Il solito ritornello romano

Data 3/6/2006 12:15:22 | Categoria: media

Nei momenti agitati dei giorni scorsi, ci era sfuggita questa ennesima perla di Sergio Romano, del quale conserviamo ampia documentazione [digitare nome e cognome nel box "cerca sul sito"]. Ma ne commentiamo qui solo l'incipit, anche perchè non siamo abbastanza preparati da capire il nesso fra lunga lezione di storia che segue e la questione delle Torri Gemelle.

"Tra storia e fantasia - Le trame seducenti del «complotto» Dall'89 francese a Mussolini: la cospirazione ha spesso sedotto di più delle ricostruzioni ufficiali" di Sergio Romano, dal CdS del 01.06.06.

"I frutti della fantasia sono molto più seducenti di quelli della realtà. Quando l'interpretazione di un evento esige una scelta tra la monotonia delle spiegazioni naturali e il fascino dell'occulto, gli uomini hanno sempre preferito il secondo."

Il parallelo - bisogna riconoscerlo - è davvero azzeccato: la versione ufficiale infatti è una monotona sfilza di spiegazioni naturali, trite e ritrite. Basti pensare, ad esempio, al passaporto di un certo Al-Suqami, il co-pilota di Attà ...
... che nel bel mezzo dei mille gradi dell'esplosione provocata da American 11 nella Prima Torre, non ha voluto saperne di incenerirsi come tutto il resto delle cose, ma si è sbruciacchiatato appena nel volare via lesto, fino a quattro isolati di distanza, dove lo ha raccolto un agente dell'FBI di passaggio. In realtà il passaporto tutto intero non ci è arrivato, e qualcosina al destino ha pur dovuto concederla, lungo il percorso. Pensate però che fortuna: il pezzo ritrovato non era, che so, l'angolino inferiore del passaporto, quello dove ci sono solo le graffette e un anonimo timbro per le Canarie. No, era proprio quel ritaglio di pagina dove c'è la fotografia con il nome accanto.

E infatti, io ho provato varie volte a raccontare questo episodio a mia moglie, ma lei si addormenta regolarmente prima delle fine. E se dopo mi lamento che non mi ascolta, lei mi dice "Ma scusa amore, non avresti qualcosa di meno naturale da raccontarmi? Questa è troppo prevedibile, dài, non puoi pretendere che non mi annoi. Guarda che se continui così prima o poi finisco per andarmi a cercare una versione occulta!"

Curiose davvero, queste fiamme provocate dal kerosene: quando serve, rammolliscono in pochi minuti l'acciaio più robusto del mondo come fosse cioccolata, ma quando c'è di mezzo della vera carta arabica, si fanno freddine freddine, timide timide, si aprono come il mare davanti a Mosè, e lasciano che voli libera verso l'agente che l'attende a braccia aperte.

E chiunque abbia approfondito un poco la faccenda dell'11 settembre, sa benissimo che di fenomeni naturali come questo, nella versione ufficiale ce ne sono letteralmente a dozzine. C'è addirittura gente che, a furia di informarsi, è entrata in catalessi irreversibile dalla noia che ha accumulato.

Altri, più sfortunati, hanno invece trovato rifugio nei meandri della fantasia, e da allora si trastullano in favole impossibili, in cui i politici rubano, i governi mentono, e i servizi segreti ammazzano senza troppi complimenti, se solo i loro padroni lo ritengono necessario.

Gentile Signor Romano, con tutto il rispetto per la sua carriera - o proprio in nome di quella - non crede che sia venuto il momento di cambiare disco? Non dico di riconoscere di aver avuto la vista un pò corta, ultimamente, ma ne metta su almeno uno che non gracchia così tanto, no?

