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media : Aspettando l’Esperanto
Inviato da Dusty il 1/10/2010 8:20:00 (9308 letture)

Quello della lingua franca è un problema antico quanto il mondo. Quando due popoli, che parlano lingue diverse, vogliono comunicare fra loro, ci sono solo due possibilità: o uno dei due si adatta a parlare la lingua dell’altro, oppure si ricorre ad una terza lingua, conosciuta a sufficienza da ambedue, che viene detta appunto “lingua franca”. Nel primo caso succede che automaticamente una della parti – quella che si adatta a parlare la lingua dell’altro – si ritrovi in posizione di inferiorità psicologica, mentre la seconda soluzione pone le due parti, almeno teoricamente, su un piano di parità. In realtà, anche la seconda soluzione riflette una situazione di inferiorità, non più fra un popolo e l’altro, ma fra tutti i popoli che la utilizzano e quello che detiene il potere nella regione in quel momento.

A ben guardare, infatti, le più importanti lingue franche nella storia della civiltà occidentale sono state il greco, il latino, il francese e l’inglese, ed hanno corrisposto, non a caso, al periodo di predominio della Grecia nel Mediterraneo, al Primo e Secondo Impero Romano, al periodo del colonialismo francese, ed infine a quello del colonialismo inglese. E la metamorfosi dal colonialismo inglese al moderno imperialismo americano non ha fatto che rafforzare l’importanza della lingua inglese, che ormai è diventata per antonomasia la lingua franca in tutto il mondo.

Fu proprio per evitare gli aspetti di “sudditanza psicologica”, fra le altre cose, che sul finire del 19° secolo l’oftalmologo polacco Ludwik Zamenhof decise di creare ”a tavolino” una lingua franca completamente nuova, chiamata Esperanto, che fosse “equidistante” da tutti, in senso culturale, storico e politico. E nonostante l’Esperanto non abbia avuto il successo e la diffusione sperati, sono in molti oggi a sostenere che sarebbe una soluzione decisamente migliore rispetto a quella dell’inglese.

L'inglese infatti, benchè venga spesso definita come una lingua semplice - e questo può anche essere vero, se la si confronta con il russo o con il cinese - non è affatto una lingua facile “in assoluto”.

Come ogni altra lingua infatti si è evoluta con il tempo, grazie all'uso che ne è stato fatto da tutte le popolazioni che l’hanno adottata, ...


... integrando quindi anche i risultati della cultura che man mano queste popolazioni producevano.

Questo implica che per utilizzarla in maniera sufficientemente funzionale sia necessario conoscere anche, almeno in parte, la cultura che quella lingua ha generato.

La necessità di una lingua internazionale è particolarmente importante per gli europei perchè questi, pur facendo parte di una sorta di federazione con la stessa moneta, che sta con il tempo uniformando anche le sue leggi ed altre direttive organizzative, non hanno invece nulla in comune riguardo alla lingua.

Del problema si è parlato proprio in sede europea, nel 2007, quando il commissario europeo per il multilinguismo Lenoard Orban ha posto a diversi esperti la domanda "Cosa pensate delle lingua in Europa?"

Riportiamo l’interessante risposta di Claude Piron, linguista e psicologo belga - oltre che famoso esperantista - che dal dal 1957 al 1961 è stato traduttore per l'ONU dalle lingue cinese, inglese, russo e spagnolo al francese.

===

“Signor Commissario, La ringrazio per aver invitato dei semplici cittadini ad esprimere il proprio parere. Lo ritengo un simpatico segno di rispetto per l'uomo della strada.

Il problema delle lingue in Europa è caratterizzato dalla tensione tra due bisogni in apparenza contraddittori: il bisogno di comunicare in modo efficace ed il bisogno di rispettare uguaglianza ed anche identità di ognuno. Avvalersi dell'inglese non è democratico, anzi porta la maggior parte degli Europei all'afasia. Osservi la comunicazione tra due cittadini Europei, di lingua non germanica, sulla trentina e che abbiano studiato l'inglese per sei o sette anni durante l'iter scolastico. Vi reperirà tutti i sintomi dell'afasia: frasi spezzettate, costante ricerca della parola voluta, necessità di numerose ripetizioni per poter capire, pronuncia bloccata o disturbata di alcuni fonemi, ecc. Quanto all'investimento necessario in tempo e fatica, il risultato è piuttosto deludente e riconducibile alla non adattabilità dell'inglese alle esigenze della comunicazione interculturale. Prova oggettiva ne è che un investimento 10 volte minore dà un esito decisamente migliore, laddove la lingua di comunicazione venga scelta con più discernimento.

Non solo avvalersi dell'inglese non è democratico, ma nel modo stesso di presentare il problema alle popolazioni si annida un drammatico deficit di democrazia. Autorità, mass media, elite intellettuale orchestrano, anche in buona fede, un gigantesco inganno collettivo.

1. Viene fatto credere ai non anglofoni che sia possibile imparare bene l'inglese. Questo è vero solo per una limitata percentuale di coloro che parlano una lingua germanica, o per coloro che hanno i mezzi per frequentare per 4 o 5 anni una università di lingua inglese, anche se una disuguaglianza tra anglofoni e non anglofoni permane comunque. Inganno. Da una ricerca condotta ad Hannover su 3700 studenti con 8/10 anni d'inglese alle spalle, emerge che solo l'1% è stato classificato nella categoria ottimo e il 4% nella categoria buono, in base alle percentuali di successo riferite al test di lingua. (Oltretutto questi ragazzi si illudevano sulle proprie capacità, ritenendosi il 34% di livello ottimo ed il 38% di livello buono).

2. Viene fatto credere che sia possibile imparare bene l'inglese attraverso l'insegnamento scolastico. La maggior parte dei giovani si lascia ingannare su questo punto e si capisce perchè. Dal punto di vista psicologico infatti è più comodo lasciarsi ingannare piuttosto che dover affrontare la realtà e rendersi conto di essere stati presi in giro. La tendenza a scambiare i propri desideri con la realtà è complice dell'inganno.

3. Viene fatto credere che una volta imparato l'inglese sia possibile comunicare ovunque nel mondo. Inganno. Nell'Europa continentale oltre il 90% della popolazione non è in grado di capire un brano di inglese corrente. Provi in Polonia o in Francia ad esprimersi in inglese con persone incontrate per strada e si accorgerà di essere stato ingannato sull'universalità dell'inglese.

4. Viene fatto credere che lo status dell'inglese come unica lingua globale sia definitivo, che la cosa sia ineluttabile e che pertanto sarebbe assurda la proposta di passare ad altro sistema, fosse anche a termine. La storia insegna che un simile giudizio ha buone probabilità di essere smentito più che di essere convalidato . Nessuno conosce il futuro. Presentare una congettura come un dato di fatto significa ingannare il prossimo.

5. Si opera un inganno quando viene taciuto che per molti versi la fonetica dell'inglese ne fa una lingua particolare, più difficile da pronunciare di gran parte delle altre lingue per la maggioranza della popolazione. Si evita di dire che i tanti suoni vocalici dell'inglese (24) e la presenza di suoni come il /th/ sono una fonte costante di malintesi o di pronuncie ridicole (sentire e riprodurre la differenza tra *fourteen*, *fourty*, *thirteen*, *thirty*, oppure tra *soaks*, *socks*, *sucks*, *sacks*, *sex*, *six*. *seeks*, ecc., è fuori portata per la maggior parte dei non anglofoni.)

6. Si opera un inganno quando si evita di sottolineare che per acquisire la padronanza lessicale dell'inglese occorre una fatica doppia rispetto a quella necessaria per un'altra lingua. In quasi tutte le lingue si riscontra un collegamento formale che agevola la memorizzazione di nozioni connesse: si fa derivare *lunare* da *luna*, *dentista* da *dente*, *disarmo* da *arma*. In inglese invece occorre ogni volta imparare due parole diverse: *moon*/*lunar*, *tooth*/*dentist*, *weapon*/*disarmament*. Inoltre non si ha una buona padronanza dell'inglese se non si conoscono migliaia di doppioni del tipo *buy*/*purchase*, *read*/*peruse*, *freedom*/*liberty*, *threat*/*menace*, ecc. La maggior parte delle lingue funziona benissimo senza un simile ingombro lessicale.

7. Viene fatto credere che l'inglese sia una lingua precisa quanto la maggior parte delle altre lingue. Inganno. L'inglese è decisamente più approssimativo, per via dei pochi riferimenti grammaticali e dei campi semantici spesso troppo vasti, come ad esempio:

a) *Develop an industry* può significare tanto *creare una industria* quanto *sviluppare una industria già esistente*..

b) *Bush warned against attacking Iran* può significare *Bush ha consigliato di non attaccare l'Iran* oppure *Bush (è) messo in guardia (da qualcun altro) contro l'idea di attaccare l'Iran*.

c) Una interprete di mia conoscenza ha iniziato col tradurre *Iraqis today have no power* con *gli iracheni non hanno potere*, laddove il successivo svolgimento del discorso indicava che si sarebbe dovuto tradurre con *In Irak oggi non c'è corrente elettrica*.

d) *English teacher* può riferirsi correttamente sia ad un professore di inglese che insegni la matemateca che ad un professore ungherese che insegni l'inglese.

Potrei moltiplicare gli esempi, ma questi quattro sono sufficienti. Ho lavorato con parecchie lingue e nessuna è così ambigua. Ciò è particolarmente deplorevole, specie per i testi giuridici e scientifici.

8. Si opera un inganno quando si fa credere che l'esperanto è un passatempo, una cosa da dilettanti, che non funziona. Ebbene, se lo paragoniamo, nella pratica, ad altri linguaggi internazionali, cioè ad una buona conoscenza dell'inglese, al broken English, ll'interpretazione simultanea o consecutiva, alla mimica o al linguaggio maccheronico, ecc. ci si rende conto della sua superiorità. Infatti con l'esperanto non si è costretti ad investire un solo centesimo nella comunicazione linguistica ed essendo l'impegno decisamente minore (sei mesi di studio dell'esperanto danno una capacità di comunicazione che in un'altra lingua, inglese compreso, non viene raggiunta nemmeno dopo sei anni), il rapporto costo-efficacia risulta senz'altro più favorevole rispetto ad altri sistemi (vedi Claude Piron, Communication linguistique: etude comparative faite sur le terrain, *Language Problems & Language Planning*, vol. 26, 1, 23-50 o http://claudepiron.free.fr/articlesenfrancais/etudesurterrain.htm).

9. Viene fatto credere che l'inglese sia l'unica risposta alla sfida della diversità linguistica e che i costi che ne scaturiscono siano trascurabili e non riducibili. Inganno. La sostituzione dell'inglese con l'esperanto porterebbe ad una apprezzabile riduzione dei costi sia nell'insegnamento che nelle relazioni internazionali. Inoltre viene fatto credere che il monopolio quasi totale dell'inglese nell'insegnamento sarebbe un vantaggio e non un inconveniente. Si evita di dire che la sua sostituzione con l'esperanto consentirebbe di dedicare ad altri idiomi centinaia di ore di lezione, rendendo in tal modo possibile una effettiva diversificazione nell'insegnamento delle lingue. La scuola tornerebbe a rispecchiare la diversità culturale invece di essere costretta a influenzare gli studenti con un'unica cultura presentata di fatto come superiore alle altre.

Insomma, l'organizzazione linguistica dell'Europa e del mondo in generale si regge su una impressionante serie di inganni, reiterati da un discorso all'altro, da un articolo all'altro, sia perchè i propagatori delle falsità sono in malafede, sia ­ ed è sicuramente il caso più frequente ­ perchè ripetono quanto viene detto senza curarsi di verificare i fatti.”

“Signor Commissario, Lei conta di fare qualcosa e conta di fare qualcosa la Commissione per ristabilire la verità e consentire agli Europei di scegliere un regime linguistico in piena consapevolezza?”

“Ci auguriamo di sì, perchè se si continuerà sulla via dell'inerzia, capiremo che la democrazia non avrà più nulla da aspettarsi dalle istituzioni europee. Infatti qualsiasi inganno, anche se divulgato in buona fede, apre la porta alle derive antidemocratiche.”

Claude Piron

===

Da quando è iniziata l’era di Internet sono anche cresciute le possibilità di diffondere l’Esperanto nel mondo. Esiste già infatti una piccola ma solida comunità esperantista, composta da migliaia di persone, che si incontrano regolarmente in rete su siti, forum ed IRC. Inoltre sono disponibili diversi corsi online per imparare la lingua o perfezionarla, e alcuni addirittura prevedono un tutor che segua lo studente nelle varie fasi, dando un valido supporto professionale. Il tutto avviene gratuitamente.

Ma l’Esperanto soffre oggi dello stesso problema di tante altre “novità impossibili”, che sono ritenute tali solo perchè la nostra chiusura mentale ci impedisce di prenderle seriamente in considerazione.

Noi possiamo solo aggiungere che quasi tutti coloro che hanno deciso di lanciarsi nell'impresa di studiare questa nuova lingua ne sono rimasti entusiasti, al punto fa diventarne spesso degli "evangelisti" loro stessi.

Il resto, se ne avete voglia, scopritelo da soli.

Dusty -- Il portico dipinto

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Autore Albero
senoniochi
Inviato: 1/10/2010 10:02  Aggiornato: 1/10/2010 10:02
Ho qualche dubbio
Iscritto: 28/2/2006
Da: roma
Inviati: 58
 Re: Aspettando l’Esperanto
Il fatto che sei mesi di studio di esperanto equivalgano approssimativamente a sei anni di inglese mi fa venire voglia di studiarlo (anzi, ora mi informo!).

Certamente sarebbe un'ottima idea utilizzarlo e farlo studiare al posto dell'inglese - e parlo da traduttore dall'inglese - per tutti i motivi psicologici di cui sopra.

Tra i pro, aggiungo anche la possibilità di un effetto di "democratizzazione" della produzione culturale: oggi un autore anglosassone ha davanti a sé un mercato sconfinato, al contrario, per esempio, di uno italiano.

Questo è ciò che, a lungo andare, ha permesso al cinema americano di affermarsi in occidente: un mercato maggiore significa possibilità di maggiori investimenti in vista di maggiori guadagni, con tutto ciò che ne deriva anche in termini di qualità e di forza sul mercato del prodotto.

