Quei bambini dalla pelle salata

Data 17/6/2007 9:20:00 | Categoria: Medicina

"Guai a quel bambino che quando baciato sulla fronte sa di salato. Egli è stregato e presto dovrà morire". (Da un adagio del folklore nord europeo).

Mia figlia sa di salato.

Ci feci appena caso e non mi venne neanche in mente che potesse essere strano. Quando scoprii il motivo, la morte calò nel mio cuore.

Buona parte delle sue cellule non sono in grado di scambiare correttamente con l'esterno alcune sostanze necessarie all'equilibrio elettrochimico ed al funzionamento del sistema immunitario. Di conseguenza i suoi polmoni si infiammano e si riempiono di muco denso che ospita batteri che causano altra infiammazione e ne danneggiano progressivamente i tessuti. Il pancreas si intasa di muco, si riempie di tessuto cicatriziale e si atrofizza, producendo sempre meno enzimi digestivi. Il cibo che transita nell'intestino non trova enzimi che possa digerirlo e si mischia al denso muco che proviene dai polmoni, ed al muco prodotto in eccesso dall'intestino stesso. L'assimilazione di gran parte dei nutrienti risulta estremamente difficoltosa e la conseguenza è la malnutrizione. I seni nasali si intasano di muco e probabilmente provocheranno nel tempo poliposi e sinusite. Il sudore più salato del normale sottrae sali minerali all'organismo e nelle stagioni calde si rischia facilmente uno scompenso elettrolitico che potrebbe portarla al collasso, dal quale è scampata per un pelo all'età di 5 mesi.

Mia figlia è malata di fibrosi cistica, la più diffusa malattia genetica ereditaria che colpisce prevalentemente bambini, ...

... adolescenti o giovani adulti di ceppo caucasico, ed è considerata per le leggi italiane invalida civile al 100% e portatrice di handicap in condizione di gravità, con diritto a tutta una serie di agevolazioni. Ma dovreste vederla. È bella, intelligente e piena di vita come qualunque altro bambino. Non sta ferma un istante e fa i capricci come qualunque altro bambino. Vuole correre, giocare e rotolarsi per terra come qualunque altro bambino. Non lo direste mai, ma la sua vita è di gran lunga più dura di quella di qualunque altro bambino, lo sarà ogni giorno di più e probabilmente la vedremo morire, lentamente.

Ma vorrei cercare di completare il quadro della malattia. Spesso, alla nascita, i neonati fibrocistici soffrono del cosiddetto ileo da meconio, un intasamento dell'intestino che può essere risolto solo chirurgicamente, con l'asportazione di un tratto di intestino. In alcuni casi le ghiandole salivari possono intasarsi, lasciando la bocca secca e comportando la necessità di non poter mangiare cibo che non sia umido di suo. Col tempo si può sviluppare diabete o intolleranza agli zuccheri, o anche cirrosi epatica.

La malnutrizione comporta spesso carenze di vitamine ed altri elementi essenziali, portando ai disturbi più disparati, tra i quali scarso accrescimento, ritardo della pubertà ed osteoporosi. I maschi risultano quasi sempre sterili per problemi di intasamento dei dotti seminali o di malformazione congenita degli stessi, portando nel 95% dei casi all'infertilità. Nelle femmine la situazione è un po' migliore in quanto sia ha "soltanto" una difficoltà di fecondazione dovuta sempre al solito muco spesso.

Muco. Una parola che ho usato spesso in queste prime righe. Il muco denso ed attaccaticcio è la caratteristica più evidente della malattia, che in origine veniva identificata come "mucoviscidosi", un nome che trovo a dir poco insopportabile. Ma altre caratteristiche tipiche della malattia sono l'infiammazione cronica, una componente di immunodeficienza ed un particolare tipo di distruzione autoimmune del tessuto polmonare. Queste componenti formano insieme un circolo vizioso che presto o tardi innesca una rampa discendente che porta al danneggiamento irreversibile dei polmoni.

Io e mia moglie pensavamo di essere al sicuro quando abbiamo deciso di avere un bambino. Nessun caso di malattie genetiche in famiglia.

