La temperatura é alta

Data 22/7/2007 23:50:00 | Categoria: politica italiana

Questa breve notizia (ANSA) fa da ottima introduzione all’articolo che segue: ieri i soliti terroristi marocchini (questi senza le virgolette, in quanto realmente di quella nazionalità), sono stati pizzicati a giocare al Piccolo Chimico nel retrobottega della solita moschea, dove ormai si arruolano regolarmente le truppe di una Al-Queda che esiste soltanto – per chi ha ancora la forza di informarsi personalmente - sulle copertine dell’Espresso e di Panorama. Siamo alla banalità più nauseante, nel tentativo ormai fin troppo palese di celare in qualche modo quella che è chiaramente una guerra di religione – più ideologica che spirituale - sponsorizzata volentieri da istituzioni che non vedevano l’ora di trovare scuse supplementari per abusare di un potere del quale già dispongono in grande abbondanza. (M.M.)

La temperatura é alta di Giorgio Codazzi

Nel misurare la febbre della "cività moderna", sembra che ultimamente la colonnina del mercurio stia salendo con incedere quotidiano.

Dice Padre Zanotelli, commentando la situazione generata dalla crescente pressione sociale: "La temperatura é alta". Gli fa eco da altri palchi un altro prete in prima linea contro i poteri forti malavitosi: Don Luigi Ciotti, che ripete: "La temperatura é alta".

Ma di che temperatura stiamo parlando? Non di quella del pianeta, certamente, anche se forse quello rimarrà l'argomento più discusso dell’estate, assieme al “terribile” estremismo islamico che ormai ci perseguita ovunque andiamo.

E' una temperatura che ha iniziato a salire molto prima, diciamo attorno alla fine degli anni ottanta, con la sensazione piuttosto generalizzata che "qualcosa stava per cambiare", con le stragi di via d'Amelio e di Capaci, che incernierano i rapporti nuovi fra la politica e la malavita, la nascita di Forza Italia e le prime timide prove di sistema bipolare all'italiana - in un sistema in cui la polverizzazione dei partiti garantiva la distribuzione del potere e delle ricchezze statali un pò a tutti - e che segna la nascita di quella casta insofferente al rispetto delle leggi, preoccupata più che al bene del cittadino al portafoglio dei pochi e rispettabili privati collusi con la malavita organizzata.

Stiamo parlando della temperatura dell'intolleranza, della xenofobia, e della sensazione generale che vi sia un nemico strisciante tra noi, ...
... da individuare ed eliminare, sintomo chiaro di un disagio profondo, decisamente provocato e sfruttato da chi il potere lo esercita, lo manipola e lo conosce bene. Fu infatti - ed é tutt'ora - un cavallo di battaglia delle neonate destre italiote.

Tuttavia non sono questi i fatti, anche se gravi, che stanno all’origine dei problemi attuali, ma lo è piuttosto la progressiva emorragia di capacità produttiva, che lentamente ma inesorabilmente si é spostata verso la Cina, l'India e i paesi dell'est europeo, indebolendo tutte le strutture democratiche esistenti, svuotandole della forza dall'interno.

I paesi più fragili come l'Italia - dove il sistema economico, seppure evoluto, poggia la sua maggiore forza sulla piccola e media impresa, quasi sempre polverizzata nel territorio e dipendente da poche famiglie d'imprenditori maggiori - si sono trovati a partire dagli anni novanta al centro di una spaventosa rivoluzione economica, collusa con la criminalità come mai era avvenuto prima.

Il sodalizio tra politica, banche, informazione e imprenditoria si è venuto concretizzando in un blocco unico, cementato attorno a poche e ricorrenti figure, capaci di garantire e garantirsi un controllo sul territorio pressoché totale.

Il caso di Europa-7 di F. Di Stefano, le varie scalate tra cui quella al Corriere, i vari scandali come quello delle intercettazioni operate dal SISMI, le leggi Ad Personam, i fatti del G8 di Genova, sono tutti segnali che mettono in evidenza come questo blocco sia ormai consolidato al punto da permettersi qualunque azione necessaria per garantirsi l'impunità, e quindi la perpetua capacità di governare nella medesima.

Questa progressiva perdita di capacità produttiva ha avuto nella realtà economica del paese pesantissime ripercussioni: nel giro di vent'anni il costo del lavoro é diventato uno dei più bassi tra i paesi industrializzati di eurolandia, e tutte le realtà economiche maggiori hanno dovuto scendere a patti con la malavita, unica importratrice di capitali freschi dall'estero, capace di dare ossigeno alla nostra economia morente, a costo però di una decisa virata verso un repentino degrado dei diritti fondamentali dei lavoratori conquistati in oltre cento anni di sanguinosissime lotte di classe.

Tutto questo ha portato le nuove generazioni dei paesi "ricchi", non più abituate ai sacrifici a cui erano stati costretti i nostri nonni, a coltivare una sorta di "insofferenza" verso i più poveri e disperati di questa orrida realtà “antropocentrica”. Gli stessi cittadini anche anziani, vedendo erodere i loro diritti così duramente conquistati, vedere figli e nipoti in perenne situazione precaria, lottare nonostante gli studi anche avanzati, vedere che tutto questo accade senza apparente motivo, spesso si trovano a gridare sdegno, fianco a fianco ai giovani, perché in italia "passa di tutto" e "a tutti viene dato il permesso di restare".

Mentre in realtà quello dell'immigrato é un problema solo se costui rimane irregolare. Non é infatti la condizione di immigrato in se stessa a portare con sè i problemi, in quanto la maggioranza di queste persone sfugge proprio a condizioni disumane e cerca disperatamente una “vita normale”. E il territorio italiano ha sempre avuto bisogno di manodopera pronta e volonterosa, per svolgere quelle mille mansioni che all’ “italiano medio” non piace svolgere.

Mantenendo però queste persone nella irregolarità forzata, non si fa altro che metterli in costante situazione di ricatto, sociale e personale, tornando a favorire quel ciclo mafioso-imprenditoriale dove ciascuno ci guadagna ma alla fine perdono tutti.

Non facciamoci distrarre come al solito dai falsi problemi: non è dagli immigrati che dobbiamo liberarci, in Italia, ma dalla mafia.

Giorgio Codazzi (lamefarmer)






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