E' fondamentalmente per questo motivo che i film americani (e anche quelli indiani, che possono contare su un mercato interno anche superiore) possono permettersi di costare centinaia di milioni di dollari e quelli europei solo qualche milione.
E' quasi esclusivamente per questo motivo che i nostri palinsesti sono pieni di serie americane: produrne di equivalenti significherebbe investire troppo rispetto alle entrate garantite dal solo mercato interno (quello più "sicuro"), per cui si fa prima a comprarle all'estero a una frazione del costo di produzione.

Il risultato è un bombardamento culturale unilaterale. (Sì, esistono anche i libri e per quelli il discorso è un po' diverso. Ma il cittadino medio quante ore si passa davanti a uno schermo e quante davanti a una pagina?)

Su due aspetti, però, credo non ci si debba fare illusioni:

1) la stragrande maggioranza di persone laureate e diplomate di mia conoscenza che <i>non</i> conoscono l'inglese o lo parlano e scrivono a spizzichi e bocconi, si trovano in questa situazione "per scelta", non avendo mai voluto approfondire privatamente lo studio di questa lingua, fondamentalmente per pigrizia, combinata a poca lungimiranza.

Lo stesso si verificherebbe, temo, con l'esperanto. Certo, se padroneggiarlo fosse davvero così facile come dice l'esperto, lo studio scolastico potrebbe bastare.

2) nonostante le sue origini artificiali, anche l'esperanto condividerebbe la stessa sorte di ogni altra lingua: l'adattamento lessicale e fonetico presso i vari popoli. In uno scenario di lungo periodo non inverosimile, ci sarà un "tipo" di esperanto più diffuso di un altro, "originario", guarda caso, dell'impero di turno.

Inoltre, da ignorante in materia (ma da studente di giapponese alle prime armi), dubito che l'esperanto sia altrettanto semplice per gli orientali o gli arabi, che utilizzano proprio categorie di pensiero differenti per strutturare il pensiero - e, quindi, le frasi - per non parlare poi della totale estraneità lessicale rispetto alle lingue non indoeuropee.

Mi si dirà che in questo senso l'inglese, il francese o qualsiasi lingua presenterebbe lo stesso problema. E infatti è vero.
Quello che voglio sottolineare è che, anche con l'esperanto, non sarebbero solo rose e fiori.

Insomma, l'esperanto mi pare lungi dall'essere una panacea universale al problema della comunicazione tra i popoli.

Ma rappresenta probabilmente la soluzione più efficiente.

Redazione
Inviato: 1/10/2010 10:13  Aggiornato: 1/10/2010 10:14
Webmaster
Iscritto: 8/3/2004
Da:
Inviati: 19594
 Re: Aspettando l’Esperanto
Non sono d’accordo con certe critiche di Piron alla lingua inglese, che sono chiaramente di parte (lui è francese) e non oggettive.

1 - Le ambiguità esistono in tutte le lingue, ma solo se prese fuori contesto. Non esiste una frase COMPLETA, in inglese, che possa avere due traduzioni completamente differenti.

2 - Quella dei “suoni ridicoli” è una distinzione/definizione di parte. Altrettanto ridicolo può risultare per un inglese pronunciare certi fonemi tipici del francese, basta vedere da che parte stai.

3 – Ma la più infondata di tutte è la critica del “collegamento formale che agevola la memorizzazione di nozioni connesse: si fa derivare *lunare* da *luna*, *dentista* da *dente*, *disarmo* da *arma*. In inglese invece occorre ogni volta imparare due parole diverse: *moon*/*lunar*, *tooth*/*dentist*”.

Non è affatto così. Le parole inglesi hanno due origini diverse: alcune derivano dal latino, altre dal sassone (germanico). Ad esempio, ROYAL deriva dal latino REX, ma KINGDOM deriva dal germanico KUNG. Ecco che per l’anglosassone il termine KINGDOM rappresenta di colpo un “collegamento formale” che il latino non offre. A-duh!

Purtroppo i francesi sono abituati a vedere il mondo solo dal loro punto di vista, e questo è davvero un grosso problema.

Per il resto, sono invece d’accordo sul fatto che la lingua franca sia sempre stata, casualmente, la stessa lingua dei padroni. E’ dal punto di vista storico-politico, quindi, e non tecnico-linguistico, che va affrontato il problema.

Redazione
Inviato: 1/10/2010 10:20  Aggiornato: 1/10/2010 10:20
Webmaster
Iscritto: 8/3/2004
Da:
Inviati: 19594
 Re: Aspettando l’Esperanto
SENONIOCHI: "Tra i pro, aggiungo anche la possibilità di un effetto di "democratizzazione" della produzione culturale: oggi un autore anglosassone ha davanti a sé un mercato sconfinato, al contrario, per esempio, di uno italiano."

Credo che il problema sia molto più complesso. Come dice l’articolo stesso, non esiste una lingua senza una sua cultura di riferimento. Ogni testo, in qualunque lingua sia scritto, andrà quindi SEMPRE TRADOTTO in una seconda lingua già esistente, proprio perchè una valida traduzione deve contemplare necessariamente anche tutti gli equivalenti culturali.

illupodeicieli
Inviato: 1/10/2010 11:12  Aggiornato: 1/10/2010 11:12
Mi sento vacillare
Iscritto: 2/1/2005
Da:
Inviati: 323
 Re: Aspettando l’Esperanto
Oggi la "non conoscenza" di lingue straniere, in particolar modo l'inglese, taglia fuori dal lavoro, riduce assai la possibilità ,come nel mio caso ad esempio, di poter trovare e approfittare di nuove opportunità. Dopo il mio fallimento di sei anni fa, ricevetti un'offerta di lavoro come direttore commerciale: non parlando inglese in maniera fluente, fui scartato, nonostante le riconosciute capacità e competenze. Immagino che oggi non sia sufficiente conoscere solo una lingua ma se fosse adottato l'esperanto il problema, forse, non si porrebbe nemmeno. Ricordo che mio padre negli anni sessanta voleva ,non solo impararlo, ma coinvolgermi in questa sua idea: peccato che,per ragioni diverse, poi abbia abbandonato il proposito. Dopo questo articolo mi viene il dubbio se spingere, come sto facendo, mie figlie a studiare al di fuori della scuola la lingua inglese, oppure ...ecco non so cosa fare, ma non voglio fare il "padre padrone" o il ducetto.

sitchinite
Inviato: 1/10/2010 11:34  Aggiornato: 1/10/2010 11:34
Sono certo di non sapere
Iscritto: 3/6/2007
Da: Roma - Pomezia
Inviati: 3270
 Re: Aspettando l’Esperanto
Nemmeno io concordo con le critiche mosse dal commissario francese, sopratutto quando parla dell' apprendimento della lngua e del grado di conoscenza chese ne può avere in ambito scolastico.

Nel corso della mia vita ho conosciuto molti stranieri non anglofoni, specialmente esteuropei e nordeuropei, e tutti avevano una buona o otima conoscenza del' inglese.
In alcuni paesi nordici la tv manda i film in lingua originale, con i sottotitoli, il chè abitua le persone a orecchiare ed imparare la lingua già da bambini. Ho conosciuto tedeschi e svedesi
Anche in italia (almeno fino a 15 anni fa) se l' alunno era diligente era possibile avere una ottima conoscenza della lingua.
In 3 anni di scuole medie e 3 anni di superiori (in 4a e 5a non si studiava) io l' inglese lo ho imparato alla perfezione. Certo, non in maniera adatta a una conversazione con giovani, perchè non conoscevo gli slangs e le frasi idiomatiche, ma una volta integrate quelle con studi personali e con la pratica con la mie fidanzate straniere non ho avuto problemi.
Mai un voto sotto l' ottimo, un solo 9 alle superiori, gli altri tutti 10.
720/770 al Toefl, allo scritto di grammatica all' università ho fatto oltre al mio altri 4 compiti dei colleghi vicini, tutti promossi con voti dal 27 in su (tranne io, a me la professoressa diede 19 dicendomi volutamente 'perchè non hai seguito le lezioni', e la professoressa di letteratura - con la quale ero capogruppo di lingua - le fece una scenata davanti alla classe).
E non sono il solo ad aver avuto un percorso simile, in famiglia siamo tutti più o meno dotati per le lingue, in 3 abbiamo il Toefl, anche molti amici o compagni di scuola hanno avuto percorsi simili al mio.
Basta studiare e impegnarsi, e tenersi aggiornati.
Il fatto che a volte, per facilità o per la fretta, mi escano cose sgrammaticate, succede sia in inglese che in italiano. Ma é una cosa normalissima.

Ma sopratutto il commissario non ha bene presente lo scopo del 'parlare la stessa lingua'. Non é il trasformare linguisticamente tutti in 'perfetti inglesi', ma permettere di comprendersi. E per questo non é necessaria una conoscenza ecellente della lingua. Quando si ha a che fare con cose particolari, contratti, termini specifici (magari finanziari o tecnici) ci saranno persone che hanno una maggiore conoscenza di quel 'tipo' di inglese...



Ma non concordo nemmeno con dusty quando dice:

"Questo implica che per utilizzarla in maniera sufficientemente funzionale sia necessario conoscere anche, almeno in parte, la cultura che quella lingua ha generato."

Perchè lo implica? Secondo me non é così, una lingua la puoi imparare benissimo anche senza conoscerne la cultura legata. Io di cultura inglese non so molto, ma la lingua la conosco eccome. E mi dà ragione anche l' aprendimento delle lingue franche e lingue didattiche come esperanto, toki pona o sona. Quado hai lessico e dizionario, hai tutto quel che serve per imparare una lingua. Tutt' al più, se ha una pronuncia alla italiana o esteuropea dove ogni lettera si pronuncia come scritta, la parlata é facilitata.

senoniochi
Inviato: 1/10/2010 11:40  Aggiornato: 1/10/2010 11:40
Ho qualche dubbio
Iscritto: 28/2/2006
Da: roma
Inviati: 58
 Re: Aspettando l’Esperanto
Quello che intendo (forse ho dato troppo per implicito) è che

- un produttore americano sa di poter contare su un mercato interno di almeno 350 milioni di madrelingua (USA, Canada, UK).
- un produttore italiano sa di poter contare su 60 milioni di madrelingua.

Semplificando un po' il discorso*, il primo sarà portato e potrà permettersi di investire almeno sei volte tanto su uno stesso progetto.

Se l'esperanto fosse parlato da 350 milioni di persone in un'area relativamente ristretta (l'Europa?), un qualsiasi produttore europeo avrebbe maggiore facilità nel procurarsi e nell'investire quanto uno americano in un progetto nato e concepito in esperanto, perché la potenziale diffusione dell'opera sarebbe la stessa, senza bisogno di traduzioni.

La storia narrata avrà le sue specificità culturali, come ogni storia, ma sarebbe concepita e scritta e fruita in esperanto.

Col tempo, avendo tutti i produttori le stesse possibilità, il dominio culturale americano non potrebbe che essere eroso, data la concorrenza, ad armi pari, di prodotti provenienti da altre culture.

Per esempio: oggi un film di fantascienza italiano ad alto budget è inconcepibile.
Nello scenario sopra delineato, con l'esperanto, un produttore italiano potrebbe anche arrischiarsi e il film avrebbe un sostrato culturale inevitabilmente italiano (sarebbe un film di "fantascienza italiana", non americana, non ungherese, ecc.).

In altre parole, grazie all'esperanto, potrebbero sorgere, restando nell'esempio, interi filoni di fantascienza nazionali in grado di competere (almeno) finanziariamente alla pari con quello americano.
E lo stesso mercato americano ne sarebbe invaso, vuoi perché anche loro dovrebbero piegarsi, prima o poi, ad adottare in qualche modo l'esperanto**, vuoi perché, in ogni caso, i film in esperanto avrebbero dalla loro una forza economica equivalente in grado di proiettarli nei mercati esteri.





* bisogna infatti considerare tanti altri fattori, che tu, Massimo, conosci certamente meglio di me: il primo che mi viene in mente è l'accentramento dei fondi nelle mani di poche major e il percorso storico-finanziario che l'ha permesso (tuttavia nulla vieterebbe il ripetersi dello stesso fenomeno in altri lidi, se si verificassero le condizioni di mercato necessarie); poi, certo, esistono le coproduzioni internazionali, che in qualche modo ampliano il mercato di riferimento, ma non sono la cosa più semplice del mondo a farsi.
** in California e in altre aree, mi pare ci si sia già "piegati" in qualche misura allo spagnolo.

Redazione
Inviato: 1/10/2010 12:21  Aggiornato: 1/10/2010 12:21
Webmaster
Iscritto: 8/3/2004
Da:
Inviati: 19594
 Re: Aspettando l’Esperanto
SENONIOCHI: "Se l'esperanto fosse parlato da 350 milioni di persone..."

E proprio quello il punto: SE lo fosse. Ma questo non verrebbe mai permesso, proprio perchè la lingua franca E' la lingua dell'impero. (Già 30 anni fa Wenders disse "Gli americani ci stanno colonizzando il subconscio").

Comunque, sul cinema ti rispondo meglio in serata, ora per me sono le 3 del mattino.

Hasta la pasta.

Pandora
Inviato: 1/10/2010 12:52  Aggiornato: 1/10/2010 12:52
Mi sento vacillare
Iscritto: 25/11/2005
Da: fra 45°15'N, 9°00'E e 45°10'N, 9°15'E
Inviati: 338
 Re: Aspettando l’Esperanto
Anni fa (quando eravamo piccoli ) avevamo affrontato l'argomento:

Questo il topic.

La pura e semplice verita' è raramente pura e non è mai semplice.
funky1
Inviato: 1/10/2010 13:02  Aggiornato: 1/10/2010 13:02
Mi sento vacillare
Iscritto: 23/10/2008
Da:
Inviati: 708
 Re: Aspettando l’Esperanto
@ senoniochi:

Citazione:
Per esempio: oggi un film di fantascienza italiano ad alto budget è inconcepibile.

In altre parole, grazie all'esperanto, potrebbero sorgere, restando nell'esempio, interi filoni di fantascienza nazionali in grado di competere (almeno) finanziariamente alla pari con quello americano.


