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speciali : LO STRANO CASO DI JONATHAN POLLARD: SANTO O TRADITORE?
Inviato da Redazione il 29/5/2004 15:43:01 (14753 letture)





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Lo Strano Caso
di Jonathan Pollard: Santo o Traditore?





di Simone Colzani


Tradizionalmente presentati all’opinione
pubblica
come Stati amici, gli USA ed Israele in realtà rappresentano
l’esemplificazione dell’antico adagio "l’apparenza inganna": diverse
volte, infatti, i due Stati sono venuti ai ferri corti per questioni
legate al torbido mondo dello spionaggio. Uno dei sintomi più evidenti
di una relazione talvolta ambigua e problematica è rappresentato dal
caso Pollard: per capirne appieno le implicazioni, tracciamo un breve
profilo del soggetto in questione.



La vita



Jonathan Jay Pollard è nato il 7 agosto del
1954. Nonostante diversi anni spesi in varie facoltà universitarie, non
ha mai conseguito alcuna laurea. Già a 23 anni, tuttavia, manifestò il
suo interesse verso il mondo dell’intelligence, facendo richiesta di
arruolamento alla CIA, la quale però respinse la domanda, non essendo
stati superati dubbi relativi sia all’esame del poligrafo sia alla vita
del candidato (problemi psicologici e di droga, tradizionalmente visti
molto male nel mondo delle spie).


Nel 1979, cioè solo due anni dopo, Pollard
riuscì ad
entrare nei servizi segreti della Marina degli Stati Uniti (l’Office of
Naval Intelligence della US Navy (1)): l’ONI non solo non era a
conoscenza della precedente bocciatura del nostro, ma dopo solo due
anni dal suo ingresso, lo promosse ad analista di buon livello,
consentendogli l’accesso a documenti segreti. Tale accesso fu poi
sospeso in seguito ad un esame poligrafico, che dette risultati dubbi:
in conseguenza di ciò, i suoi diretti superiori gli fecero avere
assistenza psichiatrica.


Successivamente, dopo un rimpasto ai vertici
dell’ONI, Pollard venne trasferito ad un’altra divisione
d’intelligence, ove i responsabili, non conoscendone i significativi
precedenti, gli concessero una più alta clearance. JP, a soli 30 anni,
godendo di un’autorizzazione GS-12, poteva quindi prendere e
trasportare materiale top secret: grazie a questo "gentile regalo",
Israele poté beneficiare di migliaia di pagine di documenti
segretissimi provenienti dagli archivi USA. La "pacchia" finì a
Washington, nel 1985, quando JP, trovò, al posto del solito contatto,
un agente del FBI pronto ad arrestarlo. Ne conseguì una fuga verso
l’Ambasciata di Israele, la quale respinse il fuggiasco, consegnandolo
di fatto, nelle mani della giustizia a stelle e strisce. Nel 1987, al
termine di un procedimento giudiziario definito "pilotato" da molti
osservatori, venne comminata a JP la pena dell’ergastolo, senza
possibilità di condoni o amnistie.


Questo il profilo ufficiale, che ognuno può
trovare
in Internet (2). A questo punto, bisogna approfondire il discorso,
elencando sia gli argomenti a favore che contro Pollard, in modo da
raggiungere una prima valutazione, visto che, come già accennato,
l’operato del tribunale non fu esente da sospetti di parzialità.



Gli strani rapporti Israele-USA



Primo punto: Jonathan Pollard, di religione
ebraica, era di famiglia totalmente americana, nato e cresciuto
all’ombra dello Zio Sam: non era assolutamente cittadino israeliano e
ne è prova il fatto che venne messo alla porta dell’Ambasciata
d’Israele nel 1985.


