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Medicina : La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Inviato da Mnz86 il 7/5/2007 8:50:00 (19081 letture)

di Andrea Franzoni

Gli antidepressivi aumentano le tendenze suicide, almeno fino ai 24 anni. Allo stesso tempo, però, «la depressione e altri disordini psichici possono avere conseguenze significative se non adeguatamente [farmacologicamente, nda] trattate» [1]. Con una certa confusione e con evidente cerchiobottismo l'FDA, ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione di farmaci e alimenti, ha invitato i produttori di psicofarmaci a segnalare, sulla confezione dei loro prodotti, l'aumento di fantasie suicide indotto dagli antidepressivi tra gli 0 e i 24 anni.

Questo provvedimento, che secondo gli analisti avrà un impatto minimo sulle vendite, rende manifeste tutte le incertezze e tutte le contraddizioni che investono un settore della medicina tanto presuntuoso quanto pre-scientifico. Nonostante l'efficacia degli antidepressivi sia praticamente identica a quella di un placebo, e nonostante il loro funzionamento sulla psiche sia sostanzialmente ignoto essendo lo studio del cervello e dei neurotrasmettitori in alto mare, si procede a tentoni, ...

... sui neuroni di milioni di persone e in presenza di gravi controindicazioni, lasciando per di più lontana dal dibattito la riflessione sulle reali cause "patogene" e cioè sulla società dell'isteria di cui la depressione è più che mai spia.

Innanzi tutto il tempismo: 20 anni, per una semplice indagine statistica basata su numeri e interviste che come tale richiede solo buona volontà e onestà. Una precisazione grave e tardiva che getta sicuramente ombre sulla serietà dei controlli e su molte altre rassicurazioni e verità date per acquisite che - per passare ai benefici - sorreggono un business da 13 miliardi di dollari all'anno nei soli Stati Uniti.

Che molti psicofarmaci potessero indurre idee suicide, specie all'inizio del trattamento o nei cambi di dosaggio, lo denunciavano poi già in molti.

Secondo l'FDA, tuttavia, questo è per ora dimostrato solo per alcune fasce d'età. Nel 2004 la controindicazione era già stata introdotta sulle confezioni, ma solo riferita ai ragazzi dagli 0 ai 18 anni. Il mercato all'epoca reagì bene, nonostante un leggero calo iniziale nelle vendite: diminuirono le prescrizioni fatte dai pediatri e dai medici di base, intimoriti, ma aumentò il ricorso agli psichiatri. Pochi giorni fa l'indicazione è stata estesa fino ai 24 anni, con la precisazione che esistono studi che dimostrano senza ombra di dubbio l'aumento del rischio negli adulti. Per ora.

Un colpo al cerchio, un colpo alla botte

L'annuncio dell'FDA va probabilmente letto come il tentativo di contenere le critiche e le accuse che, specie negli Stati Uniti (dove gli psicofarmaci sono spacciati a tappeto da molti anni), hanno prodotto negli anni molti studi critici e, in alcuni ambienti, una cultura della prudenza e della diffidenza. Dall'altra parte preme però Big Pharma, la grande industria farmaceutica, sicuramente restia a vedere diminuiti i propri fatturati e ben introdotta nei comitati scientifici, nella Società di Psichiatria e nella FDA stessa. La Food and Drug Administration, con eleganza, è riuscita ad accontentare entrambe: riconoscendo l'aumento delle idee suicide in 5 pazienti ogni 1000 in più di quelli trattati con placebo, l'FDA ha fatto sapere che «la depressione e altri disordini psichici possono avere conseguenze significative se non adeguatamente trattate». Sulla confezione degli antidepressivi, accanto all'avviso del rischio di tendenze suicide, troverà così spazio una scritta che valorizzerà l'efficacia e la necessità del loro uso, anche se le evidenze mediche tendono oramai a spostare il bilancio costi-benefici sempre più a favore delle controindicazioni.

Sarebbe interessante capire quali possano essere queste «conseguenze», anche per scoprire come esse possano essere tanto «significative» da poter bilanciare la tendenza al suicidio, tragico epilogo del mal di vivere e priorità negli effetti da scongiurare, che queste sostanze paradossalmente tendono ad aumentare. Ma la questione è molto più complessa.

Costi e benefici: l'efficacia dell'antidepressivo e quella del placebo

E' un dato di fatto che, dati 1000 pazienti in cura con antidepressivi, ben 5 più del normale arrivano al suicidio. Il dato è particolarmente significativo se valuta numericamente l'efficacia degli antidepressivi presentata dagli stessi produttori. Il funzionamento dei test è semplice: si dividono i pazienti in due gruppi e si somministra a metà una pastiglia inerte (placebo) e all'altra metà lo psicofarmaco, senza chiaramente far sapere ai soggetti di quale gruppo essi fanno parte; al termine si valuta (in riferimento ad una scala di percezione soggettiva) l'efficacia della somministrazione della pillola in sé (effetto placebo) e quella, aggiuntiva, imputabile all'azione dello psicofarmaco (secondo gruppo). Secondo la documentazione prodotta dalle case farmaceutiche (tutta da verificare), una pillola di zucchero presentata come psicofarmaco produrrebbe dei miglioramenti nel 64% dei pazienti, mentre il trattamento con veri antidepressivi sposterebbe invece l'efficacia all'82%, con un effetto netto imputabile allo psicofarmaco del 18% circoscritto quasi unicamente ai casi più gravi. E' però anche vero che i dati sono ottenuti da una selezione di test, visto che il 57% degli esami svolti aveva registrato un'efficacia dell'antidepressivo nulla se non inferiore a quella del placebo; allo stesso tempo gli effetti collaterali realmente imputabili allo psicofarmaco potrebbero aver inficiato in parte la veridicità del confronto (doppio cieco). I miglioramenti riscontrati, inoltre, sono comunque minimi, «clinicamente non significativi», pari a 1,7 "scalini" su una scala che conta 62 livelli quando, secondo i parametri stabiliti, il miglioramento minimo per parlare di efficacia clinica dovrebbe essere pari a 3 livelli. Tuttavia, per l'autorizzazione dell'FDA ad una sostanza, sono necessari soltanto due test positivi: questo senza tenere conto di tutti i test negativi, come il dottor Kirsch, autore della ricerca, ha spiegato in un'intervista a Kataweb [3].

Riassumendo, gli antidepressivi risultano, anche considerando solo i test positivi, minimamente utili nell'82 % dei casi, tuttavia l'utilità effettiva dello psicofarmaco è uguale al 18%, specie nei casi più gravi, mentre il grosso del "potere di guarigione" è imputabile al solo fatto di prendere una pillola con la convinzione che ci farà stare meglio. Anche stando ai dati più ottimistici, quindi, i benefici ascrivibili all'antidepressivo hanno un peso assolutamente ridotto. E se può essere utile "prendere in giro" i pazienti e fornire, con grande pubblicità, sostanze di scarsa o nulla efficacia lavorando sulla suggestione, questo è valido solo finché la sostanza che si somministra non si rivela pericolosa. Se uno sciamano, nella credenza di curare una malattia con rituali mistici, provoca nel paziente oltre ad un miglioramento dovuto alla pura suggestione ferite e infezioni reali, è evidente che sarebbe meglio optare per un rituale ugualmente simbolico ma meno dannoso. Allo stesso modo, se alle decine di controindicazioni, agli elevati costi, alla dipendenza e all'assuefazione provocata, si aggiunge anche un sensibile aumento dei tentativi di suicidio, è il segno che forse si sta giocando un po' troppo con l'equilibrio psichico dei pazienti e che il gioco non vale la candela.

Armeggiando a tentoni nella fragile psiche di un uomo

Non esiste una risposta al perché i suicidi aumentano quando i pazienti hanno determinate età, ed in realtà manca una conoscenza a livello fisiologico della depressione e dei venti neurotrasmettitori che ne starebbero secondo una certa visione meccanicistica alla base.

Gli studi che hanno portato l'FDA a questo provvedimento sono semplici analisi statistiche. Non esiste infatti la dimostrazione scientifica che dato lo psicofarmaco esso può scatenare meccanicamente, ad esempio agendo su una particolare molecola, la tendenza suicida. Tutta la psichiatria, in realtà, è basata su analisi statistiche più che sulla conoscenza esatta del funzionamento di ciò su cui si va ad agire, ancora incerto e tutto da dimostrare. In questo campo infatti si procede a tentoni, e non è raro scoprire una determinata molecola progettata per curare -ad esempio- la depressione sia prima apprezzata come allucinogeno dalle comunità hippy e infine certificata come "efficace" per l'ADHD, iperattività e deficit di attenzione nei bambini (è il caso del metilfenidato, Ritalin).

Il funzionamento degli SSRI, gli antidepressivi attualmente in uso, è molto semplice. Il meccanismo è legato alla serotonina, un neurotrasmettitore e cioè una sostanza chimica impiegata per la trasmissione dell'impulso fra due neuroni che il fisico produce e continuamente smaltisce. Fin dagli anni '60 si diffuse, sulla base dell'osservazione, la credenza che, alla base di molte disfunzioni psichiche, vi fosse una carenza di serotonina (visione che, per quanto mai dimostrata, è proposta ancora oggi da pubblicità e media sensazionalistici). Inizialmente si tentò di agire con farmaci che aumentassero la produzione di serotonina, successivamente si preferì utilizzare metodi meno invasivi e nacquero gli SSRI, inibitori del riassorbimento della serotonina che, rallentandone lo smaltimento, dovrebbero aumentare la concentrazione. In pratica se l'organismo produce poca serotonina, si tappano i canali di scolo e si impedisce alla poca serotonina prodotta di defluire. Questo metodo ha più o meno la stessa (ridotta) efficacia dei tentativi passati di aumentare la serotonina, ma ha minori controindicazioni e un costo maggiore.

La capricciosa realtà dei neurotrasmettitori

La situazione però è assai più complicata. Accanto alla serotonina esistono infatti molti altri neurotrasmettitori, coinvolti a vario titolo nella regolazione dell'umore, dei quali non si conosce praticamente nulla. Per quanto riguarda la serotonina, è ancora in attesa di dimostrazione l'assunto secondo il quale una bassa concentrazione di serotonina sarebbe causa, e non conseguenza, della depressione. Il fatto che in un numero statisticamente rilevante di persone depresse la concentrazione di serotonina sia bassa non significa che il basso livello di serotonina sia la causa sulla quale agire: essa potrebbe essere semplicemente una conseguenza di un problema che sta altrove, se non una semplice casualità. Recenti studi gettano dubbi addirittura sulla connessione lineare tra livello di serotonina e depressione, mettendo in discussione i dati prodotti e presentati dalle industrie farmaceutiche.