Invece io penso che non cambierebbe niente, proprio perché il film risentirebbe della cultura cinematografica nazionale. Anche adesso potresti doppiare un film italiano in perfetto inglese, ma probabilmente ti accorgeresti ugualmente che è italiano. Lo stesso accadrebbe se fosse in esperanto. Così come i film europei in generale li riconosci all'istante: è questione di stile di recitazione, di fotografia...

It's better to regret something you did than something you didn't do.
Oldboy
Inviato: 1/10/2010 13:40  Aggiornato: 1/10/2010 13:43
Mi sento vacillare
Iscritto: 20/7/2007
Da:
Inviati: 411
 Re: Aspettando l’Esperanto
Autore: senoniochi Inviato: 1/10/2010 11:40:17

Quello che intendo (forse ho dato troppo per implicito) è che - un produttore americano sa di poter contare su un mercato interno di almeno 350 milioni di madrelingua (USA, Canada, UK). - un produttore italiano sa di poter contare su 60 milioni di madrelingua.


Ma in quel caso la barriera linguistica è un potenziale ostacolo alla diffusione dei film americani nel mondo.
Ostacolo che viene però agilmente scavalcato tramite il doppiaggio.

Lo stesso vale per i libri: nessun autore italiano scrive direttamente in inglese, per vendere sul mercato anglosassone.
Verrà poi - eventualmente - tradotto nelle varie lingue straniere.

Freeanimal
Inviato: 1/10/2010 13:41  Aggiornato: 1/10/2010 13:41
Mi sento vacillare
Iscritto: 17/5/2009
Da: Codroipo (UD)
Inviati: 705
 Re: Aspettando l’Esperanto
Ho sempre pensato che Zamenhof fosse un idealista, e quindi una brava persona. Poi, circa nello stesso periodo in cui mi sono iscritto a LC, ho letto un libro di Icke e uno di Marco Pizzuti, in cui si spiegava dettagliatamente che sono esistiti gli Illuminati di Baviera, chiamati familiarmente “oscurati”, che si misero in testa di porre tutti i popoli sotto un unico governo. In quest’ottica rientravano anche la Società delle Nazioni, prima, e l’ONU, dopo. A capo di questo immane progetto, dopo gli Illuminati, ci furono i massoni, che, in un certo senso, raccolsero il loro testimone. In Italia abbiamo avuto sia Mazzini che Garibaldi iscritti alla massoneria, con il primo che, oltre alla Giovine Italia, fondò anche la Giovine Europa. Dunque, il quadro si fa ancora più completo.
Quando i piemontesi arrivarono in Friuli nel 1866, trovarono una popolazione indigente, da secoli sottomessa al padrone di turno, ma con una lingua tutta particolare, molto diversa dal dialetto toscano che stava diventando, se non lo era già, la lingua della nuova nazione. Alcuni preti (e poi si parla sempre male della Chiesa!), quando arrivarono i piemontesi, si misero a suonare a lutto le campane delle chiese. Non servì a molto.
Nel 1975 uscì “Le lingue tagliate”, di Sergio Salvi. Si parlava anche del friulano, facente parte del ceppo delle lingue ladine, cioè derivate direttamente dal latino (per quello gli “italiani” non lo capiscono).
Oggi si sta spendendo un sacco di soldi per conservare la parlata friulana, ma senza tante speranze di salvarla dall’estinzione.
Lo slogan di Berlusconi delle tre “i”: inglese, internet & impresa, ha contagiato molti cervelli e tanti genitori friulani, all’atto dell’iscrizione a scuola dei loro figli, scelgono l’inglese piuttosto che il friulano, che non sarebbe neanche in alternativa, ma in aggiunta, perché ormai danno per scontato che la lingua dei padri stia andando a farsi benedire.
E’ stato detto, da complottisti D.O.C., che Darwin, Mazzini, Garibaldi e quanti si mobilitarono per unire le varie regioni sotto un unico governo (Darwin creò, sembra, un credo alternativo alla Genesi biblica), obbedissero a un unico progetto, quello di istituire il Nuovo Ordine Mondiale. Da qui, molti si sono presi la libertà di dire peste e corna di essi. Da fonti di complottismo verace, ho ricavato che anche il buon medico oftalmologo polacco fosse affiliato alla massoneria e, con l’esperanto, avesse voluto dare il suo contributo al Grande Progetto del NWO.
Poiché sia Zamenhof che Darwin mi sono sempre stati simpatici, e siccome è probabile che agissero in buona fede, nei rispettivi campi, senza obbedire agli ordini di nessun “illuminato”, mi chiedo se la teoria dell’evoluzione e l’idea che tutti i popoli della terra parlino la stessa lingua siano cose biasimevoli o se non siano invece frutto della parte migliore dell’umanità.
Insomma, cosa devo pensare dell’esperanto, è buono o cattivo?

Davide71
Inviato: 1/10/2010 14:25  Aggiornato: 1/10/2010 14:25
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 8/7/2006
Da:
Inviati: 2108
 Re: Aspettando l’Esperanto
Ciao a tutti:
io trovo le critiche di Piron, che é belga, e non francese (provate a dire ad uno svizzero del Ticino che é italiano...) azzeccate.
Tuttavia bisogna rendersi conto che, se si vuole interloquire efficacemente con qualcuno, occorre avere un'infarinatura della sua cultura, e parlare la sua lingua é un ottimo punto di partenza. Parlare una lingua "terza" rispetto ad entrambi può essere una soluzione, ma sarebbe meglio che i due conoscessero entrambi la lingua dell'altro. Oltre tutto bisogna chiedersi cosa ci porta ad avere rapporti con altri popoli, fossero pure conflittuali. In molti casi il problema è "semplicemente" culturale. Per esempio in molti paesi africani quella che noi chiamiamo "pedofilia" per loro é normale (sbolognare le femmine il prima possibile ad un marito per togliersi una bocca da sfamare e acquisire eventualmente braccia in più). Loro potrebbero trovare strano che noi costruiamo mine antiuomo, forse. L'esempio é estremo. n realtà questioni assai sottili possono produrre conseguenze devastanti; per esempio il senso dello Stato dei tedeschi é molto diverso dal nostro, come pure altre questioni (la forma della loro religiosità per esempio).
Usare una lingua che sotto di sé non ha nessun vissuto culturale presenta dei vantaggi, ma anche degli svantaggi. Innanzi tutto è più difficile da ricordare, perché più raramente ci si allena in tale lingua. L'inglese ha prodotto dell'ottima letteratura, teatro e musica, e questo permette di accostarsi con maggiore interesse verso tale lingua.
Inoltre bisognerebbe anche chiedersi perché una cultura é divenuta "egemone". Cosa spinge un popolo a cercare al di fuori dei propri confini la propria identità culturale, mediante la conquista di altri popoli? I Romani e i Greci erano tutti caratterizzati da una drammatica "assenza" di cultura, che andavano sistematicamente a cercare in altri popoli. Gli inglesi idem. Perciò essi hanno una lingua "aculturale", che potrebbe fungere in maniera tutto sommato bene al compito di permettere scambi culturali tra i popoli a loro sottomessi. Il tema é complesso per un singolo commento...

Non date le perle ai cani e ai porci perchè non le mangeranno e vi si rivolteranno contro.
Dusty
Inviato: 1/10/2010 14:46  Aggiornato: 1/10/2010 14:46
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 3/10/2005
Da: Mondo
Inviati: 2248
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
1 - Le ambiguità esistono in tutte le lingue, ma solo se prese fuori contesto. Non esiste una frase COMPLETA, in inglese, che possa avere due traduzioni completamente differenti.

La sintassi di ogni lingua rende corrette delle frasi che però sono ambigue ed hanno bisogno appunto del contesto per essere disambiguate. Se le regole sono più precise e questo porta meno ambiguità ben venga.

Citazione:
2 - Quella dei “suoni ridicoli” è una distinzione/definizione di parte. Altrettanto ridicolo può risultare per un inglese pronunciare certi fonemi tipici del francese, basta vedere da che parte stai.

Secondo me Piron qui sbaglia, perchè giudica più o meno ridicolo un certo suono, e questo lo trovo senza senso: giustamente come dici tu ogni lingua ha i suoi fonemi ed i madrelingua li trovano del tutto naturali, solo gli stranieri li possono trovare ridicoli.
Ma penso che quello che voglia sostenere, e con cui mi trova d'accordo, è che un determinato insieme di fonemi è più complesso da padroneggiare (nella parlata e nella comprensione) di altri, ad esempio quelli da lui indicati che vengono usati in parole molto simili (all'udito) ma molto diverse come significato.
Anche in questo caso, se una lingua fa uso di fonemi più semplici da distinguere e pronunciare per la maggioranza delle popolazioni, ben venga.

Citazione:
3 – Ma la più infondata di tutte è la critica del “collegamento formale che agevola la memorizzazione di nozioni connesse: si fa derivare *lunare* da *luna*, *dentista* da *dente*, *disarmo* da *arma*. In inglese invece occorre ogni volta imparare due parole diverse: *moon*/*lunar*, *tooth*/*dentist*”.

Non è affatto così. Le parole inglesi hanno due origini diverse: alcune derivano dal latino, altre dal sassone (germanico).

In pratica hai appena spiegato perchè è effettivamente così, dando ragione a Piron :)
Cioè che bisogna imparare due vocaboli e conoscere due radici differenti per sapere che sono però accomunate. Se invece ne devo imparare la metà, io studente faccio sicuramente meno fatica e ringrazio.

Citazione:
E’ dal punto di vista storico-politico, quindi, e non tecnico-linguistico, che va affrontato il problema.

Questo è inevitabile, e non mi sembra un problema solvibile: o uno può scegliere le lingue che preferisce studiare oppure il più forte impone la propria agli altri proprio perchè lo sforzo di adattamento sarà dovuto tutto per lo straniero e non per il madrelingua.
E spero che nessuno voglia imporre l'esperanto come lingua da imparare, magari come nuova "direttiva europea".

Lo scopo dell'articolo in questo caso è solo di far sapere che esistono lingue (quasi?) ugualmente espressive a quelle native ma che possono essere imparate con uno sforzo non paragonabile ad una lingua come l'inglese, che pure viene considerata "semplice".
Per provarlo è sufficiente verificare quanti anni di pratica occorrono solo per poter seguire in maniera semplice un qualunque film americano/inglese...

@stichnite
Citazione:
Nemmeno io concordo con le critiche mosse dal commissario francese, sopratutto quando parla dell' apprendimento della lngua e del grado di conoscenza chese ne può avere in ambito scolastico.

Non concordi, ma immagino che tu non abbia la più pallida idea dell'argomento di cui stai parlando, cioè tu non conosca né l'Esperanto, né le sperimentazioni del suo insegnamento come seconda o terza lingua nelle scuole.
Se invece di avere pregiudizi ti informassi (o meglio, sperimentassi di persona) potresti magari cambiare parere.

Citazione:
Nel corso della mia vita ho conosciuto molti stranieri non anglofoni, specialmente esteuropei e nordeuropei, e tutti avevano una buona o otima conoscenza del' inglese.

E questo che c'entra?
L'articolo ti sta forse dicendo che è impossibile imparare lingue straniere?
Non riesco a capire perchè ogni volta che si parla di Esperanto le obiezioni che nascono (da persone che non l'hanno studiato e quindi non lo conoscono affatto) sono obiezioni che non hanno nulla a che vedere con quello di cui si sta parlando.
Provo a semplificare la questione: imparare le lingue straniere si può (e si dovrebbe, aggiungo, perchè è bellissimo), e chiaramente ognuna presenta le sue difficoltà.
Ad esempio è ben noto che si può conoscere il russo e l'inglese, però è anche ben noto che per imparare il primo per un italiano sia necessario più lavoro (tempo e fatica).

Ora, se io persona che parlo la lingua X (es: italiano) voglio parlare con la lingua Y (es: giapponese), ho tre possibilità:
1) o mi studio la sua lingua e dopo N anni provo a farmi capire (e spero di riuscirci)
2) o lui, con sforzo analogo si studia la mia
3) o tutti e due studiamo una terza lingua che ci permette di comunicare in modo sufficientemente espressivo

In questa situazione, volutamente ipersemplificata, nel caso si scelga la strada 3, è bene scegliere una lingua che faccia faticare poco e quindi, ad esempio l'inglese invece che l'arabo.
Ma se esiste una lingua ancora più semplice e che da risultati migliori, perchè non prenderla in considerazione?
Perchè l'ha proposta un massone? (obiezione che si sente!)
L'argomentazione a me non pare pertinente...

Lasciamo poi perdere le obiezioni di quelli che pensano che l'esperanto sia nato per soppiantare le lingue nazionali perchè evidentemente non sanno proprio di cosa stanno parlando: a che pro eliminare la propria madrelingua che è quella che meglio si conosce e con la quale meglio ci si esprime?
L'esperanto nasce come lingua di comunicazione tra persone di lingua diversa e questo è lo spirito che anima le persone che fanno parte del movimento che lo mantiene vivo.

Citazione:
"Questo implica che per utilizzarla in maniera sufficientemente funzionale sia necessario conoscere anche, almeno in parte, la cultura che quella lingua ha generato."

Perchè lo implica? Secondo me non é così, una lingua la puoi imparare benissimo anche senza conoscerne la cultura legata.

Perchè con cultura, in senso lato, io intendo anche i modi di dire e tutte quelle espressioni che "fanno" una lingua.
Di per se una lingua non è solo grammatica e vocabolario (come invece accade in informatica), è ben di più.

@Freeanimal:
Citazione:
Insomma, cosa devo pensare dell’esperanto, è buono o cattivo?

Interessante questo atteggiamento: chiedi agli altri cosa devi pensare?
Pensa che bello se io chiedessi una cosa del tipo "cosa devo pensare degli animali, è giusto cibarsene?" e poi l'unico che mi rispondesse fosse (ad esempio) Stichnite, di cui conosci bene la posizione.

Non sarebbe meglio se invece mi facessi autonomamente un'idea in proposito?

Lo stesso puoi fare tu con l'esperanto, per diletto, e se ti piacciono le lingue.