Quanto eravamo ignoranti ed illusi. La fibrosi cistica è una malattia genetica autosomica recessiva. Per avere malattia è necessario essere portatori della mutazione genetica su entrambi i cromosomi, sia su quello di origine materna che su quello di origine paterna. I genitori devono insomma essere entrambi portatori sani di un gene malato, ed anche in tali condizioni le probabilità di avere un figlio malato sono del 25%, contro il 50% di probabilità di avere un figlio portatore sano ed il restante 25% di avere un figlio completamente sano. Molto probabile che in un'intera famiglia, anche per varie generazioni, non sia mai venuto al mondo un bambino malato, ed in ogni caso, fino ai primi decenni dello scorso secolo neanche si identificava la fibrosi cistica come malattia a sé. Un fratello di mia madre morì oltre 45 anni fa ancora in fasce per motivi all'epoca ignoti. Fibrosi cistica?

Quanti portatori sani ci sono? Circa uno ogni 25 persone. Chiunque di voi può esserlo senza esserne minimamente al corrente e chiunque di voi può incontrare un compagno o una compagna con la medesima condizione genetica. Di li ad imbroccare quell'unica possibilità su quattro di avere un figlio malato è una passeggiata, e vi ritrovate in un mondo parallelo in cui il significato della parole "normalità", "tempo", "libertà" cambia drasticamente.

Interminabili giornate scandite dalle cure necessarie a ritardare il progresso della malattia e ad allontanare l'inevitabile, a guardare negli occhi tua figlia non riuscendo a pensare ad altro che alle parole "fibrosi cistica", chiedendoti se e quando riuscirà ad avere una vita un po' più simile a quella dei suoi coetanei, se avrà la possibilità di perseguire un suo sogno, ad avere dei figli, a morire in tarda età.

È così difficile descrivere cosa significa vivere con la fibrosi cistica che anche persone molto vicine, parenti stretti o amici, non sempre riescono a capire, e questo a volte rappresenta un serio problema. Ci sono malattie come il cancro che sentiamo pericolose per noi tutti, e malattie che esibiscono evidenti segni, disabilità fisiche che si vedono ed inducono sentimenti forti, e sulle quali è più facile per i media montare una notizia che colpisca le persone ed incrementi le vendite o gli ascolti.

Questo facilita anche le raccolte di fondi per la ricerca scientifica. La fibrosi cistica invece non si vede se non agli stadi più avanzati, ed in ogni caso quello che vedreste è probabilmente, ma non necessariamente, una persona molto magra, che tossisce in continuazione ed ingobbita dallo sforzo lungo una vita di respirare.

Chi ce l'ha cerca con tutte le sue forze di nasconderla o comunque di vivere in maniera il più possibile normale nel tempo che rimane libero dalle cure. Ma per quanto ci si sforzi di cercare di avere una vita normale, ben pochi riescono ad ottenerla. L'estrema variabilità del tipo e della gravità dei sintomi è un'altra delle caratteristiche della malattia.

Sono note oltre 1500 diverse mutazioni patologiche del gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane conductance Regulator) colpevole della malattia. Il tipo di mutazioni di tale gene, la configurazione di altri geni cosiddetti "modificatori" e l'influenza dell'ambiente contribuiscono all'ampia variabilità di sintomi rendendo impossibile, se non in rari casi, prevedere l'evoluzione della malattia in uno specifico individuo. Pazienti che riescono a contenere efficacemente la malattia per 10, 20 o 30 anni, conducendo una vita in parte normale, subiscono all'improvviso un peggioramento che non di rado risulta fatale. Altri hanno un calo costante ed inesorabile che può essere più o meno lungo ed altri ancora, decisamente fortunati, riescono tutto sommato a vivere decentemente fino alla vecchiaia. Ma una durata media della vita che negli USA arriva a circa 36 anni (dati del 2006) ed in Italia a poco oltre i 23 anni (dati del 2004) quanta speranza lascia ?

Trattandosi di una malattia in continua evoluzione, che differisce in gravità da individuo ad individuo, i sintomi e le terapie differiscono notevolmente e cambiano nel corso della vita. Tra aerosol di corticosteroidi, mucolitici, broncodilatatori ed antibiotici, fisioterapie respiratorie necessarie a sciogliere e smuovere il muco nei polmoni, somministrazione di enzimi estratti dal pancreas del maiale per poter digerire i cibi (guai a dimenticarsene: si rischia da un semplice mal di pancia al blocco intestinale) e vari integratori alimentari, nella giornata di un fibrocistico spesso rimane ben poco spazio per una vita normale. Anche l'alimentazione è spesso un problema perché l'organismo fibrocistico ha un aumentato fabbisogno energetico ma nel contempo ha difficoltà ad assimilare i cibi. Non di rado i fibrocistici se ne vanno in giro con un bel buco nella pancia, la PEG, una gastrostomia che serve ad immettere cibi liquidi direttamente nello stomaco.

