FORSE BUSH RIMPIANGE SADDAM?

Data 5/4/2004 11:15:39 | Categoria: Iraq




FORSE BUSH RIMPIANGE SADDAM?





di Fabio de Nardis





Fra i falchi di Washington, appollaiati con crescente preoccupazione
davanti ai loro televisori, c’è forse qualcuno che comincia
addirittura a rimpiangere il buon Saddam. Con lui almeno si poteva
parlare. Era un fetente, d’accordo, ma almeno ragionava come noi. Ma
quello che sta uscendo dagli androni scuri di Baghdad, di Fallouja, di
Nassirya e di decine di altre città è qualcosa di
veramente imprevisto, e le immagini che giungono in occidente (v. foto
in coda) ne parlano ormai con chiarezza disarmante. Più
il 30 Giugno si avvicina, più la situazione si fa insostenibile.





Ma come hanno fatto, i geni della guerra moderna, a finire in un pantano di queste dimensioni?





A detta di molti esperti e studiosi dell’area geopolitica
mediorientale, gli americani avrebbero sbagliato strategia fin
dall’inizio, non comprendendo la complessa articolazione sociale di
tutta la zona che si dispiega attorno al fiume Eufrate. In quell’area,
la struttura del potere locale...

 ...è il prodotto di un sistema informale di alleanze tra
Clan tribali fatti perlopiù di gente fiera ma dalla
mentalità ristretta, un crescente movimento islamico radicale,
ex-funzionari e militanti del partito Baath e ufficiali della vecchia
Intelligence. Gli americani non sono riusciti a scardinare questo
reticolo di organizzaione sociale ma hanno semplicemente intaccato
alcuni nuclei affaristici, e solo a Baghdad, sostituendosi ad altri
come possibili interlocutori socioeconomici e militari. Quando i
giornalisti domandano a un esperto di storia irachena se gli americani
potranno mai farcela, questo risponde con sicurezza: “Naturalmente no”.
Essi non hanno il controllo del paese e il popolo non li riconosce come
referenti.





Le continue rappresaglie, le perquisizioni e gli arresti notturni nelle
case private, non fanno che esasperare un rapporto di per sé
teso e offendere un sistema culturale che dura da migliaia di anni. Il
popolo iracheno e in particolare gli abitanti di Fallouja, derivano in
maggioranza dalle vecchie tribù del deserto. Non sono persone
colte (come se gli americani lo fossero) ma sono fiere e non amano
sentirsi subalterne a un potere straniero. Per intenderci: quando le
truppe americane si rifiutano di dare ascolto a uno Sceicco, la massima
autorità riconosciuta, che si reca da loro umilmente per
perorare la causa di un suo uomo arrestato per errore e si assume
personalmente la responsabilità di quanto afferma, lo si umilia
nella sua dignità, rischiando di scatenare una reazione a catena
di vendetta e odio.





I militari americani avevano dichiarato di comprendere la situazione e
che avrebbero utilizzato metodi più accorti. Poi però,
alla prima occasione, hanno ammazzato venti civili iracheni durante uno
scontro a fuoco. Quello che bisogna capire, è che gli iracheni
sarebbero capaci di uccidere un cugino o un fratello per un semplice
insulto, perché questo è previsto da un codice d’onore
rigido e radicato. Dunque, quando le truppe americane fanno irruzione
in una casa, perquisiscono e incaprettano il capo famiglia,
sbattendogli la faccia sul pavimento di fronte a moglie e figli, lo
costringeranno a riscattare la propria posizione. Anche qualora esso
venga liberato è probabile che corra a infoltire le file della
resistenza per puro desiderio di vendetta. Ma vallo a spiegare a uomini
cresciuti nella cultura del bullismo occidentale e nel mito del
Far-West, dove la tanto esaltata libertà è intesa
essenzialmente come libertà di supruso del più forte sul
più debole.





Intanto, le strade di Baghdad si riempiono di migliaia di militanti
Shiiti (quelli che dovrebbero gioire per la caduta del regime
baathista) che protestano contro la chiusura forzata del proprio
giornale da parte delle forze di occupazione americana.





Come dire … cominciano ad assaporare la dolce fragranza della democrazia.





Fabio de Nardis






















VAI A:  di Fabio De Nardis



Professore di Sociologia Politica all’Università di
Lecce, e professore di Scienze Politiche all’Orientale di Napoli,
Fabio de Nardis è attualmente alla UCLA (University of
California Los
Angeles), per un periodo di ricerca scientifica. Fabio de Nardis
è anche direttore della rivista (cartacea e on-line)  “il Dubbio”, una pubblicazione internazionale di analisi politica e sociale.









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