Intervista a Edward Griffin

Data 9/1/2012 6:20:00 | Categoria: Economia

NOTA: Riproponiamo oggi questa intervista a Ed Griffin, che risale a quasi due anni fa, perchè affronta diversi argomenti di cui ci stiamo occupando in questo periodo.

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G. Edward Griffin è uno scrittore e giornalista che nel corso degli anni si è occupato di alcuni eventi storici di grande importanza che hanno finito per condizionare enormemente il mondo in cui viviamo oggi.

Il suo libro più famoso, che ha venduto quasi un milione di copie, è “The Creature from Jekyll Island”, nel quale Griffin rivelò e descrisse per la prima volta i retroscena che portarono alla creazione della Federal Reserve da parte di un ristretto gruppo di banchieri, nel 1913.

Dopo aver svolto una indagine simile sulla nascita dell’industria farmaceutica – che non a caso vide impegnati gli stessi protagonisti del "colpo di stato" bancario - Griffin ha combattuto una lunga battaglia per far conoscere al mondo la cura contro il cancro a base di vitamina B-17, o “amigdalina”, scoperta dal Dott. Krebs nel secolo scorso, e praticata (per brevissimo tempo) con grande successo dal Dott. Richardson di S. Francisco.

Nella prima parte dell’intervista Griffin parla della nascita della Federal Reserve, e delle potenti famiglie di banchieri che sono alle sue spalle. Si cerca anche di capire meglio quali siano le vere relazioni fra i Rothschild e i Rockefeller. Nella seconda parte Griffin (un libertarian come Ron Paul) parla nel dettaglio della scuola economica austriaca, nella terza parla della Cina, del progetto Amero e della lotta contro il "Nuovo Ordine Mondiale".


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I PARTE – La nascita della Federal Reserve


M.M.: Siamo al telefono con G. Edward Griffin, autore, giornalista investigativo e produttore. È il 7 aprile 2010. Signor Griffin, sarebbe giusto presentarla come la persona che ha svelato e raccontato la nascita della Federal Reserve, nel suo libro "The Creature from Jekyll Island"?

E.G.: Diciamo che siamo vicini. In realtà, molti prima di me avevano svelato diversi aspetti della Federal Reserve e del sistema bancario. Di fatto ci sono stati molti libri sull'argomento. Il problema è che quasi nessuno li leggeva.

M.M.: A quel che mi risulta, lei è stato il primo a collegare tutti gli elementi, dall'inizio alla fine. Giusto?

E.G.: Sì, dall'inizio alla fine. Molti altri autori avevano voluto concentrarsi sull'aspetto del meccanismo monetario, e hanno fatto anche un ottimo lavoro, dal quale ho imparato molto. Poi però magari non lo collegavano agli aspetti sociali che ne risultavano. Pochi si domandavano, ad esempio, "che cosa rappresenta questo in termini di incentivo verso la guerra?" Non guardavano al risultato storico, alle conseguenze di questo sistema monetario.

M.M.: Oppure ai collegamenti con l'industria farmaceutica, che lei stesso ha indagato e svelato negli anni '90, giusto?

E.G.: Sì. Quello che ho fatto forse è stato di mettere insieme più aspetti del problema, all'interno del libro, mostrando come avevano tutti la radice in questo meccanismo del denaro creato dal nulla.

M.M.: Può riassumere, in modo molto sintetico, quello che racconta e rivela nel suo libro?

E.G.: Beh, è un libro di 600 pagine. Volendo farne una sintesi complessiva, direi che è qualcosa del genere: Il potere di creare moneta dal nulla, e di controllare il sistema bancario e il sistema di credito, è forse la forza più poderosa di tutte, nel mondo. La metterei addirittura al di sopra del potere della bomba atomica, perché coloro che hanno questo potere economico sono in grado di impadronirsi dei governi, e quindi possono usare quei governi per sganciare bombe atomiche.

