Khalid Sheikh Mohammed e la Grande Cospirazione Araba contro l'Occidente

Data 16/3/2007 15:30:00 | Categoria: 11 settembre

di Roberto Toso e Marco Bollettino

“E sono loro, i terroristi, ad avere ambizioni di creare un impero. Il loro obiettivo in Medioriente è quello di prendere il controllo di un paese, in modo da avere una base da cui lanciare attacchi contro i governi che rifiutano di soddisfare le loro richieste.
Il loro scopo ultimo, che proclamano a gran voce, è quello di stabilire un Califfato che va dalla Spagna all'Indonesia, attraverso il Nord Africa ed il Medioriente. E non si fermeranno lì”

Dick Cheney, intervista del 23 Febbraio 2007 a PM della ABC

C'è una grande cospirazione alla base di tutti gli eventi accaduti negli ultimi anni e che sta pesantemente condizionando la vita di ognuno di noi.

Il presidente americano George W. Bush, il suo vice Dick Cheney ed i loro sostenitori non hanno alcun dubbio: è in atto una “Cospirazione araba mondiale contro l'Occidente” ed il ruolo dell'America è quello di combattere il “fascismo islamico” e sconfiggerlo così come con la Germania nazista durante la seconda Guerra Mondiale...
Tutti gli attentati, dall'11 Settembre a Madrid, passando per Londra, Bali e le quotidiane autobombe in Iraq ed Afghanistan, farebbero parte di una “Grande Cospirazione araba” volta a creare un Grande Califfato esteso dalla Spagna di Zapatero sino alla lontana Indonesia.
Questa teoria della cospirazione evidentemente non appare assurda e ridicola a chi vede complotti ovunque, orditi nei meandri di Internet, da realizzare con mezzi che farebbero impallidire MacGyver e che vengono puntualmente rivendicati tramite l'uso di messaggi audiovisivi sempre più all'avanguardia.

Dietro alla Grande Cospirazione ci sarebbe lui, Osama Bin Laden, l'inafferrabile sceicco del terrore, mente e sponsor di ogni attacco, leader incontrastato dei terroristi e mandante di ogni piano criminoso nel mondo.

Insomma... il Grande Vecchio, il Nemico con la N maiuscola.

Ma i grandi leader, si sa, non possono organizzare tutto da soli, e quindi affidano ai pochi, fidatissimi, luogotenenti il compito di reclutare gli artefici materiali e pianificare i dettagli operativi dei piani criminosi, dalla A alla Z, e tenere il tutto accuratamente registrato ed aggiornato nei loro personal computer.

Questo, secondo i sostenitori della “teoria della cospirazione mondiale araba” era il ruolo di Khalid Sheikh Mohammed, catturato ci dicono a Marzo 2003 dai servizi segreti Pakistani, l'ISI, insieme ad un personal computer pieno di materiale “scottante” che lo incriminava.

Gli interrogativi iniziano sin dalla sua cattura in quanto non vi è praticamente nessun punto in cui concordino i resoconti dei testimoni oculari ed il comunicato stampa dell'ISI.

Il ricercatore Paul Thompson di Cooperative Research, l'eccelente sito che include una cronologia completa degli attacchi dell'11 Settembre, ha dedicato a questa confusa vicenda una delle sue numerose e preziose mini-sezioni, in cui fa notare come l'unica cosa certa riguardo all'arresto sia la data, che sembra scelta in modo da favorire l'Amministrazione Bush, alla ricerca del consenso per iniziare l'imminente attacco all'Iraq.

Non è tutto: il giorno stesso, infatti, era scoppiato lo scandalo dello spionaggio dei membri delle delegazioni della Nazioni Unite da parte degli Stati Uniti, storia che ebbe gran risalto nei giornali europei ma che non venne quasi riportata da quelli americani. Il New York Times ad esempio titolò quel giorno, significativamente, “Major catch, critical time": un importante arresto in un momento critico.

Era l'inizio del 2003, ricordate?

Proprio in quelle settimane, era in corso la somministrazione ai cittadini inglesi della dose di terrore necessaria per far accettare loro l'inevitabilità del conflitto iracheno, questa volta nella forma, tanto mediatica quanto letale, della ricina.

Quel veleno, ci veniva detto, era stato ritrovato in un appartamento londinese ed avrebbe potuto essere utilizzato per causare una strage di proporzioni “inimmaginabili” nella metropolitana, da una cellula terroristica agli ordini diretti di un altro luogotenente di Osama Bin Laden: Abu Musab al-Zarqawi.