Sicuramente JP non spiò per denaro, visto che,
per
il suo pluriennale e produttivo "dopolavoro", venne ricompensato con
l’irrisoria somma di 50.000 dollari: le sue ragioni, quindi, sembrano
essere ideologiche, come provato dal poligrafo degli inquirenti; JP era
infatti a conoscenza della convenzione firmata da USA e Israele nel
1983, che importava reciprocità per le informazioni considerate
"sensibili" per gli interessi dei due Stati. JP, dunque, si imbatté,
nel corso del suo lavoro, in documenti ed immagini, rientranti
nell’accordo, ma non inviati ai competenti enti israeliani
d’intelligence. Di questa omissione, provò ad avvertire i suoi
superiori, ma con scarsi risultati; allora, di fronte alle evidenze
delle attività di Paesi notoriamente ostili ad Israele come Libia,
Libano, Siria, Iraq e Iran, JP pensò di contattare il Mossad.


Aviem Sela, un alto ufficiale dell'aviazione
israeliana in missione di studio negli Stati Uniti, convinse JP a
trasmettere le informazioni "top secret" a Israele, con il nome di
copertura di agente "Cactus".


A questo punto, c’è da chiedersi (forse un po’
retoricamente) perché Israele sfruttò un cittadino straniero (gli USA)
per compiere un’operazione di spionaggio a detrimento dell’unico vero
Paese amico a disposizione. Passi il singolo gruppo di documenti
rinvenuti casualmente da Pollard, ma come giustificare le migliaia di
pagine passate all’alleato "principe" in Medio Oriente? C’era forse una
guida che consentiva a JP il colpo sicuro fra i milioni di dati in
possesso della US Navy? E’ logico, a questo punto, dedurre
l’appartenenza di JP, nonostante le smentite del suo sito ufficiale, ad
una più estesa rete spionistica israeliana?


E’ un’ipotesi sensata, alla luce dei casi
accaduti
all’indomani dell’11 settembre 2001, quando, nel segreto più totale,
decine di cittadini israeliani negli USA (per lavoro o studio) vennero
fermati e presumibilmente espulsi per attività spionistiche. D’altro
canto, negli stessi USA, esiste una potente lobby sionistica (l’AIPAC),
legata a doppio filo ad Israele (conosciamo bene le influenze delle
lobby nel sistema politico americano), e contrastata (non con molto
successo, sembra) da un lobby petrolifera legata ai Paesi arabi. Gli
eventi relativi all’11/09 hanno dato una poderosa spinta alle relazioni
israelo - americane, relazioni comunque non viste di buon occhio da
molti ebrei.



Considerazioni sulla fedeltà degli Ebrei



Le implicazioni del caso Pollard sono
estremamente gravi: secondo Balfour Zapler (scrittore israeliano) "si
mette a repentaglio la vera e propria esistenza delle comunità ebraiche
nel mondo, dove, alla luce delle dichiarazioni delle autorità
israeliane (il governo Netanyahu, nel 1998, ha dichiarato JP proprio
agente bona fide, consegnandogli una carta d’identità con la
Stella di Davide ndr) l'ebreo verrà visto come uno "straniero" e non
potrà quindi accedere a nessun posto "sensitivo" o di responsabilità -
sia civile che militare - nel Paese in cui vive e che, per sua libera
scelta, considera la sua Patria". Avranno buon gioco, aggiungo io, gli
antisemiti che sventoleranno l’impossibilità di una doppia lealtà, come
nel caso degli ebrei iraniani processati pochi anni fa per tradimento.


D’altro canto, pure in Israele si scontrano
diverse
concezioni d’ebraismo che si riflettono sul giudizio umano e politico
del caso Pollard. Diversi osservatori, di tendenza spiccatamente
sionistica, hanno comparato questo caso a quello di Eli Cohen, la spia
israeliana catturata ed impiccata a Damasco. Il paragone, a mio parere,
è impresentabile, visto che Eli Cohen, israeliano di ascendenza
orientale e residente in Israele con moglie e figli, fu inviato in
Siria (Paese in stato di guerra con Israele) a studiarne le strategie e
gli armamenti destinati a combattere Israele (con l'intenzione di
eliminarlo). Eli Cohen ha quindi sacrificato la propria vita per la
difesa della propria Patria.


