CHIESA E DARWINISMO

Data 19/6/2004 2:34:09 | Categoria: chiesa e religione

CHIESA E DARWINISMO



La Moratti ha legittimato il rientro dell’educazione cattolica nella scuola di stato.



19.06.04 - Visto dagli Stati Uniti, dove la guerra
evoluzionismo-creazionismo è da anni sulle prima pagine, si
potrebbe dire all’Italia “Welcome to the Club”, benvenuti fra noi. Come
tutte le altre cose “brutte” che il neo-conservatism ci ha infatti
portato, il ritorno di fiamma della chiesa – protestante negli States,
cattolica in Italia – fa la parte del leone nell’infausto pacco dono. E
con la recente firma, fra il ministro Moratti ed il cardinale Ruini,
dell’ accordo che va sotto il nome di “Obiettivi specifici di
apprendimento per l’insegnamento della religione cattolica per la
scuola secondaria di primo grado”, si è di fatto sancito –al di
là dei fumosi giri di parole - il rientro nelle scuole statali
dell’educazione cattolica.



Furio Colombo ha lanciato dalle pagine dell’Unità un grido di
allarme tanto disperato quanto insufficiente, visto che praticamente
tutto il resto dei media nazionali ha volto lo sguardo altrove, pur di
non dover prendere posizione contro questa nuova grave violazione della
nostra costituzione (“Art. 7 - Lo Stato e la Chiesa cattolica sono,
ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”).



E di questo splendido regalo possiamo ringraziare anche la nostra
“sinistra” (ormai d’obbligo le virgolette), che non si è
certo ammazzata in estenuanti...




... maratone ostruzionistiche pur di ostacolare in qualche modo, anche
solo simbolicamente, questo ulteriore sfregio alla nostra già
frastagliata identità nazionale. E a Capalbio il digiuno
è da tempo proibito per legge.



Ciò detto, però, bisogna anche riconoscere che la
reazione del "laico" che in qualunque modo si è opposto a questo
passo – qualche voce si è pur udita, dalla coltre ammorbante del
silenzio-assenso mediatico - sia stata altrettanto stupida, gratuita, e
quindi in ultima analisi inefficace. Quanti si sono divertiti a
prendere in giro la Moratti, dicendo che “adesso manca solo di sentire
che la terra e piatta, e poi nel medioevo ci siamo tornati del tutto”?
Quanti si sono esibiti in facili battute dove scimmia, uomo, e fango
divino si intersecavano in tutte le combinazioni possibili, strappando
certo un sorriso, ma non aggiungendo niente alla lotta per la difesa
dei principi costituzionali, che dovrebbe invece far leva sugli stessi
principi morali di ciascun cittadino?



La derisione è l’arma preferita del dogmatico, il quale
per sua stessa definizione non è in grado di argomentare secondo
criteri induttivi, ma qui è stata invece usata da chi – il
cosiddetto pensatore critico – dovrebbe proprio poter ricorrere al
ragionamento per smorzarne l’assalto devastante.



Furio Colombo lo ha fatto, in tempi certo non sospetti, e con tutta
l’eleganza di chi non ha ceduto nemmeno una volta alla tentazione della
battuta facile. Ed è in onore ad una persona la cui
integrità morale io rispetto da quando ne conosco il pensiero,
che vorrei ripubblicare qui il suo articolo per intero: una lezione per
tutti noi che a quella logica ci affidiamo per cercare di riequilibrare
(nel nostro infinitamente piccolo) le sorti di un pensiero collettivo
che sta diventando sempre più impermeabile ad ogni stimolo
esteriore.



Esiste poi un secondo aspetto della faccenda, che meriterebbe
però un sito tutto per sè tanto è complesso, e che
vede il darwinismo come una teoria ancora più debole – e quindi
meno difendibile ancora – di quella già facilmente
ridicolizzabile in cui “Dio ha creato la terra in sei giorni” e “la
terra non ha più di seimila anni.”



Ovvero, oggi è tanto facile per il darwinista/materialista
sbeffeggiare le innegabili contraddizioni della Bibbia, quanto lo
è per il fondamentalista biblico ridicolizzare la teoria per cui
dallo “stagno primordiale” – leggi: caos assoluto - ad un certo punto
sarebbero cominciati ad uscire cuori pulsanti, polmoni funzionanti,
occhi vedenti, e soprattutto cervelli pensanti – per non dire poi
auto-pensantisi.



Ma questo, come si diceva, è tutt’altro discorso. Consideratelo, se volete, un “sasso” primordiale.



Massimo Mazzucco






UNA LUNGA ORA DI RELIGIONE - di Furio Colombo



Ieri con sorpresa ha fatto la sua irruzione nelle agenzie di stampa
italiane l’espressione “antropologia cristiana”. Significa, credo,
guardare ad ogni evento della cronaca o della storia dal punto di vista
della religione. Avevo incontrato una simile espressione, molti anni
fa, leggendo un testo ormai classico di V.S. Naipul,
«India», in cui le parole “antropologia islamica” servivano
per spiegare la visione totalizzante dei musulmani a confronto con la
più eclettica interpretazione induista del mondo. Ciò che
sorprende, è che, invece, per noi, in Italia si sta parlando di
una “risposta pedagogica per la scuola”.



