Una questione di responsabilità

Data 23/1/2008 9:00:00 | Categoria: politica italiana

Se davvero volessimo fare il processo alla tragicomica situazione italiana di oggi, dovremmo uscire a raccogliere quei trenta milioni circa di italiani che hanno votato alle ultime elezioni politiche, e domandare loro, uno per uno, perchè hanno votato coloro che hanno votato.

A quel punto avremmo una serie di risposte, che potrà andare dal “perchè credo fermamente in loro” fino al “tanto non votare non serve a nulla”, con una buona percentuale di persone che probabilmente risponderebbe “perchè speravo che comunque cambiasse qualcosa”.

Avremmo quindi, dal più fanatico assertore del sistema vigente, al più disilluso dei derelitti, un ventaglio a 180 gradi di persone che, per un motivo per l’altro, votano comunque.

Queste persone rappresentano una buona maggioranza degli italiani “aventi diritto” al voto, ed è quindi giusto, in una “repubblica democratica” come la nostra, che siano andati al governo coloro che ci sono andati.

Ci sono però anche molte persone che rifiutano a priori il cosiddetto sistema democratico, e che quindi non votano per principio. Purtroppo per loro si ritrovano a dover accettare comunque tutte quelle scelte della maggioranza ...
... che in una misura o nell’altra ricadono anche su di loro. (Visto in questa luce, il sistema democratico è una forma di dittatura addirittura brutale).

Se però mettiamo momentaneamente da parte questi infelici, tutto il resto della popolazione è fatto di gente che il nostro governo lo ha voluto, o che comunque ne ha accettato la nomina, all’interno di quel sistema democratico che riconosce nel momento stesso in cui va a votare.

Quindi, di che si lamentano ora?

Aveva perfettamente ragione Prodi, quando disse che il governo lo avevano votato gli italiani. Che poi lo abbia detto con una nota sadica piuttosto che di scherno, questo non cambia di una virgola la sostanza della sua frase.

E’ “giusto” che sia così, lo è nella più sacrosanta delle accezioni del termine, e gli eventi ci confermano in pieno che il nostro sistema democratico è sano, integro e perfettamente funzionante.

Vanno al governo quelli che votiamo noi.

A questo punto qualcuno dirà “ma, veramente, questa volta non mi hanno nemmeno dato la possibilità di scegliere il candidato...”.

“E allora perchè hai votato?” gli rispondo io.

“Perchè speravo che comunque servisse a qualcosa... “ mi direbbe probabilmente lui.

Benissimo, e allora ricadi nel ventaglio a 180 gradi, e di lì non si scappa. E’ inutile girarci intorno: indipendentemente dal “perchè” ciascuno lo faccia, la maggioranza degli italiani di fatto ha votato, e chi ha avuto quei voti è andato a governare.

Ma chi ha votato non ha scelto – come probabilmente credeva di fare - solo per se stesso, ha scelto anche per tutti gli altri, compresi quei poveracci che abbiamo lasciato nel girone degli infelici, e non votano per principio ma devono poi accettare tutte le scelte della maggioranza che in qualche modo li riguardano.

Lo sfacelo di Napoli c’è stato per tutti, non solo per quelli che votano. Un personaggio come Mastella è stato Ministro della Giustiza di tutti, non solo di quelli che votano. E i miliardi di euro che scompaiono sistematicamente dalle casse statali, sotto forma di mazzette, bustarelle o inciuci di ogni tipo, scompaiono regolarmente dalle tasche di tutti, non solo di quelli che votano.

Chi crede che l’esercizio della democrazia sia solo un “diritto” personale, non si rende conto del dovere monumentale che esso comporta: il dovere di pensare alle conseguenze delle proprie azioni anche in termini collettivi, e non solo individuali.

Qui non è più un problema di “meno peggio”, ma di “quanto male” vogliamo fare al nostro paese. Di fronte a una scelta come quella che ci offre oggi il nostro panorama politico, votare – in qualunque direzione - significa contribuire alla perpetuazione del degrado e dello sfacelo nazionali.

Non votare diventa invece, a questo punto, un obbligo morale.

Massimo Mazzucco


NOTA (vedi I° commento): Chiarisco che io per “non votare” non intendo “stare a casa”, ma intendo non dare il proprio voto a chi non riteniamo ne sia degno.

E’ un discorso che ho già fatto altrove, e che non desidero riaprire qui. Ma se devo scegliere fra un criminale e “nessuno”, io scelgo nessuno. Lo faccio per un semplice dovere morale, indipendentemente dalle conseguenze o dall’utilità effettiva di questa mia scelta.

Poi casomai parleremo di soluzioni. Ma stiamo attenti a non confondere la mancanza di una soluzione – o apparente tale – con la legittimazione del problema. A questo punto è diventato indispensabile separare nettamente le due cose.



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