Sono in realtà i finanzieri dietro le quinte che determinano la politica che porta alle scelte militari, alle scelte sociali. Costoro controllano letteralmente il mondo. Il potere del denaro tocca tutti, e lo fa senza che la gente si accorga di essere controllata da questo potere. Sanno soltanto che se fanno certe cose vengono premiate, e se ne fanno certe altre vengono punite economicamente, ma non sanno chi ci sia, in alto, a decidere le punizioni o ad elargire i premi. Questa è forse la visione generale che sfugge a molte persone, la totale assolutezza del potere del denaro.

M.M.: Questa gente ha, oppure ha avuto, dei nomi?

E.G.: Certo che hanno dei nomi. Cambiano sempre, ma è sufficiente guardare i grandi istituti finanziari, le banche. Ma non sono sempre presidenti - non dimentichiamo che i presidenti vengono eletti. Sono coloro che appartengono ai consigli direttivi che di solito hanno il maggiore potere all'interno delle istituzioni finanziarie. In Europa certamente bisogna partire dal nome dei Rothschild, su questo non c'è dubbio. Il potere della famiglia Rothschild è enorme.

M.M.: Che ha ancora, vero?

E.G.: Assolutamente, ce l'hanno ancora, anche se fanno ogni sforzo possibile, come hanno sempre fatto, per non comparire praticamente mai nella cronaca. Non gli piacciono i reportage televisivi, non gli piace essere visti, non gli piacciono i programmi TV che parlano di loro, a meno che li facciano apparire come gente interessata soprattutto a produrre vino o alle corse dei cavalli.

M.M.: Io pensavo che facessero solo quello!

E.G.: Questa è l'impressione che vorrebbero dare. Semplicemente di persone molto ricche, che si godono la bella vita, ma non vogliono dare l'impressione di essere coinvolti attivamente nelle questioni politiche o finanziarie. Questo è il modo in cui la famiglia Rothschild ha agito fin dall'inizio, gli piace restare nell'ombra.

Questo è vero anche per gli Stati Uniti, dove abbiamo l'impero dei Rockefeller. La dinastia dei Rockefeller si comporta in modo molto simile, forse non quanto i Rothschild, ma anche loro preferiscono restare sullo sfondo. Si può partire da quei due nomi e poi vedere chi si aggrega intorno loro, e quali istituzioni finanziarie controllano, ed ecco fatto.

M.M.: Questi due nomi sembrano ricorrere praticamente dall'inizio dell'economia moderna. Per quel che ne sa lei si tratta di un rapporto prevalentemente conflittuale fra le due famiglie, oppure di un rapporto di complicità? Immagino che esistano ambedue gli aspetti, ma secondo lei quale prevale?

E.G.: Sono contento che mi abbia chiesto "secondo me", perché sono il primo a confessare di non saperlo con certezza. Ma è sempre stata una questione intrigante. Io immagino che vi sia oggi più collaborazione fra loro di quanta ce n'è mai stata in passato. Io tendo a vedere quelle dinastie, e i gruppi che stanno sotto di loro, come un classico cartello. Istituzioni economiche molto grandi e potenti, che hanno deciso di smettere di combattersi e di dividersi il mercato, invece di cercare di danneggiarsi a vicenda, poichè si sono rese conto di essere ambedue talmente forti che nessuno è in grado di eliminare l'altro.

Questo è il meccanismo classico della formazione di un cartello. Lo stesso sistema bancario è un cartello gigantesco, fondato su questo principio. Tutte le grandi banche collaborano fra loro, formando quello che è chiamato il sistema della Federal Reserve, in cui stabiliscono le regole per dividersi il mercato senza competere, praticando tutti gli stessi tassi di interesse, seguendo tutte le stesse regole, che tutti devono rispettare, se non vogliono essere tagliati fuori. Direi che più o meno a questo ciò che avviene fra i Rothschild e i Rockefeller.

M.M.: La Federal Reserve non è una banca vera e propria, giusto? E' una istituzione.

