Giornalismo italiano: nel dubbio astenersi

Data 28/3/2012 7:20:00 | Categoria: media

Perché i giornalisti italiani possono permettere di raccontare quello che vogliono, nei loro articoli, senza essere tenuti ad indicare (nè verificare, a quel che sembra) le fonti da cui hanno preso le loro informazioni?

Perché Massimo Mazzucco, Paolo Attivissimo, Marco Cedolin, e tutti quelli che scrivono in rete sono tenuti ad un rigorosissimo lavoro di verifica su ogni affermazione che fanno, e debbono rischiare ogni volta di venire travolti da un tornado per errori magari anche marginali, mentre lorsignori dei grandi quotidiani possono scrivere articoli interi basati su informazioni errate senza doverne rendere conto a nessuno?

Attenzione, qui non stiamo parlando di eventi importanti, come l'11 settembre, il TAV o i tamburi di guerra mediorientali: in quei casi subentra il filtro politico (altri la chiamano “linea editoriale”), e si gioca una partita completamente diversa. Qui invece stiamo parlando di “piccole” notizie, relativamente semplici, che di solito nascono e muoiono con la lettura stessa dell'articolo, ma che lasciano nel lettore una errata impressione a lungo termine sull'argomento trattato.

Eccone un classico esempio, tratto da Repubblica.it di ieri. L'articolo si intitola ”Le cinquanta parole vietate ai minori nelle scuole Usa del politically correct”, e porta come sottotitolo: ”Decine di vocaboli proibiti nei test scolastici dal dipartimento dell'Istruzione dello Stato di New York per non 'offendere' determinati settori della società.” Ne riportiamo alcuni passaggi: “Vietata la parola "dinosauro", che pure ai bambini piaceva tanto dai tempi dei cartoon degli Antenati. Il vecchio "Dino" rimanda all'idea di evoluzione, parlare di evoluzione fa infuriare i creazionisti e quindi non si può [...] Vietata anche la parola "dancing": ...
... troppo sexy e licenziosa, meglio non fare balenare per la testa certe idee. E vietata perfino quella parola terribile, "compleanno": i Testimoni di Geova non lo festeggiano, vorrete mica urtare la sensibilità di qualche piccolo devoto. Benvenuti nella classe più politicamente corretta del mondo: dove la preoccupazione di non offendere nessuno sfiora, anzi decisamente sfora, i confini del ridicolo. Anche perché qui siamo a New York e le direttive sui nuovi test rischiano di gettare ulteriore discredito su una struttura scolastica già sconvolta dall'impreparazione degli insegnanti e dalle polemiche sul licenziamento. […] Non si può usare la parola "divorzio" perché i piccini potrebbero rivivere uno shock famigliare. Non si può usare tantomeno la parola "schiavitù" perché rischia di urtare la sensibilità dei piccoli afro-americani. E non c'è posto neppure per il povero ET: la parola "extraterrestre" turberebbe la fantasia dei più sensibili. Cose, appunto, dell'altro mondo. […]

Ebbene, tutto ciò che avete letto è falso. Nessuno ha proibito niente, almeno fino ad ora.

Si tratta semplicemente di una richiesta avanzata dal DoE di New York (Department of Education) a coloro che preparano i test scolastici. Niente di più. Basta prendere un qualunque articolo al riguardo, per verificarlo già dal titolo stesso: “NYC Dept. Of Education Wants 50 ‘Forbidden’ Words Banned From Standardized Tests”, ovvero “Il ministero dell'educazione di New York vuole far abolire 50 parole 'proibite' dai test standard.” Sottotitolo: “ 'Dinosaur,' 'Birthday,' 'Halloween,' 'Poverty,' 'Divorce' Among Those Suggested”, e cioè: “Dinosauro, Compleanno, Halloween, Povertà, Divorzio fra quelle suggerite.”

Suggerite, non “proibite”.

A prima vista sembra una differenza da poco, e qualcuno potrebbe dire: “Vabbè, tecnicamente non le hanno ancora proibite, ma comunque vogliono farlo, quindi cosa cambia?”

Cambia semplicemente il modo di vedere gli Stati Uniti oggi.

Se pensiamo ad un paese dove “hanno proibito” parole come “dinosauro”, “divorzio”, “povertà”, “dancing” o “schiavitù”, abbiamo di fronte l'immagine di una nazione di bacchettoni fuori dal tempo, di retrogadi senza speranza, di pagliacci dell'umanità degni al massimo di un sorriso di sufficienza.

