Ora tocca ai cinesi mangiare i bambini

Data 16/5/2010 12:10:00 | Categoria: media

Ormai è chiaro per tutti: il prossimo interlocutore mondiale, per l’intero occidente, sarà la Cina. Lo si capisce non solo dai “grandi movimenti” di tipo finanziario e geopolitico, ma anche da piccole sfumature, di tipo intellettuale, che compaiono sempre più spesso sui nostri media, e sono destinate ad accompagnare inevitabilmente il nuovo ciclo di confronti con il “grande sconosciuto” del terzo millennio.

Un classico esempio di queste sfumature è rappresentato da un articolo di Giampaolo Visetti, il corrispondente di Repubblica dalla Cina, intitolato “La macchina perfetta della censura cinese”. Il sottotitolo chiarisce meglio l’argomento trattato: “La casa, il telefono, ovviamente il computer: tutto sotto controllo. Ecco come funziona il sofisticato sistema di sorveglianza, per stranieri e non, del gigante cinese.”

Non è certo il primo articolo sui media occidentali che denunci la “asfissiante” e “onnipresente” censura cinese, ...
... ed è proprio per questo che la cosa diventa interessante: è chiaramente in corso una prima fase di demonizzazione ideologica del nostro futuro interlocutore mondiale.

Nell’articolo Visetti descrive alcuni aspetti della propria attività professionale che - per quanto certamente veri – ricordano molto da vicino l’iconografia “spionaggistica” della Guerra Fredda: “Non possiedo la chiave della mia casa di Pechino. Gentili sorveglianti, giorno e notte, aprono e chiudono l'ingresso della vecchia dimora cinese dove vivo e lavoro. Controllano tutto, per la mia sicurezza. Se voglio andare a dormire, o incontrare qualcuno, devo prima suonare il loro campanello. Nemmeno l'uscita secondaria dell'ufficio, attraverso telefono e computer, può essere usata liberamente. Le conversazioni sono registrate e una voce cinese spesso suggerisce cautele che non sono in grado di comprendere. La posta elettronica viene filtrata da un esercito di ingegneri del governo. Identificano le persone che mi contattano e, come gesto di riguardo, glielo comunicano.”

Ma sono soprattutto i giornalisti cinesi – continua Visetti – a vivere costantemente sotto il controllo delle autorità locali: “Un Paese con un miliardo e trecento milioni di abitanti, guidato da un potere che non viene eletto dal popolo, non può permettersi di precipitare nel caos dell'informazione indipendente. I cronisti, prima di mettere piede in un giornale, o in una televisione, conoscono lo stretto confine di Stato tra lecito e illecito.“ Chi lo supera, conclude Visetti, finisce in tribunale, e poi quasi sempre in prigione.

Sembra quasi, a sentire Visetti, che sotto Mao-Tze-Tung regnasse una stampa libera e sovrana.

”Le autorità di Pechino – afferma Visetti - pensano che il web sia il nemico più pericoloso del regime comunista.[…] Con la bomba atomica di internet, seguita dai missili di social network e motori di ricerca, la Cina si a' vista costretta a erigere la nuova "Grande Muraglia di Fuoco" contro l'invasione delle idee dall'Occidente e l'evasione dei cervelli dall'Oriente.”

Già, la famosa idea di “libertà” e “democrazia” rappresentata da Internet – ma solo quando torna comodo: se è Ahmadinejad a sopprimere le informazioni reali, allora “viva i bloggers iraniani che sfidano il potere per farci sapere la verità”. Se invece sono i bloggers italiani a denuncire le bugie di regime, diventano tutti “complottisti” da deprecare e possibilmente da “estirpare” senza pietà.

”Quattordici ministeri si contendono l'obbedienza di oltre due milioni di funzionari che battono il cyberspazio per "armonizzare le informazioni" e "guidare l'orientamento dell'opinione pubblica. […] I dati di 400 milioni di internauti e 193 milioni di blog confluiscono nei tre centri di calcolo di Pechino, Shanghai e Guangzhou. Gli amministratori web intercettano e confrontano ogni parola e ogni immagine con una lista, in continua evoluzione, di termini-chiave e indirizzi proibiti. Ciò che la Cina considera "contro gli interessi nazionali", sparisce per mano del calcolatore.”

Anche i cinesi hanno scoperto Carnivor, a quanto pare, ma evidentemente Visetti non sa nemmeno cosa sia. Di Echelon poi non deve mai aver sentito parlare.

”Ovviamente non basta – prosegue l’articolo - Sei milioni di cinesi poco patriottici hanno appreso le manovre per aggirare la "diga verde", ricorrendo a reti private virtuali e server proxy. La censura automatica del finto internet cinese, negli ultimi mesi, è stata così completata dai commentatori online di partito. Milioni di opinionisti, assoldati dai funzionari locali, combattono la guerra della manipolazione.”

Davvero curioso, questo fatto. Da noi invece i debunkers non esistono, Piero Angela è il nome di un cantante bi-sex, il CICAP è una organizzazione di beneficienza, Gianni Riotta è un campione di pugilato, Edward Luttwak è un professore di ornitologia, Massimo Teodori è un pittore avant-garde, e Magdi Allam è un poeta sufi dell’ottocento. Mentre Daniel Pipes è la nuova star della “country music” americana.

”Non si limitano a inviare alle redazioni la "linea ufficiale" sui fatti, gli eventi da enfatizzare e quelli da tacere. Assumono false identità e ogni giorno scrivono migliaia di commenti contro la minima critica sfuggita al setaccio dei computer. Secondo il ministero della tecnologia informatica, prima che la reazione popolare possa sfuggire al controllo, c'è oggi una finestra di due ore per bloccare un'informazione non filtrata e inondare il web di giudizi che la demoliscono. Un test sulla "tempesta di positività" ha stabilito che se il team della propaganda cinese funziona, possono bastare venti minuti per convincere che un fatto non sia accaduto, o che la denuncia di uno scandalo sia frutto di "intromissioni di potenze concorrenti decise ad arginare lo sviluppo della Cina". Contro la realtà virtuale, Pechino schiera la falsificazione virtuale. Impedisce ai giornalisti di raggiungere eventi e persone reali. […] Tivù, agenzie e giornali del partito-Stato offrono ormai abbondante cibo precotto allo stomaco vorace degli impoveriti media stranieri.”

Da noi invece le notizie pericolose non escono nemmeno, così non c’è bisogno di affannarsi per correggerle, mentre i giornalisti non fanno il minimo sforzo per “raggiungere eventi e persone reali”, che si guardano bene dal voler verificare di persona: loro si ingoiano direttamente il cibo precotto, senza neppure assaggiarlo.

Però c’è una grande differenza: in occidente i giornalisti sono “liberi” di agire in questo modo, in Cina no. I nostri quindi cascano nel glorioso autoinganno di criticare la censura altrui, senza nemmeno rendersi conto che la praticano in primo luogo su se stessi.

Ecco perchè da noi c’è “libertà di espressione”: a cosa servirebbe mai toglierla, quando hai dei giornalisti che hanno voluto credere ad occhi chiusi che le Torri Gemelle sono cadute da sole, che chi non ha mai guidato un jet possa compiere picchiate mozzafiato con dei Boeing da cento tonnellate, che la difesa americana non sia in grado di fermare nemmeno uno di questi Boeing, eccetera eccetera eccetera… ?

Non serve a nulla censurarli, ci pensano già loro a dimenticarsi di ragionare. Salvo poi salire in cattedra e denunciare scandalizzati la censura altrui.

Massimo Mazzucco



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