Yes he can

Data 21/2/2010 11:50:00 | Categoria: politica italiana

Questa notte ho avuto un incubo. È stato un incubo orribile.

Vivevo in un paese strano, circondato da gente che non aveva la faccia. Avevano solo il cappotto, oppure la giacca, e spesso anche il cappello, ma la faccia non riuscivo mai a vederla. Era sempre offuscata, poco nitida, non definita. Andavano tutti in giro pigiati in auto piccolissime, anche otto-dieci per ogni auto, e c’erano auto dappertutto. Ma anche quando i passeggeri avevano il volto appiccicato al finestrino, la loro faccia non si vedeva. Si vedeva solo una superficie chiara, una specie di palloncino tondeggiante, amorfo, del colore della pelle, con due macchie scure asimmetriche che potevano forse essere gli occhi, ma non erano mai al posto giusto. Magari uno più in alto e uno più in basso, oppure uno più vicino al centro e l’altro su di un lato, ma comunque quelle macchie scure non fissavano mai nulla di preciso, non cercavano nulla, e non ti guardavano mai.

C’erano, e basta.

Poi ogni tanto vedevo in mezzo alla gente una specie di dittatore, che rideva sempre, e urlava dalle piazze. Ma non era un vero dittatore, sembrava più un impiegato, un pensionato, o un collega d’ufficio. Si arrampicava su una cancellata, restava appeso a cavalcioni, e gridava alla folla qualcosa che non capivo. Urlava tenendo un dito teso, puntato lontano. Sembrava un maestro di scuola arrabbiato, ...
... che fa la predica ai suoi alunni. La gente senza faccia applaudiva impazzita, e quando applaudiva lui rideva. Non rideva di nascosto, ma davanti a tutti, come per mostrargli che era contento che loro applaudissero.

E appena gli applausi calavano lui si faceva serio, puntava di nuovo il dito in lontananza e tornava ad urlare come un invasato. E la gente subito lo applaudiva, più forte di prima, e lui tornava a ridere soddisfatto.

Sotto la cancellata, ai suoi piedi, c’era una specie di pantano melmoso, con erbacce e piccole radici che affondavano nell’acqua stagnante. Eravamo in città, e c’era asfalto dappertutto, ma in quel punto c’era una piccola palude di acqua lercia e torbida, nella quale si agitava impazzita ogni sorta di animale. Strani rospi con gambe da umano, che portavano in testa una specie di parrucca appiccicosa, e facevano fastidiosi versi con la bocca; topi di fogna grassi e lucidi, senza pelo e senza coda, che indossavano orgogliosi una specie di cappotto di pelle; e poi scarafaggi enormi, vermi grassi e viscidi, cani randagi con la pelle infettata, lucertole orripilanti, gatti zoppi oppure senza occhi…

Tutti questi animali lottavano fra di loro nella piccola palude, sotto la cancellata, senza mai avvicinarsi ai piedi della folla urlante, che stava a pochi metri da loro, e che a sua volta non li vedeva.

I cani azzannavano i rospi, i topi facevano a pezzi le lucertole, i gatti inseguivano gli scarafaggi, c’erano code, zampe e pezzi di interiora che volavano da tutte le parti.

Nel frattempo sulla cancellata il dittatore urlava, e la gente senza volto lo applaudiva. Io non capivo bene cosa dicesse, sentivo solo il tono della voce, forte e cadenzato, sempre uguale, senza capire le parole. Poi ad un certo punto ha detto qualcosa come “giustizia“, poi ha detto “basta“, la gente lo ha applaudito forte, e lui ha subito mostrato un grande sorriso compiaciuto. Poi è tornato a urlare cose incomprensibili, sempre più agitato, e la gente è tornata ad applaudirlo ancora più forte. Ad un certo punto ha detto “io” tre volte di seguito, poi ha detto “loro” almeno cinque volte, puntando il dito in lontananza. Poi si è fermato, di colpo, come per vedere il risultato ottenuto. C’è stata una pausa momentanea, poi è esploso il finimondo. Un boato infinito. L’apoteosi.

Nel frattempo alcuni scarafaggi si erano allontanati dallo stagno putrido, e avevano iniziato a salire lungo le gambe della gente, che però non se ne accorgeva. Topi e lucertole li stavano già raggiungendo, preparandosi anch’essi a salire.

Di fronte a quell’immagine ho avuto un sussulto di ribrezzo, e istintivamente mi sono strofinato gli occhi, come per cercare di svegliarmi. A quel punto mi sono accorto che non stavo dormendo affatto, stavo solo vedendo l’ultimo telegiornale.

Fra poco ci sono le elezioni.

Massimo Mazzucco



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