Anche ammettendo che gli SSRI possano talvolta ridurre in un primo momento i sintomi della depressione (in modo maggiore di una sostanza inerte, cioè di un placebo), è certo che essi non guariscono in maniera definitiva e che gli eventuali miglioramenti duraturi sono da accreditare ad altro. Se i farmaci riescono a controllare il riassorbimento della serotonina, ben poco si sa poi riguardo alla produzione, e quel poco che si sa non fa che complicare le cose: negli anni numerose ricerche hanno riscontrato nel cioccolato come in alcuni batteri presenti nella sporcizia fattori che sarebbero capaci di aumentarne la produzione.

L'utilizzo di SSRI ha inoltre sollevato altre questioni. Intanto essi spesso non sono in grado di equilibrare la situazione, ed agiscono piuttosto come un tampone provocando una sorta di dipendenza chiamata "sindrome da dismissione": una volta interrotta la somministrazione spesso si registrano ricadute o altre complicazioni, a dimostrare che gli SSRI non "aggiustano" la situazione e che i meccanismi di produzione della serotonina non sono modificabili in questo modo.

Allo stesso tempo si registra assuefazione: l'organismo dimostra una resistenza, diminuendo la produzione di serotonina in modo da contrastare il rallentamento del riassorbimento e da mantenere bassa la concentrazione, e l'efficacia dei farmaci tende a diminuire costringendo alcuni pazienti ad aumentare le dosi. L'organismo insomma tende a ribellarsi ed a "rifiutare" la serotonina in eccesso che i farmaci fanno accumulare, annullandone gradualmente l'effetto.

Esistono inoltre problemi di intossicazioni e sindromi dovute alla concentrazione eccessiva di serotonina, con conseguenze anche gravi, ed in realtà non esiste nemmeno un livello ottimale di serotonina a cui tendere.

Si procede insomma a tentoni, presentando come sicure ed efficaci sostanze che nella realtà manipolabile degli studi presentati dai produttori spesso galleggiano appena nel bilancio tra benefici ufficiali e controindicazioni. Al contrario i proclami dei media e dei produttori sono entusiastici e perentori, ma d'altra parte rispondono ad una logica commerciale che alcuni hanno comunque messo sotto accusa come informazione ingannevole [4]. Voci disinformate, o semplicemente tendenziose, che inquinano quell'informazione e quella consapevolezza che dovrebbero essere il vero campo di una battaglia di civiltà.

Comprendere il significato di disagio e dolore

Dolore e disagio non sono dispetti o capricci del corpo ma spie di situazioni deleterie che vanno corrette per tempo alla radice o non reiterate. La febbre ad esempio è, generalmente, l'aumento della temperatura attraverso il quale il corpo aumenta al massimo l'efficienza della risposta immunitaria invitando il soggetto a fare attenzione e a moderare gli sforzi. Il dolore ad un'articolazione è il segnale che è meglio ridurre per un periodo gli sforzi e la mobilità per dare all'arto la possibilità di guarigione senza peggiorare la situazione. Il dolore per un braccio fratturato, al contrario, è un invito a evitare di ripetere nel futuro il comportamento che ha portato alla riduzione dell'efficienza dell'organismo. E la depressione?

Tutto questo gran parlare di serotonina non fa che tenere lontane dal dibattito tutti quegli "agenti patogeni" che provocano in gran parte la depressione, sia che la si voglia considerare come malattia tout court (in ogni caso sarebbe corretto parlare di sindrome, insieme di sintomi) sia che si voglia rifiutare questa definizione negativa, utilizzata con troppa facilità.

In medicina, capita spesso che la prevenzione sia più lucrosa della cura. In psicologia è esattamente il contrario: ad avere un peso, e quindi voce in capitolo, è quasi soltanto la cura, sia essa vicina più alla psicoterapia o alla somministrazione di pillole. Un dibattito culturale sulle radici della depressione, addirittura, andrebbe contro l'intero sistema economico (e non solo) dominante.

Macchè serotonina! La società dell'isteria

Alla base di buona parte della depressione cronica contemporanea c'è sicuramente la frenesia, l'ansia, l'incertezza, l'estremo conformismo sostanziale e tutte quelle pratiche e quelle carenze che sono il sale di una società fondamentalmente isterica. Non stiamo parlando necessariamente di malattie da curare o da medicalizzare, con l'atteggiamento repressivo o semplicistico della psichiatria o moralistico di certa religione, ma di stati d'animo e d'essere che meriterebbero una riflessione proprio perché vanno ben oltre Prozac e serotonina e compongono la reale qualità della vita.

Bella e calzante la definizione data da Ascoltopsicologico.it [5]: «La personalità isterica si contraddistingue per l'immaturità e l'infantilismo. Si tratta di soggetti che, anche da adulti, non raggiungono un'indipendenza affettiva, sono volubili e capricciosi, si esprimono con teatralità. Gli isterici hanno una certa difficoltà a valutare la realtà, pretendono l'immediato soddisfacimento dei loro bisogni, sono facilmente distraibili e impressionabili». Impossibilitati a fermarsi, a esprimersi, diffidati dal riflettere o convinti ad affogarsi in isterismi collettivi, in un libero mercato delle alienazioni. Grandi consumatori e animali politici poco esigenti, sicuramente vittime ma colpevolmente inermi. Da questa condizione alla depressione, il passo è probabilmente breve e le nevrosi sempre più quotidiane, pur nell'abbondanza e nell'evoluzione tecnica estrema.

E' proprio questa connessione, più affascinante di tutte le dissertazioni maggiormente metafisiche su serotonina e neurotrasmettitori, che andrebbe riflettuta a dovere.

Specie oggi, che la "cura" (palliativa) si sta svelando, lentamente, come più dannosa della sindrome che si promette superficialmente di risolvere.

Andrea Franzoni (Mnz86)

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[1] http://www.sciencedaily.com/upi/index.php?feed=Science&article=UPI-1-20070504-11550000-bc-us-antidepressants-analysis.xml [2] http://www.giulemanidaibambini.org/articoliscientifici/glm_articoliscientifici_allegato_25.pdf [3] http://www.kwsalute.kataweb.it/Notizia/0,1044,3717,00.html [4] http://medicine.plosjournals.org/perlserv/?request=get-document&doi=10%2E1371%2Fjournal%2Epmed%2E0020392#N105 [5] http://www.ascoltopsicologico.it/site/articolo.asp?id_area=27&id_rubrica=87

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I commenti sono proprietà dei rispettivi autori. Non siamo in alcun modo responsabili del loro contenuto.
Autore Albero
Robym
Inviato: 7/5/2007 9:32  Aggiornato: 7/5/2007 9:32
Ho qualche dubbio
Iscritto: 2/6/2006
Da: Sardigna
Inviati: 237
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
ciao a tutti!
bellissimo articolo, molto interessante e personalmente condiviso, complimenti! da laureato in psicologia, non posso fare altro che sottoscrivere quanto scritto: purtroppo la tendenza della psichiatria e di una certa "psicologia" dall'atteggiamento vagamente "comportamentista" alla somministrazione di farmaci come fossero noccioline (si pensi alle "caramelle" date ai bimbi un pò troppo esuberanti) è radicata e difficile da cambiare. La mia speranza è che la psichiatria (dall'approccio medico-patologico e quindi farmacologico) non prenda il sopravvento sulla psicologia (orientata all'analisi, alla psicoterapia e non ai medicinali). Inoltre se la depressione è una "condizione" predominante dell'età moderna, la causa và ricercata proprio nella realtà e nella "cultura" della società contemporanea, con i suoi ritmi, i suoi valori (o meglio non-valori), i suoi beceri canoni standardizzanti e massificanti. Bisognerebbe rendersi conto del gioco a cui si è "costretti" e liberarsi dalle catene del conformismo per trovare finalmente una nostra personale strada.
ciao!!

Quando l'Allevi è pronto inizia a suonare.
cocis
Inviato: 7/5/2007 11:43  Aggiornato: 7/5/2007 11:43
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 11/1/2006
Da: V
Inviati: 1430
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
casualmente il proza è stato reintrodotto in europa un paio di mesi fa dopo che era stato bandito...

redblue
Inviato: 7/5/2007 12:48  Aggiornato: 7/5/2007 12:48
So tutto
Iscritto: 6/11/2005
Da:
Inviati: 11
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Avete mai notato che le controindicazioni degli psicofarmaci scritte sul foglietto illustrativo spesso contengono gli stessi sintomi che si cerca di curare?

Complimenti per l'articolo!

Cominciamo a parlare di queste cose, di come le relazioni umane sono state alterate dal sistema che si è creato. Questo è alla base di tutto!

Linucs
Inviato: 7/5/2007 13:45  Aggiornato: 7/5/2007 13:59
Sono certo di non sapere
Iscritto: 25/6/2004
Da:
Inviati: 3996
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
La febbre ad esempio è, generalmente, l'aumento della temperatura attraverso il quale il corpo aumenta al massimo l'efficienza della risposta immunitaria ... nel futuro il comportamento che ha portato alla riduzione dell'efficienza dell'organismo.

Miseria, carestia e business cycle sono invece inviti a non fare troppo gli spiritosi col credito e la redistribuzione, ma al contrario del braccio rotto si trova sempre il babbeo disposto a difenderne l'utilità, se non altro perché il dolore solitamente arriva a qualcun altro.

Ma sto divagando.

Alla base di buona parte della depressione cronica contemporanea c'è sicuramente la frenesia, l'ansia, l'incertezza, l'estremo conformismo sostanziale e tutte quelle pratiche e quelle carenze che sono il sale di una società fondamentalmente isterica.

Quali pratiche e carenze?

Non stiamo parlando necessariamente di malattie da curare o da medicalizzare, con l'atteggiamento repressivo o semplicistico della psichiatria o moralistico di certa religione, ma di stati d'animo e d'essere che meriterebbero una riflessione proprio perché vanno ben oltre Prozac e serotonina e compongono la reale qualità della vita.

Secondo quale definizione di "qualità?"

Bella e calzante la definizione data da Ascoltopsicologico.it [5]: «La personalità isterica si contraddistingue per l'immaturità e l'infantilismo. Si tratta di soggetti che, anche da adulti, non raggiungono un'indipendenza affettiva, sono volubili e capricciosi, si esprimono con teatralità. Gli isterici hanno una certa difficoltà a valutare la realtà, pretendono l'immediato soddisfacimento dei loro bisogni, sono facilmente distraibili e impressionabili». Impossibilitati a fermarsi, a esprimersi, diffidati dal riflettere o convinti ad affogarsi in isterismi collettivi, in un libero mercato (e quando mai?) delle alienazioni. Grandi consumatori e animali politici poco esigenti, sicuramente vittime ma colpevolmente inermi. Da questa condizione alla depressione, il passo è probabilmente breve e le nevrosi sempre più quotidiane, pur nell'abbondanza e nell'evoluzione tecnica estrema.

E' proprio questa connessione, più affascinante di tutte le dissertazioni maggiormente metafisiche su serotonina e neurotrasmettitori, che andrebbe riflettuta a dovere.