E.G.: Giusto. Il sistema della Federal Reserve è un cartello. È semplicemente un accordo, si tratta di personale assunto per far funzionare questo accordo.

M.M.: In Italia abbiamo lo stesso problema con la Banca Centrale, che sfugge ad ogni controllo, ma non ci permette nemmeno di sapere chi faccia parte del suo consiglio di amministrazione. È una cosa fantastica: questa gente può fare quello che vuole, e non sono nemmeno tenuti a dirci chi siano.

E.G.: Certo. Comandano loro. Questo è un esempio perfetto che dimostra chi è davvero al potere.

M.M.: Quindi si può dire che ciascun caso sia leggermente diverso, a seconda delle nazioni, ma fondamentalmente lo schema è lo stesso?

E.G.: Lo schema è lo stesso, con piccole differenze. Ad esempio, negli Stati Uniti è stato necessario, strategicamente, creare l'illusione di un sistema decentralizzato, perché all'inizio c'era una certa resistenza alla creazione della Federal Reserve. La gente iniziava già a temere la concentrazione del potere economico in un gruppo ristretto di società finanziarie, di Wall Street a New York.

Quindi, per far passare l'idea di fronte agli elettori, e anche a qualche parlamentare, hanno dovuto creare l'illusione di decentralizzare il meccanismo, di spezzettarlo geograficamente, e così hanno creato tutte queste banche regionali, che non erano nemmeno banche, ma così le chiamavano. Ce n'era una in ognuna delle più importanti zone metropolitane, e così la gente poteva dire: "Cavoli, l'hanno davvero spezzettato per bene!"

M.M.: Esattamente come nei media. Sembra che ci siano così tante televisioni in giro, e poi...

E.G.: E' solo un miraggio. Oggi in realtà non è più necessario fare questo, ma ci ricorda come è iniziato questo sistema.

M.M.: Se non sbaglio, questa è proprio la tesi di fondo del suo libro "Jekyll Island", che questi banchieri hanno creato quello che sembrava essere il salvatore della gente dagli squali delle banche, mentre la realtà veniva creato dagli squali stessi.

E.G.: Esatto. Ecco perché si sono incontrati in segreto a Jekyll Island, in modo che nessuno potesse vedere chi c'era dietro a tutto questo.


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II PARTE – La scuola economica austriaca


M.M.: Quali sono i principi fondamentali della cosiddetta scuola di economia austriaca?

E.G.: Non sono certo che i principi della scuola economica austriaca siano stati mai definiti fino in fondo, con soddisfazione di tutti, ma posso provare a fare qui un tentativo al volo.

Si tratta del principio del "lasciar succedere" [laissez faire], applicato all'economia. Sostanzialmente la scuola austriaca dice che l'economia sarebbe migliore per tutti, a lungo termine, in misura inversamente proporzionale al controllo esercitato del governo. La scuola economica austriaca illustra semplicemente questo con grande accuratezza, utilizzando esempi e ricorrendo alla logica per dimostrare che è vero.

Se comunque si lasciano da parte le teorie, i tecnicismi, il linguaggio, si può dire semplicemente che la scuola economica austriaca insegni che il governo non deve immischiarsi nell'economia. Con la sola eccezione di garantire che gli accordi vengano rispettati. In altre parole, il governo deve proteggere la gente, che non si veda rubare i propri soldi.

M.M.: Sembra quasi la costituzione americana.

E.G.: Esatto. Il ruolo del governo è semplicemente quello di garantire che, se qualcuno stabilisce un accordo economico, questo venga rispettato.

Questo è in diretto contrasto con la situazione odierna, nella quale è diffusa l'opinione che l'economia non sia in grado di funzionare senza l'intervento dei politici e dei banchieri, questi saggi comitati di persone che sembrano saperne così tanto da poter giocherellare con l'economia, intervenendo qua e là, introducendo delle restrizioni, oppure dei fattori amplificanti, con la redistribuzione... Insomma, conosciamo la musica, è sempre quella. Tutto ciò dovrebbe essere a vantaggio della gente, ma alla fine torna a vantaggio degli amministratori del sistema, mentre la gente resta fregata, perché ha perso la propria libertà e ha perso il potere d'acquisto della sua unità monetaria.