Dusty

"Tu non ruberai, se non avendo la maggioranza dei voti"
-- Dal Vangelo Secondo Keynes, Capitolo 1, verso 1.
Il portico dipinto
mazingazet
Inviato: 1/10/2010 15:48  Aggiornato: 1/10/2010 15:48
So tutto
Iscritto: 10/9/2010
Da: Base alpha
Inviati: 9
 Re: Aspettando l’Esperanto
Grammaticalmente l'inglese è una lingua molto facile, le declinazioni dei verbi sono le stesse a parte la s aggiunta alla 3°persona singolare al presente, che nel passato invece non c'è più. E gli inglesismi fanno cool sotto il profilo del marketing anche qui in italia e sempre di più, basta notare quante iniziative sociali comunali si nominano persino con parole inglesi,....il white christmas bergamasco per esempio....oppure il mc italy. L'omologazione che l'inglese crea prende più forza anche a causa di queste scelte lessicali. La ricchezza dell'italiano con i suoi suoni cantilenanti è splendida e variegata, più ricca.

"è inammissibile che un uomo non lasci traccia del proprio passaggio sulla Terra" andrè Breton poeta dada
senoniochi
Inviato: 1/10/2010 16:31  Aggiornato: 1/10/2010 16:31
Ho qualche dubbio
Iscritto: 28/2/2006
Da: roma
Inviati: 58
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
Invece io penso che non cambierebbe niente, proprio perché il film risentirebbe della cultura cinematografica nazionale. Anche adesso potresti doppiare un film italiano in perfetto inglese, ma probabilmente ti accorgeresti ugualmente che è italiano. Lo stesso accadrebbe se fosse in esperanto. Così come i film europei in generale li riconosci all'istante: è questione di stile di recitazione, di fotografia...


Mi sa che non ci siamo capiti.
Anch'io sostengo che la cultura sottostante un film verrebbe alla luce (e come non potrebbe essere?).

Quello che sostengo è che l'esperanto - avesse una base di fluenti parlatori pari a quella anglosassone - dovrebbe facilitare la produzione di film "nazionali" ma in esperanto, per via della ampliata base di mercato.
Ciò contribuirebbe a diffondere non le lingue nazionali, ma le culture sottostanti.
Quanti film, non dico ungheresi, ma spagnoli conosce un italiano medio?

Credo pochi. Ma ciò dipende dal fatto che se ne girano pochi, o dal fatto che quei film non sono sorretti da grossi investimenti, sia produttivi che di marketing e distribuzione (che sono spesso direttamente proporzionali ai primi: una volta spesi 100 milioni, non se ne lesinano 10 o 20 per assicurarsi di recuperarli)?

aleste85
Inviato: 1/10/2010 16:39  Aggiornato: 1/10/2010 16:39
Ho qualche dubbio
Iscritto: 24/5/2010
Da:
Inviati: 204
 Re: Aspettando l’Esperanto
io ritengo l'italiano una lingua meravigliosa, splendida.
permette di esprimere concetti con una ampia varietà di sfumature. per questo quando vado all'estero mi arrabbio se scambiano l'italiano con lo spagnolo (che invece è una lingua che non sopporto, mi da fastidio anche sentirla parlare). oltretutto anche sul lavoro mi infastidiscono quelli che parlano con inglesismi eccessivi, senza che ce ne sia motivazione.
detto questo devo riconoscere che l'inglese è uina lingua molto più immediata, loro usano due parole per esprimere concetti che in italiano si dicono in una frase intera. questo lo ammiro e sul lavoro questa cosa è utile perchè c'è più velocità e quindi meno perdità di tempo, si arriva prima al concetto base senza girarci troppo intorno

yarebon
Inviato: 1/10/2010 16:39  Aggiornato: 1/10/2010 16:41
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 25/10/2005
Da:
Inviati: 2366
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
5. Si opera un inganno quando viene taciuto che per molti versi la fonetica dell'inglese ne fa una lingua particolare, più difficile da pronunciare di gran parte delle altre lingue per la maggioranza della popolazione. Si evita di dire che i tanti suoni vocalici dell'inglese (24) e la presenza di suoni come il /th/ sono una fonte costante di malintesi o di pronuncie ridicole (sentire e riprodurre la differenza tra *fourteen*, *fourty*, *thirteen*, *thirty*, oppure tra *soaks*, *socks*, *sucks*, *sacks*, *sex*, *six*. *seeks*, ecc., è fuori portata per la maggior parte dei non anglofoni.)


questo è un punto condivisibile, infatti l'inglese è una delle poche lingue che si capisce subito quando a parlarla è uno straniero e giustamente i popoli anglofoni non mancano di fare numerosi sketch comici sulla parlata inglese fatta da persone non anglofone e questo spesso rende abbastanza ridicolo chi non ne ha una forte padronanza.
Persino la lingua francese che ha un forte accento, può essere detta con scioltezza anche senza r moscia e si può passare tranquillamente per francesi (fatto di cui ho testimonianza).
Questa situazione esiste anche nelle altre lingue ma è molto più accentuata con l'inglese è certamente un qualcosa di secondario ma ha il suo peso.
Sitchinite sono contento che nel tuo universo parallelo distante anni luce dal pianeta terra, il liceo ti abbia dato una forte padronanza dell'inglese. Un evento che nel mio universo è difficile da trovare!

senoniochi
Inviato: 1/10/2010 16:44  Aggiornato: 1/10/2010 16:44
Ho qualche dubbio
Iscritto: 28/2/2006
Da: roma
Inviati: 58
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
Quello che intendo (forse ho dato troppo per implicito) è che - un produttore americano sa di poter contare su un mercato interno di almeno 350 milioni di madrelingua (USA, Canada, UK). - un produttore italiano sa di poter contare su 60 milioni di madrelingua.

Citazione:
Ma in quel caso la barriera linguistica è un potenziale ostacolo alla diffusione dei film americani nel mondo.
Ostacolo che viene però agilmente scavalcato tramite il doppiaggio.

Lo stesso vale per i libri: nessun autore italiano scrive direttamente in inglese, per vendere sul mercato anglosassone.
Verrà poi - eventualmente - tradotto nelle varie lingue straniere.


Mi spiego con un esempio.

Io produttore americano so, con un relativo grado di certezza (per via di studi di settore), che un dato film, con un certo tipo di storia, con certi attori e un certo regista, può incassare anche 200 milioni di dollari solo negli USA. Posso quindi pensare di procurarmi diciamo 100 milioni per produrre il film e, visti gli incassi previsti, posso anche spenderne in anticipo altri 10 per doppiaggi, promozione e distribuzione nel mondo, da cui posso ricavare, diciamo, altri 200 milioni.
Con il ricavato, moltiplicato per il numero di film simili prodotti all'anno, si possono avere dei buoni utili che consentono, per esempio, di produrre dopo qualche anno un film da 300 milioni (per es., la trilogia del Signore degli Anelli).

Io produttore italiano so, con lo stesso grado di certezza, che un dato film può incassare, in Italia, 10 milioni (facciamo sempre di dollari). Posso quindi pensare di raggranellare e spendere non più di 5 milioni. Ecc. Ecc.
Dopo quanti anni sarò in grado di produrre un film che richiede 300 milioni di spesa?

Ma:

se io produttore italiano so, sempre con quel grado di certezza, che il dato film ecc. ecc., girato in esperanto, può incassare 200 milioni di dollari perché la popolazione che parla l'esperanto è tanto numerosa da permetterlo, ecco che mi metto "in pari" con gli americani e posso diffondere i contenuti che mi pare con le stesse opportunità e forza sul mercato degli americani.


(Naturalmente non è detto che spendendo 100 si ricavi 200: si possono ricavare 10 come 1.000. Parliamo di ciò che avviene normalmente in base all'esperienza.)

Dr-Jackal
Inviato: 1/10/2010 17:51  Aggiornato: 1/10/2010 17:51
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 25/3/2006
Da:
Inviati: 1028
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
Sitchinite sono contento che nel tuo universo parallelo distante anni luce dal pianeta terra, il liceo ti abbia dato una forte padronanza dell'inglese. Un evento che nel mio universo è difficile da trovare!

La cosa ha lasciato perplesso anche me. Nessuno dei miei compagni né delle medie né del liceo ha mai imparato l'inglese neanche a un livello vagamente sufficiente, grazie alle lezioni a scuola. Non sapevano mettere neanche due parole in fila (la cosa valeva anche per me, ovviamente: finché non ho iniziato a studiarlo per conto mio l'inglese era arabo).
Questo perché a scuola per tre ore la settimana ci dicevano due stupidaggini e via, quindi non imparavi nulla di utilizzabile e i test li passavi senza problemi ripetendo quelle due stupidaggini. Ma una volta all'estero, nessuno riusciva a spiccicare parola. Neanche per chiedere indicazioni stradali.
Però sapevamo che "apple" voleva dire mela.

Dr-Jackal
Inviato: 1/10/2010 17:57  Aggiornato: 1/10/2010 17:57
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 25/3/2006
Da:
Inviati: 1028
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
Non esiste una frase COMPLETA, in inglese, che possa avere due traduzioni completamente differenti.

Scusa, Massimo, ma allora la frase citata nell'articolo: "Bush warned against attacking Iran"?
Quella non è forse una frase completa che può avere due traduzioni diverse egualmente valide?

Oldboy
Inviato: 1/10/2010 18:25  Aggiornato: 1/10/2010 18:43
Mi sento vacillare
Iscritto: 20/7/2007
Da:
Inviati: 411
 Re: Aspettando l’Esperanto
Scusa, Massimo, ma allora la frase citata nell'articolo: "Bush warned against attacking Iran"? Quella non è forse una frase completa che può avere due traduzioni diverse egualmente valide?

Lo è, ma casi del genere penso si trovino in ogni lingua, compreso l'italiano, non solo in quella inglese.

C'è un famoso esempio al proposito: "La vecchia porta la sbarra".

Questa frase può avere due significati del tutto diversi, a seconda del valore grammaticale che si vuole dare alle singole parole.
("L'anziana trasporta l'oggetto metallico" oppure "La porta antica la chiude".)
Ma il contesto chiarisce tutto.


Io produttore italiano so, con lo stesso grado di certezza, che un dato film può incassare, in Italia, 10 milioni (facciamo sempre di dollari). Posso quindi pensare di raggranellare e spendere non più di 5 milioni. Ecc. Ecc. Dopo quanti anni sarò in grado di produrre un film che richiede 300 milioni di spesa? Ma: se io produttore italiano so, sempre con quel grado di certezza, che il dato film ecc. ecc., girato in esperanto, può incassare 200 milioni di dollari perché la popolazione che parla l'esperanto è tanto numerosa da permetterlo, ecco che mi metto "in pari" con gli americani e posso diffondere i contenuti che mi pare con le stesse opportunità e forza sul mercato degli americani.

Il tuo punto è chiaro, ma il produttore italiano (o francese) potrebbe saltare l'ostacolo linguistico in modo facile e relativamente economico: doppiando i suoi film in inglese.

Ma non è un problema linguistico, e i film italiani non entrerebbero lo stesso nel mercato americano, anche se li doppiassimo in inglese.

Negli USA i film stranieri non possono di fatto circolare - se non nei cineforum per intellettuali di New York o di Los Angeles.
E questo per ragioni che non hanno a che fare con la lingua, e nemmeno con la qualità delle opere.

senoniochi
Inviato: 1/10/2010 18:54  Aggiornato: 1/10/2010 18:54
Ho qualche dubbio
Iscritto: 28/2/2006
Da: roma
Inviati: 58
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
Il tuo punto è chiaro, ma il produttore italiano (o francese) potrebbe saltare l'ostacolo linguistico in modo facile e relativamente economico: doppiando i suoi film in inglese.

Ma non è un problema linguistico, e i film italiani non entrerebbero lo stesso nel mercato americano, anche se li doppiassimo in inglese.

Negli USA i film stranieri non possono di fatto circolare - se non nei cineforum per intellettuali di New York o di Los Angeles.
E questo per ragioni che non hanno a che fare con la lingua, e nemmeno con la qualità delle opere.


Forse non mi sono spiegato bene: il problema infatti non è superare il (mero) ostacolo linguistico.
Il problema secondo me è avere una base ampia (senza dover fare i salti mortali) per giustificare investimenti ingenti (necessari, per fortuna, solo in certi casi).

E difatti, il doppiaggio non mi pare incida molto sui costi complessivi di un film. La questione è che materiale vai a doppiare.

Infatti con pochi soldi puoi fare tendenzialmente solo film di certi generi (magari non apprezzabili all'estero, per vari motivi), sennò rischi (per fortuna esistono i geni) di fare qualcosa di non competitivo.

Un film ad alto budget hai voglia a produrlo con 5 milioni di euro: ne servono almeno 20 (v. District 9).
Al di sotto di certe soglie, i risultati potrebbero essere tali da rischiare le pernacchie e, soprattutto, che all'estero NON COMPRINO AFFATTO il tuo film, anche a doppiarlo in tutte le lingue del mondo.

Quindi il problema non credo sia strettamente linguistico, ma produttivo.

Sulla penetrabilità degli USA... io non sono mai stato negli USA e non ho quindi informazioni di prima mano. Basta però andare su Metacritic per vedere che film "sfigati" (siano essi stranieri o documentari made in usa) circolano un pochino, anche se in sale d'essay (sulla cui diffusione sono del tutto ignorante).
Insomma, a me pare che più che di provenienza, si tratta di genere dei film. Se io dispongo di pochi soldi, salvo rare eccezioni posso fare solo film di un certo tipo, che magari negli USA non vanno per la maggiore e quindi anche i distributori interni, se li prendono, li relegano in poche sale.
Per penetrare gli USA bisognerebbe puntare sui generi da loro prediletti (anzitutto, i "generi"; e tra questi, l'azione, ecc.), per produrre i quali di solito qui in Europa non abbiamo i soldi.
Ci sono stati miracoli come gli spaghetti western (girati con pochi soldi), ma mi sembrano più l'eccezione che la regola.
Solo l'Inghilterra (che ha dalla sua l'inglese) e la Francia (altra ex potenza coloniale e con una migliore gestione complessiva dei fondi per il cinema) hanno osato qualcosa in tal senso.

In ogni caso, secondo me non occorre tanto intestardirsi sull'andare a invadere gli USA: basterebbe acquisire, con merito, una giusta fetta di mercato e visibilità qua in casa nostra, per iniziare a contrastare "l'invasione" altrui.