...non oso immaginare né indovinare dove si andrà a parare...

Giggione
Inviato: 7/5/2007 14:37  Aggiornato: 7/5/2007 14:40
Ho qualche dubbio
Iscritto: 16/7/2005
Da:
Inviati: 49
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Sono d'accordo con Robym ma vorrei aggiungere una cosa a tutto il discorso. La tendenza ad andare verso cure "farmacologiche" non è solo colpa del meccanismo economico, secondo me è colpa di tutti, anche di chi usufruisce di queste cure. Il motivo è semplice.
Non occorre un analisi ultrascientifica (con tutto il rispetto per il dettagliato e meritevole articolo) per capire che gli antidepressivi danno dipendenza e "non curano per niente il problema", è sufficiente avere avuto un esperienza di lavoro su se stessi per capirlo. Quei farmaci lì infatti, al limite, "coprono" il problema emotivo che c'è nel profondo, che non solo riemerge appena si abbandonano tali farmaci ma diventa anche più difficile da affrontare (in quanto sembra scomparire nel nulla). Questo nel migliore dei casi, negli altri non fanno neanche effetto.
Il punto però è che tutti noi siamo colpevoli di questo stato di cose perché vittime del meccanismo "voglio tutto e subito", incapaci di aspettare e di affrontare un percorso emotivo, spirituale, interiore (chiamatelo come vi pare) che richiederebbe anni di lavoro. Tutti noi quando stiamo male diventiamo schiavi della logica "voglio guarire immediatamente datemi qualsiasi cosa che la prendo, anche fosse veleno". Se non impariamo ad avere pazienza e scavare lentamente dentro noi stessi, resteremo sempre vittime di questi meccanismi superficiali che sfruttano le nostre debolezze.

Un saluto a tutti

P.S: per fortuna esistono anche brave persone che sono assolutamente contrarie all'uso dei farmaci in questo campo

Come sono geniali gli Americani, te la mettono lì, la libertà è alla portata di tutti come la chitarra: ognuno suona come vuole e tutti suonano come vuole la libertà -
da L'America di Giorgio Gaber & Sandro Luporini
tgwowgt
Inviato: 7/5/2007 14:48  Aggiornato: 7/5/2007 14:48
So tutto
Iscritto: 24/4/2007
Da:
Inviati: 24
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Vogliamo parlare dei farmaci per i bambini troppo vivaci? (bambini! distribuiti a scuola! Con tanto di pubblicitá per i genitori!)

Quasi tutte le patologie psicologiche si risolverebbero da sole conducendo una normale vita di societá, sia che si sia bambini che adulti, all'aperto, giocando o lavorando.
Il problema é che con una pillola ci si guadagna molto di piu che vendendo palloni o magliette.

lamefarmer
Inviato: 7/5/2007 18:14  Aggiornato: 7/5/2007 18:25
Mi sento vacillare
Iscritto: 23/9/2005
Da: vacu°u(m)
Inviati: 334
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Bah, sarò semplicistico in queste faccende ma per me:

progresso = frenesia = isterismo = depressione

Sono anche però radicalmente convinto che vi siano delle predisposizioni geniche: non essendo tutti uguali c'é sicuramente chi é più fragile ed esposto ai miasmi tossici della modernità.

E non sono nemmeno covinto che senza modernità sparirebbe il problema, semplicemente in un ritmo di vita lento, adeguato magari alle stagioni (sempre che si possa tornare a vivere in un pianeta con stagioni e ritmi regolari) forniscono sicuramente più di una occasione per rimediare in modo efficace.

Viceversa in un posto semplicemente osceno (dal punto di vista degli equilibri psicofisici umani) come questo in cui si vive oggi nell'indifferenza generale, le occasioni abbondano solo per creare più squilibrio possibile.

D'altronde come ricordavo ieri cinicamente assieme a un amico, la globalizzazione porta malattie false per ricchi e vere per i poveri: poi i poveri sono dimenticati e l'emergenza sanitaria reale incombe minacciosa, ma questo non frega a nessuno.

Ricordiamoci sempre che basta pochissimo: un ebola un po' meno efficiente, e in un attimo ci troveremo immezzo all'inferno a piangerci addosso l'un l'altro.

Per quanto riguarda invece i regolatori serotoninici, dissento in modo pesante. Conosco realtà che vanno ben oltre le fantasie popolane del "matto" e situazioni migliorate (in netta e incotrovertibile evidenza) da questi farmaci. Non li osanno, come non osannerei la tortura, ma ammetto che un pozzo petrolifero dato alle fiamme da un terrorista non lo si può spegnere con una pisciata (o una lezione di catechismo al terrorista).

Una volta creato il disastro non si torna indietro a fare lezioni di disciplina ai cadaveri: vorrei però, almeno per un volta nella vita, evitare di dover sempre vedere quel punto ragguinto, nonostante gli innumerevoli avvertimenti.
Un po' come le torri gemelle: si fa finta che gli avvertimenti non esistono prima, dopo e durante, così chi aveva colpa viene premiato e chi aveva intersse viene ripagato.

Ognuno parla di se stesso, sempre e comunque
fiammifero
Inviato: 7/5/2007 19:27  Aggiornato: 7/5/2007 19:27
Sono certo di non sapere
Iscritto: 28/2/2005
Da: ROMA
Inviati: 5691
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Citazione:
semplicemente in un ritmo di vita lento, adeguato magari alle stagioni (sempre che si possa tornare a vivere in un pianeta con stagioni e ritmi regolari) forniscono sicuramente più di una occasione per rimediare in modo efficace

praticamente tutti a fare i contadini,seguire il ritmo delle stagioni,pregare che non ci siano carestie e/o siccità e grandinate a rovinare i raccolti,altrimenti sai quanti esorcismi !
Niente di nuovo sotto il sole,prima c'erano gli stregoni,gli speziali,i salassatori e gli esorcisti ora le pillole a portata di mano.
Voglio dire che lo stress non è invenzione o conseguenza della modernità,sono i rimedi ad essere cambiati ed amplificati su scala visto che siamo aumentati,ma le origini sono sempre le stesse,ossia infelicità dovuta a molteplici fattori interni ( ridiscussione di regole pre costituite)ed esterni ( fiato sul collo e consapevolezza di averlo ) .
Per millenni siamo andati a droghe ed erbe e ci hanno smontato la favoletta con un'altra,cosa ci verrà propinato se non la lobotomia?

Citazione:
le cose di cui ci sentiamo assolutamente certi non sono mai vere (Oscar Wilde)
shevek
Inviato: 7/5/2007 20:29  Aggiornato: 7/5/2007 20:29
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 27/4/2005
Da: Napoli
Inviati: 1249
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Salut y Libertad a todos...


redblue dice:Citazione:
Avete mai notato che le controindicazioni degli psicofarmaci scritte sul foglietto illustrativo spesso contengono gli stessi sintomi che si cerca di curare?


Infatti. C'è poi anche l'aspetto contrario: spesso l'azione degli psicofarmaci non fa altro che trasformare un sintomo nel suo opposto. Se noi, p. e., non sapessimo che una persona "agitata" prende dei tranquillanti, le consiglieremmo di curarsi per un'evidente depressione...

In genere, poi, gli psicofarmaci sono una camicia di forza chimica, utilizzata, da un lato, per tenere sotto controllo sintomi indesiderabili dal punto di vista sociale, dall'altro, per nascondere le radici sociali della malattia mentale, dando l'idea che si tratti di una malattia organica come le altre, magari di "origine genetica".

A proposito della pretesa origine genetica della malattia mentale. Questa viene dimostrata circa una volta al mese con una ricerca, pubblicata magari su riviste prestigiose, ripresa dai mass media, per poi venire criticata e smentita il mese dopo, magari sulla stessa rivista che ha pubblicato l'articolo originale, senza che però la cosa appaia da nessun'altra parte. L'idea di un'origine genetica delle varie malattie mentali senza palesi base organiche è, oramai, un principio dell'opinione pubblica che non va assolutamente messo in discussione.


Shevek

"Il potere è l'immondizia nella storia degli umani" - F. Guccini
www.portadimassa.net - WEB-TV e non solo di Filosofia
mpi
Inviato: 7/5/2007 20:40  Aggiornato: 7/5/2007 20:40
Mi sento vacillare
Iscritto: 5/3/2007
Da:
Inviati: 329
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Un' infanzia difficile e un carattere testardo mi avevano portato ad una situazione di stallo totale. Dal 2003 la situazione si era aggravata in maniera esplosiva: ossessioni sempre più spinte , il cervello che viaggiava a mille ,alla mattina appena mi svegliavo ero distrutto , soffocato dalla paranoia e dagli incubi ad occhi aperti terrorizzato dalla possibilità di perdere il controllo e di fare male a qualcuno.Non fumavo più nè bevevo per la paura di perdere il controllo.
E la cosa assurda era che intorno a me nessuno si accorgeva del mio inferno quotidiano, anzi le persone a me vicine mi vedevano più attivo di prima e pensavano stessi meglio.
Mi decisi ad andare da una signora che mi avevano consigliato, praticava una tecnica di respirazione particolare, il Rebirthing che riusci' a darmi un pò di sollievo. Durante le sedute trovavo l'unico momento di calma della giornata e mi sembrava di galleggiare mentre respiravo. Seguivo le sedute come un naufrago che nuota verso la riva confortato dal sollievo che mi dava la meditazione ma dopo un anno la mia situazione era rimasta uguale.
Dopo un pò, il mio stato non era debilitante, ripresi la solita vita fatta di compromessi per non impazzire del tutto ma non era una vera vita.
Allora mi decisi ad affrontare la pubblica gogna di essere chiamato pazzo e andai in ospedale. Dopo ore di attesa il medico mi ascoltò per dieci minuti , ripetendo frasi del tipo "tipico alla tua età" e accennando col capo, dopo di che all' ultimo mi lasciò con una ricetta per due farmaci e le analisi del sangue... inutile dire che mi setii sconfortato e preso per il culo.
Ma ero distrutto e mi rivolsi anche ad una psicologa privata ed in seguito cambiai anche lo psichiatra per uno privato che non ha fatto altro che riconfermarmi la terapia di prima.
Morale?

Prendo due compresse di sertralina e di depakin al giorno e da quasi un anno sto bene come non lo ero da tanto tempo. Il medico aveva ragione avevo un disturbo più diffuso di quanto pensassi poichè chi sta male tende ancora ad isolarsi temendo di essere giudicato. La guarigione non è avvenuta in tempi brevi ma costantemente senza che me ne accorgessi e con tutto il fatto che cercassi dei motivi per sospendere la terapia.
Ho compreso che è normale avere dei problemi nella testa come nel resto del corpo e che è importante il modo con cui il medico si relaziona a te.
Vi sono dei problemi prettamente esistenziali che un buon psicologo può aiutarti a superare ma se la mente va in stallo e incomincia a fissarsi su qualcosa mentre ti senti privo di una tua volontà il problema si ripresenterà sempre.