M.M.: Se fossimo in un libero mercato, dove anche il denaro è oggetto di scambio - che è la chiave, se ho ben capito, della scuola economica austriaca - la gente avrebbe più soldi rispetto ai beni disponibili?

E.G.: Io sono convinto che un sistema del genere, dove vi fosse libertà di competere su tutto, compresa la moneta stessa, sarebbe un incentivo eccezionale per la produttività. Il corto circuito del debito che esiste oggi, con tutte queste regole, verrebbe rimosso, e tutta l'energia verrebbe incanalata verso la produttività. Mentre ora, non vorrei indicare una cifra, ma direi che il 30-40% dell'energia dell'umanità viene dispersa in questo corto circuito fra il polo positivo è quello negativo, da parte degli amministratori e degli speculatori, i quali non producono niente. Se si potesse rimuovere il corto circuito del debito nel sistema monetario penso che l'economia, il livello di vita e la produttività aumenterebbero di colpo almeno del 30%, e forse anche di più.

M.M.: Io sono anche convinto, senza avere i numeri della mia parte, che esista una volontà evidente di mantenere attivo quel corto circuito, poiché è un modo di disperdere energie che altrimenti potrebbero venire indirizzate contro chi è al potere in questo momento.

E.G.: Certo, loro non vogliono che la gente sia indipendente, non vogliono una opposizione troppo forte, vogliono mantenere tutto sotto controllo.

M.M.: C'è una reale possibilità di capovolgere questa situazione? Sarà forse il futuro stesso ad occuparsene, facendo crollare l'intero sistema economico?

E.G.: Questa è certamente la grande domanda. Sì, io penso che sia possibile, ma per essere realistici, non è possibile nel futuro a breve termine. Perché la locomotiva in questo momento sta viaggiando nella direzione opposta, e viaggia alla massima velocità. Come si fa a farle invertire la marcia? Prima di tutto bisogna capire che sta viaggiando nella direzione sbagliata, poi bisogna rallentarla, per poterla fermare. E poi bisogna farla ripartire in direzione opposta, e questo richiederà del tempo.

Al giorno d'oggi quelli che controllano il potere, e che dovrebbero prendere questa decisione, sono tutti in favore della situazione così com'è. Non vogliono invertire la marcia del treno.

M.M.: Ecco perché parlavo della possibilità di una forza esterna come unica soluzione.

E.G.: Sì, finché quella gente è al potere non c'è possibilità di cambiamento. Quindi la vera domanda diventa: quanto tempo ci vorrà per sostituire la gente che controlla il potere in tutte le nazioni del mondo? Lo si può anche fare, ma certamente non accadrà entro le prossime elezioni.

M.M.: Intanto siamo già alla quarta generazione di Rockefeller, se non sbaglio.

E.G.: Sì. Io penso che dovremo aspettare un paio di generazioni, prima di vedere questo capovolgimento. Questo però non significa che io sia pessimista, anzi sono ottimista, perché già inizio a vedere i primi segni del cambiamento. Vedo la nascita di un movimento che a mio parere continuerà a crescere nella prossima generazione, fino ad arrivare ad invertire la marcia.

M.M.: In che cosa consiste esattamente il cambiamento che lei inizia a vedere? Sta parlando forse del modo di pensare della gente?

E.G.: Si, vedo soprattutto ciò che inizia a cambiare nel modo di pensare della gente, e qui veniamo al lavoro che sto svolgendo attualmente, la Freedom Force International. Credo che sia proprio il ruolo di questa organizzazione, di stabilire una intelaiatura solida, una rete di persone particolarmente informate e impegnate, non necessariamente in grande numero rispetto alla popolazione. Gente che faccia tutto il possibile e che sia intenzionata ad influenzare i centri di potere della società, cioè entrare in politica, penetrare i grandi media, creare i propri canali di comunicazione, penetrare le scuole, andare dove la gente cerca una leadership.