L'ex numero uno di Al Qaeda in Iraq, a cui parimenti era stato cucito addosso un “curriculum del terrore” di tutto rispetto – il Pentagono ha poi ammesso di aver ingigantito il suo ruolo – era contemporaneamente alle prese, e qui molti non saranno più sopresi, con la pianificazione di un attacco chimico contro un altro paese coinvolto nelle trattative per l'imminente guerra: la Spagna dell'allora primo ministro Aznar.

Se nell'appartamento londinese la ricina, in realtà non c'era, in quello spagnolo le sostanze “chimiche” furono ritrovate per davvero, ma si rivelarono essere... inoffensive. Infatti erano, in gran parte, dei semplici detergenti per la pulizia della casa.

Dalla data del suo arresto, è ampiamente documentato che Khalid sia stato sottoposto alla pratica della tortura, una costante della guerra al terrore, che fa il palo con la sistematica violazione dei più elementari diritti civili degli accusati, ovvero i cosiddetti “nemici combattenti.”
Khalid è stato infatti sentito, così ci dicono, in un'aula dove non era consentito l'accesso né ai giornalisti né ai suoi avvocati difensori, e quella che è giunta a noi è solo una trascrizione parziale, editata dagli ufficiali Statunitensi di Guantanamo che lo hanno “rappresentato” all'udienza.

Secondo la ABC News, agenti della CIA hanno dichiarato che Khalid Sheikh Mohammed avrebbe stabilito il record di resistenza alla tecnica del “Waterboarding,” una pratica che consiste generalmente nell'immobilizzare il soggetto su una sedia, o sopra di una tavola coi piedi posti più in alto rispetto alla testa, coprirgli la faccia con del cellofan e fargli scorrere dell'acqua sul volto, per conferire una sensazione di annegamento. In altre varianti si preferisce gettare direttamente l'acqua in gola al detenuto, facendo però attenzione a che la sessione di tortura non diventi anche... l'ultima.

I possibili effetti? Se l'agente addetto alle interrogazioni non è particolarmente esperto o benevolo – cosa quest'ultima di cui non abbiamo certo motivo di dubitare – il torturato sperimenta grandi dolori e danni ai polmoni, lesioni cerebrali dovute alla mancanza prolungata di ossigeno, e ossa rotte per rimanere a lungo in posizioni non proprio comode.

Nel migliore dei casi la tortura causa nel soggetto fantasmi psicologici che possono accompagnare il malcapitato per tutta la vita. Quando va male, il “Waterboarding” provoca la morte da annegamento o da infarto. Non inganni il termine anglofono poiché il Waterboarding non è una invenzione degli ufficiali dell'intelligence statunitense, ma è una tecnica utilizzata, nella storia, da numerose istituzioni, comunemente riconosciute come fari delle libertà, dalla Santa Inquisizione sino alle dittature dell'America Latina.

Due minuti e mezzo. Tale il “record di resistenza” di Khalid, prima di iniziare a parlare, autoaccusandosi di una serie spropositata di malvagità, di cui si era parzialmente dichiarato responsabile nei precedenti interrogatori, salvo poi precisare di aver esagerato, per gonfiare le capacità organizzative di Al Qaeda.

Persino il Rapporto della Commissione sull'11 Settembre, che pure fa massimo affidamento sulle sue controverse confessioni, ignorando invece significativamente la figura, ben più documentata e significativa di Ali Mohamed, concede che egli abbia avuto una certa tendenza ad ingigantire i fatti e, non ultimo, il suo stesso ruolo.

In questo teatro dell'assurdo, fatto di confessioni di terza mano estorte tra le ombre di Guantanamo con la pratica medievale della tortura, questo dell'esagerazione è probabilmente l'unico concetto su cui può risplendere qualche raggio di verità.

Tra i piani terroristici di cui Khalid Sheikh Mohammed dichiara la paternità, ne troviamo infatti diversi che pongono più di qualche dubbio sulla credibilità delle sue affermazioni, ma – sempre a proposito di esagerare la portata della minaccia di Al Qaeda – ciò nonostante sono state riportate, senza un briciolo di spirito critico, da tv e carta stampata, facendo passare l'idea che simili “confessioni” siano in realtà indubitabili verità giudiziarie.

Troviamo in lista il primo attentato al World Trade Center del 1993, dove la testimonianza di Emad Salem, agente sotto copertura, al processo contro l'attentatore Ramzi Yousef, suggerisce che in realtà gli agenti dell'FBI fossero a conoscenza dell'attacco ed avessero assicurato a Salem che lo avrebbero impedito, sostituendo l'esplosivo con della polvere innocua. Tuttavia un supervisore dell'FBI ebbe l'ultima parola – i nomi di Coleen Rowley o Sibel Edmonds vi ricordano nulla ? - e finì come sappiamo, con sei morti ed oltre mille feriti.