E non è finita. Bisogna stare attenti alle infezioni virali e batteriche di ogni tipo. Lontani da chi ha febbre o anche solo un piccolo raffreddore. Sotto a disinfettare mezza casa per tener lontani da naso e polmoni batteri, funghi e muffe. La nonna ha il raffreddore ? Via, non può entrare in casa e se proprio necessario, deve mettere una mascherina per ridurre un po' il rischio di infezione. Il cuginetto ha l'otite ? Non possiamo incontrarlo finché non si è ragionevolmente tranquilli che sia passata. Anche una visita dal pediatra deve essere attentamente organizzata, chiedendo la sua collaborazione per fare in modo che si possa esser ricevuti per primi o per ultimi, quando la sala d'aspetto è vuota.

Ogni infezione, anche un banale raffreddore, può portare i peggiori batteri dal naso ai polmoni, moltiplicando il rischio che si instauri una colonizzazione cronica che risulta quasi impossibile da eradicare, e che col tempo rovinerà irrimediabilmente i polmoni portando a compimento il destino della maggior parte dei fibrocistici : la necessità di un trapianto, o peggio, la morte per insufficienza respiratoria.

Proprio per combattere le infezioni batteriche che il sistema immunitario di un fibrocistico non è in grado di debellare, si è costretti ad usare quantità enormi di antibiotici, spesso molto forti, anche in combinazione tra loro. Ad un certo punto diventano sempre più necessarie e frequenti le somministrazioni di antibiotici in vena per periodi di 15 giorni ed oltre, con una cadenza che può arrivare anche ad essere trimestrale.

Immaginate in tutto questo quanto ne risentiranno fegato e reni ? Non di rado le complicazioni mortali sono proprio a carico di questi organi.
Sono così tanti i sintomi, i problemi che questa malattia comporta, che ho serie difficoltà a riassumere. D'altra parte sono ben poche le parti del corpo non colpite direttamente o indirettamente.

Immagino già la domanda di molti di voi: cosa fa la ricerca scientifica?

Negli anni '80 del secolo scorso non erano molti i bambini che avevano la fortuna di diventare maggiorenni. Negli anni '60 di rado si sopravviveva oltre i 5 anni. Negli ultimi 10-15 anni invece, grazie alle maggiori conoscenze acquisite ed alla messa a punto di alcuni farmaci specifici, l'aspettativa di vita è aumentata in maniera sensibile. Molte decine di ricerche scientifiche legate alla fibrosi cistica vengono condotte ogni anno nel mondo. Alcune di queste sono relative a nuovi farmaci ritenuti in grado di alleviare i sintomi della malattia, rallentarne un po' l'evoluzione, ed aumentare lunghezza e qualità della vita. La speranza che trovino una cura, probabilmente di tipo genetico, è concreta. Ma quanto tempo ci vorrà ? Nei 17 anni trascorsi dalla scoperta del gene colpevole le parole "la cura è vicina" sono state pronunciate innumerevoli volte.

Ad oggi la maggior parte delle cure non sono altro che dei palliativi, spesso molto rozzi. Tanto per fare un esempio, una delle più usate tecniche di fisioterapia respiratoria consiste nel prendere a botte (colpetti, si dice colpetti) il torace per smuovere con le vibrazioni il muco intrappolato nei polmoni e favorirne la fuoriuscita, il tutto in posizione tale da avere la forza di gravità a favore.

Ci ho messo dei mesi a metabolizzare una parte dell'impatto iniziale della notizia della malattia di mia figlia. Poi ho iniziato a cercare ed a studiare, come penso abbiano fatto molti genitori nelle mie condizioni, spendendo tutto il tempo libero e parte delle ore di sonno di fronte al computer, rovistando tra teorie e punti di vista di ogni genere, ed ho scoperto che nel 1998 un'altra madre, Valerie Hudson, studiò molto, molto a fondo. Questa madre mise insieme le più disparate ricerche scientifiche legate alla fibrosi cistica, giungendo a condensarle in una nuova ipotesi scientifica che metteva al centro dell'attenzione una difficoltà di efflusso da parte delle cellule malate di un potente antiossidante naturale, il glutatione. Secondo la sua ipotesi questo deficit di glutatione genera una cascata di eventi che ha come conseguenza gran parte della notevole varietà di sintomi di questa malattia. Tali sintomi avrebbero potuto essere mitigati dalla somministrazione di glutatione per bocca ed aerosol al punto da migliorare qualità ed aspettativa di vita.

