Mohammed Attà e la Stele di Rosetta

Data 11/9/2006 11:53:59 | Categoria: 11 settembre

Continua sempre più frequente l'attività di "damage control" preventivo, da parte delle autorità americane, in vista di un possibile confronto a tutto campo sull'undici settembre.

La "pezza" che oggi si cerca di mettere alla lacunosa versione ufficiale dei fatti riguarda uno dei punti-cardine dell'intera teoria governativa, ovvero la famosa valigetta di Mohammed Attà rinvenuta all'aeroporto di Boston, che ha permesso agli investigatori di risalire all'identità dei dirottatori.

Non a caso, sui media americani la valigia viene graziosamente definita "la Stele di Rosetta dell'11 settembre".

La differenza è che per la Stele originale ci vollero 23 anni di intenso studio e dibattito, prima di riuscire a decodificare il segreto dei geroglifici, mentre la valigia di Attà ha cominciato a parlare prima ancora di essere aperta. Già sul nastro della consegna bagagli, girando sola soletta, richiamava in modo inequivocabile …
…l'attenzione degli addetti aeroportuali, che l'avrebbero poi consegnata all'FBI.

E una volta apertala, al posto della misteriosa cifratura gli inquirenti hanno trovato un vero e proprio Vaso di Pandora, che ha cominciato a rovesciar fuori indizi in quantità industriale. Sembravano le mutande di Eta-Beta: passaporti, testamenti, divise rubate della American Airlines, manuali di volo dei Boeing da dirottare, fogli ciclostilati con le istruzioni per i morituri, e naturalmente - immancabile - una imbarazzantissima copia del Corano.

Più che un esperto di codici cifrati, a quel punto ci voleva un mentecatto sordo e cieco dalla nascita per non riuscire a risalire immediatamente alle identità dei terroristi.

C'era pure il foglietto su cui erano annotati i posti a sedere di tutte e quattro le squadre di dirottatori, sui quattro aerei che furono dirottati quella mattina.

Viene da domandarsi perchè mai Mohammed Attà, poche ore prima di morire, senta il bisogno di appuntarsi in che fila è seduto il suo collega Hani Hanjour, che nello stesso momento si sta imbarcando a Dulles, in Virginia, sull'aereo che dovrebbe dirottare contro il Pentagono.

Ma soprattutto, viene da domandarsi perchè mai un Mohanmned Atta senta il bisogno di infilare tutte quelle cose in una valigia che sa benissimo non rivedrà mai più nella sua vita.

Anzi, che se ne fa Mohammed Attà della valigia stessa?

Qualcuno potrebbe dire: aveva la valigia per non dare nell'occhio.

Possibile, anche se a pensarci bene, la cosa non ha senso: prima di tutto, è pieno di gente che vola coast-to-coast in giornata, portandosi solo la 24 ore con il deodorante, una camicia fresca e il sacro palmtop, e inoltre, che cosa poteva mai temere il nostro Attà, presentandosi senza bagaglio per un volo coast-to-coast? Che gli chiedessero "Lei non sarà mica uno di quei terroristi che oggi vogliono dirottare un nostro aereo contro le Torri Gemelle?"

"Perchè, mi scusi?"

"No, così… Siccome la vedevo senza bagaglio, pensavo che magari avesse fatto il calcolo che tanto non le serve…"

E' ovvio che prima degli attentati nessuno avrebbe potuto sospettare nulla di simile, e quindi l'ipotesi che Attà portasse la valigia "per non dare nell'occhio" non sta in piedi più di tanto.

Ma allora perchè la portava?

Qualcun altro potrebbe suggerire che Attà, sapendo la fine che andava a fare, portasse la valigia con sè proprio per distruggere tutte le prove del loro coinvolgimento negli attentati, e rendere così più difficile l'identificazione dei dirottatori.

Ma santo uomo, non stavi facendo un attentato ideologico? Non volevi far sapere al mondo che l'America è brutta e cattiva? E non lo sai, allora, che gli attentati ideologici non solo si rivendicano, ma lo si fa pure a voce alta, in modo da essere udito dal massimo numero di persone possibile? Mica la gente indovina da sola, no?

Piuttosto, o astuto Mohammed, non hai pensato che se ti avessero beccato con quella valigia, in mattinata, tu finivi dritto sulla sedia elettrica, senza nemmeno riuscire ad imbarcarti sul tuo volo da dirottare?

Metti che ti fermano per caso, nel tragitto verso l'aeroporto, al mattino presto, e ti chiedono di aprire la valigia. Come le spieghi, ai poliziotti, le divise della American Airlines rubate? Dici che una volta facevi la hostess, nei ritagli di tempo? E il testamento, lì in bella vista che chiede che tu sia sepolto con i piedi rivolti verso la Mecca, che ci fa? Forse oggi ti senti un pò insicuro nella guida? E i manuali di volo dei Boeing, così complessi e dettagliati, a cosa ti servono? Hai forse deciso di costruirtene uno in giardino, per farci giocare tuo figlio? Vieni un attimo con noi in questura - ti direbbero - che ci facciamo due chiacchiere davanti a un bel caffè bollente".

E così, mentre tu sei li in questura ad arrampicarti sugli specchi, per spiegare perchè ti porti dietro tutta quella roba strana, sul televisore cominciano ad apprire le immagini della seconda torre colpita (la prima, ovviamente, in quel caso si sarebbe salvata). Poi arrivano le immagini del Pentagono colpito, e tu sai che dalla valigia deve ancora saltar fuori la maledetta lista dei posti a sedere, proprio sui voli UA-175 e AA-77 di quella mattina. Cos'è, agente di viaggi, per caso?

Non la senti, caro Attà, la sedia elettrica che comincia già a ronzare nella stanza accanto? Non solo hai mandato a monte la tua parte di missione, ma ora ti tocca pure friggere davanti a tutti, per placare in qualche modo gli animi della gente furibonda.

E allora, caro Attà, confidaci un segreto: come lo chiamate, dalle vostre parti, uno che si porta in valigia tutta quella roba scottante, proprio la mattina del fatidico giorno che ha atteso per cosi tanti anni?

Cretino? Pensa, anche da noi! E si pronuncia pure nello stesso modo.

Massimo Mazzucco


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