Panico in città

Data 27/9/2007 6:20:00 | Categoria: Iraq



ROMA: L’avvocato Renato Gastaldi stava procedendo lentamente nel traffico cittadino, quando ha improvvisamente sentito delle urla alle sua spalle, mentre partivano delle raffiche di mitra. L’avvocato ha rapidamente fatto inversione di marcia, ma dopo pochi metri ha sentito un bruciore lacerante al petto: una pallottola gli aveva trapassato il polmone. Un secondo proiettile gli si è conficcato nell’intestino. Con uno sforzo disperato, l’avvocato ha continuato a guidare, ben cosciente del fatto che fermandosi sarebbe probabilmente morto dissanguato. Mentre si allontanava un terzo proiettile, sempre proveniente da dietro, gli ha frantumato il polso, mentre un quarto gli ha attraversato la scapola alla base del collo. Nonostante tutto l’avvocato Gastaldi è riuscito a portarsi fuori dalla zona di fuoco, ...
... ed è stato poi accompagnato in ospedale, dove è stato operato e dichiarato fuori pericolo. Difficilmente recupererà l’uso della mano colpita.

Meno fortunato è stato un ragazzino di dieci anni, che per salvarsi dalla sparatoria si è gettato dall’autobus su cui viaggiava, solo per essere colpito in pieno alla testa da uno dei tiratori. Anche la madre, che si era lanciata dall’autobus per soccorrerlo, e stata falciata senza pietà da una raffica di mitra.

In tutto sono undici le vittime della sparatoria, che ha provocato oltre 50 feriti.

I killer sono dei mercenari di una società americana, i quali hanno sostenuto di “essere stati attaccati dai rivoltosi locali”. Qualcuno di loro ha anche detto che era esplosa un’autobomba a bordo strada, proprio al momento del loro passaggio.

Non risultano però feriti fra di loro, nè si sono trovati i resti della presunta autobomba. In realtà questi mercenari da tempo terrorizzano la popolazione, massacrando i civili a piacimento, coperti dalla totale impunità che gli garantisce l’accordo con il Dipartimento di Stato, ovvero il Ministero degli Esteri americano.

Il nostro Ministro degli Esteri “pro tempore” ha chiesto chiarimenti a Washington, ma Condolezza Rice ha imposto il bavaglio all’investigazione, sostenendo che tutte le informazioni che riguardano la sparatoria “sono di proprietà del Dipartimento stesso”.

Il predìsidente Bush ha detto che “ci sarà una approfondita investigazione”.

La storia è ovviamente inventata, ma solo nei nomi: se cambiamo Renato Gastaldi con Hassan Jabir, e Roma con Baghdad, diventa assolutamente vera, compresi madre e figlio freddamente abbattuti sull’asfalto mentre cercavano salvezza.

La società di “contractors” - che fa molto più “economically correct” di ”mercenari”– è la nota Blackwater del fondamentalista cristiano Erik Prince, ex-marine miliardario e grande amico di George Bush, che ha visto le azioni della sua società crescere del 600% dall’inizio della guerra in Iraq al 2005. L’esito dell’inchiesta del Presidente, infatti, possiamo già metterlo nero su bianco: “Non sono stati riscontrati atti contrari alle disposizioni vigenti”. Basta non cercarli, ovviamente.

Le “norme vigenti”, inoltre, prevedono la totale immunità dalle autorità locali per qualunque civile americano che stia lavorando in Iraq. Fu Paul Bremer, con il famigerato “Ordine 17”, che nel giugno 2004, in vista del trasferimento di poteri decise di mettere tutti i contractors al riparo dalla giustizia locale. Fu allora che il Washington Post commentò: “L’amministrazione Bush ha fatto la scelta inusuale di garantire l’immunità al proprio esercito e ai suoi dipendenti per l’uccisione di cittadini iracheni, o per la distruzione dei beni locali, dopo la fine dell’occupazione ed il trasferimento del potere politico a un governo iracheno temporaneo”.

Più che “inusuale”, potremmo dire che si è trattato di una scelta a) altamente illegale, b) profondamente immorale, e c) logicamente ridicola:

a) la Convenzione di Ginevra stabilisce chiaramente che la proprietà stessa dei beni di un paese occupato rimanga interamente nelle mani dei cittadini di quel paese. In teoria quindi gli americani dovrebbero rispondere di ogni singolo libro da loro bruciato, di ogni porta sfondata e di ogni edificio distrutto, mentre nella realtà non andranno nemmeno sotto processo per l’uccisione gratuita e ingiustificata dei civili, che è ovviamente condannata senza eccezioni dalla Convenzione stessa.

b) Concedere l’immunità a gente che di mestiere fa il mercenario, e che si trova circondata ovunque da civili disarmati, dopo averli convinti che ogni musulmano è un nemico giurato dell’occidente, equivale in tutto e per tutto a una incitazione al genocidio.

c) Resta da capire quale “potere” possa mai essere trasferto agli iracheni, se nel contempo ti è permesso di sottrarti alla loro giustizia.

Più in generale, quello che è accaduto in Iraq negli ultimi due anni è al di fuori della concezione di un normale essere umano, e solo col tempo le “popolazioni civili” degli stati invasori - noi siamo stati fra questi, non dimentichiamolo mai – si renderanno conto di quello che è stato fatto, con il loro silente consenso, a una nazione che fino a ieri doveva “soltanto” sopportare la tirannia di un misero dittatore qualunque.

Tutti i musei, tutte le biblioteche, tutti gli archivi universitari, tutte le scuole, tutte le località archeologiche, tutti i gli antichi reperti di valore inestimabile - tutto, assolutamente tutto quello che costituiva la cultura millenaria di quel popolo, è stato cancellato per sempre dalla faccia della terra. La popolazione vive nel terrore costante di morire per mano di uno qualunque degli oltre centomila “grilletti facili” che si aggirano per le città alla ricerca di “nuove emozioni”. I morti civili sono oltre 700.000 (altre stime superano il milione), ovvero più del doppio di tutti i morti italiani nella seconda guerra mondiale. Tutti i soldi per la ricostruzione – venti miliardi di dollari in contanti - sono stati non solo allocati alle, ma subito rubati dalle, sussidiarie della Halliburton, senza rilasciare uno straccio di ricevuta, e senza che venisse ricostruito un solo ospedale. I trasporti sono ridotti all’osso, le comunicazioni sono interrotte ovunque, manca l’acqua praticamente in tutto il paese, e negli ospedali non ci sono nemmeno le siringhe per i neonati, che debbono venire inoculati con gli aghi riciclati degli adulti. Mentre il paese è ormai diventato una desolata landa radioattiva, sulla quale vive almeno un altro milione di persone destinate a morire prima del tempo. Hiroshima in confronto è stato uno scherzo da dilettanti.

Queste sono le condizioni in cui vive oggi l’Iraq liberato. E il petrolio di cui si sono impossessati gli americani non basta nemmeno a rifornire il loro esercito di occupazione.

Però loro sono i più forti.

Massimo Mazzucco



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