In molti, disperati, provarono ad usare il glutatione, e lei stessa l'ha usato e continua ad usarlo con i suoi tre figli malati, e si è scoperto con la prova dei fatti che non sbagliava, che il glutatione, pur non guarendo, da concrete speranze di una vita più semplice, lunga, normale. Ed il bello è che si tratta di una sostanza naturale, non brevettabile, relativamente poco costosa e per la quale non è noto alcun effetto collaterale.

Ricorda la storia raccontata nel film "L'olio di Lorenzo", con la quale condivide anche lo scetticismo della comunità medica.

Ad oggi, nel 2007, a circa 9 anni di distanza dal giorno in cui la prima persona ha provato ad usare questo composto, la somministrazione di glutatione ai malati di fibrosi cistica non è ancora accettata come terapia standard nei centri di cura. Eppure non è affatto difficile trovare molte testimonianze positive di persone che hanno tratto grande giovamento dal glutatione, arrivando spesso a trasformare una malattia che non lascia quasi spazio alla speranza, in una malattia certamente dura, ma con la quale si può convivere molto a lungo, un po' come può essere il diabete. Immaginate ragazzi che hanno iniziato il glutatione 3-4 anni fa e che da allora non hanno fatto un solo ricovero in ospedale per i classici 15 giorni di antibiotici in vena, perché ora il loro organismo è maggiormente in grado di occuparsi da solo di combattere le infezioni. Questi ragazzi erano abituati ad un ciclo di antibiotici in vena ogni 3-4 mesi. Queste persone stanno meglio, spesso molto meglio, eppure vengono considerate solo testimonianze aneddotiche, da tenere in considerazione, ma di scarso valore statistico e scientifico.

I medici curanti di tutto il mondo dicono che non esistono ricerche cliniche che testimonino la sicurezza e l'efficacia del glutatione, ma intanto la CFF, la fondazione americana per la ricerca sulla fibrosi cistica, che rappresenta, per ovvii motivi di forza economica, il punto di riferimento della ricerca nel mondo, rimuove dai suoi programmi di ricerca, senza rendere noto il motivo, non uno ma due trial clinici su volontari. Senza questi trial non è possibile far approdare questa terapia ai centri di cura accreditati.

C'è qualcosa che non torna in tutto questo.

Inutile dire che ho approfondito la questione, ed attingendo agli archivi di forum e mailing-list dell'epoca, e contattando la stessa V. Hudson ed uno dei pochi medici americani che credono nell'utilità di questa sostanza, ho scoperto quanto gli interessi economici e la presunzione di grandezza di certe persone di potere, o più banalmente la semplice ignoranza e la cieca adesione al sistema possono impedire di far arrivare a dei malati, persone che rischiano la vita, un farmaco estremamente efficace.

A rincarare la dose, parlando con alcuni genitori statunitensi ho scoperto che essi, grazie ad un operatore coscienzioso, hanno letto la lettera che la CFF ha spedito a tutti i centri accreditati, lettera in cui era espressamente vietato di sostenere o anche solo di parlare della terapia con glutatione agli assistiti, pena la perdita dello status di centro accreditato. Uno schifoso ricatto, né più né meno.

Mesi addietro provai a parlare di tutto questo in Italia, nel principale forum dedicato alla fibrosi cistica, appartenente all'associazione Fibrosicisticaitalia.it . Alcuni mi ignorarono, altri videro accendersi una flebile speranza, qualcuno mi avversò duramente, arrivando a chiamarmi terrorista (inizia a dilagare la moda di chiamare terrorista le persone che la pensano diversamente, non trovate ?).

Ma per fortuna un piccolo gruppo di persone volle approfondire ed iniziò ad usare il glutatione. Volete prendervi un attimo di tempo per scommettere cosa è accaduto ? Beh, ha funzionato. Con risultati variabili da persona a persona certo, ma ha funzionato. Non si trattava di un'americanata, come voleva dipingerla qualcuno del forum.