Ecco dove è stata la differenza :
con la meditazione il problema scompariva nell' immediato per poi ritornare ora invece si è dissolto senza che me ne accorgessi riconquistando la normalità.

soleluna
Inviato: 7/5/2007 21:01  Aggiornato: 7/5/2007 21:05
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 29/3/2005
Da: orbita di Anarres
Inviati: 1309
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
(Mnz86) Citazione:
Che molti psicofarmaci potessero indurre idee suicide, specie all'inizio del trattamento o nei cambi di dosaggio, lo denunciavano poi già in molti.


Ciò è vero. Ma paradossalmente questo è dovuto all'effetto migliorativo sull'umore del farmaco. Il depresso, quello vero, non il triste da un po' di tempo perchè lasciato dalla metà, non ha neppure la forza di alzarsi dal letto e di lavarsi, per questo non appena migliorano di poco i sintomi depressivi aumentano gli atti suicidari. E' che a fronte di una cura farmacologica andrebbe affiancato un sostegno ed un attenzione molto più qualificata. E' la pillola da sola che non va, non la pillola in sè.

Le ricerche sull'efficacia farmacologica degli antidepressivi sono tantissime, poi di che antidepressivi parliamo? Ci sono differenti molecole che agiscono a vari livelli sui neurotrasmettitori.

L'effetto palcebo è a mio avviso il parametro più interessante di tutti. Se è vero che funziona, migliorando quindi l'aspetto soggettivo della vita della persona ed influendo in qualche modo sulle sue sinapsi e relativi messaggeri, vuol dire che il solo semplice fatto di prendersi cura produce un effetto fisico (neurotrasmettitori) e quindi mentale.

I bugiardini degli psicofarmaci. Sono terrificanti, come quelli di tutti i farmaci. Avete mai letto con attenzione le controindicazioni di un analgesico qualunque?

Citazione:
Il fatto che in un numero statisticamente rilevante di persone depresse la concentrazione di serotonina sia bassa non significa che il basso livello di serotonina sia la causa sulla quale agire: essa potrebbe essere semplicemente una conseguenza di un problema che sta altrove, se non una semplice casualità. Recenti studi gettano dubbi addirittura sulla connessione lineare tra livello di serotonina e depressione, mettendo in discussione i dati prodotti e presentati dalle industrie farmaceutiche.


Questo non toglie che sebbene manchi una relazione causale vi sia una relazione correlata. Non sappiamo se sia la serotonina bassa ad indurre i sintomi depressivi o il contrario, in ogni caso gli eventi sono tra loro correlati. I farmaci agiscono ad un livello. Su tutto il resto si dovrebbe lavorare a più livelli.

In definitiva io non sono una pro-farmaco aprioristico, ma altrettanto non posso dire che in situazioni molto gravi, oltre a tutto il supporto affettivo, terapeutico, materiale e sociale il farmaco non possa avere la sua importanza.

Non è nel mezzo il problema, ma nel modo in cui lo si usa.

Libera-mente
Pat

"perche' ballate e vi fate l'acconciatura, visto che qua e' impossibile anche comprare da mangiare?"
"perche' magari oggi e' l'ultimo giorno che viviamo, e vogliamo amarlo quanto piu' possibile"
Grozny
lamefarmer
Inviato: 7/5/2007 21:12  Aggiornato: 7/5/2007 21:12
Mi sento vacillare
Iscritto: 23/9/2005
Da: vacu°u(m)
Inviati: 334
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Grazie di cuore MPI
per quello che hai scritto, sia perché ho l'impressione che ti sia costato, sia perché dimostri un coraggio non comune.

Nello stesso tempo mi aiuti nel difficile compito di chiarire che le parole sono tante e sono belle, fino a che con la realtà non ti ci misuri di persona.

Allora le belle ipotesi sui medicinali inefficaci e sui medici servi di un sistema che di fatto usa mercificare la salute pubblica, anche se le sai vere, cadono come corriandoli e l'unica cosa che torna ad avere valore é la maledetta normalità, che per chi ha provato cos'é "anormale" diventa immediatamente come acqua nel deserto, cioé l'unica cosa che ha senso cercare.

Così é per la malattia mentale, ma anche per la diversità (penso all'infinto mondo della diversistà, dove i problemi gravi non puoi negarli) ma anche all'ermarginazione sociale (leggevo ieri un articolo sulla condizione sanitaria dei drogati immigrati irregolari spaventoso sotto ogni profilo umano, come leggere un quatidiano pubblicabile all'inferno).

E come se ci fosse una specie di febbre, un morbo che però non colpisce il corpo ma per prima l'anima: una febbre che non accenna minimamente a calare, di cui le malattie mentali, se così le vogliamo chiamare, sono parte dei sintomi, come anche il cancro e la generale incuria per la decadenza civile e morale che si osserva ad ogni angolo.

Non so per quanto anche i più forti resisteranno. Certo é che la situazione peggiora di giorno in giorno.
Non é per essere catastrofisti: solo bisogna capire che ora abbiamo superato il punto critico, il punto di non ritorno, e dobbiamo semplicemente predere atto che se esiste un veleno che può ridare una parvenza di normalità, un sostegno, non siamo più in grado di rifiutarlo.

Questa é la realtà, nuda e cruda, io altre non ne vedo.

Ognuno parla di se stesso, sempre e comunque
mpi
Inviato: 7/5/2007 22:49  Aggiornato: 7/5/2007 22:49
Mi sento vacillare
Iscritto: 5/3/2007
Da:
Inviati: 329
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Grazie lamefarmer ma ti assicuro che non mi è costato nulla condividere la mia esperienza e penso sia anche questo un risultato della terapia.
Per quanto mi sforzassi di essere progressista avevo anch'io i miei preconcetti e pensavo ,prima che mi accadesse, che la "malattia mentale" non mi toccasse, fosse insomma prerogativa degli "strani" che incontri per la strada e che cerchi di evitare o che le persone che bevendo o fumando vengono prese da attacchi di panico fossero semplicemente incapaci di "reggere la botta".

Penso che vada appunto fatta la distinzione tra il depresso e il malinconico , fra il paranoico e il diffidente. Probabilmente i danni che si registrano sono dovuti alla scarsa conoscenza del fenomeno dato che film e giornali rimandano scenari distaccati dalle realtà cliniche e convincono le persone a ricorrere a farmaci errati, sicuramente c'è molta ignoranza in materia.

Pensa al Litio prescritto in dosi massicce a chi soffriva di vari disturbi,che all' epoca venivano tutti inclusi nel "disturbo ossessivo compulsivo" vedi kurt kobain, ora non lo prescrivono più o lo somministrano con altre modalità e minori dosaggi eppure aveva moltissimi effetti collaterali.

Riguardo all' aumento dei casi penso che siano si causati dai tempi che stiamo vivendo ma probabilmente persone che già soffrivano in maniera più o meno blanda semplicemente all' aumentare della tensione incominciano a non reggere più.

Pensa agli allarmi terroristici è normalissimo avere paura mentre i giornali ti bombardano con gli allarmi più disparati, differente è quando non riesci a reggere più la tensione e incominci a chiuderti in casa e non uscire più finchè ti rendi conto che per tutelare la tua vita te la sei persa.

dr_julius
Inviato: 7/5/2007 23:24  Aggiornato: 7/5/2007 23:24
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 11/8/2006
Da:
Inviati: 1637
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
L'argomento è davvero molto complesso. Mi sforzerò nell'impresa (impossibile) di essere sintetico.
Ricco di 1) mille dettagli sui metodi di tali studi e che andrebbero conosciuti e vagliati, per trovare un linguaggio comune e poi 2) di informazioni da vagliare.
Non dimentichiamo certo che esiste una sicura pressione di certe multinazionali, ma ricordiamo anche che esistono diverse scuole di pensiero nel mondo medico scientifico che si oppongono a certe vedute, a certi "eccessi", che criticano e discutono su questi argomenti da decenni.
La "teoria serotoninergica" sulle cause della depressione non è l'unica esistente. Nessuna delle varie teorie ha oggi prevalso sulle altre.
Non vorrei mai che in queste discussioni ci si dimenticasse di chi è malato. A volte gravemente. E mi sembra lodevole che si cerchi il metodo per curarlo.

Premesso questo, confesso che sono tentato di non inoltrarmi in questa discussione (non so se si è all'altezza: lo dico in primo luogo per me)

Data la mia formazione prettamente "scientifica" mi sembra doveroso ricordare alcune informazioni:
- esistono gradi MOLTO differenti di depressione. Per la depressione si arriva anche al suicidio. (in ogni caso vi garantisco che non si sta bene e si vive male, con una inabilità alla vita)
- è davvero difficile misurare l'azione (o la non azione) di un farmaco antidepressivo. Non è come misurare la pressione arteriosa o il colesterolo. Negli studi clinici generalmente si usano scale soggettive (compilate o dal medico o dal paziente).
- è quindi doppiamente difficile misurare la differenza del farmaco dal placebo, visto che confrontiamo due "misurazioni" soggettive.
- l'effetto placebo esiste in tutti i farmaci (ad esempio il 30% dei pazienti ipertesi torna ad avere una pressione normale con un placebo, almeno nel breve termine).
- come è già stato detto, anche in altri campi ci sono farmaci che danno effetti indesiderati, addirittura contrari all'effetto che dovrebbero conseguire. Ciò succede anche con gli antidepressivi, ma quando si parla di un aumento di suicidi in pazienti trattati con tali farmaci in realtà non dovremmo parlare di effetti avversi, ma piuttosto di inadeguata efficacia.
- gli SSRI vari sono usati anche per i disturbi di ansia (ansia generalizzata, attacchi di panico, disturbi ossessivi-compulsivi etc)., anzi sono preferiti alle benzodiazepine (che danno dipendenza farmacologica e tolleranza).
- la depressione in genere si dice che "non si guarisce, ma si cura". Non nel senso che chi assume un antidepressivo e stà meglio deve poi prenderlo "a vita", ma può capitargli nella vita di averne nuovamente bisogno. Quindi chi viene curato con efficacia può anche successivamente ricadere in uno stato depressivo. Nelle misurazioni dell'efficacia degli SSRI occorre quindi anche confrontare adeguate numerosità di pazienti trattati per tempi adeguati con il placebo.
- la terapia della depressione non è solo somministrare il "farmaco magico" e... "bye-bye blues" (=addio depressione) come diceva uno slogan di qualche tempo fa. La terapia di supporto psicologico è parte integrante della terapia. Per quanto concerne la terapia farmacologica, inoltre, non è indifferente quale farmaco dare, e come darlo. (e questo vale per tutte le terapie)

Riguardo al post iniziale di Mnz86 il titolo "La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi" è secondo me un po' provocatorio, ma soprattutto non ho capito fino in fondo quali siano le "favole".
A mio parere la "bontà" degli antidepressivi è come quella degli altri farmaci, e in generale delle tecnologie tutte: dipende se si usano bene e con quali scopi. E anche dalla (s)fortuna del singolo, di ognuno. Se la penicillina e i suoi derivati hanno salvato molte vite, tuttavia c'è anche chi ci è morto, magari per allergie e shock anafilattico.

