Nassiriya: il caso è chiuso

Data 6/2/2007 9:00:00 | Categoria: Iraq

Sarebbero stati identificati tutti e cinque gli ideatori dell'attacco che, nel novembre 2003, colpì la base italiana in Iraq di Nassiriya, provocando la morte si 28 persone, di cui 19 italiani.

Il Gip di Roma ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare per “strage aggravata da finalità di terrorismo" nei confronti di cinque “militanti islamici” che si presume siano affiliati ad Al Qaeda (e chi non lo è?) e legati a quell'Abu Musab Al Zarqawi (e chi non lo era?), ritenuto il luogotenente di Bin Laden in Iraq.

Difficilmente potrà emergere qualche nuovo dettaglio dai cinque sospettati in quanto quattro di loro sono morti ed il quinto, Abu Omar al Kurdi, è detenuto in un carcere di Baghdad dove attende di scontare la pena capitale.

Non ci soffermiamo sul ruolo delle truppe italiane in Iraq e sul significato dell'attacco del 2003, riportando solamente un originale discorso parlamentare dell'ex ministro della difesa Antonio Martino, tenuto all'indomani di un altro attacco al nostro contingente militare, quello del Giugno 2006.



Preme invece sottolineare il commento che lo stesso Martino rilasciò, ...
... poco dopo l'attacco, riguardo gli allarmi lanciati dal SISMI nelle settimane precedenti:
“un conto è segnalare un attacco in Iraq, altra cosa è dire attacco terroristico a Nassiriya contro i militari italiani" .

Vi furono quindi solo avvertimenti generici e non specifici?

Un articolo del Washington Post del dicembre 2003 pareva invece descrivere una realtà diversa:

Sismi intelligence documents examined by The Washington Post contradict the notion that no specific alarms were sounded. According to the documents, the first warning from Italian intelligence was issued on Oct. 6. Its agents inside Iraq advised of an "imminent attack," possibly by mortars, against either Italy's military force in Nasiriyah or Polish troops stationed in southern Iraq.

I documenti di intelligence del Sismi esaminati dal Washington Post contraddicono la teoria per cui non furono lanciati allarmi specifici. Secondo quei documenti, i primi allarmi dai Servizi di Intelligence Italiani furono lanciati il 6 di Ottobre. Gli agenti infiltrati in Iraq avevano avvertito di “un attacco imminente”, probabilmente con mortai, contro o la forza militare italiana a Nassiriya o contro le truppe polacche nel sud dell'Ira.

Ma non fu la sola segnalazione diramata dai Servizi.

Two days later, the Italians predicted that an attack, organized by members of the Fedayeen guerrilla group, would take place "against the Italian contingent in Nasiriyah." The Italians named two of the suspected organizers. The warning did not specify the type of attack.

Due giorni dopo, gli italiani predissero che l'attacco, organizzato dai membri dalle milizie Fedayn, sarebbe avvenuto “contro il contingente italiano a Nassiriya”. Gli italiani facevano anche i nomi di due sospettati come organizzatori. L'avvertimento non specificava il tipo di attacco.


E ancora

And on Oct. 9, Italian intelligence supplemented the alarm by naming two more Fedayeen who it believed were involved in planning an attack on the Italians.

Ed il 9 di Ottobre, l'Intelligence italiana integrò l'allarme aggiungendo i nomi di due altri Fedayn che si sospettavano coinvolti nella pianificazione dell'attacco agli italiani


Tuttavia non furono presi provvedimenti, la base non fu dotata di muro di cinta e i militari non furono nemmeno avvertiti del pericolo imminente che li attendeva, tanto che la notte prima dell'attentato, secondo il Post, avevano organizzato un barbecue sul tetto della base.

Il deposito delle munizioni, inoltre, non era stato collocato al riparo da eventuali attacchi, come indicato dalle norme di sicurezza, ed un'inchiesta di Rainews 24 ha svelato che alcune delle vittime sono state ferite mortalmente proprio a seguito dell'esplosione della riservetta posta davanti alla base "Maestrale".

Il maresciallo Domenico Leggiero, responsabile del Comparto difesa dell'osservatorio militare, dichiarò, sempre a Rainews 24, “che se fossero state rispettate le norme di sicurezza, probabilmente il numero dei morti non sarebbe stato così alto".

Fu così possibile, allora, che il camion cisterna imbottito di esplosivo penetrasse nella base provocando la morte di 28 persone...

...e che, il 27 aprile del 2006, tre militari italiani ed uno rumeno fossero uccisi da una bomba “nascosta in un cordolo del marciapiede, rimosso, ricostruito in polistirolo e riverniciato per renderlo invisibile”. Un “lavoro certosino fatto per collocare e mimetizzare l'ordigno, a poche decine di metri di distanza dall'entrata del commissariato, [laddove] la sera prima dell'attentato una pattuglia della polizia irachena ha sostato a lungo”

..ed infine che avvenisse l'attacco del 5 giugno 2006, a cui si riferisce Martino nel suo intervento.

Possiamo quindi discutere a lungo ed in modo colorito, come spesso i nostri politici fanno, sulla legittimità o meno delle missioni “di pace” all'estero, sul significato dell'autorizzazione delle Nazioni Unite, sul risvolto politico degli attacchi alle nostre truppe.

Rimane il fatto, però, che coloro i quali sono sempre pronti a commemorare solennemente una bara avvolta nel tricolore che fa ritorno in Italia, esaltando in modo strumentale la virtù e la dedizione alla patria dimostrata dai militari defunti, siano poi gli stessi che non vogliono una indagine approfondita sulle responsabilità, sulle mancanze, sugli errori, di chi ha ignorato gli avvertimenti e permesso che la strage si compisse.

Evidentemente un funerale di Stato, ogni tanto, fa comodo a molti.

Ashoka



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