L’ipocrisia dentro la bugia dentro la messinscena

Data 21/2/2012 8:10:00 | Categoria: opinione

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Ci dice l’ANSA che "Monti ha appreso con dolore il grave incidente in Afghanistan nel quale hanno perso la vita tre militari italiani.”

Questa è l’ipocrisia.

Ve lo vedete Monti che davvero soffre, anche per un solo millesimo di secondo, per i tre militari italiani morti annegati, quando lui stesso si sta adoperando come un matto per consegnare il nostro paese nelle mani dei banchieri e dei guerrafondai che si arricchiscono proprio scatenando guerre di genocidio in tutto il mondo?

”l Ministro Terzi ha rinnovato i sentimenti di gratitudine nei confronti delle nostre Forze Armate, sottolineando la "profonda ammirazione per i nostri militari che, prestando servizio con onore e dedizione nei teatri di crisi, forniscono il loro prezioso contributo alla pace ed alla sicurezza internazionale".

Questa è la bugia.

Non ci può essere nessuna ammirazione per dei mercenari che vanno ad uccidere impunemente vecchi, donne e bambini in giro per il mondo, e soprattutto non c’è mai stato nessun “teatro di crisi”. Gli afghani stavano benissimo, prima che arrivassimo noi a rubargli quel poco che ancora gli rimane. Il “teatro della crisi” glielo abbiamo portato noi, già confezionato e pronto per l’uso, dal palcoscenico alle scenografie, dalle comparse al cast degli attori, dalle luci di scena al capocomico, dalle locandine alla biglietteria, dalle poltrone di platea alla sceneggiatura completa ed approvata.

Il palcoscenico è lo schermo perennemente illuminato del nostro televisore, che ormai abbiamo imparato a scambiare per la realtà che ci circonda. Le scenografie sono le grotte vuote dell’Afghanistan, …
… dove in dieci anni non ci è mai entrato un solo talebano nemmeno per pisciare. Le comparse sono tutti gli abitanti del luogo, che si aggirano inebetiti sullo sfondo di ogni azione di guerra, senza nemmeno più sapere chi siano, cosa vogliano o dove debbano andare. Gli attori principali sono i nostri eroi in tuta mimetica, pieni di stellette, motti e decorazioni, che entrano ed escono di scena con l’agilità dei protagonisti di un videogame da combattimento. Marziani rivestiti di kevlar, con vista all’infrarosso e proiettili al titanio, sbarcati da un altro pianeta per devastare la tranquillità e l’armonia di un popolo in pace con sè stesso. Le luci di scena sono le bocche dei nostri cannoni e dei nostri fucili, che illuminano in modo impietoso chiunque si trovi di fronte, ma permettono a chi tira il grilletto di restare discretamente nell’ombra. Il capocomico sono i reporter della TV, sempre pronti a dare il "la" alla popolazione mondiale ad ogni cenno della regia. Le locandine sono i titoli vuoti dei nostri giornali, che ci raccontano di avventure affascinanti che non hanno nulla a che vedere con la vita reale. La biglietteria sono le nostre pompe di benzina, dove ci inginocchiamo ogni giorno per pagare il prezzo “inevitabile” di una guerra voluta ed organizzata dalle stesse persone che ci vendono quella benzina. Le poltrone di platea sono i divani di casa nostra, unti di cibo e macchiati di birra, dove una massa informe di persone osserva distrattamente quegli eventi lontani, senza nemmeno domandarsi se quelle macchie scure sullo schermo siano esseri umani o comparse di cartone. La sceneggiatura è sempre la stessa, da mille anni a questa parte: noi siamo i buoni, gli altri sono i cattivi, difendiamoci e uccidiamoli prima che loro uccidano noi. Dio lo vuole, lui sarà sempre dalla nostra parte.

E infine c’è la messinscena: Il CONI ha chiesto “un minuto di silenzio su tutti i campi di gara per ricordare i tre militari italiani morti in Afghanistan.”

Domenica quindi milioni di italiani si alzeranno svogliatamente in piedi, sulle scalinate dello stadio, abbassando mestamente lo sguardo, mentre approfittano di quel minuto gettato al vento per studiare il percorso migliore per dare una trombatina all’amante prima di tornare a casa, il modo migliore per non pagare l’ICI sulla casa di montagna, o il modo migliore per dare dentro la macchina a benzina e farsi il turbodiesel senza pagare un euro di differenza.

Nel frattempo non si rendono conto che con quella messinscena collettiva stanno onorando proprio quegli assassini prezzolati che gli permettono di avere – rubandoli per nostro conto al terzo mondo – i soldi per pagarsi l’amante a tempo pieno, per godersi la loro casetta di montagna, o per parcheggiare davanti al bar con il turbodiesel nuovo di pacca.

Ora basta però, arbitro, un minuto è già passato! Fischia che di questa menata non se ne può più.

Massimo Mazzucco



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