MOONWALKERS A 17’ POLLICI

Data 20/7/2004 13:34:38 | Categoria: storia & cultura








MOONWALKERS A 17’ POLLICI




PUBBLICATO MOONWALKERS 2 - LA PROVA DEL FUOCO. Tre domande semplici a chi sostiene che i viaggi sulla Luna sono avvenuti davvero (i commenti proseguono qui)





20.07.04 - Il 20 di Luglio del 1969, l’umanità festeggiava unita
uno dei più grandi balzi tecnologici di tutta la sua storia.
Oggi, a trentacinque anni di distanza, buona parte di essa si domanda
come sia stato possibile che un intero pianeta sia stato preso per i
fondelli dal presidente Nixon, che gongolava dalla felicità
accanto ad un televisore che mandava immagini registate nella stanza
accanto.



Ebbene: io stesso ho fatto per vent’anni il fotografo di moda, e
qualcosina di diaframmi e di focali mi illudo ogni tanto di saperne. Ma
nonostante le foto degli astronauti sulla Luna siano state sotto i miei
occhi – come sotto gli occhi di tutti – sin da quel lontano 1969,
è stato solo un giorno di qualche anno fa, a furia di sentire
queste strane voci che giravano, che mi sono deciso a dare una
controllata in prima persona. Sono andato al sito della NASA, ne ho
scaricate una ventina, ma già alla terza mi ero reso conto con
assoluta certezza di come fossero tutte clamorosamente,
macroscopicamente, indiscutibilmente false. I difetti erano addirittura
imbarazzanti: ombre completamente sbagliate, prospettive improbabili,
appiccicature maldestre di più strati uno sull’altro, riflessi...


... rivelatori, sfondi identici in luoghi diversi, c’era di tutto.
Eppure, ripeto, le avevo viste mille volte prima di allora, e non mi
ero mai accorto di nulla.







Perchè una cosa è vedere, ben altra è guardare.







Un pò come per l’Undici Settembre, il problema non è
tanto capire cosa sia davvero successo quel giorno, ma essere pronti ad
accettarlo. Con la differenza che questa seconda menzogna copre un
mostruoso atto criminale, e quindi non sarà mai giustificabile
in alcun modo, mentre la prima bene o male andò a coprire un
bluff irresponsabile, fatto da John Kennedy sette anni prima, ed
è quasi divertente vedere come se la siano cavata gli uomini di
Houston di fronte alla titanica impresa a cui li obbligò il
presidente: sembrerebbe quasi più facile, infatti, andare sulla
Luna davvero, che non far credere al mondo di averlo fatto, restando
seduto nel giardino di casa tua.







Eppure ci riuscirono, e talmente bene che ancora oggi ci sono molte
persone assolutamente convinte che sulla Luna si sia andati, e che
tutto quello che si dice altrimenti sia soltanto la solita poltiglia
cospiratoria.







A costoro non possiamo certo offrire una dimostrazione completa ed
esauriente dei mille elementi che provano la bugia (anche perchè
il lavoro è stato già stato ampiamente svolto da altri,
con decine di libri documentati e convincenti), ma anche qui, come
già per il 9/11, possiamo cercare di offrire un riassunto di
quello che sono state le varie accuse che nel tempo hanno
ridimensionato il mito della conquista spaziale.







 Le possiamo dividere grossolanamente in tre filoni:







Impossibilità fisica di allontanarsi dalla Terra. Indizi di tipo pscicologico. Falsità delle fotografie.









