Israele riconosce i propri crimini di guerra

Data 21/3/2009 20:20:00 | Categoria: palestina

Prima pagina quasi “storica” per il New York Times di oggi, dove le parole “Crimini di guerra” e “Israele” sono comparse ufficialmente una accanto all’altra per la prima volta, generando non poche ondate di fermento all’interno delle comunità ebraiche nel mondo.

Tutto è nato da un articolo di Haaretz di ieri, nel quale il quotidiano “liberal” di Tel Aviv denunciava apertamente i crimini di guerra commessi dai soldati israeliani durante l’invasione di Gaza, raccontati dagli stessi soldati.

Pare che vi fossero ordini espliciti ”da molto in alto” di distruggere, uccidere e devastare senza limitazione, dopo che i rabbini avevano adeguatamente infervorato i soldati con sermoni di carattere biblico, nei quali gli ricordavano che “chiunque all’interno della striscia di Gaza è un terrorista”, dandogli poi una forma di assoluzione preventiva per il genocidio che stavano per commettere.

Curiosamente, è la stessa cosa che faceva il vescovo di Zagabria, Stepinac, il quale assolveva preventivamente i soldati Ustasha che si apprestavano a massacrare ordodossi, zingari ed ebrei nei campi di concentramento comandati dai frati francescani.

Nulla di quanto rivelato dai soldati dell’IDF in realtà ci sorprende, ma il fatto che la notizia stia sulle prime pagine di Haaretz e del New York Times …
… significa che siamo di fronte ad una svolta storica molto importante, anche se non necessariamente limpida e univoca. Mentre si può esser portati a pensare, un pò semplicisticamente, che una certa classe all’interno del mondo ebraico “abbia detto basta” al sionismo più deleterio, è molto più probabile che queste prime pagine vogliano richiamare l’attenzione dello stesso mondo ebraico sul crescente isolamento che Israele sta subendo nel mondo, proprio a seguito dei massacri di Gaza.

In altre parole, potremmo leggere il fatto come un passo avanti verso una presa di coscienza collettiva del popolo ebraico, rispetto agli orrori commesi in passato, ma anche come un campanello di allarme, un “serrate le fila”, in vista di uno scontro finale che non solo Israele è in grado di scatenare in qualunque momento, ma dalla cui tentazione appare purtroppo tutt’altro che immune.

Massimo Mazzucco

http://www.nytimes.com/2009/03/20/world/middleeast/20gaza.html
http://www.nytimes.com/2009/03/21/world/middleeast/21gaza.html



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