Uno strano concetto di solidarietà

Data 27/5/2007 22:00:00 | Categoria: politica italiana

di F. S. (Florizel)

Gli abitanti di Serre e di Montecorvino Pugliano, come anche quelli di Acerra e di Terzigno, ne sono ormai sommersi. Se la ritrovano ovunque, in casa, nelle scuole, negli uffici pubblici e magari perfino nelle coscienze.

Immondizia? No: solidarietà.

E’ così che il governatore Bassolino definisce l’obbligo da parte di quelle popolazioni ad “accogliere” nel loro territorio i rifiuti dell’intera provincia, simbolizzati mediaticamente da tonnellate di putridume che inondano strade e quartieri di un capoluogo che da decenni vive, per un motivo o per un altro, in stato di “emergenza permanente.

Questa è la conclusione a cui si giunge leggendo tra le righe di un’intervista del 23 maggio 2007 ad Antonio Bassolino, che sembra, in questa occasione, particolarmente affezionato alla retorica della “solidarietà”.

"Ma c'è un precedente, e risale a quando ero sindaco di Napoli. Allora, durante una crisi analoga a quella attuale, io accolsi l'invito del prefetto Improta che mi chiese di fare arrivare nella discarica di Pianura, ovvero dentro la città di Napoli, i rifiuti dell'intera regione. E io andavo la sera a convincere i miei concittadini a lasciar passare i camion di rifiuti di tutta la Campania nella discarica della città di Napoli. In quell'occasione noi napoletani abbiamo dato un grandissimo segnale di solidarietà all'intera regione".

E a Pianura si beccarono la discarica.

Dunque, una strigliata diretta ai sindaci delle zone in agitazione contro le discariche, “richiamati” al ruolo che sembra competere loro ...
... secondo la logica verticalista su cui si fonda lo stato: scavalcare il volere dei cittadini dando la priorità a quello istituzionale e, anzi, convincerli circa la necessità di riaprire le discariche, “invitandoli” a contraccambiare la cortesia fatta in passato dai napoletani “all’intera regione”.

E’ rintracciabile, nelle parole di Bassolino, un parallelismo con il noto richiamo utilitaristico alla “solidarietà”, tipico delle stagioni politiche italiane in cui il termine dirotta invariabilmente nella ben più efficace “politica dell’unità nazionale”. Meglio ancora se esso è rafforzato dal riferimento al “capo dello Stato”, per tutto ciò che simbolicamente rappresenta. Ancora dall’intervista:

“Antonio Bassolino non ci sta, a prendersi le colpe di questa "situazione tragica", come l'ha definita lo stesso capo dello Stato.” "Condivido parola per parola quello che ha detto il presidente della Repubblica, su questo tema le mie idee sono identiche alle sue" - “dice il presidente della Regione Campania”.

Secondo un copione prestabilito, che ha dimostrato di funzionare durante gli anni della strategia della tensione, l’appello alla solidarietà si rende necessario soprattutto quando le proteste sociali esprimono dinamiche capaci di incrinare il consenso verso le istituzioni, denunciandone omissioni ed errori, responsabilità e connivenze; un appello al “consenso” teso ad occultare l’affinità di intenti tra le diverse posizioni politiche delle classi dirigenti, in altri momenti funzionalmente contrapposte tra loro, ed oggi tutte compatte contro le comunità in lotta.

Come potrebbe, il “governatore”, non riportare in campo questa tematica (a lui tanto cara…) quando il suo operato non è altro che la coerente continuazione di quello dei suoi predecessori?

Questi, i termini di un linguaggio politichese sempre più disinibito che, in questo caso, mostra indubbi limiti nel tentativo, malriuscito, di occultare gli intrecci di interessi speculativi tra istituzioni, grandi imprese ed organizzazioni criminali.

Ma se prima di oggi la “situazione tragica” (che si trattasse di “terrorismo”, di attacco allo “stato”, di conflitti sociali, di “stati di emergenza” di varia natura e di calamità naturali) si è rivelata essere un “mezzo” funzionale alla creazione di equilibri politici ed istituzionali, non esclusivamente limitati ai confini nazionali, oggi il limite che la separa dall’essere anche il “fine” appare sempre più labile: l’emergenza si fa “permanente”, garantendo alle amministrazioni locali (e nazionali) una continuità di intenti e di obiettivi. E di finanziamenti aggiuntivi.

Nello specifico della gestione dei rifiuti, infatti, non è un caso che le popolazioni in rivolta denuncino l’emergenza come frutto di un progetto teso allo scopo preciso di mantenerla in vita.

Nè è un caso che a Napoli si stia procedendo con una gestione “politica” dello smaltimento dei rifiuti, ripulendo solo alcune tra le zone più visitate dal turismo di massa, mentre si lasciano altri quartieri e periferie nello stesso stato di degrado e di abbandono da in cui si trovavano 14 anni fa, quando iniziò il teatrino dell’emergenza.

Carenze progettate con uno scopo preciso, disservizi studiati a tavolino, che alla lunga rischiano di condurre esattamente dove i vari “commissari” - da Rastrelli a Bertolaso passando per Bassolino e Catenacci - volevano e vogliono arrivare: aggravare i disagi dei cittadini facendo leva sulle differenti problematiche che li coinvolgono, dividere le popolazioni attraverso l’esasperazione, ed imperare nel nome di un’emergenza senza fine.

Quanto alla “solidarietà”, in questi mesi va affermandosi una vera e propria coesione tra le comunità in lotta, da nord a sud, che partendo dai temi della salute, dell’ambiente e della militarizzazione dei territori prefigura di saper mettere in campo le inevitabili riflessioni sui ricatti di uno stato che parla per bocca di una politica senza più pudore, che sempre più si mostra in tutta la sua demagogia e la sua recrudescenza.
Una solidarietà, questa, molto diversa da quella “calata dall’alto”.

Anche in Campania “sarà dura”. Ma, politichese permettendo, sarà dura per “loro”.

F. S. (Florizel)

L’intervista a Bassolino

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[...] Per non parlare degli intrecci tra potere politico di qualsiasi colore e criminalità camorristica, o meglio quella organizzazione che oggi viene più appropriatamente denominata “sistema”, lì dove il “sistema” va inteso come strettissima simbiosi fra poteri criminali e poteri “legali”, una maledetta tenaglia che stritola in maniera implacabile quel po’ di società civile che cerca di resistere e di sopravvivere. [...] Ma il disastro di Napoli non è solo espressione della politica locale. E’ piuttosto la realtà emblematica della pericolosità e invasività del sistema degli stati democratico-totalitari, in azione contro la società civile e che produce guasti e tragedie, disgregazione del tessuto sociale e perdita di senso di solidarietà, fino a determinare una pericolosa e avvilente guerra di tutti contro tutti. [...] Napoli rappresenta la sfera di cristallo in cui possiamo intravedere il possibile futuro che il potere potrebbe riservare a gran parte del paese, se non cambia la musica.




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