Impossibilità fisica di allontanarsi dalla Terra. Vi
chiedo semplicemente di domandare, a chiunque abbia fatto anche solo un
corso per corrispondenza Radio-Elettra, che cosa siano le fasce di Van
Allen, quale sia il loro livello di potenza di radiazioni, e che cosa
possa significare questo per un qualunque essere vivente che le
attraversasse da parte a parte. Se per fare una semplice radiografia
allo stomaco dobbiamo coprirci i genitali con una lastra di piombo
spessa mezzo centimetro, calcolate che per attraversare le fasce - una
vera e propria tempesta elettromagnetica, di dimensioni quasi
inconcepibili per noi - bisognerebbe che la capsula Apollo fosse
ricoperta da uno strato protettivo spesso almeno una decina di metri.
La radiografia inolte dura mezzo secondo, mentre un ipotetico
attraversamento delle fasce richiede almeno un paio d’ore. Più
altre due al ritorno, per i più resistenti alla prima cottura.
Una volta fuori poi dalla magnetosfera, si rimane direttamente esposti
a radiazioni cosmiche di ogni tipo, con conseguenze che non è
difficile immaginare.



Riporto qui quello che ho sentito in un recente documentario sullo
Shuttle, dove alcuni astronauti raccontavano di aver provato, durante
una delle tante missioni orbitali, ad alzarsi di qualche chilometro per
avvicinarsi un oò dipiù alla zona delle radiazioni. Ad un
certo punto dicono di aver cominciato a sentire un calore
impressionante, ed hanno visto le pareti interne dello Shuttle
diventare improvvisamente “luminose”, di un colore arancione
fosforescente. Si sono quindi ributtati subito in un’orbita più
tranquillizzante, e l'esperimento è finito lì. Pare che
le avessero appena sfiorate.



C’è anche una divertente battuta, attribuita a Von Braun durante
il party dei festeggiamenti per i Moonwalkers dell’Apollo 11, Armstrong
e Aldrin. Von Braun avrebbe detto ad Armstrong qualcosa come: “Lo sai
che il mondo è davvero bizzarro? Statisticamente parlando, io
dovrei essere morto a Norimberga da molti anni, e tu in questo momento
dovresti essere una frittura di pollo bruciacchiata che viaggia senza
meta nello spazio siderale”.



Un ultimo argomento, per chi volesse supporto dalla logica e non dal
sentito dire. Non vi siete mai domandati come mai, prima di mandare un
uomo in volo suborbitale (Gagarin e Glenn), sia gli americani che i
russi abbiano fatto le loro belle prove con scimpanzè (Koko) e
cani (Laica), ma prima di uscire nello spazio aperto, pur avendo
completato tre missioni di prova - andata e ritorno - verso la Luna
(Apollo 8, 9 e 10), non gli sia mai venuto in mente di metterci su
nemmeno un iguana col raffreddore? Così, tanto per vedere come
se la cavava con le radiazioni, no?



Gli aspetti psicologici di cui parlavo non sono prove vere e proprie,
ma sono conferme che si vanno ad aggiungere a quello che già
appare ovvio. Ad esempio: qualcuno di voi ha mai sentito una sola
intervista ad uno solo dei dodici Moonwalkers? Questi – almeno i primi
due – avrebbero dovuto assurgere come minimo alla fama di un Leonardo
da Vinci, di un Cristoforo Colombo, o di un Albert Einstein, nella
storia mondiale, non credete? E invece chi non era già nato in
quel periodo non sa nemmeno che faccia abbiano.



Dei dodici Moonwalkers poi (Apollo 11,12, 14, 15, 16, 17, con il 13
provvidenziale fallimento), solo un paio hanno in seguito lavorato nel
settore areonautico. Gli altri sono spariti tutti: uno è andato
a fare il pittore nel deserto dell’Arizona, un’altro si è messo
a scrivere poesie trascendentali, un terzo è finito a fare il
predicatore evangelico, uno ha fondato un centro di noetica, due o tre
si sono attaccati alla bottiglia..... e stiamo parlando di uomini di
scienza usciti da una durissima selezione fra i più freddi e
tecnologicamente preparati che ci fossero, non da un gruppo di
scoppiati presi a caso in un bar del Greenwich Village.



