Il fattore Palin: ridere per non piangere

Data 29/9/2008 5:50:00 | Categoria: elezioni Usa

Per chi le segue da vicino, le elezioni americane si sono trasformate da un normale esercizio di analisi socio-politica in puro e semplice divertimento collettivo. Il motivo di questo cambiamento si chiama Sarah Palin.

Scelta a sorpresa contro un pool di candidati decisamente più preparati e legittimi, Sarah Palin ha inizialmente “infiammato” la base repubblicana, con un discorso di presentazione alla Convention che ha fatto tremare i democratici di tutto il paese: fondamentalista religiosa che implora Dio perchè l’Alaska abbia il suo oleodotto, contraria all’aborto anche nei casi di incesto e violenza sessuale, la cacciatrice di caribù con tailleur di Valentino ha fatto impazzire i beer-bellies (i panzoni gonfi di birra) del Sud razzista e maschilista, che indossavano orgogliosi dei distintivi elettorali con il volto della Palin e la scritta “Hottest VP“ (“la più bollente vicepresidente”).

McCain – che era stato messo abilmente in corner da Obama con la scelta di Joe Biden - veniva acclamato come “genio” della propaganda elettorale, e i sondaggi nazionali lo vedevano scavalcare Obama, prendendogli un vantaggio di addirittura 4 o 5 punti in un colpo solo. Roba che in tempi normali si ottiene soltanto con due settimane di dura campagna elettorale, visitando almeno una dozzina di stati diversi.

Ammutoliti, i commentatori democratici si guardavano esitanti, e solo i più coraggiosi osavano suggerire che “forse, passato l’entusiasmo, scopriremo veramente quanto vale questa Palin”.

Ebbene, l’entusiasmo è passato, anche perchè nel frattempo c’è stata l’esplosione della bolla finanziaria – quanto casuale?, si domandano alcuni – a riportare tutti con i piedi per terra. E nel frattempo Sarah Palin, dopo aver resistito a lungo con scuse diverse, ha finalmente dovuto accettare di essere intervistata ...
... da qualcuno. Una cosa era recitare a memoria un discorso pieno di paroloni inutili, di fronte ad una convention tutta repubblicana, ben altro è affrontare giornalisti come Charlie Gibbons oppure Kathie Couric, che l’hanno letteralmente fatta a pezzi.

Il primo scivolone si è avuto nell ’intervista iniziale, quando Gibbons ha chiesto alla Palin “che cosa pensa della dottrina Bush?”

La Palin ha sfoderato un sorrisetto malizioso, si è aggiustata sulla sedia e ha chiesto: “In che senso, Charlie?”

“Me lo dica lei, in che senso – ha replicato impietoso Gibbons, che in quel momento aveva capito che lei non sapesse minimamente di cosa si stava parlando - Che cosa intende lei per dottrina Bush?”

La Palin ha farfugliato qualcosa di impreciso, dopodichè Gibbons le ha letteralmente spiegato, con tono da maestro elementare, che per “dottrina Bush” si intende il diritto di iniziare una guerra preventiva, contro un avversario che si ritiene possa attaccarti.

Ma l’uscita più grandiosa è arrivata subito dopo, quando Gibbons ha chiesto alla Palin che esperienza potesse vantare in politica estera.

“Lo sa – ha risposto furbetta la Palin – che dal mio paese io posso vedere la Russia?”

“In che senso?”, ha chiesto spiazzato Gibbons.

“Nel senso che noi siamo i primi a tenere d’occhio i russi. Li vediamo, fisicamente.”

Impossibile descrivere la faccia di Gibbons a quel punto, ma basti sapere che da quel giorno circolano in America battute di questo tipo:

- Lo sai che io da casa mia vedo il mare? Quindi vorrei fare il ministro della marina.

- Io invece vedo un’autostrada, e vorrei fare il ministro dei trasporti.

- E allora io, che dal mio cortile vedo la Luna? Posso fare l’astronauta?

Dopo una magra del genere, ci si aspettava che gli “allenatori” della Palin avessero preparato per lei una risposta di emergenza, in vista del momento – inevitabile - in cui la domanda fosse stata posta di nuovo.

Ed infatti la domanda è stata posta, di nuovo, da Kathie Couric della CBS, due giorni fa:

“La settimana scorsa lei ha citato come esperienza internazionale il fatto che dal suo paese si vede la Russia. Può spiegarmi cosa intendeva esattamente”?

Invece di uscirne con eleganza, dicendo ad esempio “era stata solo una battuta”, la Palin ha mostrato che i repubblicani di ferro non sbagliano mai, ed ha insistito nella sua posizione. Praticamente la sua esperienza internazionale – ha risposto la Palin - deriva dal fatto che ”appena Putin alza la testa entra nello spazio aereo americano, ed è dall’Alaska che partono le missioni per tenerlo d’occhio”.

Un pò come dire “i panini per i militari li prepariamo noi”.

Per finire in bellezza, la Couric le ha domandato se poteva citare qualche referenza di John McCain in politica estera. Con il solito sorrisetto da gattina birichina, la Palin ha risposto:

“Mi dia il tempo di informarmi, e glielo faccio sapere”.

E il prossimo giovedì ci sarà addirittura il dibattito televisivo, in diretta nazionale, fra i due vice-presidenti, Joe Biden e Sarah Palin. Sul fronte repubblicano c’è addirittura chi suggerisce di sostituire la Palin con qualcun altro, prima che il disastro diventi definitivo. Sul fronte opposto si fanno invece scorte di birra e popcorn, in vista di una serata che rischia di diventare indimenticabile.

Qui però non si tratta più di essere repubblicani o democratici: si tratta di domandarsi se il mondo possa davvero permettersi il rischio – come si è chiesto pochi giorni fa Ahmadinejad alla CNN - che un giorno questa persona diventi presidente degli Stati Uniti.

E’ vero che dopo George W. Bush il detto “chiunque in America può diventare presidente” ha assunto un significato molto più ampio e letterale, ma almeno il cowboy “tutto cappello e niente mandria” era guardato a vista da Carl Rove e Dick Cheney. Ma se per caso McCain dovesse morire, la Palin chi la guarda?

Per ora McCain è in ottima salute, e nessuno gli augura di morire presto, che vinca o meno le elezioni. Ma nel primo caso il rischio diventa reale, e tutti sappiamo come possa capitare di morire anche a gente molto più giovane e sana di lui. Anche McCain questo non può non saperlo, e ciò significa che la scelta di Sarah Palin ci parla molto più del suo irresponsabile opportunismo politico, di quanto non ci stia parlando di lei.

Lei ci fa morire dal ridere, ma lui rischia davvero di farci piangere.

Massimo Mazzucco

Intervista Gibbons - ABC

Intervista Couric - CBS




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