Massimo Mazzucco


Qui la pagina "Le prove sospette" della nostra sezione 11 Settembre, con la vicenda del passaporto di Al-Suqami


Questo l'articolo completo di Sergio Romanio

Tra storia e fantasia

Le trame seducenti del «complotto» Dall'89 francese a Mussolini: la cospirazione ha spesso sedotto di più delle ricostruzioni ufficiali

I frutti della fantasia sono molto più seducenti di quelli della realtà. Quando l'interpretazione di un evento esige una scelta tra la monotonia delle spiegazioni naturali e il fascino dell'occulto, gli uomini hanno sempre preferito il secondo. Ma la «teoria del complotto» non è semplice credulità. È fenomeno delle società moderne e può svilupparsi soltanto quando le masse hanno il diritto di parlare, votare, condizionare il corso delle cose. È questo il momento in cui la credulità dei singoli acquista una dimensione politica e può cambiare la storia.

Il profeta di questa nuova «teoria del complotto» è un gesuita del XVIII secolo. Si chiama Augustin Barruel ed è autore di un'opera monumentale in quattro volumi, pubblicata nel 1798 e intitolata «Memorie per servire alla storia del giacobinismo». Barruel non crede alla debolezza della monarchia, alle pessime condizioni del bilancio statale, al fallimento delle riforme di Necker, alla crescita dei ceti medi, all'influenza del liberalismo inglese e della rivoluzione americana, alla imprevedibile casualità degli eventi che caratterizzano ogni vicenda storica. La rivoluzione, per questo intelligente e tenebroso gesuita, è il risultato di un complotto ordito da trecentomila giacobini nel segreto dei loro club. I fatti sembrano dare ragione al precursore. L'Europa dell'Ottocento pullula di società segrete, riti iniziatici, giuramenti consacrati con il sangue del catecumeno.

Agli inizi la teoria del complotto nasce nei ceti sociali che si sentono minacciati dalla modernità ed esprime le loro paure per l'avvento dei socialisti, dei comunisti, degli anarchici. Verso la fine del secolo, tuttavia, la teoria passa a sinistra e diventa la chiave con cui alcuni tribuni della plebe svelano alle masse gli arcani della dittatura borghese. Durante la «Belle époque» in Francia alcune centinaia di migliaia di persone sono fermamente convinte che il Paese sia governato da un consiglio di amministrazione segreto, una sorta di Maggior Consiglio composto da trecento «ottimati». La politica, nel frattempo, si accorge che la teoria del complotto può diventare uno strumento di governo. In un romanzo di Conrad pubblicato nel 1907 («L'agente segreto») un diplomatico russo paga un anarchico affinché distrugga l'Osservatorio di Greenwich e «dimostri» in tal modo che la società è minacciata da una cospirazione rivoluzionaria. A Pietroburgo, negli stessi anni, la polizia segreta confeziona un falso sul «complotto ebraico» («I protocolli dei savi di Sion») e lo diffonde in Europa. Il diplomatico di Conrad e la polizia dello zar hanno uno stesso obiettivo: giustificare la politica repressiva dell'Impero russo, dimostrare che la severità e il rigore sono una necessità imposta dall'esistenza di un pericolo oscuro e insidioso.

Da allora non vi è avvenimento, soprattutto se particolarmente sanguinoso o complicato, che non venga spiegato con supposizioni più o meno fantasiose. Mussolini è stato eliminato dagli inglesi per impedirgli di svelare, in un'aula di tribunale, i suoi rapporti segreti con il governo britannico. Churchill passa le sue vacanze sul lago di Como per recuperare le sue lettere al capo del fascismo. Kennedy è vittima di un complotto organizzato da coloro che vogliono impegnare militarmente gli Stati Uniti in Vietnam. L'attentato contro Giovanni Paolo II è stato programmato negli uffici della Lubjanka. La P2 di Licio Gelli è una piovra che opera dall'interno dello Stato. La mafia è governata da una cupola che tiene le sue riunioni nei palazzi della politica romana. Le Torri Gemelle e il Pentagono sono il bersaglio di una oscura trama giudeo-americana. Poco importa che molti di questi avvenimenti siano stati spiegati con ricostruzioni documentate e verosimili. La teoria del complotto è indistruttibile e rinasce dalle proprie ceneri come un'araba fenice. Quanto più il risultato di un'inchiesta smentisce le ipotesi dei complottisti, tanto più la delusione rafforza nel popolo credulo la convinzione che un burattinaio, dietro le quinte, continua a manipolare la polizia, i giudici, i giornalisti.

Sergio Romano

01 giugno 2006







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