Quel che dice la FDA mi sembra abbastanza normale. Del resto lo stesso post di Mnz86 riporta che tali farmaci "potessero indurre idee suicide, specie all'inizio del trattamento o nei cambi di dosaggio, lo denunciavano poi già in molti."
Il dato tecnico è che per tutti gli antidepressivi esiste un tempo di latenza (da 7 a 14 giorni) prima del quale spesso non si vedono significativi risultati clinici. Il senso medico di tale periodo non è ancora pienamente compreso (è legato comunque a modificazioni del numero dei recettori). Cioè è molto probabile che l'antidepressivo per 2 settimane potrebbe anche non funzionare. Come questo si colleghi all'indurre idee suicide è ancora da spiegare bene. Non mi pare che l'FDA l'abbia spiegato.

Uno dei compiti della FDA è di normare e segnalare tutti gli effetti avversi dei farmaci, per regolamentarne al meglio l'uso. NOTATE ATTENTAMENTE CHE SEGNALARE GLI EFFETTI AVVERSI SERVE ANCHE A TUTELARE LEGALMENTE I PRODUTTORI DEI FARMACI. (ricordate che la FDA è tenuta in piedi soprattutto dai contributi di BigPharma).
Che la FDA quindi raccomandi che «la depressione e altri disordini psichici possono avere conseguenze significative se non adeguatamente trattate» è a mio parere una affermazione assolutamente NORMALE (la malizia di aggiungere da parte di Mnz86 "farmacologicamente" è assolutamente di parte). O avreste preferito che la FDA dicesse che "la depressione non è una situazione pericolosa, che basta una pacca sulla spalla e.. via!" ?!?.

saluti,
dr_julius

Per rifornire di elettricità un terzo dell’Italia, un’area equivalente a 15 centrali nucleari da un gigawatt, basterebbe un anello solare grande come il raccordo di Roma. (Carlo Rubbia)
fiammifero
Inviato: 7/5/2007 23:35  Aggiornato: 7/5/2007 23:38
Sono certo di non sapere
Iscritto: 28/2/2005
Da: ROMA
Inviati: 5691
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
La depressione io la chiamo lo specchio di un'anima appannata dal lasciarsi vivere per conto altri che all'improvviso si spanna a chiazze,come sul lunotto della macchina quando fuori piove ed accendi l'aria.
Arriva quando meno te l'aspetti,molto spesso in concomitanza di una malattia che ti costringe a letto,che interrompe i soliti ritmi automatici e ti dà il tempo di riflettere e valutare le tue priorità.
E' un vortice che tutto ingoia,un tornado che tutto sradica e stravolge.
Solo se sei vissuto nella bambagia,hai avuto sempre la pappa pronta ed il tutore non ne esci senza aiuto esterno.
La mia fortuna è stata quella di aver accumulato e spalato montagne di merda e ne sono uscita da sola ricominciando da capo,accettando i miei limiti ed i miei difetti,i sensi di colpa indotti ed una educazione aliena dalla mia personalità. Mi sono ascoltata e riappriopiata della mia vita,amata ed anche rispettata,mi sono data delle priorità,piccoli passi uno dietro l'altro e soprattutto ho tolto l'armatura dell'eroina a tutti i costi perchè la medaglia non te la dà nessuno.
Certo forse avrei fatto prima con qualche pillola,con sedute da psicologi e psichiatri,ma l'orgoglio ha preso il sopravvento e dopo ben quattro anni posso dire di stare sulla guarigione,anche se non sono stata un bell'esempio per i miei figli,o forse sì ho fatto vedere loro che una madre è pur sempre un essere umano non un feticcio ed un'autorità come vuole la ns.società. Mettersi a nudo con se stessi e con gli altri credo che sia la maggior prova di forza che si possa dare,è senz'altro destabilizzante ma come dice Florizel,se non si tolgono i puntelli al tetto,il cielo non lo si vedrà mai.
grazie mpi
Ps: istinti e tentativi suicida ne ho avuti anche senza farmaci,e se li prendevo?

Citazione:
le cose di cui ci sentiamo assolutamente certi non sono mai vere (Oscar Wilde)
manneron
Inviato: 8/5/2007 0:16  Aggiornato: 8/5/2007 0:28
Mi sento vacillare
Iscritto: 20/2/2006
Da:
Inviati: 951
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
resto del parere fondamentale che la depressione quando ampiamente diffusa abbia cause prevalentemente socio-economiche. Non a caso definirei l'economia come sociologia di massa tramite controllo dei mezzi di scambio della produzione. Non è la povertà il problema, a meno che non sia estrema, ma la povertà relativa al proprio ambiente. Se manipoli le risorse in modo da fermare un'intera generazione creandone un divario enorme con la generazione precedente, ed in pratica rendendo falliti i figli rispetto ai genitori, poi ti meravigli della depressione che dilaga?
Riduci gli stipendi a livello di sussistenza, costringi le persone a fare mutui trentennali per comprare sgabuzzini, a non avere tempo per stare coi figli e godersi famiglia, ambiente, relazioni.
Fai in modo che la bellezza paesaggistica sia distrutta concedendo licenze edilizie per costruire obbrobri. E non parlo solo di ecomostri: anche il palazzo dove vivi o quello vicino contribuisce alla bruttezza dell'ambiente e alla tua depressione. Vedi un palazzo dell'ottocento o inizio novecento che appena restaurato è una meraviglia: muri solidi, decorazioni eleganti e poi ti giri e vedi il palazzo costruito 5 anni fa con muri umidi, crepe, decorazioni fatte col pennello invece che con la cesellatura che scoloriscono. Vedi sparire case vecchie con giardino per far posto a palazzi che occupano tutto il terreno senza lasciare un minimo di verde. Il cemento è un orrore di per sé, dovrebbe essere vietato.
Poi togli risorse all'educazione e alla scuola e fai in modo che pochi educatori idealisti vadano in estinzione in strutture fatiscenti.
Poi fai in modo che la principale preoccupazione dei cittadini sia sopravvivere e trovare il modo di pagare le tasse per non essere rovinati dal fisco. E quindi vedi quando il genitore è a casa con la famiglia e ha per la testa il pensiero di come trovare gli euro per la prossima bolletta, vedi se costui è così sereno da trasmettere questa serenità alla prole. Non si può fingere.
Comunque, per distrarti, puoi sempre accendere la televisione e vedi che botta di speranza che ti da. Vuoi essere ricco e famoso? Prostituisciti facendo l'idiota o prostituisciti letteralmente se sei una donna. E' la distruzione dell'etica del lavoro, della cultura e della conoscenza, senza i quali il bello non si può costruire. I "selvaggi col telefonino" possono fare solo oscenità. Avete mai rivisto a tarda notte un varietà degli anni settanta in bianco e nero? Bastano solo le scenografie a spiegare cosa si intendeva per bellezza.
E da ultimo, ma ne potreste aggiungere a raffica di motivi, vi sono le prospettive. Va bene stare male, ma quello che veramente porta alla depressione è la consapevolezza di non poter stare meglio, di non avere la possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita. A parte i soliti che dicono: il futuro non si sa cosa ci riserva (può essere meglio, ma anche peggio), in realtà nessuno vede come ottenere questo meglio, non vi è fiducia. Una volta mi dicevano che se eri precario dovevi essere pagato di più per il rischio che correvi, ora sei precario e quindi vali meno.
E volete che vi spieghi le cause della depressione? Cerchiamo le statistiche? Ognuno sa quali sono le cause ed è inutile prenderci in giro.

vulcan
Inviato: 8/5/2007 1:04  Aggiornato: 8/5/2007 1:04
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 29/1/2005
Da: Sardigna
Inviati: 2092
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Antidepressivi si antidepressivi no

Alla lettura il “sospetto”è sempre lo stesso;

descrivere aspetti solo negativi o contraddittori di una data situazione, in questo caso specifico antidepressivi e depressione per poi imbarcarsi a sostenere “l’evanescenza” della depressione
come condizione di vera sofferenza individuale, e sostenere che gli antidepressivi siano solo una invenzione per fare soldi.

Parlo di sospetti ovviamente .. non sono in grado di sapere se l’intenzione di Andrea sia quella di insinuare nella mente del lettore , queste semplici conclusioni.

Che la nostra società ( intendo quella più “occidentalizzata”) sia in grado anche di produrre e formare soggetti deboli , incapaci di rapportarsi in modo costruttivo con il mondo e con i propri simili, è un dato di fatto; gli scuotimenti emotivi che oggi accompagnano un essere umano nella cosiddetta società civilizzata sono tali e tanti che diviene molto più facile osservare l’emergere di patologie psichiche minori e maggiori anche rispetto al passato ed anche in soggetti di età molto giovanile.

In quanto a quelle maggiori, grandi sindromi distimiche e schizofrenia, dal mio punto di vista non vi è dubbio che esse presentino anche un substrato genetico costituzionale capace di infrangersi con l’ostilità e la contraddittorietà del mondo esterno, andando a strutturare il vero malato psichico.

Ma al di là di ogni possibile teorizzazione sulla causa della malattia psichica ( che procede ormai in termini scientifici dall’800), rimane evidente il fatto della sua esistenza come oggetto concreto e la possibilità almeno teorica di affrontarne le sue espressioni .
In altre parole non credo affatto che prima si sia inventata la depressione e poi gli antidepressivi come esclusiva strategia di mercato.

Semmai il discorso dovrebbe correttamente rivolgersi all’anomalo ed improprio utilizzo di un antidepressivo,( o di un qualsiasi farmaco) al rapporto costo/beneficio, ai rischi generici e specifici di un approccio farmacologico, e al contesto sociale e scientifico che permette tale stato di cose, nonché all’eccesso di medicalizzazione o psichiatrizzazione di soggetti”sciocchi” che si fanno abbindolare dalla illusione della “magia” farmacologica, tralasciando nel “recesso” della propria anima le nascoste risorse interiori.

A tali condizioni di ragionamento mi trovo sempre in prima fila!

Non bastano infatti gli antidepressivi , lo sanno bene i pazienti intelligenti ed i medici equilibrati, esistendo anche una cosa che si chiama psicologia e che ci corre in aiuto andando a colmar lacune che neanche l’antidepressivo “perfetto” sarebbe in grado di colmare!… SoleLuna ci illumina !