Non pensiate che io non abbia altro da raccontarvi. Potrei parlarvi dei retroscena di un farmaco molto promettente, il CPX, cancellato per mancanza di fondi e di intesa economica tra la casa farmaceutica e la CFF. Potrei parlarvi della fatica con cui si stà imponendo l'uso della salina ipertonica inalata, una soluzione di acqua e cloruro di sodio più concentrata della soluzione fisiologica, che ha una buona efficacia nel rendere più fluido il muco polmonare e dal costo praticamente nullo, soprattutto se confrontato al costo 1000 volte superiore di altro farmaco specifico con funzionalità analoghe (anche se non completamente sovrapponibili). È possibile che rompesse le scatole a qualcuno ? Beh, potrei parlarvi di tante cose del genere, ma è sufficiente che sappiate che non sono pochi i retroscena che lasciano seri dubbi.

Una cosa inizia a risultarmi evidente dopo questi mesi di studio. La fibrosi cistica può essere efficacemente tenuta a bada fornendo all'organismo quelle sostanze di cui, per colpa della mutazione genetica, è deficitario o per le quali esistono degli squilibri. Oltre al glutatione infatti, esistono altre sostanze che vengono usate con successo per ridurre la severità della malattia. Parlo di vitamine, di sali minerali, di amminoacidi, di acidi grassi, di tracce di metalli, ecc. A ben vedere si tratta dei metodi di cura tipici della medicina ortomolecolare che vede nel due volte premio Nobel Linus Pauling il suo principale rappresentante. Risulta sempre più evidente attingendo alla letteratura scientifica ed all'aneddotica, che questa metodologia terapeutica, basata su sostanze naturali per l'organismo umano, ampiamente conosciute e dal costo decisamente contenuto, ha concrete possibilità di conservare in buone condizioni di salute un organismo fibrocistico fino alla scoperta di una cura definitiva, cura che, data l'origine della malattia, non potrà che venire dalla ricerca genetica e sulle cellule staminali.

Non è nel mio carattere star fermo ad aspettare che altre persone trovino una cura per mia figlia, sapendo che gli interessi economici e le debolezze umane in generale stanno vergognosamente ritardando la presa di coscienza che una terapia di mantenimento sufficientemente efficace è molto probabilmente già disponibile. Per questo collaboro con Fibrosicisticaitalia.it, un'associazione di giovane costituzione e, come tale debole economicamente, ma attiva sulla rete da oltre sette anni e decisa quindi a fare tutto il possibile per dare il supporto necessario alle famiglie (una malattia del genere non colpisce solo l'individuo malato), ai malati ed a promuovere quei percorsi terapeutici che, se pur validi, vengono purtroppo spesso ignorati.

Tutto quello che ho detto non deve indurre l'errata supposizione che la ricerca scientifica sia sbagliata. Grazie a decine di ricerche scientifiche apparentemente poco significative Valerie Hudson ha avuto la possibilità di trovare il bandolo della matassa ed individuare non solo una sostanza attiva ma anche una spiegazione perfettamente plausibile dei meccanismi alla base della fibrosi cistica. Il problema non è nelle ricerche scientifiche (attenzione al fatto che mi limito a parlare della fibrosi cistica, senza nulla implicare riguardo ad altre patologie, semmai ben più diffuse) che le persone finanziano con le loro piccole o grandi donazioni, perché tali ricerche sono potenzialmente utili e i soldi necessari a sostenerle in genere non vanno sprecati. Il problema è nella fase che permette ad una ricerca di base o a schiaccianti evidenze aneddotiche di approdare alla sperimentazione e, se meritevoli, alla pratica clinica, al bancone del farmacista.

Vi lascio con un piccolo esperimento. Provate a respirare attraverso una cannuccia per bibite. Dopo alcune decine di secondi sarete nel panico, l'aria non vi basta, ma continuate almeno per un minuto. Vi risulterà faticoso farlo e vorrete smettere, ma molti di questi bambini e ragazzi lo fanno per gran parte della loro vita, 24 ore al giorno. Quello che non potete provare sono i polmoni che bruciano ad ogni respiro… ma non avreste comunque assaggiato che una minima parte della malattia.

Pensateci quando nell'autobus vi si siede vicino un ragazzo che non smette un istante di tossire. Potrebbe non aver bisogno di una mentina.

Alberto (alb)






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