L'AMERICA VORREBBE TANTO FARE PULIZIA, MA SENZA AMMETTERE UN

Data 14/5/2004 15:05:22 | Categoria: Iraq

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L'AMERICA VORREBBE TANTO FARE PULIZIA, MA SENZA AMMETTERE UNA BRICIOLA DI SPORCIZIA.

di Fabio de Nardis

14.05.04 - Gli americani, oggi più che mai "rappresentati" dai loro parlamentari a camere riunite, sono ancora una volta vittime di una cultura profondamente ipocrita, che vorrebbe tenere separati gli altissimi ideali della costituzione dai fatti reali della vita quotidiana. Che, in questo periodo in particolare, proprio alti alti non lo sono.

I membri del parlamento hanno espresso "orrore e disgusto" dopo aver visionato - col divieto assoluto di riprenderle in alcun modo - circa 1.600 nuove immagini degli abusi perpetrati dai loro soldati in Iraq. Il Senatore Joe Lieberman, già vice di Al Gore alle scorse presidenziali, si dice allibito. Pare che le immagini siano talmente rivoltanti che alcuni senatori hanno abbandonato l’aula prima di completarne la visione. Si parla di torture e umiliazioni di ogni tipo, violenze sessuali a donne e uomini, soldati americani che ridono e ballano ...
... sui corpi di prigionieri morti. “Quelle immagini sono tremende, oltre ogni previsione”, afferma il Sen. Wyden, chiaramente sconvolto. E il deputato repubblicano Crowley si dice decisamente contrario a che tali immagini vengano rese pubbliche: “La natura di queste foto è talmente esplosiva che le reazioni, specie dal mondo arabo, potrebbero essere incontrollabili”. (Perchè invece il popolo americano, che fra qualche mese elegge il presidente, sarebbe felicissimo di vederle, si suppone).

Ma ormai pochi in parlamento fingono di credere che le violenze a Baghdad non fossero sistematiche, e che ad esservi coinvolti fossero solo sette militari. Ma anche se l'inchiesta va avanti, nessuno pare realmente intenzionato ad andare a fondo della faccenda. Gli inquirenti, per salvare quel poco di faccia che rimane dell’esercito, continuano a ripetere che non è credibile che gli abusi fossero sollecitati da ordini superiori, visto che - sostengono loro - sembra non trasparire alcuna prova di un reale coinvolgimento degli alti ufficiali (certo, basta non cercarle). Piuttosto, si dice, quello che emerge è l’assensa totale di controlli, dunque, i responsabili militari della prigione di Abu Grhaib al massimo rischiano una accusa di imperizia.


Da Washington, forse ringalluzziti dal provvidenziale contrappeso offerto dalla morte di Nick Berg, fanno addirittura sapere che la condotta Americana durante gli interrogatori in Iraq si è sempre mantenuta entro i confini dettati dalla Convenzione di Ginevra. La frase stride talmente tanto con le immagini più recenti, che a questo punto un breve ripasso della Convenzione diventa d'obbligo: “Nessuna tortura fisica o mentale, né alcun altro tipo di coercizione può essere inflitta ai prigionieri di Guerra per recuperare informazioni di qualsiasi specie. I prigionieri che rifiutano di rispondere non possono essere minacciati, insultati, o esposti a sgradevoli e svantaggiosi trattamenti. Ogni prigionierio che, a causa di condizioni psichiche o mentali, mostri di non essere nelle condizioni di proseguire con l’interrogatorio deve essere immediatamente consegnato al servizio medico”. Francamente, è difficile sostenere che la condotta americana si sia mantenuta entro queste direttive, né peraltro entro quelle - ben meno liberali - declinate nell’Interrogation Rules of Engagement (IROE), cioè il manuale del Dipartimento della Difesa a cui le truppe dovrebbero attenersi nel corso degli interrogatori.


Ma ormai si sa, quando di mezzo ci sono gli Stati Uniti - ed in mancanza ormai di una credibile organizzazione internazionale - non si andrà sicuro oltre l’ammonizione formale, e ben poco sarà fatto per assicurare alla giustizia i veri responsabili. Lo stesso Rumsfeld, dopo aver inizialmente abbozzato all'idea delle dimissioni, oggi rifiuta categoricamente ogni responsabilità politica al riguardo, mostrando ancora una volta la totale mancanza di “accountability” (appunto, responsabilità) dell'attuale amministrazione Bush.


Come nota Max Boot, senior fellow al Council for Foreign Relations, l’amministrazione Bush negli ultimi anni ha collezionato una serie di catastrofici fallimenti, tra cui spiccano, in particolare, il terribile attentato dell’11 Settembre - oltre 3.000 persone si sarebbero potute salvare se solo la Rice avesse dato ascolto alle segnalazioni della CIA e dell’FBI - e la megabufala della guerra all’Iraq, basata sull’assicurazione dell’Intelligence americana della presenza di armi di distruzione di massa. A tutt'oggi, veri e propri ectoplasmi.

Ma nessuna testa è saltata per questi fatti, se non quella delle migliaia di iracheni morti senza una colpa sotto le bombe della libertà.

Fabio de Nardis




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