Guardate l'espressione di Armstrong, Aldrin e Collins alla prima conferenza stampa da "quarantinati":













E' quella incontenibile e luminosa
di tre persone che hanno appena compiuto la più grande impresa
dell'umanità, o è quella triste e frustrata di tre che
sono obbligati a fare solo finta di averlo fatto?



Falsità delle fotografie


Veniamo ora alla piatto forte, le famose fotografie sulla Luna. E'
attorno a questo problema che è nata e siè sviluppata
l'ondata di dubbio sui viaggi lunari, che lentamente hanno gretolato le
sempre più deboli difese della NASA sulla loro
veridicità. Siamo arrivati addirittura al punto che, nel bel
mezzo del dibattito più acceso (fine anni 80) un loro portavoce
esclamò un giorno, di fronte ai giornalisti che lo tempestavano
di domande: “Insomma, basta con tutte
queste storie! La verità sta nelle foto!” (The truth is in the
pictures.)



E guardiamole, allora, queste foto.


(Nota: Essendo stato io, come ripeto, per molti anni fotografo
professionista, parlo da un punto di vista che nessuno è
obbligato a condividere già in partenza. Invito quindi chiunque
ne abbia la possibilità a verificare ciò che dico con un
qualunque altro professionista in questo campo).



Guardare le foto della Luna, per l'occhio del professionista, è
come per l'intenditore di cavalli distinguere il brocco dal campione, o
per l'esperto gallerista distinguere un Rembrandt da una copia
dozzinale.



E quell'occhio dice, con tranquillità assoluta, che le foto
della Luna sono state scattate sulla Terra. La maggior parte nel
deserto, di notte, con luce artificiale, con anche qualche raro scatto
in pieno giorno (poi spieghiamo il perchè). Le altre in studio,
sempre con luce artificiale. Tutte infine sono state più o meno
ritoccate, molte addirittuta ricomposte, con risultati in un certo
senso miracolosi, se si pensa alla tecnica primitiva di quegli anni, ma
purtroppo insufficienti per l'occhio smaliziato dei tempi più
recenti.



Oggi un qualunque software amatoriale è in grado di fare cento
volte meglio, ed in pochi minuti, ciò che una volta richiedeva
intere giornate passate a tagliare ed incollare cartoncini, per poi
esibirsi in mascherature impossibili con le mani sotto l'ingranditore.
Altro non c'era.



Ora, che tu scatti le foto in studio, o nel deserto di notte, ti
ritrovi comunque con un campo troppo corto (dopo il perchè), e
ci devi poi appiccicare per forza qualcosa in lontananza, per farlo
sembrare una vera distesa lunare. Ma farlo non è facile come
dirlo, specialmente se devi ripetere l'operazione praticamente per ogni
foto. Eccone infatti alcune - ce ne sono davvero molte - in cui la
linea
di giunta con questa "lontananza" si vede fin troppo chiaramente.















La foto originale finisce dove c'è la linea, le alture dietro sono stata aggiunte dopo. Idem sotto...











... e sotto ancora: notare inoltre come spesso il colore fra i due terreni sia diverso, e
soprattutto come la linea della giunta attraversi sempre il fotogramma
da parte a parte, in qualunque direzione si guardi.









E' come se gli
astronauti si trovassero costantemente su una specie di plateau
centrale, con una qualche "vallata" di 360 gradi, non visibile da noi, che ci separa dalle
alture sullo sfondo. Chissà perchè invece non ci deve mai essere un punto in cui la pendenza
declina dolcemente, e vediamo il terreno antistante unirsi in maniera naturale a
quello sullo sfondo.







