Una strana nazione

Data 21/8/2008 9:00:00 | Categoria: elezioni Usa

Più che parlarci dei candidati, dei quali sappiamo già molte cose, ogni elezione americana sembra rivelarci qualcosa di nuovo rispetto al popolo che si ritrova ogni quattro anni a scegliere uno fra i leader politici più importanti nel mondo.

Nel 2000 abbiamo visto come sia bastata una reazione di “antipatia“ verso il presuntuoso e arrogante Al Gore, che da grande favorito è riuscito a soccombere di fronte al “piccolo uomo qualunque“ impersonato da George W. Bush. (Sappiamo tutti che ci fu l’intervento della Corte Suprema, ma in teoria Gore non avrebbe mai dovuto permettere a Bush di avvicinarsi così tanto, nei risultati elettorali, da potervi fare ricorso).

Nel 2004, nonostante tutti avessero capito che la guerra in Iraq era un disastro ormai irreversibile, bastò che Dick Cheney agitasse per qualche settimana lo spauracchio del “ritorno del terrorismo“, e nuovamente l’America corse a ripararsi ... dietro allo stesso uomo che l’aveva trascinata in quel disastro.

Ora con Obama e McCain stanno succedendo cose molto strane, che nuovamente ci insegnano qualcosa del popolo americano che evidentemente non conoscevamo.

Dopo aver vinto la tenace battaglia con la Clinton per la nomination, Obama aveva veleggiato per oltre un mese con un vantaggio nei sondaggi, rispetto a McCain, che si aggirava sugli otto-dieci punti di percentuale. In altre parole, se si fosse votato in quel momento, Obama avrebbe vinto con il 48% circa dei voti, ...
... contro il 38% circa di McCain (il resto dei voti andava ai candidati “di frangia”, sia di destra che di sinistra).

Da quel giorno Obama non solo non ha commesso errori, ma ha rinforzato il suo messaggio con diversi interventi di un certo spessore, incastonando il tutto in un viaggio internazionale – Europa e Medio Oriente - decisamente di successo: eppure oggi, sorprendentemente, Obama si ritrova con un paio di punti di svantaggio rispetto a McCain nei sondaggi nazionali.

Che cosa è successo nel frattempo? Apparentemente nulla, non fosse per l’uscita di due spot pubblicitari contro Obama, che evidentemente hanno avuto un effetto addirittura superiore a qualunque aspettativa da parte repubblicana: nel primo spot Obama veniva paragonato - in maniera volgare e grossolana – alla starlette Paris Hilton. Le immagini di Obama che raccoglie applausi a Berlino erano mescolate a quelle della Hilton che raccoglie applausi in passerella, mentre il commento dello spot diceva: “Oggi Obama è certamente una star, ma è in grado di guidare una nazione come l’America?”

Nel secondo spot i repubblicani riprendevano un tema già utilizzato dalla Clinton, che nuovamente metteva in dubbio la “preparazione“ di Obama nel caso di una qualunque emergenza nazionale.

Naturalmente, nessuno di questi spot è supportato da fatti o aneddoti che possano far dubitare delle effettive capacità di Obama, ma è stato sufficiente “dirlo”, per capovolgere un trend che sembrava destinato a regalargli una schiacciante vittoria nel mese di novembre.

Nel frattempo sono iniziati i confronti televisivi, anche se in forma non ufficiale (i due candidati attendono la Convention di ciascun partito, per la nomina ufficiale), e ormai si è capita chiaramente la diversa strategia che ciascuno ha scelto di utilizzare nelle pubbliche occasioni. Obama si rivolge alla parte “intelligente“ della nazione, dando risposte complesse e ragionate, che mostrano chiaramente il suo livello di consapevolezza rispetto ai problemi trattati. McCain invece predilige le risposte “di pancia“ - delle semplici e banali frasi fatte, come “non aumenterò le tasse“, “difenderò l’America dai mali del mondo“, “la vita è sacra e l’aborto è un peccato mortale“, ecc. - intese ad accontentare i livelli meno preparati della popolazione, che normalmente vogliono sentirsi dire certe cose senza preoccuparsi di affrontarle con metodo critico.

Sono le “due Americhe” di cui si è parlato già altre volte: la “Blue America” (gli stati democratici, collocati soprattutto sulle coste est e ovest, con popolazione di prevalenza urbana e intellettualmente più progredita), e la “Red America” (gli stati centrali, a prevalenza rurale, meno colti e con forte caratterizzazione religiosa), che tornano a fronteggiarsi con apparente parità di forze.

Il vantaggio, almeno teorico, rimane sempre dalla parte di Obama, in quanto lui può ancora erodere buona parte del cosiddetto “centro” (gli indecisi), mentre McCain può solo sperare di mantenere la propria base sulle posizioni già raggiunte. Ma il lavoro è ancora tutto da fare.

Fra una decina di giorni ci sarà la convention democratica, e solo a quel punto inizierà per Obama la vera fatica per riuscire a conquistare la Casa Bianca.

Massimo Mazzucco




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