altra parte c'è chi non vuole che questo sia possibile...bisogna vedere sempre i due lati, quello evidente che i media ci fanno vedere e quello non visto che agisce comunque...credo che bush e amadinejad siano d'accordo e si fa solo un gran can can....

C’è al mondo una sola cosa peggiore del far parlare di sé: il non far parlare di se (Oscar Wilde)

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