Balfour Zapler, concludendo la sua analisi,
non è
d’accordo con i sostenitori di Pollard in terra d’Israele: secondo lui
"chiamare "patriota" un cittadino americano che - solo per il fatto di
essere di religione ebraica – rubi segreti militari del proprio Paese e
li consegni ad un governo straniero di un altro Paese, solo perché
questo Paese è composto dalla maggioranza di cittadini di religione
ebraica, sembra un tantino eccessivo".



Perché una condanna all’ergastolo?



Perché Pollard è finito condannato ad una
pena detentiva maggiore di qualsiasi altro condannato per lo stesso
reato (considerando le grazie che prima o poi verranno concesse anche a
Aldrich Ames e Jon Hanssen, spie per denaro)? Su proposta del FBI (il
quale, tra i vari misteri del caso, non spiegò mai come fece a
conoscere l’opera di spionaggio di JP, e con pieno consenso dei suoi
avvocati Pollard rinunciò al sacrosanto diritto al processo, e promise,
in cambio di una sentenza mite, un racconto dettagliato della sua
attività,. L’accordo non specificava quanti anni sarebbero stati
inflitti a JP, ovviamente, ma si sapeva che in casi ben più gravi,
quando le spie avevano passato informazioni a un nemico vero, si erano
prese dai cinque ai dieci anni, nei casi più sfortunati: evidentemente
era passato il tempo dei coniugi Rosenberg e del maccartismo.


Ma non fu così, Jonathan Pollard si prese
l’ergastolo. Da scontare in una prigione sotterranea, in North Carolina.


La ragione ufficiale fu che l’opera di
spionaggio di
JP aveva scoperto la rete sovietica della CIA, poiché le talpe del KGB
nel Mossad avevano avuto accesso ai documenti della US Navy. Caspar
Weinberger, Segretario di Stato in quegli anni, lo definì "il peggior
tradimento della Storia americana" e successivamente, basandosi su
queste asserzioni, ben sette Ministri della Difesa (di cui diversi
ebrei) hanno respinto le richieste di grazia avanzate da JP.


Queste motivazioni, tuttavia erano menzognere:
16 anni dopo la sua condanna, le prime verità sono iniziate ad emergere.


Vladmir Karyoshkov, ex capo del KGB, ha
contestato
le conclusioni di Weinberger, affermando che le morti della rete CIA in
URSS erano dovute alle soffiate di Aldrich Ames e non a dossier
israeliani, visto anche che Pollard non poteva avere quei dati a sua
disposizione. Evidentemente negli anni ’80, serviva un capro espiatorio
per gli insuccessi spionistici americani.


Il vero colpo di scena, tuttavia, è arrivato
ancora
più recentemente, quando, grazie al Freedom Of Information Act, è
emersa una nota, ricevuta la sera prima della sentenza dal giudice
incaricato, firmata (guarda caso!) da Caspar Weinberger. 48 pagine,
che, nella versione stralciata (cioè pesantemente censurata),
dipingevano Pollard come "la peggior spia che l'America abbia mai
avuto", e che probabilmente avevano convinto il magistrato a dare il
massimo della pena, tradendo il "patto di clemenza", ossia quel "plea
bargaining" che costituisce uno dei capisaldi del sistema giudiziario
USA.


Qualche anno dopo, due personaggi di
estrazione
diversissima, e cioè il famoso avvocato Alan Dershowitz, ebreo liberal,
e Angelo Codevilla, cristiano conservatore, si allearono nella stesura
comune di un libro in cui si denunciavano apertamente l'illegalità e
l’inganno dell’operato governativo, che aveva imposto una sentenza
palesemente persecutoria.


Nel libro si offriva, tra l'altro, prova
inconfutabile di come Pollard non abbia mai potuto nemmeno avere
accesso, in realtà, alla famosa lista di agenti segreti, smontando la
tesi del tradimento, e, rifacendosi alla costituzione, che designa
"traditore" esclusivamente chi "favorisca un paese nemico."