In questo momento, invece, giochiamo con un handicap non da poco.

senoniochi
Inviato: 1/10/2010 19:02  Aggiornato: 1/10/2010 19:02
Ho qualche dubbio
Iscritto: 28/2/2006
Da: roma
Inviati: 58
 Re: Aspettando l’Esperanto
OT OT OT

Terribile incendio in un grattacielo coreano

http://tv.repubblica.it/mondo/corea-del-sud-il-grattacielo-in-fiamme/54009?video


Bisognerebbe controllare se per tecnica costruttiva è in qualche modo equiparabile ai vari WTC, ma di certo non è crollato.

Ashoka
Inviato: 1/10/2010 21:03  Aggiornato: 1/10/2010 21:03
Sono certo di non sapere
Iscritto: 11/7/2005
Da:
Inviati: 3660
 Re: Aspettando l’Esperanto
Il linguaggio è frutto dell'azione umana ma non della pianificazione e quindi ogni tentativo di crearlo artificialmente ed imporlo dall'alto è destinato a fallire. Meno male.

Buonpensante in Esperanto perché arci-plus-facile stopreato. No in Inglese perché s-facile nerobianco e arci-s-buono psicoreato. Correttivo Miniluv richiesto.

Dusty
Inviato: 1/10/2010 21:32  Aggiornato: 1/10/2010 21:32
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 3/10/2005
Da: Mondo
Inviati: 2248
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
Il linguaggio è frutto dell'azione umana ma non della pianificazione e quindi ogni tentativo di crearlo artificialmente ed imporlo dall'alto è destinato a fallire.

Accidenti, non frequentare i forum degli esperantisti, di coloro che usano il pasporta servo e di quelli che in questo momento stanno chattando su IRC sul canale ##esperanto, avresti un duro reality check

Per quanto riguarda il fallimento dell'imposizione dall'alto, per quanto spero la stessa cosa che speri tu, direi che:
* l'inglese ce lo stanno imponendo dall'alto e purtroppo la cosa sta avendo un certo successo
* ogni nazione impone dall'alto la sua lingua alla propria popolazione attraverso la scuola pubblica obbligatoria e mi pare che questo programma abbia avuto un certo successo...

"Tu non ruberai, se non avendo la maggioranza dei voti"
-- Dal Vangelo Secondo Keynes, Capitolo 1, verso 1.
Il portico dipinto
Ashoka
Inviato: 1/10/2010 21:59  Aggiornato: 1/10/2010 21:59
Sono certo di non sapere
Iscritto: 11/7/2005
Da:
Inviati: 3660
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
ogni nazione impone dall'alto la sua lingua alla propria popolazione attraverso la scuola pubblica obbligatoria e mi pare che questo programma abbia avuto un certo successo...


Leggendo le risposte scritte dei miei studenti direi di no... Cmq la lingua italiana si è affermata non quando il sistema scolastico l'ha decretata lingua del regno ma con la radio e la televisione. Prima infatti anche a scuola si parlava in dialetto..... professori compresi.

Citazione:
l'inglese ce lo stanno imponendo dall'alto e purtroppo la cosa sta avendo un certo successo


Impone chi? Il governo degli Stati Uniti oppure la cultura anglosassone? L'inglese è uno standard di comunicazione perché la gente lo Usa (lol.. gran gioco di parole... eheh) e non viceversa.

Redazione
Inviato: 1/10/2010 22:05  Aggiornato: 1/10/2010 22:07
Webmaster
Iscritto: 8/3/2004
Da:
Inviati: 19594
 Re: Aspettando l’Esperanto
DR. JACKAL:"Scusa, Massimo, ma allora la frase citata nell'articolo: "Bush warned against attacking Iran"? Quella non è forse una frase completa che può avere due traduzioni diverse egualmente valide?"

No, non precisamente. Quello è un classico titolo di giornale. Per convenzione, i titoli di giornale possono usare abbreviazioni ed ellissi di ogni tipo. Ad esempio “Youth kills mother, employer” vuol dire “un giovane uccide la madre e il suo datore di lavoro”.

(Btw, ci ho messo TRE anni per capire che la virgola, nei titoli, vale come "and").

La frase completa, nel caso nostro, sarebbe “Bush was warned against attacking Iran", oppure “Bush had warned against attacking Iran".

Come vedi l’ambiguità è già scomparsa, in ciascun caso.

Giacula
Inviato: 1/10/2010 22:07  Aggiornato: 1/10/2010 22:08
Ho qualche dubbio
Iscritto: 28/11/2005
Da:
Inviati: 215
 Re: Aspettando l’Esperanto
Pur non condividendo molte argomentazioni (e forse neanche i fini) del sig. Piron, mi piace comunque l'idea che aleggia in sottofondo. Se ad ogni bambino di ogni parte del mondo venisse insegnata una lingua comune (esperanto?), una volta cresciuti troveremo a mio avviso un'intera generazione composta da persone molto più vicine e unite. E' solo utopia ovviamente,ma sarebbe interessante osservarne gli effetti...

Redazione
Inviato: 1/10/2010 22:11  Aggiornato: 1/10/2010 22:57
Webmaster
Iscritto: 8/3/2004
Da:
Inviati: 19594
 Re: Aspettando l’Esperanto
SENONIOCHI: Sorry, la questione della lingua nel cinema è talmente complessa che mi sta venendo fuori un mezzo articolo, quindi magari lo pubblico così.

Paxtibi
Inviato: 1/10/2010 22:23  Aggiornato: 1/10/2010 22:23
Sono certo di non sapere
Iscritto: 3/4/2005
Da: Atene
Inviati: 8134
 Re: Aspettando l’Esperanto
Se ad ogni bambino di ogni parte del mondo venisse insegnata una lingua comune (esperanto?), una volta cresciuti troveremo a mio avviso un'intera generazione composta da persone molto più vicine e unite.

Non vedo tutta questa unità tra gli italiani, nonostante la lingua comune...

peonia
Inviato: 1/10/2010 22:24  Aggiornato: 1/10/2010 22:24
Sono certo di non sapere
Iscritto: 26/3/2008
Da: Roma
Inviati: 6677
 Re: Aspettando l’Esperanto
Io credo che, in un mondo globalizzato come il nostro, sarebbe ora di avere una lingua universale! Potremmo comprenderci meglio e sarebbe più difficile mentirci e manipolarci.
Ci pensavo proprio poche settimane fa a rilanciare l'Esperanto

...Non temete nuotare contro il torrente. E' di un'anima sordida pensare come il volgo, solo perche' il volgo e' in maggioranza... (Giordano Bruno)
Paxtibi
Inviato: 1/10/2010 22:37  Aggiornato: 1/10/2010 22:37
Sono certo di non sapere
Iscritto: 3/4/2005
Da: Atene
Inviati: 8134
 Re: Aspettando l’Esperanto
Per comprendersi meglio non serve affatto parlare la stessa lingua.

Sarebbe sufficiente imparare ad ascoltare.

peonia
Inviato: 1/10/2010 23:33  Aggiornato: 1/10/2010 23:33
Sono certo di non sapere
Iscritto: 26/3/2008
Da: Roma
Inviati: 6677
 Re: Aspettando l’Esperanto
BEH IO MI RIFERIVO A PERSONE DI LINGUA DIVERSA. A ME PIACEREBBE MOLTO PARLARE CON UN IRANIANO, MA SE DOVESSIMO FARLO USANDO L'INGLESE....UHMMM

...Non temete nuotare contro il torrente. E' di un'anima sordida pensare come il volgo, solo perche' il volgo e' in maggioranza... (Giordano Bruno)
eduCattivo
Inviato: 2/10/2010 0:48  Aggiornato: 2/10/2010 0:48
Ho qualche dubbio
Iscritto: 28/4/2007
Da: Rinteln, Niedersachsen -D-
Inviati: 52
 Re: Aspettando l’Esperanto
Cit. Da quando è iniziata l’era di Internet sono anche cresciute le possibilità di diffondere l’Esperanto nel mondo.

Sarebbe bello riuscire a comunicare in una lingua che non sia l'inglese, ma il problema è che non si farà mai perché l'americano medio secondo me non è in grado di imparare un altro idioma, forse più per pigrizia che per incapacità. Se loro non ce la fanno, dubito che un progetto del genere avrà successo a livello mondiale. L'americano (medio) non ha neanche padronanza della sua lingua: discutendo non te ne accorgi, ma al momento di mettere qualche frase per iscritto, ti rendi conto che non conosce la differenza tra its e it's, che il plurale di un acronimo te lo apostrofa, (CD's invece di CDs), usa biannual (semestrale) per un controllo da effettuare ogni 2 anni (biennial, parola che non conosce), e altre amenità che adesso non ricordo perché son passati un paio di anni dal periodo in cui avevo a che fare con loro. Con gli inglesi era invece tutta un'altra storia.

Se vuoi renderti interessante, aggiungi ''Confucio'' alla fine dei tuoi scritti.

Confucio
senoniochi
Inviato: 2/10/2010 1:25  Aggiornato: 2/10/2010 1:25
Ho qualche dubbio
Iscritto: 28/2/2006
Da: roma
Inviati: 58
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
Autore: Redazione Inviato: 1/10/2010 22:11:51

SENONIOCHI: Sorry, la questione della lingua nel cinema è talmente complessa che mi sta venendo fuori un mezzo articolo, quindi magari lo pubblico così.


Magari!

nibbio
Inviato: 2/10/2010 1:45  Aggiornato: 2/10/2010 1:45
Ho qualche dubbio
Iscritto: 26/1/2009
Da: vicino a Venezia
Inviati: 53
 Re: Aspettando l’Esperanto
si fa derivare *lunare* da *luna*, *dentista* da *dente*, *disarmo* da *arma*. In inglese invece occorre ogni volta imparare due parole diverse: *moon*/*lunar*, *tooth*/*dentist*, *weapon*/*disarmament*. Inoltre non si ha una buona padronanza dell'inglese se non si conoscono migliaia di doppioni del tipo *buy*/*purchase*, *read*/*peruse*, *freedom*/*liberty*, *threat*/*menace*, ecc

Ma allora forse sarà per questo che quando i media anglofoni traducono i discorsi del presidente dell'Iran Ahmadinejad ci sono sono sempre orrori del tipo: "dobbiamo distruggere israele con tutti i filistei ecc.", o traduttori e giornalisti sono in malafede.........?????? Personalmente credo che la seconda ipotesi sia quella giusta, ma sono un complottista, percui... Ai posteri ecc.

Red_Knight
Inviato: 2/10/2010 1:59  Aggiornato: 2/10/2010 2:00
Sono certo di non sapere
Iscritto: 31/10/2005
Da:
Inviati: 3121
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
Buonpensante in Esperanto perché arci-plus-facile stopreato. No in Inglese perché s-facile nerobianco e arci-s-buono psicoreato. Correttivo Miniluv richiesto.


È la prima cosa che è venuta in mente anche a me.

L'Esperanto mi sembra buono solo per chiedere "dov'è l'aeroporto?" e "sei minorenne?". Lo ammetto: non l'ho studaito, ho rinunciato alla prima lezione. Il fatto che non sia possibile stabilire collegamenti etimologici fra le parole o capire la mentalità che sta dietro alla fissazione grammaticale delle modificazioni (visto che si tratta di una lingua artificiale) me l'ha immediatamente reso odioso.

Non si impara una lingua per usarla come passepartout. Si impara acquisendo di pari passo il background culturale che quella lingua ha prodotto; infatti, se lo scopo è comunicare facilmente, imparare all'uopo una qualsiasi lingua a cazzo di cane non è poi così difficile.

Se ci fosse, e francamente non la vedo, la necessità di avere una lingua comune il buon vecchio Latino sarebbe molto più adatto, specialmente per gli Europei.
«Ma il Latino è difficile!» E chi se ne frega? Parlare correttamente una qualsiasi lingua non è mai gratis. Il fatto che l'Esperanto sia "facile da imparare" (e questo è opinabile: se le altre lingue sono difficili è solo perché si perde tempo a studiarle con i corsi DeAgostini piuttosto che immergervisi) secondo me non depone affatto a suo favore. E se in un epoca di analfabetismo una lingua articolata come il Greco antico è riuscita a imporsi spontaneamente come lingua franca in un'area vastissima allora evidentemente la difficoltà di apprendimento non è un criterio valido per giudicare le lingue.

Inoltre se l'Inglese è una lingua così diffusa ci sarà un perché: è vero che è la lingua dell'Impero, ma è semplicemente perfetta per tutti gli scopi tecnici (buon Dio, ve lo immaginate un data sheet in Francese???) e non ha certo pecche dal punto di vista della versatilità letteraria.
Si sente bisogno di testi scientifici in Esperanto? Un poema epico in Esperanto avrebbe senso? Io credo di no.

Tentare di forzare il Linguaggio umano in senso utilitaristico, con tutte le buone intenzioni di questo mondo, è abominevole. Questo genere di cose funzionano solo in ambito ingegneristico, dove standard e protocolli sono pianificabili perché dettati da esigenze tecniche.

Freeanimal
Inviato: 2/10/2010 9:23  Aggiornato: 2/10/2010 9:23
Mi sento vacillare
Iscritto: 17/5/2009
Da: Codroipo (UD)
Inviati: 705
 Re: Aspettando l’Esperanto
Dusty (citazione):
"Interessante questo atteggiamento: chiedi agli altri cosa devi pensare?"



Magari era solo una domanda retorica.
Intanto, nessuno finora mi ha risposto se l'Esperanto, nato nella mente di un massone, potrebbe essere utilizzato nel NWO prossimo venturo.

Dusty
Inviato: 2/10/2010 9:29  Aggiornato: 2/10/2010 9:29
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 3/10/2005
Da: Mondo
Inviati: 2248
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
Buonpensante in Esperanto perché arci-plus-facile stopreato. No in Inglese perché s-facile nerobianco e arci-s-buono psicoreato. Correttivo Miniluv richiesto.

L'Esperanto mi sembra buono solo per chiedere "dov'è l'aeroporto?" e "sei minorenne?". Lo ammetto: non l'ho studaito, ho rinunciato alla prima lezione.

Questo è uno dei punti critici su cui volevo porre l'attenzione: il pregiudizio.

Dare un giudizio su di una cosa che non si conosce è esattamente come dire "il 9/11 non se lo possono essere fatti da soli" senza approfondire il problema: cioè parlare a vuoto.