Oggi chi cerca una leadership - e quasi tutti lo fanno - si rivolge ai normali centri di potere, di cui i partiti politici sono un ottimo esempio, e questi hanno dei leader che stanno viaggiando nella direzione opposta. È questo che dobbiamo cambiare. Io vedo un gruppo molto ristretto di noi, forse la metà dell'1%, che con la prossima generazione lavori in modo dedicato e intelligente. Aiutandoci fra noi possiamo rimpiazzare la vecchia leadership nei centri di potere.

M.M.: Quindi lei dice contemporaneamente che coloro che stanno al potere non permetteranno mai i cambiamenti, ma che quei cambiamenti si possono ottenere lavorando dall'interno del sistema?

E.G.: Esattamente. Cercare di farlo dall'esterno del sistema che cosa significa? Significa che bisogna attaccarlo con armi e munizioni...

M.M.: No no, io non penso nemmeno lontanamente ad una soluzione violenta. Penso che o ci sarà un crollo del sistema stesso, che permetterebbe a molte persone di capire molte cose nello stesso momento, oppure che la presa di coscienza dell'attuale situazione inizi a diffondersi così rapidamente che non ci sarà più bisogno del suo 0, 5%, per penetrare le strutture effettive del potere, ma porterà semplicemente alla loro perdita di credibilità.

E.G.: Se il sistema dovesse crollare oggi, non essendo la maggior parte delle persone minimamente informata sulla realtà, penso che cadrebbero nel panico e continuerebbero a seguire gli stessi leader che l'hanno fatto crollare.

M.M.: Molto probabilmente.

E.G.: Io quindi non vedo il crollo del sistema come una reale soluzione. Bisogna prima alzare il livello di coscienza e riuscire a piazzare i nuovi leader nelle giuste posizioni, perché nel momento del crollo la gente si rivolge ai propri leader, e quindi la domanda è: chi saranno domani i loro leader?


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III PARTE – Cina, Amero e Nuovo Ordine Mondiale

M.M.:
Il fatto che la Cina detenga oggi una grossa quota del debito estero americano significa che la Cina è in posizione di potere rispetto agli Stati Uniti? O sono forse gli Stati Uniti, proprio a causa del debito, ad essere in posizione di forza rispetto alla Cina?

E.G.: Direi che ambedue le ipotesi sono vere. Trattandosi di dinamiche contrapposte, si tratta di decidere quale sia la più forte delle due. Direi che in questo momento il potere economico sta certamente dalla parte della Cina. Ma la Cina resta comunque una nazione fragile, proprio perché sono pieni di dollari.

Per inquadrare meglio la situazione credo che sia necessario capire bene quali siano le vere intenzioni della Cina rispetto agli Stati Uniti, e per farlo bisogna saper guardare le cose non dal punto di vista americano, ma da quello cinese.

I cinesi, popolo molto paziente, stanno mettendo in atto un piano a lungo termine, il cui obiettivo ultimo è la distruzione totale degli Stati Uniti d'America. Vogliono dominare gli Stati Uniti d'America, vogliono conquistarli, vogliono umiliarli, sognano di farla pagare a questi diavoli stranieri, che in passato li hanno derisi davanti al mondo. Non vedono l'ora che l'America crolli, e sono disposti a sacrificare la loro economia pur di mettere l'America in ginocchio. A loro non interessa veramente l'economia, interessa dominare, interessa controllare. Solo così si può comprendere perché continuino ad incoraggiare gli Stati Uniti ad affondare sempre di più nel debito.

M.M.: E gli americani sarebbero così stupidi da cadere nella trappola? Oppure c'è anche un punto di vista vantaggioso dalla loro parte?