La conclusione a cui giunsero i due autori, fu
che
la scottatura da parte di Weinberger e della CIA, e la "lezione" che
essi avrebbero voluto impartire ad Israele, hanno indotto tutti i
politici a negare qualsivoglia provvedimento di clemenza nei confronti
di JP: nemmeno Bill Clinton, durante il suo imprevisto interregno di 8
anni, è stato in grado di accontentare Netanyahu prima, e Barak in
seguito, quando ripetutamente gli chiedevano di liberare Pollard, o
almeno di commutargli l'ergastolo (di cui ben sette anni in
isolamento!) in un pena più mite.


C’è dell’altro, comunque: ad indispettire
Weinberger, a parere di Codevilla, fu che l'impianto chimico al centro
della diatriba iniziale (il casus belli che spinse JP nelle braccia del
Mossad) era stato costruito dalla Bechtel, società americana molto
vicina sia al Segretario della difesa, Schultz, che allo stesso
Weinberger.


A detta di alcuni "privilegiati", potrebbe
esserci
dietro qualcosa di più (un rebus irrisolto legato alla già citata rete
spionistica israeliana?), ma qui, si entrerebbe nel regno delle pure
ipotesi, senza un riscontro concreto. L’unica cosa quasi certa è il
sospetto che Weinberger abbia usato Pollard come provvidenziale capro
espiatorio della debacle CIA a Mosca, quando ancora non si sapeva che
l’inafferrabile talpa comunista era proprio Aldrich Ames, ovvero il
capo stesso dell'ufficio CIA di Mosca preposto alla ricerca della
medesima talpa.


Peccato che una volta scoperto il tradimento
di
Ames, nessuno si sia più ricordato dell’ex GS-12 Pollard. Solo Theodore
B. Olson, ex-procuratore federale USA e ora impegnato nel collegio
difensivo di JP, ha perorato la causa del suo assistito, ma con ben
scarsi esiti (3). Nel frattempo Caspar Weinberger si è ritirato dalla
scena, con pensione e perdono presidenziali (i contribuenti americani
possono ringraziare il solito Clinton) e Israele (nella persona di
Ralph Naveh) ha finalmente concesso a Pollard la tanto agognata
cittadinanza e ha tentato tardivamente di indennizzarlo, aprendo un
vero e proprio problema diplomatico ufficiale. Se Pollard venisse
scarcerato, la lobby sionista avrebbe un considerevole successo,
attirandosi diverse antipatie, oltre a quelle già esistenti
(d'altronde, che Wolfowitz, Rumsfeld, Perle ed una dozzina di nomi al
top dell'amministrazione siano o ebraici, o comunque collegati a forti
gruppi di potere ebraico, non è un segreto per nessuno).



Quale fine?



Al di là delle ipotesi, ciò che oggi è certo
è che Pollard, per spionaggio a favore di un Paese "amico" (attività
sinceramente discutibile, ma vertente su oggetti rientranti in
Protocolli bilaterali USA-Israele), abbia già scontato ben 16 anni di
prigione, una pena francamente spropositata, secondo gli standard
democratici americani. Pertanto, ritengo che in questo caso una
decisione di grazia presidenziale non solo sia accettabile, ma persino
auspicabile. D’altronde siamo noi la Democrazia, o no?


 


Note



  1. Lo US Navy ONI è finito nell’occhio del
    ciclone anche per il caso Mike Vreeland, tenente che ha dimostrato la
    sua conoscenza degli attentati del 11/09/2001, prima che questi
    avvenissero.

  2. Balfour Zapler, La Doppia Lealtà degli Ebrei nella
    Diaspora – Riflessioni sul caso Pollard


  3. http://www.shalom.it/8.00/D.htm


  4. La moglie di questi, Barbara Olsen, era fra
    i passeggeri del volo 77, che (presumibilmente) si schiantò sul
    Pentagono. Un avvertimento trasversale per il marito?











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