Genova: la condanna impronunciabile

Data 13/5/2007 10:10:00 | Categoria: politica italiana

di Giorgio Mattiuzzo

Quello che segue, cari lettori, è il racconto di un fatto mai avvenuto, la descrizione di una storia mai scritta, la narrazione di quello che non esiste. Non vi è alcuna pretesa di autenticità o di realismo; è solo un racconto.E' una storia lunga, che risale a molto tempo fa, e per questo in tanti l'hanno dimenticata.


Era l'anno 2001, il primo del nuovo millennio. Alcuni pensavano che il 2000 fosse stato il primo anno del nuovo millennio. Altri, i più precisini, hanno sprecato forze e pazienza per spiegare che era il 2001 l'anno del nuovo millennio, ma che sembrava il contrario solo per il ben noto “effetto cifra tonda”. I più hanno trattenuto il fiato fino al 2002, aspettandosi da un momento all'altro che tutti i computer del mondo andassero in tilt (tranne chi aveva Linux, ovviamente).

Ebbene, in questo anno strano, atteso e temuto, qualcosa di veramente “diverso” accadde sotto gli occhi del mondo intero. Una specie di onda, di impulso si propagava per l'aria, un'onda elettrizzante che aveva in qualche modo risvegliato gli animi di molte persone, persino quelli dei possessori di Windows.

Era un vento fresco, una brezza gentile ma insistente, un afflato che spinse centinaia di persone a scendere in piazza non contro il governo di destra o di sinistra; non contro i tagli alle pensioni della propria categoria; quelle persone scesero in piazza perché non volevano che le sorti del mondo, di tutto il mondo, fossero decise da un'elite di personaggi che nessuno conosceva.

E come un grano di polvere può condensare intorno a sé la prima goccia di pioggia e trasformarsi in tempesta, così quel sentire, quel desiderio di opporsi al volere dei potenti si coagulò intorno all'incontro degli otto potenti della Terra a Genova, nel luglio 2001.

E fu così che centinaia, migliaia di persone andarono a Genova per mostrare al mondo la loro opposizione ...
... alle politiche criminali di chi credeva di poter esercitare il proprio arbitrario potere su tutto il globo.



Anche Marina aveva sentito quel vento tiepido ed elettrizzante sfiorarle le guance. Forse non aveva mai partecipato ad una manifestazione; forse sì, quand'era una liceale, qualche primavera fa. Marina è una pediatra, un donna adulta, che ha lavorato in Africa per aiutare i bambini kenyoti. Lei sa cosa vuol dire vivere nel Terzo Mondo, sa cosa significa non avere acqua potabile, cosa significa morire per malattie che altrove si guariscono in pochi giorni.

E così si è lasciata trasportare da quel vento tiepido e si è unita alle migliaia di persone che sono andate a Genova per mostrare al mondo la loro opposizione ad una politica sbagliata e disumana. Avrà pensato che, sopravvissuta all'Africa, alle sue malattie e al suo dolore, poteva sopravvivere anche ad una passeggiata estiva per le vie di Genova. Almeno a Genova l'acqua potabile non manca. E quando non hai paura che l'acqua che bevi sia contaminata da qualche malattia mortale, cos'altro ti può spaventare?



E mentre Marina stava marciando insieme ai suoi amici, ai suoi compagni, dal nulla sono sbucati due poliziotti, a volto coperto, che hanno iniziato a picchiarla selvaggiamente con i loro manganelli. Le hanno aperto uno squarcio in testa. Forse in quel momento Marina si è guardata intorno, e forse si è resa conto che i poliziotti non ce l'avevano solo con lei, ma con tutte quelle persone, pacifiche e disarmate, che stavano insieme a lei. Forse Marina in quel momento ha visto quello che molti non riescono a immaginare nemmeno nei loro peggiori incubi. Forse ha ripensato ai racconti dei vecchi partigiani; o ai ricordi di quel suo amico argentino che ce l'ha fatta per un soffio; o alle foto dei suoi colleghi di ritorno dalla Palestina. Forse ha pensato che non poteva essere vero, che il sangue che gocciolava sull'asfalto non era vero, che il dolore acuto della carne morsa dal manganello era un sogno. Forse...



