BUSH ASCOLTA LA PROPRIA VOCE

Data 3/9/2004 8:01:24 | Categoria: elezioni Usa

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BUSH ASCOLTA LA PROPRIA VOCE

03-09-04 - Finalmente, in conclusione della convention repubblicana che lo nomina ufficialmente candidato presidenziale, Bush ha parlato. Nel senso che la bocca si muoveva, dei suoni uscivano, e qualcuno là fuori applaudiva. Che poi abbia anche detto qualcosa, è tutta un’altra faccenda. Ma è ormai evidente, visto che i polls in molti stati-chiave si ostinano a rimanere in bilico fra lui e Kerry, che per mezza America un manichino vuoto come lui basta e avanza.

Viene davvero da chiedersi, al di là della personale preferenza politica, come sia possibile che una persona decisamente modesta, chiaramente limitata, e palesemente non in controllo di un solo gesto che compie, riesca comunque ad illudere mezzo continente americano ...
...di esserne il leader fermo e risoluto di cui sono convinti di aver bisogno.

Fra palloncini colorati, giochi di luci abbacinanti e suoni assordanti, la regia nascosta di questo evento – chiaramente a firma di Dick Cheney - ha saputo creare un’atmosfera sufficientemente astratta e surreale, da rendere poi credibile qualunque cosa avvenisse sul palco centrale. Sentire infatti Bush che diceva che “bisogna che il lavoratori tornino ad avere quello che gli spetta”, che “è giusto che anche i meno abbienti abbiano accesso all’assistenza sanitaria”, che le nostre scuole “no dejaràn atràs algun niño” (sì, gli manca qualche migliaio di voti ispanici qui e là, se non l’aveste capito), come se lui fosse appena tornato da un viaggio su Marte, e vederlo applaudire come se avesse appena regalato all’umanità il sospiro vitale, è stato qualcosa di profondamente sconcertante.

La parole vuote e meccaniche – scritte con la chiara intenzione di esserlo - scivolavano senza lasciare nessuna traccia sullo sguardo altrettanto vuoto dei delegati, persi in una allucinazione collettiva dove il nulla lentamente si fa sostanza, e di colpo riempie quel vuoto di idee, di emozioni e di volontà che è la caratteristica principale di ogni conservatore nel mondo. Lo scollamento totale fra ciò che usciva da quella bocca sottile, e la realtà grossolana che sta appena fuori da quell’edificio, era qualcosa di difficile da ignorare.

La convention repubblicana è sembrata, più che un momento di sintesi politica, una specie di realtà autoreferente, nata e morta all’interno di sè stessa nel giro di poche ore.

Talmente lontano era Bush da ciò che diceva, che quando un contestatore, che aveva svolto di sorpresa uno striscione anti-Bush, è stato portato via a viva forza dalla security, lui ha seguito il trambusto con lo sguardo, senza nè smettere di parlare, nè rallentare, nè cambiare minimamente il tono della voce. Come se stesse parlando qualcun altro al suo posto.

A questo punto, commentare i contenuti del discorso diventa irrilevante. Diciamo solo, per dare un’idea, che Bush si è permesso di sfottere Kerry per aver detto che tornerà ad alzare le tasse, senza minimamente rendersi conto di essere stato lui a trascinare l’America in una voragine di debito di dimensioni storiche. Bush inoltre ha parlato esclusivamente di progetti per il futuro, come se fosse lo sfidante e non il campione in carica, e come se non si rendesse conto di non avere nessuna scusa per non aver fatto nulla, in questi quattro anni, di tutto ciò che diceva di voler fare nei prossimi quattro.

Tranquillo e sereno, ha vissuto l’ennesima esperienza di dissociazione totale fra parole e fatti, come se fosse per lui la cosa più naturale del mondo. Un pò come Rumsfeld, quando si è “scusato” col mondo arabo per le torture di Abu Grahb, e poi è tornato tranquillo al lavoro, come se le due cose non avessero nulla a che fare l’una con l’altra.

Si fa forte, a questo punto, la tentazione di pensare che le persone come loro siano esse stesse le prime vittine delle bugie che vanno raccontando, perchè non si può non credere a ciò che si dice, quando si dicono cose del genere, e trovare poi il coraggio di tornare a casa e guardarsi con un minimo di serenità allo specchio.

E questo, per il mondo come sta oggi, rischia di diventare un grosso problema.

Massimo Mazzucco




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