Le imprese di Khalid Sheikh Mohammed approderebbero poi nel 2002 in Indonesia sull'isola di Bali con un attentato in una discoteca, su cui varie inchieste giornalistiche indipendenti hanno posto pesanti interrogativi con, sullo sfondo, le solite impronte sporche di sangue dell'intelligence, in questo caso Indonesiana, confermate anche dall'ex Presidente Abdurrahman Wahid.

E' illuminante poi notare come Khalid si sarebbe auto-accusato di essere la mente ispiratrice di tutta una serie di piani, che il governo americano ha poi fortunatamente “sventato”, in questi strani anni della guerra al terrore.

Questi “attacchi” sono serviti, più che altro, a catalizzare nel breve periodo l'attenzione del pubblico ed a permettere ai “governi colpiti” di proseguire la propria agenda politica. Poco importa che nel giro di poco tempo si siano rivelati spesso delle "bufale" senza capo né coda, perché, purtroppo per il grande pubblico, i media hanno continuato la loro già citata propensione ad annunciare in pompa magna la versione fornita dal governo e dimenticarsi, poi, di comunicare la rettifica.

Questo sempre a proposito di “esagerare la portata della cospirazione mondiale islamica."

Parliamo dei presunti attacchi contro le Sears Towers, contro gli edifici finanziari di New York, contro Canary Wharf in Inghilterra o l'aeroporto di Heathrow... progetti documentati poi come innocui o, peggio ancora, vere e proprie invenzioni, utilizzati però dal governo inglese ed americano per propagandare l'idea di una “cospirazione araba contro l'Occidente” e far passare quindi i loro provvedimenti liberticidi. Per approfondirne la conoscenza si raccomanda la lettura dell'articolo di Michel Chossudovsky e relativi links: “Gridare al lupo: allarmi terrorismo basati su intelligence inventata.”

Come scrisse Cicerone “historia magistra vitae” (la Storia è maestra di vita) e può quindi essere utile andare a confrontare questa “Grande Cospirazione” propagandata dai governi occidentali con altre teorie della cospirazione diffuse da altri governi nel passato recente.

Il primo esempio è costituito dall'episodio dell''incendio del Reichstag, che in una notte consumò il parlamento della Repubblica di Weimar ed avviò la Germania verso la dittatura nazista e la Seconda Guerra Mondiale.

Hermann Goering non ebbe alcuna esitazione a scorgere una “Cospirazione Comunista” dietro l'attentato e ad affrettarsi a consegnare una lista di nomi di “persone sospette” ai funzionari di polizia per scatenare una vera e propria caccia alle streghe, concretizzatasi con l'arresto di circa diecimila persone, sospettate di aver partecipato “al complotto”

Intanto, la sera stessa, veniva arrestato, nelle vicinanze del palazzo in fiamme, Marinus Van Der Lubbe, che si nascondeva mezzo nudo dietro all'edificio, il quale, sotto tortura, non esitò a confessare più volte di essere stato lui ad appiccare il fuoco per protestare contro il crescente potere dei nazisti.

Van der Lubbe fu decapitato nel luglio del 1934 e ci vollero trent'anni perché il cosiddetto “dossier Knospe” rivelasse i veri mandanti di quell'attentato, ovvero i nazisti stessi.

L'altra famosa teoria della cospirazione è sicuramente quella, sempre verde, raccontata nei cosiddetti “Protocolli dei Savi (Anziani) di Sion”, presunto documento “segreto” che descriverebbe il piano per la conquista del mondo da parte degli ebrei.

Il “documento” è un plagio di un'opera letteraria precedente, il pamphlet satirico di Maurice Joly, “Dialoghi agli inferi tra Machiavelli e Montesquieu”, pubblicato nel 1864, il quale era a sua volta ispirato al romanzo “I misteri del popolo”, di Eugene Sue, in cui il ruolo dei cattivi era invece incarnato.... dai gesuiti.

I protocolli furono utilizzati nel primo novecento come arma di propaganda da parte dell'Ochrana, la polizia segreta russa, per scatenare un'ondata di pogrom e sviare l'attenzione dal processo di liberalizzazione che stava interessando l'impero zarista, e negli anni trenta e quaranta dai Nazisti per giustificare la persecuzione degli ebrei, sfociata poi nel loro sterminio nei campi di concentramento.

La storia ci mostra quindi numerosi esempi di governi che hanno paventato “cospirazioni per la conquista del mondo”, producendo documenti e prove false, estorcendo confessioni sotto tortura, arrestando migliaia di persone innocenti ed organizzando essi stessi operazioni terroristiche “false flag”, proprio come oggi.

Come scrisse George Santayana, “quelli che non sanno ricordare il passato, sono condannati a ripeterlo.”

Roberto Toso (goldstein) e Marco Bollettino (Ashoka)



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