Lo so, cari lettori, che voi non credete a questa storia. Fate bene, perché questa storia non esiste. Cercate nelle fonti, cercate e scoprirete che queste cose non sono mai accadute. Non sta scritto da nessuna parte. Non è accaduto. Ma torniamo alla nostra storia.



Marina denuncia quei due poliziotti, ma nessuno sa chi siano. Giravano a volto coperto per non farsi identificare durante le loro azioni di pestaggio organizzato. E così Marina, non potendo denunciare gli esecutori materiali, denuncia il mandante: il Ministero dell'Interno. E dopo sei anni, un giudice da ragione a Marina, e condanna lo Stato per aver pianificato pestaggi su larga scala, commessi ai danni di cittadini pacifici e disarmati.



Ma anche questa parte della storia non esiste. Non esiste, ma non significa che sia falsa. Semplicemente se cercate nei giornali, non la troverete. Se accenderete la televisione, non ne sentirete parlare. Non esiste. Può essere una storia vera, ma non esiste. Non ne parla il Tg1, non ne parla nessuno.

E non può che non esistere. Se infatti un Tribunale condanna il Governo per aver torturato dei cittadini, dovremmo per forza sentirne parlare; dovremmo discutere di questo; dovremmo essere tutti basiti, stupiti, attoniti, pietrificati e chiederci come sia stato possibile. Dovremmo sospendere le nostre attività quotidiane ed iniziare a chiedere i motivi, a chiedere perché?

Se non abbiamo fatto tutto questo, significa che la storia è falsa. Ma, come abbiamo visto, cari lettori, la storia non è falsa, semplicemente non è stata raccontata; ed una storia non raccontata non esiste. Ma la storia è vera, reale, dolorosa come lo squarcio sulla testa di Marina. Soltanto che i nostri giornali, le nostre televisioni, i nostri mezzi di informazione non ne hanno parlato. Non ne hanno fatto un dibattito, non ne hanno trovato alcuna morale rassicurante, non hanno titolato a caratteri cubitali “Stimata pediatra pestata a sangue dallo Stato”. Marina non ha avuto la fortuna di essere picchiata da due stranieri: non ha meritato nemmeno un trafiletto nelle pagine di cronaca.

Ma la storia, se volete, la potete trovare raccontata nel luogo della non-informazione per eccellenza, lì dove non potete fidarvi di nulla e di nessuno, il girone dantesco dei dannati, dei paranoici, dei visionari. Quella storia la troverete raccontata solo dalle voci di internet, dalle mille voci in coro che hanno reso la storia vera, che hanno fatto conoscere, a chi ne aveva desiderio, che per la prima volta un Tribunale italiano ha stabilito che lo Stato italiano a Genova ha organizzato pestaggi su larga scala con lo scopo di terrorizzare cittadini inermi.

Possiamo parlare di censura in questo caso? No di certo, non possiamo. Abbiamo forse indicazioni che i giornali debbano mandare gli articoli al Ministero della Propaganda per essere controllati? No davvero. Sappiamo forse di commissari politici presenti in redazione a passare con il pennarello nero le parti non consone ai voleri del Partito? Ma no, non siamo mica in Urss. Però, quella storia di fatto è stata censurata. E' stata censurata perché un fatto di una gravità estrema, l'evento quasi rivoluzionario di un Governo ritenuto colpevole di quello che è accaduto a Genova non è arrivato alla conoscenza di nessuno. Eppure è una informazione basilare, abbiamo diritto di sapere se domani un poliziotto comincerà a batterci per strada senza motivo ed impunemente. Se è successo una volta, per quale motivo non dovrebbe accadere ancora?

Nessun addetto alla censura è stato necessario, nessun passaggio burocratico, nessun timbro; i giornali sanno già cosa fare, spontaneamente. Vi fidereste ancora, cari lettori, di questi giornali, sapendo che il problema non è quello che dicono (che può essere verificato) ma quello che non dicono? Vi fidereste ancora, adesso che sapete come possano costruire la realtà che crediamo di avere davanti agli occhi senza nemmeno farci sentire il rumore del martello che batte?




Link utili:

Segreto di Stato: a Genova ci fu un disegno repressivo, prima condanna per la Polizia al G8 del 2001, GennaroCarotenuto.it, 4 maggio 2007

Genova: il Questore del G8, Francesco Colucci: "eravamo condizionati"

Le testimonianze di Bolzaneto




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