Ieri, infatti, il ministro dell’Istruzione Letizia Moratti ha firmato
con il presidente della Conferenza Episcopale Cardinale Ruini un
documento con questo titolo: «Obiettivi specifici di
apprendimento per l’insegnamento della religione cattolica per la
scuola secondaria di primo grado». «La riforma scolastica
in corso di attuazione - ha spiegato all’agenzia Agi il Cardinale Ruini
- si qualifica per l’attenzione ad una didattica rinnovata che mira a
realizzare una convergenza fra le diverse discipline. In questo
contesto la Cei ha dato il suo apporto per un insegnamento della
religione armonicamente integrato nel sistema scolastico».



L’affermazione può apparire un po’ oscura. Ma se si legge un
testo della Cei intitolato «Orientamenti connessi con la riforma
della scuola pubblica e implicanze derivanti dalla approvazione degli
obiettivi specifici di apprendimento per l’insegnamento della religione
cattolica» (a cura di Monsignor Cesare Nosiglia) diventa chiaro
che non si sta parlando (e firmando) di ambientazione dell’insegnamento
religioso nei nuovi programmi della riforma Moratti.



Al contrario. Si sta progettando di adattare l’intero sistema scolastico italiano alla visione della “antropologia cristiana”.



Cercherò di spiegare citando i punti che a me sembrano
più illuminanti del documento episcopale firmato dal Vescovo
Nosiglia. Ecco alcuni passaggi.



Primo, «occorre privilegiare una corretta visione antropologica a
servizio della verità nella carità, finalizzata a
impedire al pluralismo di tramutarsi in confuso relativismo».
Può essere utile ricordare ai lettori che relativismo vuol dire
accettare che vi siano più verità, più punti di
vista, diverse e anche divergenti visioni del mondo. Esempio, il
relativismo induce a pensare che se gli embrioni sono persone dal punto
di vista religioso, non lo sono dal punto di vista scientifico. Una
volta abolito il relativismo, c’è una sola versione. In questo
caso, quella che obbliga ad accettare l’attuale legge sulla
procreazione assistita, che vieta di stabilire se un embrione è
sano o malato prima di impiantarlo.



Secondo, «il compito appare assai problematico se pensiamo al
disorientamento in cui viviamo e al clima diffuso di relativismo che si
respira. Perciò nella realizzazione di questo nuovo compito
educativo della scuola i cristiani possono e devono essere presenti per
offrire contenuti corretti». Significa che tutto l’insegnamento,
in tutte le materie e tutte le discipline, va «riempito di
contenuti».



E infatti, terzo, «è tempo di passare a elaborare concreti
“pacchetti di contenuti” di alto profilo per un approfondimento delle
questioni epistemologiche e didattiche più significative alla
luce della antropologia cristiana, da offrire come sussidio da valutare
con docenti e genitori, avvalendosi anche dell’apporto di
Università, Centri culturali ed editoriali cattolici».
Come si vede, ogni aspetto dell’insegnamento, in una visione nuova per
la scuola italiana, va a collocarsi in un paesaggio religioso
(descritto come “antropologia cristiana”). L’insegnamento della
religione non è più una materia, ma il punto generatore
di tutte le altre materie.



Quarto, «già da queste indicazioni ci si rende conto di
quali spazi siano riservati alla responsabilità di diocesi e
parrocchie oltre che degli operatori scolastici. Ma non solo. Va
valorizzata la pluralità tipica di gruppi, movimenti,
aggregazioni e istituzioni presenti sul territorio che già
operano nella scuola in diversi campi. Ad esempio lo sport, la musica,
il teatro, l’assistenza, la carità, l’animazione di vario
genere, l’attenzione verso il mondo della natura e dell’ambiente, il
dialogo interculturale e inter religioso... non possono essere lasciati
in balia dello spontaneismo e della approssimazione, o magari in mano a
progetti basati su principi non condivisibili. Occorre programmare un
piano e una strategia di medio e lungo termine».



Esiste dunque una autorità, non scolastica e non della
Repubblica italiana, in grado di stabilire nella scuola italiana, che
cosa è un progetto condivisibile e che cosa non lo è.
Ciò porta al formarsi di una élite che sarà
depositaria - nella scuola italiana che era stata immaginata libera e
laica dalla Costituzione - di una nuova autorità. Sono le
«associazioni professionali di ispirazione cristiana di docenti
della scuola statale e di quella paritaria che devono essere coinvolte
nella fase di elaborazione delle nuove prospettive professionali e - in
ambito ecclesiale - adeguatamente sostenute nel loro prezioso servizio
di mediazione». Tutto ciò appare perfettamente
comprensibile come posizione della Chiesa cattolica.



Ma qui stiamo parlando di un documento che è stato firmato dal
ministro italiano dell’Istruzione. E’ vero che di quell’istruzione non
si dice più che è pubblica. Ma persino il testo vescovile
che abbiamo appena citato fa riferimento alle scuole statali. D’ora in
poi dopo una firma che è legge, perché si richiama
esplicitamente ai protocolli dei Patti Lateranensi, la scuola di Stato
italiana è rigorosamente confessionale.



E’ una scuola fondata - non durante l’ora di religione ma nell’insieme
del suo insegnamento - sulla specifica ed esclusiva visione teologica
della Chiesa cattolica. L’evento cambia drammaticamente il senso del
rapporto tra Stato e Chiesa in Italia. Ci si domanda come tutto
ciò possa essere avvenuto al di fuori di ogni pubblicità
(salvo questa comunicazione finale, a cose avvenute) e fuori dal
Parlamento.



L'Unità  (26 Maggio 2004)







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