Citazione:
l fatto che l'Esperanto sia "facile da imparare" (e questo è opinabile: se le altre lingue sono difficili è solo perché si perde tempo a studiarle con i corsi DeAgostini piuttosto che immergervisi)

Anche questa frase è frutto dell'ignoranza: se non si vuole verificare di persona (cosa che è sempre la migliore, quando possibile) è sufficiente informarsi un po' visto che in alcune scuole hanno fatto l'esperimento di insegnare diverse lingue tra cui l'esperanto (quindi niente corso de agostini...).
Il risultato è stato che a parità di tempo impiegato i ragazzi padroneggiavano l'esperanto molto più velocemente delle altre lingue che studiavano, cioè erano in grado di capire ed esprimersi in tale lingua in maniera molto più effetiva.
Inoltre, proprio grazie alle sue regole molto più logiche e naturali chi studiava anche Esperanto era in grado di apprendere più velocemente le altre lingue. Questo è uno dei motivi per cui alcuni linguisti consigliano agli italiani che devono imparare una lingua particolarmente difficile per loro come il Russo, di studiare prima per almeno 6 mesi l'esperanto.

Con regole "naturali" intendo che la mancanza di eccezioni (di cui ogni lingua naturale è piena), che sono solo un ostacolo per chi vuole apprendere, permette di sfruttare al meglio una delle caratteristiche più peculiari che possiede l'essere umano, e cioè la capacità di astrazione. Quella cosa che ad un bambino che sta imparando l'italiano fa dire "aprito" invece che "aperto", come ogni genitore probabilmente ben sa.

Dipingere invece l'Esperanto come lingua perfetta è un errore che si farebbe dall'altra parte, non solo non è perfetto (e dubito che possa esistere la lingua perfetta), ma ha ovviamente i suoi difetti e le sue limitazioni.
Ad esempio per quanto mi riguarda trovo il suo "sound" completamente ridicolo e poco musicale, ma ovviamente ognuno ha le sue preferenze

"Tu non ruberai, se non avendo la maggioranza dei voti"
-- Dal Vangelo Secondo Keynes, Capitolo 1, verso 1.
Il portico dipinto
Dusty
Inviato: 2/10/2010 9:30  Aggiornato: 2/10/2010 9:30
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 3/10/2005
Da: Mondo
Inviati: 2248
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
Intanto, nessuno finora mi ha risposto se l'Esperanto, nato nella mente di un massone, potrebbe essere utilizzato nel NWO prossimo venturo.

E perchè non potrebbe, come qualunque altra lingua... ?

"Tu non ruberai, se non avendo la maggioranza dei voti"
-- Dal Vangelo Secondo Keynes, Capitolo 1, verso 1.
Il portico dipinto
Freeanimal
Inviato: 2/10/2010 9:37  Aggiornato: 2/10/2010 9:37
Mi sento vacillare
Iscritto: 17/5/2009
Da: Codroipo (UD)
Inviati: 705
 Re: Aspettando l’Esperanto
Vedo che non ti preoccupi di un'eventuale strumentalizzazione dell'Esperanto da parte dell'élite mondiale, i veri padroni del mondo.
Okay, ti ringrazio per la risposta.
Ma il punto è che molti di noi, presenti anche su questo sito, tendono a comporre i pezzi del "puzzle" degli eventi storici, fino a farli quadrare in uno scenario ben preciso. Penso al povero Darwin, finito anche lui, con la sua teoria, sotto la scure dei complottisti.
Sto cercando di capire quanto di vero c'è in questo scenario, in cui spesso m'imbatto, e quanto viceversa non sia frutto di blande allucinazioni. Non so se mi sono fatto capire.

Dusty
Inviato: 2/10/2010 10:02  Aggiornato: 2/10/2010 10:02
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 3/10/2005
Da: Mondo
Inviati: 2248
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
Vedo che non ti preoccupi di un'eventuale strumentalizzazione dell'Esperanto da parte dell'élite mondiale, i veri padroni del mondo.

Che intendi con "strumentalizzazione" in questo caso?
E perchè non potrebbe venir "strumentalizzata" una qualunque altra lingua come ad esempio l'inglese?

"Tu non ruberai, se non avendo la maggioranza dei voti"
-- Dal Vangelo Secondo Keynes, Capitolo 1, verso 1.
Il portico dipinto
Freeanimal
Inviato: 2/10/2010 10:26  Aggiornato: 2/10/2010 10:28
Mi sento vacillare
Iscritto: 17/5/2009
Da: Codroipo (UD)
Inviati: 705
 Re: Aspettando l’Esperanto
Ci sono cose preoccupanti, senza bisogno di essere complottisti, come il microchip impiantato a tutti gli esseri umani. Oppure come le vaccinazioni obbligatorie. Oppure un unico governo mondiale e un'unica polizia, magari psicopolizia.
Ecco, sto cercando di capire se l'Esperanto fa parte del piano di attuazione del NWO. Potrebbe essere anche l'inglese, ma se l'Esperanto è nato dalle buone intenzioni di Zamenhof, non è detto che quelli che sono venuti dopo di lui non lo utilizzeranno per i loro scopi, che sono nefasti per il singolo individuo, nel momento in cui parla un'unica lingua, ma è schiavo e robotizzato, e dunque non gli serve a niente poter comunicare con un giapponese o un russo, ché tanto son tutti schiavi.
Un'unica lingua mondiale parlata da un esercito di golem.

Dusty
Inviato: 2/10/2010 10:52  Aggiornato: 2/10/2010 10:52
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 3/10/2005
Da: Mondo
Inviati: 2248
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
Ci sono cose preoccupanti, senza bisogno di essere complottisti, come il microchip impiantato a tutti gli esseri umani. Oppure come le vaccinazioni obbligatorie. Oppure un unico governo mondiale e un'unica polizia, magari psicopolizia.

Che queste cose siano preoccupanti, è fuor di dubbio.
Se poi ci vogliano imporre una lingua comune, anche questo sarebbe poco bello.

Mi pare però che sia tutt'altro che necessario per un'ottica NWO: l'unica cosa che è veramente importante e necessario affinchè si verifichi il loro piano è che tutti paghino le tasse ed utilizzino moneta creata dal nulla.

Il senso dell'articolo invece era quello di valutare con spirito critico l'inglese, che comunemente viene considerata una lingua "semplice" e far presente che esistono altre lingue come l'Esperanto (che non è certo l'unica, ma almeno è viva) che più si presterebbero per far comunicare persone con diverso idioma nativo.

"Tu non ruberai, se non avendo la maggioranza dei voti"
-- Dal Vangelo Secondo Keynes, Capitolo 1, verso 1.
Il portico dipinto
Red_Knight
Inviato: 2/10/2010 11:23  Aggiornato: 2/10/2010 11:23
Sono certo di non sapere
Iscritto: 31/10/2005
Da:
Inviati: 3121
 Re: Aspettando l’Esperanto
@Dusty

Come ho detto, ci ho provato a studiare l'Esperanto ma ho rinunciato subito per motivi precisi: de gustibus, naturalmente, ma non venire a dirmi che è un pregiudizio.
E anche riguardo alla facilità di apprendimento ho già espresso una perplessità diversa: non la nego, è che non la considero un gran pregio se non per chiedere indicazioni stradali.

Specialmente, mi preoccupa una cosa: la possibilità che l'Esperanto per qualcuno possa essere lingua madre. Finché si tratta di impararla come seconda lingua quanto meno "male non fa" sicuramente. È pur sempre un esercizio linguistico. Ma parlare una lingua così povera (non è un pregiudizio: mancano le eccezioni e il lessico è un minestrone di altre lingue) dalla nascita avrebbe un po' l'effetto neolingua, non trovi? Le capacità di astrazione si sviluppano pienamente intorno ai 13-15 anni.

Dusty
Inviato: 2/10/2010 11:53  Aggiornato: 2/10/2010 12:04
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 3/10/2005
Da: Mondo
Inviati: 2248
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
Come ho detto, ci ho provato a studiare l'Esperanto ma ho rinunciato subito per motivi precisi: de gustibus, naturalmente

Perfettamente d'accordo, anche io ho avuto una certa ritrosia iniziale, solo che per curiosità mi sono imposto di cercare di andare avanti e nonostante sia ancora una schiappa sono arrivato alla decima lezione. Verso la 8° ho cominciato a vedere le cose un po' diversamente ed a cominciare a cambiare idea.

Citazione:
ma non venire a dirmi che è un pregiudizio

Il pregiudizio non è sulla bellezza della lingua visto che come ho già detto non solo è ovvio che ognuno abbia i propri gusti ma in parte condividevo i tuoi in tal senso, ma sulla tua frase "L'Esperanto mi sembra buono solo per chiedere "dov'è l'aeroporto?" e "sei minorenne?".
Chiaramente non puoi esprimere un tale giudizio senza prima studiarlo tutto, non trovi?
E se ti sembra così ti posso solo dire che sbagli. Ti posso inoltre dire che anche io avevo la stessa impressione all'inizio.

Citazione:
Specialmente, mi preoccupa una cosa: la possibilità che l'Esperanto per qualcuno possa essere lingua madre.

Più che preoccupante io lo trovo insensato: a che pro?
E' tanto bella la propria lingua madre ed addirittura sono belli i dialetti: è un peccato che scompaiano a causa della volontà, voluta dall'alto, di uniformarci tutti.
Infatti studiando la sua storia puoi verificare che ciò che ha spinto per il suo sviluppo era proprio la comunicazione internazionale che era un problema e non certo quella nazionale, che problemi non ne aveva affatto: a che pro trovare una soluzione per un problema che non esiste se non sei la Microsoft?

Citazione:
Ma parlare una lingua così povera (non è un pregiudizio: mancano le eccezioni e il lessico è un minestrone di altre lingue) dalla nascita avrebbe un po' l'effetto neolingua, non trovi?

No, come ti dicevo non lo trovo proprio perchè, sebbene inizialmente la pensavo esattamente come te, dopo qualche mese di studio (ormai purtroppo passati nel dimenticatoio visto che non ho più proseguito) mi sono dovuto completamente ricredere.
Quindi sono dell'idea che tale pensiero sia appunto un pregiudizio e questo mi ha spinto a scrivere l'articolo, pur essendo tutt'altro che un esperto in tale lingua.

Citazione:
Le capacità di astrazione si sviluppano pienamente intorno ai 13-15 anni.

Non nel caso dell'apprendimento della lingua, cosa che comincia attorno ai due anni, come ogni genitore sa bene.

Se così non fosse infatti non si spiegherebbe come i bambini facciano un sacco di "errori" parlando, ad esempio dicendo "diti" invece che "dita" oppure "aprita" al posto di "aperta", "scoprito" invece di "scoperto" o ancora "moruto" al posto di "morto".
Ho messo "errori" tra virgolette perchè il fatto che utilizzino quelle parole deriva dal fatto che i piccoli, deducendo in maniera autonoma il modo di coniugare i verbi da quello che sanno fino a quel momento, astraendo e poi riapplicando lo stesso concetto agli altri verbi, si aspettano che quelle debbano essere le parole esatte.
Ma dato che invece quelle parole corrette non sono sta poi a noi correggerli.
Perchè si dice così in italiano? Perchè si. Non c'è un motivo logico (ma eventualmente storico o di tradizione): è così e basta.

"Tu non ruberai, se non avendo la maggioranza dei voti"
-- Dal Vangelo Secondo Keynes, Capitolo 1, verso 1.
Il portico dipinto
Red_Knight
Inviato: 2/10/2010 12:09  Aggiornato: 2/10/2010 12:09
Sono certo di non sapere
Iscritto: 31/10/2005
Da:
Inviati: 3121
 Re: Aspettando l’Esperanto
@Dusty

Effettivamente hai ragione, "mi sembra" non è abbastanza per giudicare.
Ma accettiamo pure tutti i pregi dell'Esperanto e lasciamolo perdere per un attimo: qual è la necessità di avere una lingua franca, in generale, a parte appunto chiedere le indicazioni stradali?

LoneWolf58
Inviato: 2/10/2010 19:09  Aggiornato: 2/10/2010 19:09
Sono certo di non sapere
Iscritto: 12/11/2005
Da: Padova
Inviati: 4861
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
Autore: Red_Knight Inviato: 2/10/2010 12:09:15
...
qual è la necessità di avere una lingua franca, in generale, a parte appunto chiedere le indicazioni stradali?
Magari evitare che traducano i discorsi di Ahmadinejad a loro uso e consumo?

La storia, come un'idiota, meccanicamente si ripete. (Paul Morand)
Il problema, però, è che ci sono degli idioti che continuano a credere che la storia non si ripeta. (LoneWolf58)
Simplician
Inviato: 3/10/2010 2:50  Aggiornato: 3/10/2010 2:50
So tutto
Iscritto: 9/12/2008
Da:
Inviati: 16
 Re: Aspettando l’Esperanto
"Purtroppo i francesi sono abituati a vedere il mondo solo dal loro punto di vista, e questo è davvero un grosso problema."

(Problema da cui come tutti sanno sono esenti i popoli anglosassoni...)

L'Esperanto non si potrà mai imporre finché resterà così artificiale e freddo. L'italiano è nato quando un poeta ha creato una cosa chiamata "Comedia" e, dopo qualche secolo, quella cosa e le opere di altri poeti che ne avevano seguito il fascino e l'esempio avevano lentamente creato una tradizione. Questo fatto si è verificato lungo molti secoli perché nel frattempo l'Italia (creata anche come puro concetto non geografico da Dante), per via di un complotto peraltro molto massonico e dunque in forte odore di NWO, venne finalmente a crearsi dopo secoli di ignoranza, divisione e sottomissione al potere altrui. Tale unione mostra ancora, nonostante le migrazioni interne e i matrimoni, tutta la sua artificialità a 150 anni dalla sua proclamazione: gli italiani, infatti, etnicamente non costituiscono un unico popolo più degli elvetici o degli statunitensi (lo dimostrano le facce, molto più dei penosi discorsi dei leghisti).

Qualche chance in più come lingua franca potrebbe averla l'Interlingua. Vantaggi: è immediatamente comprensibile a chi parla romanzo (mi rendo conto che ciò la rende automaticamente un oggetto di scherno e di disprezzo agli occhi degli anglofoni), non è così artificiale come l'Esperanto e dunque è anche più interessante. Gli ostacoli alla sua diffusione sono la sua ragionevolezza (ma a chi giova che gli uomini imparino ad ascoltarsi davvero? Al potere no di certo) e il fatto che non si sia ancora imposto un grande poeta (nel senso di creatore di forme e di linguaggio) in Interlingua.