UN RAGIONAMENTO SULLA NECESSITA' DI CERTE SCELTE



Ma perchè - viene da domandare - limitarsi ad un campo iniziale
corto, per
poi
dover aggiungere quello che magari si poteva già trovare
comodamente nella
realtà? Perchè non puoi illuminare artificialmente
un'intera collina -
è la risposta più ovvia. Ma perchè devi
illuminarla di notte, allora, quando
puoi
tranquillamente fotografarla di giorno? Perchè prima di tutto
quella
collina non è lì, ma da tutt'altra parte. Ma anche
supponendo che fosse lì, e che tu avessi trovato un intero
panorama che assomiglia alla Luna, di giorno c'è
l'atmosfera, che ti dà quella luminosità diffusa che
risulta
completamente
diversa dalle foto scattate in sua assenza (la luce solare
colpisce le molecole dell'aria, rifrangendosi in mille direzioni, e
creando effetti, aloni, filtrature, spessori, riverberi, assolutamente
riconoscibili in una foto scattata sulla terra). Mentre scattando di
notte, con un singolo faro (i grandi spot del
cinema) non illumini tutta l'atmosfera intorno, ma soltanto il
soggetto e
quello che c'è subito dietro, e ciò è invece
insufficiente per creare
nell'aria quell'effetto di rifrazione della luce diurna.



Scattando però di notte, con una sola sorgente artificiale, puoi
illuminare il terreno fino ad un certo punto e basta. (Perchè
non due, o tre, o quattro sorgenti allora? Perchè avresti
doppie, triple o quadruple ombre, ben difficili da giustificare con
l'unico sole che abbiamo a disposizione). Ecco però cosa succede
quando illumini con uno spot il terreno di notte, ma cerchi di far
vedere un campo più ampio di quello che puoi permetterti.







Ti resta fuori lo sfondo lontano, completamente scuro, e il trucco si
vede. (Ma perchè erano così cretini da farsi beccare,
allora,se il trucco si vede? Prima di tutto, come già detto,
vedi solo se guardi - anche voi questa foto l'avevate vista mille
volte, ma non ve ne eravati mai accorti prima, giusto? E poi la testa
era quella degli anni '60, non quella di oggi. Allora non c'erano stati
i 40 anni di trucchi televisivi e fotografici che ci portiamo noi sulle
spalle. infine, detto francamente, non è che si potesse fare
molto meglio di così comunque, con quei mezzi.)



Ecco altri esempi dove il cono di luce si rivela.... esattamente un
cono di luce, invece delll'immensa lampada celeste che è il
nostro Sole.







Queste ultimi due foto servono anche ad introdurre un altro problema.
Se ci limitiamo ad analizzare la zona in luce, esse sono buone
imitazioni della luce solare in assenza di atmosfera: mancando infatti
la rifrazione (la "diffusa") i contrasti sono forti, le ombre nette, le
parti in ombra praticamente
nere.





Ma ecco che quando si tratta di far vedere l'eroe che scende dalla
scaletta, la zona "praticamente nera" rimasta inombra si illumina di
immenso: mentre l'esposizione del terreno rimane praticamente uguale
(non c'è stata quindi una forte apertura di diaframma), qui
abbiamo addirittura dei brillanti riflessi nell'alluminio di
protezione, che non sono assolutamente spiegabil se non con la presenza
di grandi pannelli riflettori - dorati o argentati - posizionatiappena
fuori campo. Ma quelli non li hanno certo portati sulla Luna, ne
tantomeno lihannmo posizionati, gli astonauti. Per schiarire in quel
modo l'intero LEM in ombra, stiamo parlando di svariati pannelli di
qualche metro ciascuno. Ci vuole più o meno una parete bianca
alta e larga come il LEM, per dare quell'effetto con l'unica sorgente
che illumina di fronte.











Quella che segue è forse la foto più famosa di tutte, ma
anch'essa rivela, fra le altre cose, lo stesso difetto: come mai la
zona in ombra dell'astronauta è così bene illuminata,
nonostante si veda chiaramente dal riflesso nel visore che non ha
niente diluminoso /riflettente accanto? Cos'ha lui che non aveva
l'astronauta fotografato
sopra, le cui ombre erano completamente (e giustamente) buie? Qui ci
sono addirittura dei riflessi brillanti, in centro al petto e poco
più sotto, sulla destra.