Se invece pensiamo ad un paese dove (come dice l'articolo della CBS) “Il ministero dell'educazione di NY sta cercando di far rimuovere certe parole dai test scolastici” - ma ovviamente, si presume, troverà la resistenza di coloro che invece si oppongono - abbiamo di fronte l'immagine (reale ed attualissima) di una nazione dove la spaccatura fra passato e futuro è ormai arrivata ai limiti estremi, dove si combatte ogni giorno su ogni singolo argomento che da sempre separa i progressisti dai conservatori, in modo sempre più cruento e devastante.

Il “piccolo errore” commesso dall'articolista di Repubblica equivale ad aver detto che “negli Stati Uniti sono stati proibiti gli anticoncezionali”, invece di dire che “Rick Santorum, candidato repubblicano del Tea Party, vorrebbe far abolire gli anticoncezionali”. (La prima frase è falsa, la seconda è tragicamente vera).

Da quando il “Tea Party” (*) è riuscito a prendere il controllo del partito repubblicano, il dibattito pubblico in USA si è trasformato in una battaglia all'ultimo sangue, su temi quasi esclusivamente di matrice religiosa, che mira alla eliminazione di Obama (nero e “musulmano”) a qualunque costo. Anche se dovesse crollare l'impero. Solo pochi mesi fa l'ostruzionismo del Tea Party ha rischiato di mandare in default l'economia USA, bloccando fino all'ultimo il rialzo del tetto del debito nazionale.

E ultimamente negli Stati Uniti si discute solo di anticoncezionali (appunto), di “guerra dello stato alla religione cristiana”, e di “invasione intollerabile dell'omosessualità nella nostra società”.

Torquemada non è mai morto, ha solo cambiato indirizzo.

A questo punto la richiesta di abolire parole come “dinosauro (= evoluzionismo), divorzio, povertà, rock o schiavitù” - tutte parole che curiosamente i conservatori detestano, e non vorrebbero mai nemmeno sentir nominare, pur di non dover affrontare le problematiche che rappresentano - non è affatto una scelta “per onorare il politically correct” (ma quando mai, ragazzi?), ma l'indicatore di un feroce braccio di ferro di tipo culturale, attualmente in corso negli Stati Uniti, fra due forme di pensiero completamente diverse ed antitetiche, che è ormai diventato impossibile riconciliare.

Da una parte c'è chi resta tenacemente aggrappato ad un ideale di predominio razziale, di privilegio individuale e di benessere materiale, dall'altra c'è chi ha capito in quale direzione vada la storia dell'umanità, e non desidera perdere più un solo istante per imboccare definitivamente quel percorso.

Ora, nessuno si aspetta che un giornalista italiano debba per forza dare una lettura di questo tipo ai fatti citati (io bene o male negli USA ci vivo, seguo le cose da vicino), ma stravolgere una notizia del genere solo per ricascare nel banale stereotipo degli “americani tutti bigotti e retrogadi ah ah ah!” si poteva certamente evitare.

Come dicono le istruzioni di certi medicinali, “nel dubbio astenersi”.

Massimo Mazzucco

* Per Tea Party si intende la coalizione informale dei membri (e supporters) politici dell'estrema destra (Sarah Palin, Rick Santorum, Rick Perry, ecc.), di matrice cristiano-fondamentalista, localizzati soprattutto negli stati centro-sud degli USA (il “Bible Belt”). Alle elezioni intermedie del 2010 hanno preso il sopravvento alla Camera sui repubblicani moderati, e da allora li tengono in pugno per ogni decisione importante di governo. Anzi, di “non governo”, perchè il loro scopo dichiarato è di far cadere Obama a qualunque costo. Sono i ”Confederati” di una volta, razzisti, separatisti e anti-gay fino al midollo, che impugnano la Bibbia prima ancora della Costituzione. Sono circa il 15, 20 % della popolazione americana, ma sono sufficienti a creare la maggior parte dei problemi che sta attaversando l'America oggi. (Vengono aizzati quotidianamente da quelli della FOX, che ormai hanno perso ogni pudore e mentono sistematicamente su tutto, pur di vedere Obama scacciato al più presto dalla Casa Bianca).

[Grazie a C.A. per la segnalazione]



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