Se poi apriamo un cosidetto bugiardino scopriamo con estrema facilità che quel farmaco potenzialmente in determinate condizioni ci potrebbe uccidere.. qualsiasi farmaco intendo!
Se giungiamo in sala operatoria per una grave patologia corriamo il rischio di guarire ma anche di morire sotto il taglio di un bisturi( anche senza colpa, negligenza o imperizia dell’operatore)..

d’altra parte se usciamo di casa potremmo essere investiti da un’auto, o forse se ci chiudiamo al sicuro in casa potrebbe crollarci il tetto in testa!

"Indaga le parole a partire dalle cose e non le cose a partire dalle parole." Misone
vulcan
Inviato: 8/5/2007 1:06  Aggiornato: 8/5/2007 1:06
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 29/1/2005
Da: Sardigna
Inviati: 2092
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Il suicidio

Ma se un paziente depresso in trattamento si suicida, l’evento è legato alla depressione o all’antidepressivo?
Nasce prima l’uovo o la gallina?

Procedendo ad eseguire una “autopsia psicologica” potremmo essere in grado di scoprire con estrema facilità che la maggior parte dei soggetti andati incontro all’evento suicidarlo soffrivano di una malattia psichiatrica.

La presenza di una malattia psichiatrica costituisce in assoluto il rischio suicidarlo più grave, antidepressivi a parte! Circa 15 volte maggiore rispetto alla restante popolazione.
In particolare le patologie in questione sono la depressione maggiore, la schizofrenia e l’alcolismo.
(Pokorny; prediction of suicide in psichiatryc patient. Archivo generale di psichiatria, 1983, 40,249-257)

All’interno di queste patologie la condizione di rischio suicidarlo diminuisce decisamente con l’aumento del trattamento antidepressivo.

In particolare il legame tra turnover della serotonina e depressione non è ancora del tutto nota, nonostante numerosi studi, abbiano dimostrato che nei depressi con bassi livelli del metabolica della serotonina ( acido 5-idrossindoloacetico) vi è una marcata predisposizione al comportamento suicidario.In particolare i pazienti che usano pratiche suicidarie più violente corrispondono a quelli depressi con i più bassi livelli di metabolita.

I fattori di rischio suicidario in un soggetto x ( predittività del suicidio) non sono esemplificabili ad un unico parametro come ad esempio ;
uso di antidepressivo= suicidio.
Oppure ; uso di droghe =suicidio
Essendo l’evento suicidarlo il momento culminante della interazione dinamica di una serie di fattori di rischio suicidario. ( sono stati identificati circa 15 fattori di rischio)

All’elenco possiamo anche aggiungere un ulteriore fattore di rischio ( rischio specifico) legato all’uso dell’antidepressivo in discussione. Tale rischio diviene cumulativo a quello prioritario della patologia di base ( come il rischio di morte per broncopolmonite si incrementa per aggiunta del rischio generico di morte nell’uso di un antibiotico potenzialmente letale.

Cio che conta è alla fine quanto il rischio complessivo di suicidio aumenta o diminuisce o quanto siamo in grado di vedere guarire quella broncopolmonite.

Resta dunque da capire chi e come sia in grado di discernere l’atto suicidarlo nella sua causalità più intima e quale metodologia scientifica ( inesistente al momento attuale) possa distinguere l’elemento di rischio dominante in un determinato momento e magari di un antidepressivo!

Complessivamente mi sento di sostenere che l’antidepressivo va dosato nel suo costo/beneficio
( n.b. regola valida per tutti i trattamenti farmacologici) mirato alla patologia specifica e al dosaggio minimo accettabile e terapeutico e per il tempo più congruo e breve che possa individuarsi nel singolo caso.
Riservato ( e non abusato, per sproporzione del rischio-beneficio) nella patologia psichica importante ( a non dato agli “sciocchi”!) ed infine affiancato sempre al supporto della psicologia (Sole Luna ).

"Indaga le parole a partire dalle cose e non le cose a partire dalle parole." Misone
vulcan
Inviato: 8/5/2007 1:09  Aggiornato: 8/5/2007 1:09
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 29/1/2005
Da: Sardigna
Inviati: 2092
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Questi “sciocchi!”

Di molti pazienti, è lecito pensare che per la maggior parte, sotto la spinta dell’immaginario che la scienza ha fornito di se stessa nel XX secolo, abbiano perso almeno in parte quel senso di fatalismo o rassegnazione del passato che riguarda i limiti dell’esistenza, le malattie e la sopravvivenza stessa.
Cio suggerisce inevitabilmente che essi, avanzino nei confronti della medicina e dei farmaci” aspettative e “pretese” che di fatto superano di gran lunga la realtà dei fatti.

Se è vero, infatti, che alcuni settori della medicina scientifica anno posto in essere balzi in avanti significativi e determinanti, è altrettanto vero che in altri parti si continua ad operare utilizzando schemi clinici, comportamentali e terapeutici di “stile” ancora ottocentesco.

Tuttavia il progresso scientifico in genere, e nel caso specifico quello medico, coinvolge la società nel suo insieme, non solo sotto il profilo dei possibili vantaggi che ne derivano, ma anche in relazione ai “condizionamenti” che essa opera tra le “gente” nella promozione di scale di valori, modi di percepire la realtà quotidiana, ed infine dello stesso modo di intendere il rapporto con l’universo che lo circonda.

Ci si può infatti chiedere quali siano i principali desideri della gente “comune” e se guardiamo alla nostra vita quotidiana possiamo scoprire con estrema facilità che oggi, ancor più di ieri, il benessere psico-fisico rappresenti il bene più prezioso, specialmente in relazione alle aspettative di una ricerca medico – biofarmacologica e delle sue conquiste, impensabili qualche tempo fa e che ci appaiono nel loro complesso “rassicuranti” .

Questi “sciocchi”, infatti, non sopportano l’incertezza;
questa loro percezione, rappresenta la parte emersa di un isberg in un atteggiamento culturale ancor più ampio e permette di identificare un diffuso sentire “magico-religioso”, o di “magia tecnologica” spesso identificato nel farmaco.

Coerentemente a questo atteggiamento mentale e culturale, la produzione industriale di medicamenti e la loro diffusione in larga scala, ha a sua volta contribuito in modo determinante ad amplificare e rafforzare questo tipo di convinzioni, rappresentando spesso un ingannevole soluzione, per i pazienti come anche per gli stessi medici, alle devianze biologiche e psichiche anche minori cui è soggetto l’essere umano.

Specie nel mondo occidentale, immerso nello stato di benessere ed alla ricerca “dell’eterna giovinezza” è possibile riscontrare una scaduta capacità di risposta ad una miriade di eventi psico sociali ed esistenziali, una deficitaria reazione e/o inadeguatezza al confronto con l’evento stressogeno in una sorta di “ansia collettiva”e non solo nelle generazioni dei più giovani.

Le soluzioni a molti conflitti non sono più ricercate attraverso una elaborazione autonoma, ma vengono impropriamente ed illusoriamente affidate ad un percorso farmacologico antidepressivo come fonte di spinte comportamentali, aspettative ed atteggiamenti interiori capaci di sottrarre l’uomo, quando necessario, ad una ricerca anche autosufficiente di una risposta a molti dei suoi “malesseri”;

“se la scienza medica esiste, deve avere anche una soluzione ad ogni mio disturbo!”.

Infine, questa lacunosa modalità relazionale della gente appare oltremodo vantaggiosamente ben concatenata alle regole economiche della “società dei consumi ” dove nella strategia di marketing dei “ragionieri della sanità” il concetto di malato è stato proficuamente sostituito (in modo alquanto discutibile) a quello di “cliente utente”.

Morale della favola;
se siete affetti da gravi o importanti forme depressive assumete l’antidepressivo ( e non solo”!)
ma se siete solo “tristi” , per cortesia…

non fate gli sciocchi!

"Indaga le parole a partire dalle cose e non le cose a partire dalle parole." Misone
vulcan
Inviato: 8/5/2007 1:16  Aggiornato: 8/5/2007 1:16
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 29/1/2005
Da: Sardigna
Inviati: 2092
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Citazione:
mpi/ Prendo due compresse di sertralina e di depakin al giorno e da quasi un anno sto bene come non lo ero da tanto tempo.......


Grazie per questa diretta e coraggiosa testimonianza capace di suggerire al lettore il limite delle sole teorizzazioni!

"Indaga le parole a partire dalle cose e non le cose a partire dalle parole." Misone
manneron
Inviato: 8/5/2007 1:38  Aggiornato: 8/5/2007 2:10
Mi sento vacillare
Iscritto: 20/2/2006
Da:
Inviati: 951
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
scusate ma io non capisco una cosa
Vediamo di fare il punto della situazione. So bene cosa sia il riduzionismo scientifico e cosa significhi ciò in psicologia: ad una determinata condizione psicologica corrisponde una determinata condizione fisiologica.
Se la morosa mi lascia, sono triste e depresso
Se sono depresso produco meno serotonina(o altre sostanze che non so).
Mi curo prendendo psicofarmaci o mi cerco un'altra morosa? (magari analizzando prima i miei errori?)
E la mia morosa mi ha lasciato perchè a causa di certe sostanze che nel mio cervello non venivano prodotte non esprimevo abbastanza i miei sentimenti o perchè a causa della mia educazione e della mia incapacità di modificare come vedo il mondo non ero in grado di esprimere i miei sentimenti? (la storia di esprimere i sentimenti è una fissa delle giovani d'oggi)
In realtà qui pongo una questione semplice: non è che la scelta della causa dei malesseri venga spostata di volta in volta, a seconda dell'opportunismo e di cosa sia più immediato dal punto di vista dell'effetto, dal fisico allo psicologico e viceversa? In tal caso qualcuno mi può suggerire un farmaco che mi induca la voglia di andare a correre mezzora al giorno?

mpi
Inviato: 8/5/2007 6:46  Aggiornato: 8/5/2007 6:46
Mi sento vacillare
Iscritto: 5/3/2007
Da:
Inviati: 329
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Vi posso dire che se lo psicologo intavola un discorso di lungo respiro atto a porre in analisi vari aspetti della vita del paziente , per risalire ai nodi della sua psiche , lo psichiatra giustamente se ne frega.

Per mia esperienza personale l' unica cosa che gli interessa sono i sintomi e la loro evoluzione nel tempo, e col senno di poi ne ho compreso le ragioni.

Determinati sintomi , identici per tutti e ben documentati , configurano un preciso malessere a cui va risposto con una determinata cura e qui inizia la discrezione del medico su quali farmaci sente più efficaci per il soggetto.

Se sei stato bastonato per tutta la vita è ovvio avere dei problemi semplicemente ti sarà più difficile uscirne se hai dei deficit organici.