Notate infine come anche qui si ripeta del problema del "cono di luce".
da quando in qua il Sole fa quella macchia luminosa proprio al cento
del'immagine, per degradare  nella penombra man mano che ci si
allontana dal centro stesso? Uno spot da cinema invece, come non
è difficile immaginare, si comporta proprio in quel modo. Ma se
quello è uno spot da cinema, questa purtroppo non è la
Luna.














Fino a qui, ho riassunto le obiezioni più generiche che sono
state fatte alle fotografie nel corso degli anni. Ci sono decine e
decine di casi come quelli appena visti.







Ora invece vorrei aggiungere qualche mia "scoperta" più recente.
Prendiamo ad esempio i famosi "balzi" compiuti dagli astronauti, ad un
sesto della gravità terrestre: se i filmati sono stati fatti
sulla terra, è legittimo chiedersi come mai abbiano fatto a
realizzarli.







Ebbene, qualcuno si è mai domandato perchè il design
degli zaini degli astronauti sia così poco intelligente da farli
arrivare fino all'altezza del casco, quando c'è tutto quello
spazio libero (v. sopra) dietro alle natiche? Anche se dovessero
sedersi su una panchina, mica lo fanno con la quinta vertebra lombare!
Lì ci sono almeno venti centimetri buoni da guadagnare, per
spostare il baricentro più in basso.







Ma se per caso i ragazzi fossero sollevati da terra con un classico
sistema di pulegge e fili invisibili (sempre Hollywood), è ovvio
che questi fili sarebbero invisibili contro il cielo nero, ma se ti
passano accanto alla faccia, sul casco bianco, si vedono subito. Invece
attaccandoli così in alto (agli angoli dello zaino) l'astronauta
può essere ripreso da qualunque angolazione, senza mai rischiare
di vederli.







Ecco infatti, curiosamente, come venivano allenati gli astronauti alla gravità della Luna:















Con un sistema di pulegge, sollevati direttamente dallo zaino! Qui
inoltre il design poco astuto è ancora più evidente:
qella fetta di zaino che avanza in alto, di circa venti centimetri,
semplicemente urla per essere spostata in basso! Sarà anche
ridotta, la gravità sulla Luna, ma se ti sbilanci e cadi col
faccione su una roccia, non è che puoi tenere il fiato
finchè ti vengono a prendere, no?







Guardate ora la posizione delle gambe dell'astronauta che salta nella foto sotto:







 







Secondo voi, ha appena saltato usando la propria forza, o tiene le
gambe penzoloni perchè si sta facendo docilmente sollevare a
corpo morto?










Quello che segue è un aspetto della vicenda che continua a
lasciarmi di stucco. Avete presente quei mini-motorini, che ti metti
sotto il sedere per andare in giro nel traffico, e che stanno
praticamente chiusi dentro una 24 ore? Ebbene, questi vanno sulla Luna,
dove viaggiano praticamente con i gomiti uno nella bocca dell'altro...















... e il meglio che riescono a progettare, per risparmiare spazio,
è questo
bisonte da campionato off-roads? Ma vi rendete conto che lì
c'è pure lo
spazio per tirare su due bionde di passaggio? E poi, comunque, ti
sembra il caso di andare in giro per la Luna a fare tanto lo
spiritoso...















...quando poi mi sollevi la polvere e si vede benissimo che lì
c'è aria tanto quanto a casa mia? (Il getto dietro è
soprattutto ghiaia, ma quello fra le due ruote è pieno di
polvere).












L'ultima chicca ve la lascio scovare da voi. Quella che vedete è
la sequenza di un' "alba" terrestre, vista dalla Luna. (Le bande
diagonali sono i waterkmarks dell'agenzia che detiene io diritti).















Massimo Mazzucco





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