Gli accenti mossi alla lingua inglese saranno pure esagerati dal professore belga ma sono, non solo abbastanza corretti, ma innegabili. Gradi di ambiguità esistono in tutte le lingue, ma in inglese si raggiungono picchi che, proprio a causa della sua (relativa) 'facilità grammaticale', sarebbe disonesto negare: basti pensare all'inglese effettivamente adoperato nel mondo, cioè quello adoperato dagli indo-asiatici ai congressi scientifici o quello canticchiato dai teenager di mezzo mondo: roba da fare rivoltare Shakespeare e Johnson nelle loro urne. Come è altrettanto disonesto negare (ed è criminale non evidenziarlo durante l'insegnamento scolastico, ma se poi i docenti non sono mai stati in Inghilterra o non hanno mai studiato fonetica come si fa?) che il cosiddetto 'crollo vocalico' del XVI secolo lo ha reso una vera e propria trappola (di cui gli anglofoni vanno altrettanto criminalmente fieri) per i parlanti di tutto il mondo. Il fatto infine che il suo lessico sia in parte romanzo (per mediazione indiretta, tramite la conquista normanna, dunque francese) ha paradossalmente complicato le cose, perché gli inglesi sono i primi ad ignorarne la ricchezza e soprattutto a domandarsi da dove derivi. Se lo facessero sul serio dovrebbero fare i conti con la civiltà romanza (o comunque europea) più di quanto non abbiano saputo fare finora, cioè limitandosi quasi sempre a sentenziare che tutto quanto al mondo non è come i loro avi lo hanno concepito è troppo assurdo e paradossale per meritarsi il loro autorevole permesso di continuare ad esistere.

Qualunque lingua naturale (o non totalmente artificiale) dovesse scalzare l'inglese, sia l'Interlingua o il mandarino o l'arabo, dovrà allegramente ignorarlo ed imporsi attraverso un percorso totalmente inedito. L'Esperanto a mio avviso non potrà mai riuscirci, proprio perché nato da uno sforzo di composizione che è in sé lodevole ma proprio perciò debole.

Resta il problema: a chi realmente può interessare che si diffonda una lingua franca (ma non rozza e brutta, una lingua da schiavi o meglio da ocolingo bispensanti, estremamente utile e anzi preliminare al NWO) che consenta agli uomini di comprendersi? Sarebbe più o meno come chiedersi: chi ha davvero a cuore in questo mondo la libertà, l'uguaglianza, la fraternità?

Parlare a voce alta, da soli, fa l'effetto di un dialogo con il dio che si ha dentro. Era [...] l'abitudine di Socrate. [...] Anche Lutero. Si interrogava e si rispondeva, si incensava e si insultava; Hugo, L'uomo che ride
rigel
Inviato: 3/10/2010 12:02  Aggiornato: 3/10/2010 12:02
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 12/1/2006
Da:
Inviati: 2469
 Re: Aspettando l’Esperanto
Secondo me quello della lingua è un problema momentaneo:

tra 10-15 anni i traduttori artificiali saranno talmente evoluti da risolvere totalmente tutti i problemi di comunicazione. Già adesso esistono applicazioni per cellulari in cui si parla nella propria lingua e il cellulare traduce vocalmente nell'altra lingua. La traduzione attualmente non è accurata ma ci si riesce comunque a comprendere. Tempo 10-15 anni e sarà perfetta.

Makk
Inviato: 3/10/2010 19:04  Aggiornato: 3/10/2010 20:39
Mi sento vacillare
Iscritto: 9/12/2009
Da:
Inviati: 933
 Re: Aspettando l’Esperanto
Sul "perché una lingua franca?", vorrei porgere una testimonianza.

Parlo inglese decentemente, francese pochino.
Mi sono trovato a svolgere del lavoro con un'americana che parlava un francese scolastico e un'italiana che parlava il francese molto meglio dell'inglese.
Quasi subito le nostre conversazioni si sono strutturate in modo che
- io parlavo inglese (lingua non-madre ma padroneggiata)
- l'americana parlava francese (lingua non-madre ma padroneggiata)
- la mia capa parlava francese (come sopra)
la necessità era di produrre la versione inglese della nostra rivisita tecnica (italiana), pur non avendo a disposizione un madrelingua con italiano come seconda. Fra l'altro l'americanina era anche appena infarinata nella materia tecnica (orologi meccanici, il cui dizionario nasce in svizzera, in area franco-tedesca).
Le cose sono fluite perfettamente, anche se a chi ascoltava da fuori sembravamo 3 disadattati che parlano come il dolciniano del nome della rosa.

Rispetto al topic il punto era che ciascuno di noi 3 rinunciava alla lingua madre per usare una lingua terza (franca, appunto). Non solo non abbiamo trovato difficoltà di relazione (anche in pizzeria dopo il lavoro), ma abbiamo svolto bene il compito, che era complesso proprio dal punto di vista linguistico (il riscontro coi lettori, madrelingua inglesi e tecnicamente versati, si è rivelato ottimo).
L'anno dopo, con un traduttore professionista italo-inglese quasi perfettamente bilingue abbiamo fatto una discreta fatica per lo stesso "task", praticamente lo abbiamo dovuto formare in italiano sulla materia tecnica e ci siamo dovuti rassegnare a che ritrovarsse da solo il corrispondente inglese tecnico.

Il fatto che nel primo caso tutti rinunciassimo alla lingua madre era un vantaggio: il fulcro dell'azione linguistica era mettere a disposizione la competenza di ciascuno (la lingua madre + la conoscenza tecnica) nel "piatto" comune (la lingua franca, la conversazione), dal quale i contenuti venivano pescati non già intatti ma "mediati": ciascuno doveva fare uno sforzo di focalizzazione e istintivamente concordava il contenuto "comune" con quello (di partenza o di arrivo) della propria madrelingua.

Cosa che non succedeva col traduttore professionista, che invece operava tutte le conversioni nella sua testa: l'efficacia dell'atto linguistico non si esplicava nel "processo" (il divenire della traduzione) ma direttamente nel "output", la traduzione in inglese bell'e finita. Sulla quale dire "non mi sembra una traduzione tecnicamente efficace" era difficile, perché la sua competenza lionguistica era nettamente superiore, l'ultima parola era in definitiva sua, ma non aveva la sicurezza tecnica per garantire in accuratezza (e in effetti i lettori hanno fatto qualche piccolo appunto sul fatto che era un inglese impeccabile ma per il mercato commonwealth e non per quello USA cui era destinata la rivista).

L'anno ancora dopo ci fu la traduzione in russo della rivista, e la lingua franca fu l'inglese. Di nuovo il risultato fu ottimo e il lavoro agevole e piacevole.


In sostanza la mia sensazione è che avere una lingua franca (con una competenza decente) è una buona cosa, ma lo è non tanto come atto in sé quanto perché rinunciare alla propria lingua madre modifica l'attitudine dei comunicanti verso una maggiore cooperazione.

Sensazione, ripeto, non "prova scientifica".

Tuttavia, sottolineo che l'atto comunicativo di solito è un meccanismo largamente inconsapevole, noi codifichiamo e decodifichiamo i messaggi in automatico. Il che è una facilitazione ma non necessariamente un bene.
Il colonialismo culturale, il razzismo, il sessismo, sono spesso inconsapevoli e "passano" anche fra gente in perfetta buona fede perché non sorvegliano abbastanza il proprio codificare.
La propaganda ci frega perché non siamo consapevoli del modo in cui DE-codifichiamo.

Quello che avviene attraverso l'uso di una lingua franca è invece un atto di codifica-decodifica parecchio più sorvegliato.

Non sponsorizzo l'uso di una lingua franca in sostituzione della lingua madre, ovviamente. Come già Dusty ha specificato.
Non ci sarebbe nessun bisogno, e neanche "sugo" nel poetare o cantare in lingua franca. E' visibile che non funziona gran che (i tentativi di comporre in inglese da parte degli italiani danno esiti abbastanza goffi).

Però la comunicazione funzionale in una lingua diversa dalla nostra la vedrei benefica, purché non insegnata fin da troppo piccoli (in modo da evitare fenomeni di bilinguismo che hanno dinamiche assai complesse, in positivo e in negativo) e purché sia, appunto "franca": anche il mio interlocutore deve rinunciare alla sua madrelingua.
A quel punto ritengo anche che la minore o maggiore competenza nella lingua franca che si realizzasse nei due parlanti, sarebbe poco rilevante in quanto non impedirebbe l'attitudine cooperativa di base.

Questo spiega perché le lingue artificiali hanno, secondo me, un punto a loro favore: non ci sarà mai un madrelingua comunicativamente "in vantaggio" (ma in realtà in attitudine "sottocooperativa").

Certo che l'inglese funge da lingua franca fra me e un cecoslovacco, come qualunque lingua in comune fra due parlanti (ma non lingua madre).
Ma se mi metto nell'ottica che una lingua franca è utile e desiderabile, allora scegliere l'inglese è abbastanza irrazionale: secondo De Mauro, con 500 vocaboli ho una padronanza di base di una lingua, con 2000 vocaboli sono un parlante colto.
Il dizionario inglese è uno dei più vasti che ci siano (se non ricordo male 300.000 lemmi) e gli anglosassoni sono tutto fuorché d'accordo su QUALI siano i 2000 o i 500 vocaboli di default (leggere un rivista americana e una similare inglese per apprezzare l'abisso di differenze nel lessico usato).
E' una bella lingua (per me), ma eleggerla a lingua franca mi pare più una linea di minor attrito che una scelta ponderata.

tajoumaru
Inviato: 5/10/2010 14:21  Aggiornato: 5/10/2010 14:21
Ho qualche dubbio
Iscritto: 8/12/2009
Da:
Inviati: 39
 Re: Aspettando l’Esperanto
Sono un ex-esperantista (un ekssamideano, per gli esperantisti). Ho impiegato relativamente tanto tempo per imparare a parlarlo fluentemente, un paio di mesi contro la settimana che ti viene promessa da gente come Piron.
Abbandonai schifato il movimento esperantista dopo aver capito alcune cose che gli esperantisti stanno ben attenti a non far circolare in lingue che non siano l'Esperanto.

Primo: l'esperanto non è una lingua, è una religione (atea), il comunismo linguistico. (dovete avere presente che il suo creatore, l'oculista Zamenhof, è un giudeo, come Marx. Al tempo non avevo ancora afferrato la vera natura di questo popolo, quindi questa parentesi è irrilevante e non intendo approfondire l'argomento, conoscendo bene come funziona l'accusa di antisemitismo in Occidente)
L'esperantista farebbe di tutto pur di imporre la sua orrenda lingua artificiale ai popoli della Terra. Le menzogne che raccontano in internet per avvicinarsi alla "Fina Venko" (la vittoria finale..) sono all'ordine del giorno. Io stesso, accecato da questa religione, dissi tante bugie, sapendo di mentire.
Se gli tocchi l'Esperanto, l'esperantista non ragiona più. Farà di tutto pur di difendere questo aborto pseudo-linguistico. Ma veniamo alle cose concrete.

Avete mai sfogliato un vortaro (vocabolario) di Esperanto? Mi feci spedire dalla Danimarca la Plena Ilustrita Vortaro de Esperanto (PIV), il vocabolario più completo che si trova sul mercato, e il mio subconscio si rese subito conto che qualcosa non quadrava: fatta eccezione per le parole di uso comune, la regolina del Lego (mettere insieme prefissi, radici, suffissi, ecc. per formare nuove parole) non vale più. In pratica, nella stragrande maggioranza dei casi, una nuova parola è creata estrapolando la radice direttamente dalla parola da tradurre. Uno dei grandi "vantaggi" dell'Esperanto, quindi, viene meno, o meglio: è una menzogna. In altri casi, si può dire la stessa parola in più modi. Ospedale si può dire malsanulejo (mal-san-ul-ej-o, cioè negazione-sano-tizio-luogo-sostantivo) o hospitalo. Non ho il PIV sottomano, vi basti questo, ma ci sono decine di migliaia di esempi.

Stando così le cose, si può dire che resta una "lingua" relativamente facile da apprendere per un europeo, perché la grammatica è perfettamente regolare e il significato delle parole si può indovinare se conosci il Latino e il Tedesco. E i non europei?
Anni fa, ascoltando radio esperanto, ebbi la fortuna di imbattermi nell'intervista fatta ad una esperantista cinese che insegna l'Esperanto in Cina. Com'è insegnare l'Esperanto ai bambini cinesi? Imparano in fretta? "No – risponde l'esperantista cinese – devono studiare molto, come per le altre lingue". L'europea non si perde d'animo e insiste: comunque è facile, non è vero? "Non è facile, è difficile. I bambini cinesi fanno molta fatica per imparare a parlare l'esperanto. Può darsi che sia facile per un europeo..".
Non ricordo se concessero altro tempo all'apostata.

Altro capitolo: scrivere in Esperanto al computer.
Per scrivere restando fedeli al Fundamento di Zamenhof, bisogna fare uso di consonanti e vocali col "cappellino". Per ovviare al problema, gli esperantisti hanno creato ben quattro help-alfabetojn (stavo per dimenticare l'accusativo -n) diversi, ai quali va aggiunta una dozzina abbondante di sistemi che dipendono dalla tastiera usata. In parole povere, nel mondo esperantista internettiano regna il caos più totale. Ognuno scrive come meglio crede. Io stesso fui rimproverato più volte da esperantisti che mi accusavano di usare il sistema, dei quattro, più "anglofilo" (in pratica, usavo le y). Ecco alcuni esempi (da http://it.wikipedia.org/wiki/Nova_Help-Alfabeto ):

La fundamenta: La Akademio konstatas, ke neniu ortografia ŝanĝo estas necesa aŭ dezirinda, aŭen ligo kun modernaj presmaŝinoj aŭ komputmaŝinoj, ....

La FHA: El chiuj siaj fratoj Antono estas la malplej sagha.

La iksa sistemo (caso estremo): gxi sxangxigxas.

La supersigna sistemo (caso estremo): s^i c^eh^ig^u j^au~de.