Penso alla visita militare, chi l'ha fatta si ricorderà che il giorno delle visite mediche su 200-300 ragazzi uno veniva rimandato a casa per il "soffio al cuore". Fino diciott' anni quel ragazzo si sentiva "normale" e probabilmente non si sarebbe mai accorto di niente fino al giorno in cui dopo una lavoro pesante o un'intenso sforzo fisico il cuore non avesse incominciato a dargli dei problemi.

Personalmente i farmaci mi hanno risvegliato e reso indipendente dalle paure irrazionali tanto che ora ho ripreso ad interessarmi di attualità e politica, vere fonti di paranoia, in maniera più critica e lucida

grazie a te fiammifero

mpi
Inviato: 8/5/2007 7:53  Aggiornato: 8/5/2007 7:53
Mi sento vacillare
Iscritto: 5/3/2007
Da:
Inviati: 329
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Vulcan faccio una precisazione giusto per chi non li conoscesse:


La sertralina, il medicinale di marca è lo Zoloft ma va benissimo il generico, è un antidepressivo. Ti riattiva ma ti può rendere irritabile ecco perchè sono vietati il caffè e il tè.

Il Depakin Chrono è Acido Valproidico+Sodio Valproato che è appunto uno stabilizzante dell' umore.

Ti prendi la prima e dopo qualche settimana i processi mentali incominciano a ristabilirsi normalmente ( se prima eri terrorizzato dai batteri incominci lentamente ad allentare la morsa ) ma un senso di euforia e addirittura formicolii alle mani dovuti alle aree che vengono stimolate dopo tanto tempo ( un pò come chi dopo tanta immobilità
si fa una corsa e gli vengoni i crampi) è per questo che sin da subito prendi uno stabilizzante dell' umore che ti permette di usare dosaggi più alti che altrimenti avrebbero effetti collaterali peggiori del male curato.

Prima della cura il mio terrore era quello di perdere il libero arbitrio, di dipendere dalle molecole che mi avrebbero reso forzatamente felice...
ma mi sono dovuto ricredere.

Una terapia giusta te lo restituisce il libero arbitrio, era prima che non avevo una volontà e per me decideva la stanchezza cronica e la paura dell' esterno, quando stai sul letto è vorresti alzarti ma NON PUOI,
quando esci ed un particolare innocuo ti fà sprofondare la terra sotto i piedi.

Prendete il disturbo ossessivo di chi crede di essere omosessuale.
Qui ha un grande ruolo la disinformazione. Se una persona è veramente attratta dallo stesso sesso, indipendentemente dalle proprie convinzioni morali, trarrà beneficio dalle sue fantasie sessuali racchiuse nella sua mente e cercherà un contatto umano. L' ossessivo invece ha paura , incomincia a sviluppare delle immagini che vanno in loop e le schifa ma si ripresentano in continuazione e si autoconvince salvo il fatto che non ne ricava alcun piacere, tanto che non tocca neanche le persone dello stesso sesso per la paura .
Non è attirato veramente ha paura di essere attirato, che è differente.

Io avevo la paura di perdere il controllo, non guardavo più un telegiornale perchè senno vivevo le notizie in prima persona, mi ero richiuso a riccio convinto di essere un sadico o peggio, poi quando la terapia ha incominciato a funzionare mi sono sorpreso dei commenti della mia ragazza e delle persone che mi stavano intorno che mi consideravano invece mite e non-violento. A loro sembravano semplicemente assurde le mie fantasie ed esagerate , che abisso si era creato fra la mia percezione e la realtà !
E' per questo che alla persona che sta li' buttata in casa fanno incazzare i commenti di quelli che ti dicono che non hai voglia di fare nulla e che sei soltanto uno sfaticato!

Timor
Inviato: 8/5/2007 12:29  Aggiornato: 8/5/2007 12:29
Mi sento vacillare
Iscritto: 14/11/2005
Da:
Inviati: 639
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Ringrazio l'autore dell'articolo che mi ha indotto ad andarmi a leggere il capitolo sulla depressione del Kandel in versione ebook (la Bibbia della neurofisiologia).
E' stato illuminante per certi aspetti ed invito tutti i professionisti della salute ad andarselo rileggero (eventualmente contattatemi via pm )

Illuminante perchè si evince chiaramente che è tutto drammaticamente indefinito e sfuggente. La mente/corpo/realtà funziona come un tutt'uno, come si può dunque pretendere di isolare un singolo elemento e affermare che lì è il problema?
Ogni problema umano interagisce su molteplici livelli dell'essere e il dilemma è sempre quello dei 3 indovini ciechi che devono descrivere l' elefante (inteso come uomo o dio o realtà).
La visione olistica è al di là delle nostre capacità di analisi e per converso è il frutto di una processo intuitivo che riconosce la vera natura indefinita-infinita dell'essere.
Scusate anch'io sono fumoso ma è inevitabile, il linguaggio è mortale, sono solo segni interpretati dalle vostre coscienze.

Gli psicofarmaci funzionano? leggete il Kandel, vi verranno solo altre domande e perplessità.

Molta gente ha tratto beneficio da un utilizzo giudizioso di alcuni farmaci, altri no......la statistica ci dice in che misura (anche se si deve sempre controllare chi compie le statistiche)
Ma l'importante è che la gente stia meglio.
Stai meglio?
Perchè?
Non ho più paura.
La paura.
Si la paura.
Paura di cosa?
Vivere-morire-essere-solitudine.
Già quando l'accetterai?
Un giorno sarò felice.

Ciao e scusate la deriva esistenzialista

"Il vero Big Bang è la nascita di una coscienza"

"Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem"
Linucs
Inviato: 8/5/2007 13:35  Aggiornato: 8/5/2007 13:35
Sono certo di non sapere
Iscritto: 25/6/2004
Da:
Inviati: 3996
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
E non sono nemmeno covinto che senza modernità sparirebbe il problema, semplicemente in un ritmo di vita lento, adeguato magari alle stagioni (sempre che si possa tornare a vivere in un pianeta con stagioni e ritmi regolari) forniscono sicuramente più di una occasione per rimediare in modo efficace.

"PULCE! POIANA! HELP MEEE!"

BlSabbatH
Inviato: 8/5/2007 15:26  Aggiornato: 8/5/2007 15:26
Mi sento vacillare
Iscritto: 10/9/2005
Da: Bergamo
Inviati: 837
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Sui farmaci per il sistema nervoso centrale la farmaceutica è ancora in pieno medioevo, basta sfogliarsi un libro universitario per capirlo! a differenza di altri distretti, dove i farmaci presentano un minimo di "scientificità", nel cervello è buio completo, ancora si va a tentoni, come dei rabdomanti alla ricerca del neurotrasmettitore, del potenziale elettrico o del secondo messaggero chiave.. gli antipsicotici poi sono i farmaci antiscientifici per eccellenza!
eppure si continua a somministrare, forse perchè è meglio sedare un malato che legarlo al letto con una catena.. e fin qui potrei anche capire...
ma il ritalin.. gli antidepressivi.. solo il 10% della gente in cura ha davvero un problema di neurotrasmissione.. e allora ben venga l'acqua fresca dell'omeopatia! businness per businness.. almeno non fa male!

-- Under capitalism, man exploits man. Under communism, it's just the opposite. -- J.K. Galbraith
nike
Inviato: 8/5/2007 21:24  Aggiornato: 8/5/2007 21:26
Mi sento vacillare
Iscritto: 7/3/2006
Da:
Inviati: 845
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
fonte
La Stampa.it
27/4/2007 - INTERVENTO PILOTA ALLE MOLINETTE DI TORINO

L’antidepressivo? Un pace-maker

Installato nel collo, stimola il nervo vago. I medici: “Risolutivo nei casi più gravi”

MARCO ACCOSSATO E MONICA PEROSINO
TORINO

Lo hanno già battezzato «intervento anti-suicidio». E’ l’ultima speranza possibile per chi, di speranze, non ne aveva più. All’ospedale Molinette di Torino, un’équipe di neurochirurgia ha impiantato su un paziente affetto da depressione grave il primo pace-maker in grado di restituire il tono dell’umore con la stimolazione dei circuiti cerebrali. Un apparecchio poco più grande di una moneta, collegato a un elettrodo con tre sensori che viene avvolto al nervo vago, il nervo che arriva dai visceri, passa attraverso il collo e raggiunge diverse aree del cervello.

[…]

---------------------------------


Fonte: effedieffe.com
Pace-maker antidepressivo
Francesco Raiola
06/05/2007

[…]

Se Dio è luce (come è), la tenebra, intesa come oscurità spirituale, male fisico e morale, tristezza del cuore, peccato, rifiuto di Dio, non può venire da Lui, ma deve intendersi piuttosto come una sua assenza; il buio si fa, quando, appunto, manca la luce.
Ogni male viene dal peccato e Dio non ha creato l’uomo per l’infelicità o la mestizia, ma per la vita e la beatitudine; l’uomo è stato creato soltanto per Dio, per partecipare di quel che Lui è, della sua vita perenne ed eterna e della sua felicità senza misura; «Se il tuo occhio è sano, anche il tuo corpo è tutto nella luce; ma se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre. Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra. Se il tuo corpo è tutto luminoso senza avere alcuna parte nelle tenebre, tutto sarà luminoso, come quando la lucerna ti illumina con il suo bagliore». (Luca 11, 34-36).
Dio è felice; Dio è infinitamente felice ed il suo amore sconfinato vuole che altri godano di tale gioia.
«E Dio - che ha in sé, da sé e per sé, tutto ciò di cui potrebbe aver bisogno essuto e posseduto in infinità di esserselo e possederlo, senza che nessuno Gli possa aumentare, togliere o diminuire la felicità essenziale che in gaudio eterno si è - vuole, in un desiderio volitivo del suo infinito potere, creare esseri che lo partecipino, per la manifestazione magnifica dello splendore della sua gloria. ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza’; ‘Per diventare partecipe della Natura divina’». (3)
Ora, il peccato - la libera scelta dell’umanità, che in Adamo ed Eva scelse la morte e non la vita,
l’«io» e non Dio - ha provocato la catastrofe esistenziale in cui vive immerso ogni essere umano dal suo concepimento fino al trapasso.
Premesso questo, possiamo inquadrare molto genericamente il problema della depressione.
[…]
Se vogliamo tirare le nostre conclusione sillogistiche, potremmo dire che la depressione aumenta, laddove diminuisca la preghiera; se l’uomo non prega, perde il proprio contatto con Dio, con Cristo e non può beneficiare degli «effetti» della sua presenza, ristoratrice e foriera di vita, di amore, di pace e di gioia.
Ora, lungi dall’affermare che ogni persona depressa sia una peccatrice impenitente, è certo che chi prega può attingere con forza alla vita dello Spirito, capace di rigenerare e rinnovare ogni cosa sulla faccia della terra.
Questo, solo uno spunto di riflessione e contemporaneamente un invito affinchè ognuno di noi (bisognoso e mendicante), davanti al silenzio di un tabernacolo o stringendo un rosario tra le dita o facendo riecheggiare nel petto il nome santissimo di Gesù, si lasci impiantare il vero pace-maker antidepressivo, antimalumore ed antitristezza; l’unico della cui efficacia certificata non è possibile dubitare, se non da chi non abbia mai avuto esperienza di Lui. […]

----------------------

(no comment)))

Citazione:
Quelli che creano sono duri di cuore. Nietzsche, Friedrich. Così parlò Zarathustra: II, Dei compassionevoli
redna
Inviato: 8/5/2007 23:18  Aggiornato: 8/5/2007 23:18
Sono certo di non sapere
Iscritto: 4/4/2007
Da:
Inviati: 8095
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
L'ntervento è alle molinette di torino.
Sarebbe stato meglio in direttamente in vaticano. Fra tabernacoli e rosari.
Visto come funziona la sanità al giorno d'oggi ci si attacca a tutto.