E.G.: Certamente è un'ottima domanda, perché io credo che i nostri leader al massimo livello siano tutt'altro che stupidi. Penso che stiano giocando una lunga partita a scacchi, nella quale prevedono di riuscire a creare, prima del crollo, quello che loro chiamano il nuovo ordine mondiale, del quale la Cina diventerebbe semplicemente una parte. Non si tratterebbe quindi di una sconfitta degli Stati Uniti da parte della Cina, ma di una fusione fra Cina e Stati Uniti.

M.M.: Secondo lei cercherebbero di farlo sotto la famosa ipotesi dell'Amero, ovvero demonetizzando del tutto il dollaro?

E.G.: Se parliamo della leadership americana, certamente hanno in programma una valuta regionale, che potrebbe essere l'Amero. Qualche mese fa avrei detto che certamente era l'Amero, ma ultimamente girano voci, nei meeting internazionali, secondo cui gli americani tenderebbero a saltare quel passaggio, per adottare direttamente una valuta globale.

M.M.: Ne ha parlato anche Brown, lo scorso giugno, se non sbaglio.

E.G.: Esattamente. Bisogna però vedere se si tratta di reali intenzioni, oppure se si tratta di una strategia di facciata, da gettare sul tavolo solo per poter giungere più comodamente ad un compromesso.

M.M.: Cioè?

E.G.: In altre parole, si tratterebbe di spaventare prima la gente con lo "spettro" della moneta globale, per poi fingere di "accontentarsi" di quella regionale. Non so esattamente a che gioco stiano giocando, ma se dovessi fare una scommessa oggi punterei ancora i miei soldi sull'Amero.

M.M.: Questo però implicherebbe la totale demonetizzazione del dollaro, e quindi la scomparsa istantanea del debito estero americano. Secondo lei la Cina è disposta ad accettare una cosa del genere?

E.G.: Penso che prima di far scomparire il dollaro ci debba comunque essere una specie di accordo internazionale, che in qualche modo traduca i debiti in dollari in una valuta differente. Si tratterebbe cioè di stabilire un rapporto di scambio fra il vecchio dollaro e il nuovo Amero. A quel punto i cinesi non avrebbero più alternative, perché se insistessero per avere i vecchi dollari della Federal Reserve si troverebbero con della carta straccia in mano.

M.M.: Quindi alla fine è ancora l'America ad avere il coltello dalla parte del manico.

E.G.: C'è un proverbio che dice: “Se tu devi alla banca 100 dollari e non paghi, avrai dei problemi. Se tu devi alla banca 100 milioni di dollari, e non li paghi, i problemi li avrà la banca”.

M.M.: Ci può dire qualcosa di più sull'organizzazione che lei ha fondato, Freedom Force International?

E.G.: È una organizzazione che ha ormai aderenti in 74 paesi nel mondo. Stiamo mettendo insieme gente che comprende a fondo la gravità del problema globale che stiamo affrontando. Sono persone che vengono dalle culture più diverse, dalle razze più diverse, dai luoghi più diversi, dalle più diverse posizioni politiche, ma sono tutti uniti in quello che noi chiamiamo "il credo della libertà". Le loro opinioni possono differire su molte altre cose, ma su questo siamo tutti assolutamente d'accordo.

E' la prima volta, per quel che mi risulta, che un movimento così ampio sia nato sulla base di una pura ideologia. È facile trovare persone che condividano con te le cose che non ti piacciono, molto più difficile è trovare persone che condividano con te la stessa visione del mondo che vorresti costruire.

Chiunque vuole lavorare per un mondo dove la libertà dell'individuo sia veramente rispettata dovrebbe dare una seria occhiata a quello che rappresenta oggi Freedom Force International.

M.M.: Ci sono aderenti anche in Italia?

E.G.: No, in Italia non mi pare. E' strano, bisogna dire.

M.M.: Non si preoccupi. Anche da noi ci sono molte persone che cominciano a vedere le cose in questo modo. Vedrà che prima o poi si farà vivo qualcuno anche da noi.

Intervista e traduzione di Massimo Mazzucco per luogocomune.net.

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