La NHA: El chiuy siay fratoy Antono estas la malpley saja.

Altri sistemi: Pola sistemo, Rusa sistemo, Rusa-Angla sistemo, Angla sistemo, Ĉina sistemo, Fonetika sistemo, Duobla sistemo, ecc.

Il fatto di avere cento sistemi di scrittura per una lingua che pretende di diventare l'unica lingua internazionale, l'idioma dell'intera umanità, non sembra preoccupare gli esperantistoj.

Qualche considerazione personale.
Una lingua vera ha le radici nella terra e nel popolo che la parla da sempre. Una lingua vera vive nella sua cultura, e quanto più è attiva e vivace la cultura, tanto più la lingua prospera e si arricchisce.
L'Esperanto ha le radici nel nulla, è un involucro vuoto, un morto-vivente linguistico. Non nasce dalla terra, non matura nei popoli e non si evolve attraverso l'uso costante da parte dei suoi parlanti e gli attriti con le diverse lingue che popolano le nazioni. Nasce in blocco dal nulla, da un "Fiat Lingua" giudeo. Ed è per riempire questo involucro insignificante fatto di regole meccaniche e suoni cacofonici che l'esperantista, quando comunica con altri esperantisti, è costretto a fare costantemente riferimento alla propria cultura, rendendo di fatto imperfetta e spesso problematica la comunicazione. Non essendoci un punto di riferimento condiviso, come si fa a stabilire l'espressione adatta per comunicare una certa idea? Esempio: è giusto usare l'espressione del tutto arbitraria "ciam pli" per esprimere l'italiano "sempre più"? (questa viene da su Radio Vatikana)


Chicca finale (basterebbe questo per screditare questa immondizia che chiamano Esperanto):
donna si dice virino (vir-in-o, cioè uomo(latino)-suff.femmina-sostantivo).

senoniochi
Inviato: 5/10/2010 17:28  Aggiornato: 5/10/2010 17:28
Ho qualche dubbio
Iscritto: 28/2/2006
Da: roma
Inviati: 58
 Re: Aspettando l’Esperanto
Non per difendere l'esperanto (nel primo commento in assoluto all'articolo ho espresso alcune mie supplementari perplessità, insieme a una considerazione positiva), ma il fatto che "donna" si dica essenzialmente "non-uomo" se non altro è...

...espressione della cultura di fine ottocento, ossia di quando fu concepito.
Visto che non è una lingua vuota?

tajoumaru
Inviato: 5/10/2010 19:35  Aggiornato: 5/10/2010 19:35
Ho qualche dubbio
Iscritto: 8/12/2009
Da:
Inviati: 39
 Re: Aspettando l’Esperanto
Non hai capito, donna non si dice "non-uomo", si dice qualcosa di simile a "maschia". E' un obbrobrio semantico. Non stavo criticando la cultura di fine ottocento, né insinuando un giudizio morale per presunto sessismo.

Vir + in (suffisso femminile) + suffisso sostantivo

VIRINO

Un virus?

Lestaat
Inviato: 5/10/2010 21:15  Aggiornato: 5/10/2010 21:15
Dubito ormai di tutto
Iscritto: 27/7/2005
Da: Perugia
Inviati: 1774
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
Autore: tajoumaru Inviato: 5/10/2010 19:35:42

Non hai capito, donna non si dice "non-uomo", si dice qualcosa di simile a "maschia". E' un obbrobrio semantico.


Non esattamente.
E il tuo errore è dovuto proprio al palese "sessismo" delle lingue neolatine dove per il neutro si usa il maschile.
Il parallelo sarebe più preciso con:
"Lui è SESSO"
"Lei è SESSA"
non maschio e maschia.


In nomine libertatis vincula edificamus.
In nomine veritatis mendacia efferimus.
tajoumaru
Inviato: 5/10/2010 23:59  Aggiornato: 5/10/2010 23:59
Ho qualche dubbio
Iscritto: 8/12/2009
Da:
Inviati: 39
 Re: Aspettando l’Esperanto
Allora è destino che questa cosa non venga capita. Non c'entra niente il sessismo delle lingue neolatine, né il neutro.
Ora guarda meglio:
VIR + suffisso per il femminile.

Vir come virile.. mi spiego? :| Tu metteresti il suffisso per il femminile alla radice "vir"?

Faccio un esempio più comprensibile, ammetto che "maschia" non ci azzeccava molto.

Maschiessa, oppure maritessa...

Capit?

malfa13
Inviato: 6/10/2010 15:47  Aggiornato: 6/10/2010 15:47
So tutto
Iscritto: 17/7/2005
Da: brindisi
Inviati: 12
 Re: Aspettando l’Esperanto
..dico...ma stiamo scherzando???? non solo siamo, grazie all'industria del doppiaggio ed alla scuola in cui, ai miei tempi - ho 58 anni - delle lingue straniere si faceva solo la grammatica (senza conversazione), tra le popolazioni piú ignoranti d'Europa in fatto di lingue parlate (solo gli americani sono peggio di noi, ma, loro parlano inglese e questo gli é sufficiente); non solo negli ultimi 20 anni sono state investite enormi risorse, per diffondere la conoscenza della lingua inglese alle nuove generazioni; non solo tutto il mondo dell'informatica é in inglese;........adesso vogliamo introdurre l'esperanto??? una lingua inventata da un anglofobo (e, probabilmente sciovinista) francese?? (parlo a ragion veduta....io vivo in Francia)
Smettiamola di essere ridicoli e di complicarci la vita, siamo seri.
Non solo, nei rapporti istituzionali ufficiali, bisognerebbe abolire le diverse lingue europee (che vanno, viceversa, conservate e salvaguardate per ragioni culturali) ed impiegare l'inglese. Abbiamo un parlamento europeo che sembra una babele...ognuno parla la propria lingua, con un battaglione di interpreti........ed un'enotrme produzione cartacea........come dicevo, siamo seri....le barzellette lasciamole ai politici.......

tajoumaru
Inviato: 6/10/2010 16:47  Aggiornato: 6/10/2010 16:47
Ho qualche dubbio
Iscritto: 8/12/2009
Da:
Inviati: 39
 Re: Aspettando l’Esperanto
Citazione:
..dico...ma stiamo scherzando???? non solo siamo, grazie all'industria del doppiaggio ed alla scuola in cui, ai miei tempi - ho 58 anni - delle lingue straniere si faceva solo la grammatica (senza conversazione), tra le popolazioni piú ignoranti d'Europa in fatto di lingue parlate (solo gli americani sono peggio di noi, ma, loro parlano inglese e questo gli é sufficiente);


Hai ragione, è una vergogna! Una vera nazione dovrebbe propinare i film del padrone nella lingua del padrone, e se la plebaglia non capisce, peggio per loro. Vergogna Italia.

Citazione:
non solo negli ultimi 20 anni sono state investite enormi risorse, per diffondere la conoscenza della lingua inglese alle nuove generazioni; non solo tutto il mondo dell'informatica é in inglese


Tutto vero, tutto il mondo è in inglese, l'Italia non è ancora in inglese!! Pure le tag delle faccine di questo sito sono ancora in italiano!

Citazione:
non solo, nei rapporti istituzionali ufficiali, bisognerebbe abolire le diverse lingue europee (che vanno, viceversa, conservate e salvaguardate per ragioni culturali) ed impiegare l'inglese.


Ma aboliamole anche all'interno dei singoli Stati, queste lingue nazionali. Ma porcacc..

Citazione:
Abbiamo un parlamento europeo che sembra una babele...ognuno parla la propria lingua,


ONIunp arlll la propriaaarghhhh! :vomit:
Come si permettono questi esseri di parlare la PROPRIA LINGUA?


Seriamente: ma chi se ne frega del parlamento europeo? Chi se ne frega se nel "parlamento" di questa truffa che si chiama Unione Europea, un porcile pieno di ladri globalisti, ognuno parla la propria lingua o quella del padrone?

Se vuoi proprio rilevare una differenza tra gli italiani e gli europei, si può dire che l'italiano, col solito corredo di occhiali da sole e tre cellulari da seicento euro, non vede l'ora di ridicolizzarsi davanti agli stranieri scimmiottando un inglese patetico, urlandolo per farsi sentire dagli italiani che gli passano vicino perché possano ammirare quanto è figo. (lo fanno anche quando parlano al telefonino, osteggiando tragicomiche pose americane e ripetendo cinque volte "yé, you 'now" tra una frase e l'altra)
Gli europei beh.. se proprio devono, parlano in maniera rilassata con un tono di voce normale, senza voler dimostrare chissacosa a chissachì.

L'inglese è l'ultimo dei nostri problemi.

lanzo
Inviato: 6/10/2010 19:49  Aggiornato: 6/10/2010 19:49
Mi sento vacillare
Iscritto: 8/10/2005
Da:
Inviati: 518
 Re: Aspettando l’Esperanto
Si, come no ! 500 milioni di pecore appartenenti ai paesi "dominanti" USA, Canada. UK. Australia & N Z dove molti neanche sono in grado di sillabare le parole e sono mezzi analfabeti- ed altri, adesso si metterebbero a "studiare" l' esperanto - certo, come no ! Per comunicare con altri paesi in cui la lingua franca e' gia' l'inglese (Cina, India, Malesya e tutto il Sud Est Asiatico) In Europa, in Svizzera, Germania e nei
nei paesi scandinavi parlano un quasi perfetto inglese, anche nei paesi dell'est europa- Solo in Italia, vedi, politici (che nelle conferenze internazionali, stanno sempre da soli, in quanto non sanno parlare ne' l'inglese, ne' altro, mentre tutti gli altri conversano fra di loro e poi quei pochi campioni di tennis. motociclicsmo o altri sport che (al contrario dei colleghi di altre nazionalita') quando aprono bocca parlano l'inglese peggio di un posteggiatore abusivo di Roma, dai, lasciamo perdere.

articolo sconcertante.

Gibba
Inviato: 26/12/2010 11:15  Aggiornato: 26/12/2010 16:10
So tutto
Iscritto: 26/12/2010
Da:
Inviati: 1
 Re: Aspettando l’Esperanto
Allora allora... a quello che per imparare l'esperanto ha avuto bisogno di due mesi, rispondo che ognuno ha i suoi tempi. A me (che l'esperanto l'ho imparato in un solo mese e già SCRIVEVO su eo.wikipedia.org), avevano detto che l'inglese si impara "subito". La prof., sentendo che inventavo dei miei dialoghi in inglese, mi disse di non fare domande o frasi negative se non col verbo essere o gli ausiliari per il futuro... solo a primavera capii che per fare domande serve quella parola do/does/did!

La pronuncia inglese non è comprensibile: nessuno capisce un film inglese senza sottotitoli se non è stato in un paese anglofono a pagare la mazzetta ai padroni. oppure essersi sparato centinaia di ore di film rigorosamente americani o inglesi (o vuoi ritrovarti a parlare l'inglese australiano o canadese??)

A chi parla di sessismo, rispondo che l'esperanto non rispecchia niente dell'800 ma una tendenza anche nelle lingue attuali nell'italiano e nell'inglese. Zamenhof, un CULTORE della lingua inglese, usò i suffissi per semplificare l'apprendimento della lingua. NON poteva fare un'eccezione per una parola. Chi sopra ha detto che era un francese anglofobo dovrebbe lavarsi la bocca col sapone. 1. era polacco, 2 l'ho detto sopra che apprezzava l'inglese e traduceva Shakespeare = inglese antico che forse nessuno qui capirebbe.
Poi c'è chi comincia che il problema è il suo essere polacco, ovvero un paese slavo... e lui addirittura di origini ebree: a questi direi che quasi tutti i discendenti di Zamenhof hanno già pagato queste cose con la vita ai tempi del nazismo. Appena Varsavia fu occupata, qualcuno pensò bene di cercare gli Zamenhof tra i primi...

Volete il sessismo?
Eccovelo, in italiano e gran parte delle lingue ci sono queste cose: il governante è uno che comanda, la governante è una che serve; il buon uomo è una persona per bene, la buona donna...; il massaggiatore è un professionista, la massaggiatrice...

Cane è maschio, cagna è femmina; in inglese, cane si dice dog, cagna si dice bitch e se non mi credete cercate sul dizionario...
Morale: esperanto il femminile di una parola è il femminile non una parolaccia. Come poi sia formato non è sessismo: virino = donna e basta, lo scopo era ottimizzare la memorizzazione. Anche. in inglese ed italiano si tende a nascondere le donne: non si dice avvocatessa ma avvocato. Se fossi un'avvocatessa, sul biglietto da visita scriverei avvocatESSA perché non mi vergognerei di essere donna.

Insomma, se l'esperanto può avere dei minimi difetti, assolve Egregiamente il compito per cui è stato creato (comunicazione internazionale economica e salvaguardia delle lingue/culture). Io non so l'ex esperantista sopra (sempre che sia vero che lo sia stato) con chi ha usato l'esperanto, forse ha appena fatto il kirek, o le prime 2-4 lezioni (che già permettono di scrivere lettere e discorsi di un certo livello! dico: da mezz'ora a massimo un'ora a lezione ...). io ho parlato e scritto in esperanto con: italiani, russi, polacchi, ungheresi, un ragazzo della Mongolia incontrato su un treno (!!) ecc.

Quale altra lingua può essere insegnata con un programma di 13 Mb, che all'interno contiene le traduzioni per 26 (VENTISEI) lingue? Questa: http://www.kurso.com.br

Esperantofobi, amate un po' di più la vostra lingua e gli altri. Avete paura di: dover imparare l'esperanto (dato che spesso non conoscete l'inglese... cominciare un'altra lingua da 0 vi mette i brividi), altre paure inconsce (e lascio la parola indovinate a chi).
Infine, ci sono quelli che non sono altro che dei bimbiminkia che vogliono fare i "saputi" fingendo 1) di conoscere l'esperanto, 2) di poterlo addirittura criticare... Ma a questi non è dedicata questa risposta, dato che non ragionerebbero...

Insomma: studiatelo, capirete perché è facile e perché il mondo potrebbe impararlo in 6 mesi al posto delle lingue coloniali, sporche di sangue dei nativi americani, africani, australiani, ecc. Se poi non vi piacerà, sarete comunque più ricchi di prima. La cultura fa sempre bene.


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