C’è al mondo una sola cosa peggiore del far parlare di sé: il non far parlare di se (Oscar Wilde)
Giggione
Inviato: 9/5/2007 11:59  Aggiornato: 9/5/2007 12:00
Ho qualche dubbio
Iscritto: 16/7/2005
Da:
Inviati: 49
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Che tristezza! Non so se sia peggio l'invenzione in sé o le parole di questo Francesco Raiola. Non lo conosco e, con tutto il rispetto, non mi sono perso niente. Spero di non incontrarlo mai.

Come sono geniali gli Americani, te la mettono lì, la libertà è alla portata di tutti come la chitarra: ognuno suona come vuole e tutti suonano come vuole la libertà -
da L'America di Giorgio Gaber & Sandro Luporini
Mnz86
Inviato: 9/5/2007 17:42  Aggiornato: 9/5/2007 18:13
Ho qualche dubbio
Iscritto: 4/7/2005
Da: BS
Inviati: 246
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
@ soleluna:

non ho ben capito per quale motivo una persona che prende un SSRI «non ha neppure la forza di alzarsi dal letto e di lavarsi»: certo sarà vero per i casi più gravi, ma non credo che i milioni di uomini e donne in cura x es con il prozac versino in queste condizioni. Inoltre, essendo che la quasi totalità dell'effetto sull'umore è dovuto all'effetto placebo, non si spiega perchè quelli che prendono l'antidepressivo tendono a suicidarsi più di quelli che prendono un placebo visto che l'effetto sull'umore, nei due casi, è mediamente il medesimo. Credo che il problema sia qualcosa che c'è dentro lo psicofarmaco, in particolare una reazione agli scompensi biologici che lo psicofarmaco, al contrario del placebo e come unica differenza, provoca.

La correlazione tra aumento della concentrazione della serotonina e buon umore non è provato in maniera definitiva, a quanto mi risulta.. visto l'effetto sostanzialmente identico (in termini "clinici") tra antidepressivo che aumenta artificialmente la concentrazione di serotonina, e placebo, mi vengono grossi dubbi, ma confesso che dovrei approfondire.. sarebbero interessanti in particolare dei dati sul rapporto tra aumento della serotonina con placebo rispetto a aumento della serotonina con antidepressivo. Comunque, se anche fosse, il rapporto di casualità non è per nulla scontato, anzi.

Condivido il grande interesse per il placebo..

@ mpi

Grazie per la testimonianza.

La questione non è l'efficacia degli antidepressivi quanto la loro "bontà" reale. Capisco che quando si vive certe situazioni l'importante è uscirne, e con ogni mezzo. Ma capisci che è anche importante valutare, a fonte dei risultati ottenuti, i costi in termine di controindicazioni, possibili effetti collaterali non registrabili con parametri biologici vista la zona delicata in cui si agisce tra cui i suicidi, costi economici, "cultura della pillola" etc.

Se se ne può uscire senza creare gravi danni, e senza frugare in organi dei quali non conosciamo praticamente nulla, credo possa essere meglio.. il discorso sulla "bontà" sta tutto qui..

@ dr_julius

trattandosi -come sottolinei- di dati soggettivi (perchè la teoria seratoninergica fa acqua, ed è così per tutti gli psicofarmaci) fa ancora più impressione la risicata differenza di efficacia presentata dai produttori rispetto al placebo.

quando parlavo di bontà parlavo proprio di rapporto costi-benefici, piuttosto che di efficacia. Probabilmente avrei fatto meglio a spiegarlo più chiaramente Le "favole" sono proprio le definizioni "pillola della felicità" e via dicendo, molto diffuse nell'immaginario e oltreoceano anche nella pubblicità.. qui siamo alla fase iniziale, nella quale si sta addestrando il lettore all'equazione serotonina= regolazione dell'umore e felicità, a partire da notizie stupide come quella di pochi giorni fa sul "batterio presente della polvere" che "aumenta la serotonina" quindi "quelli che vivono nello sporco sono più felici".

@ vulcan

Tempo fa, parlando su LC di malattia mentale, si erano creati due schieramenti: quelli che dicevano più o meno che la malattia mentale è un modo per fare soldi (e secondo alcuni per "controllare le menti", molto in senso lato chiaramente), e quelli che dicevano il contrario. Credo avessero ragione entrambi. Se parliamo di "shopping compulsivo" o di "internet-mania" come di patologie mentali, credo sia evidente che stiamo esagerano, che vogliamo utilizzare lo spauracchio della malattia come fonte di omologazione e che vogliamo estendere la facilità di utilizzo dei medicinali e delle terapie costose. la depressione chiaramente è differente.

«All’interno di queste patologie la condizione di rischio suicidarlo diminuisce decisamente con l’aumento del trattamento antidepressivo», ma più di quelli che vengono curati con il placebo e che ottengono in sostanza lo stesso beneficio!.

soleluna
Inviato: 9/5/2007 19:48  Aggiornato: 9/5/2007 19:50
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 29/3/2005
Da: orbita di Anarres
Inviati: 1309
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Poco male Mz86 evidentemente non mi sono spiegata bene, ci riprovo

Citazione:
non ho ben capito per quale motivo una persona che prende un SSRI «non ha neppure la forza di alzarsi dal letto e di lavarsi»:


Non avere neppure la forza di alzarsi è una cosa che accade PRIMA di prendere una antidepressivo, spesso proprio perchè si inizia la cura ed i sintomi di abulia si attenuano senza che si smorzino anche i pensieri di disperazione e vuoto, ecco che lì è possibilie che vengano messi in atto comportamenti suicidari. Stiamo ovviamente parlando di depressione maggiore non di varie ed affini stati d'animo che con la sindrome non hanno molto a che vedere a parte l'inflazionato uso lessicale.


Citazione:
La correlazione tra aumento della concentrazione della serotonina e buon umore non è provato in maniera definitiva, a quanto mi risulta.. visto l'effetto sostanzialmente identico (in termini "clinici") tra antidepressivo che aumenta artificialmente la concentrazione di serotonina, e placebo, mi vengono grossi dubbi, ma confesso che dovrei approfondire.. sarebbero interessanti in particolare dei dati sul rapporto tra aumento della serotonina con placebo rispetto a aumento della serotonina con antidepressivo. Comunque, se anche fosse, il rapporto di casualità non è per nulla scontato, anzi.


stiamo dicendo la stessa cosa mi pare...

INDIPENDENTEMENTE dal fatto che aumenti la serotonina e l'umore migliori per effetto placebo o per effetto di un farmaco con principio attivo, la CORRELAZIONE esiste comunque. E' proprio sulla causalità che vi sono remore, cioè se l'una produca l'altra o viceversa. Per intenderci se la serotonina aumenti perchè si è più allegri o se si è più allegri perchè è aumentata la serotonina.
Ma in ogni caso esse variano insieme.
Serotonina e tono dell'umore hanno una relazione (allegra pare )

Libera-mente
Pat

"perche' ballate e vi fate l'acconciatura, visto che qua e' impossibile anche comprare da mangiare?"
"perche' magari oggi e' l'ultimo giorno che viviamo, e vogliamo amarlo quanto piu' possibile"
Grozny
Mnz86
Inviato: 9/5/2007 22:07  Aggiornato: 9/5/2007 22:07
Ho qualche dubbio
Iscritto: 4/7/2005
Da: BS
Inviati: 246
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
ciao soleluna

la prima questione è frutto del fatto che il termine "depressione" sia così inflazionato..

sulla questione della relazione seratonina - tono dell'umore continuo a essere scettico, se non altro per quello che leggo un pò ovunque.. e cioè che l'ipotesi serotonina, nata negli anni '60, non è mai stata dimostrata se non a partire dai presunti benefici degli antidepressivi.

[http://www.ilmiopsicologo.it/pagine/depressione_dubbi_sulla_validita_della_terapia_con_ssri.aspx riassume i dubbi sulla teoria serotoninergica alla luce degli studi di kirsch che comparano ssri e placebo]

In pratica si è detto: visto che gli SSRI, che agiscono sulla serotonina, fanno migliorare le condizioni del paziente, NECESSARIAMENTE serotonina e umore devono essere collegati.

(lasciando perdere, nel caso di correlazione, il rapporto di causalità che non è importante, se non per valutare - e su questo siamo d'accordo- che l'azione vera si dovrebbe concentrare su altro, e non sui semplici neurotrasmettitori)

Tutto questo castello crolla quando si scopre che effettivamente l'efficacia degli SSRI è irrilevante rispetto all'efficacia di un placebo, questo se non si riesce a stabilire le modificazioni che il placebo efficace produce eventualmente nel livello di serotonina.. mai trovate, a quanto risulta. per gli approfondimenti e per le verifiche confido nel week end

saluti

andrea

mc
Inviato: 27/8/2007 17:18  Aggiornato: 27/8/2007 17:18
Sono certo di non sapere
Iscritto: 19/5/2004
Da:
Inviati: 7222
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Tentato suicidio...

Ipotizzando che con dei film di successo nelle sale di tutto il mondo, uno non possa essere cosi' triste e depresso... forse... siamo in tema...
Soprattutto se si parla di mode e farmaci trendy.



(ovviamente e' solo un ipotesi...)

mc

benitoche
Inviato: 27/8/2007 19:13  Aggiornato: 27/8/2007 19:13
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 30/9/2006
Da:
Inviati: 1941
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi
Scusate l 'intromissione,leggo tutto con molta attenzione,siete fantastici

Vi chiedo gentilmente di aiutarmi nel cercare un volantino o adesivi da distribuire all'apertura delle scuole contro l'utilizzo del Ritalin

Qualcosa tipo scie chimiche,lì vi siete davvero superati

la religione è indispensabile
soltanto a un’umanità rescissa dal mondo divino-spirituale.
goldstein
Inviato: 26/2/2008 1:40  Aggiornato: 26/2/2008 1:40
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 4/11/2004
Da:
Inviati: 2827
 Re: La fine delle favole sulla bontà degli antidepressivi


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