DERUBATI DI CIÒ CHE NON ABBIAMO

Data 20/11/2004 0:38:00 | Categoria: media

DERUBATI DI CIÒ CHE NON ABBIAMO

di Massimo Mazzucco

L'Unita di oggi lamenta l'imbavagliamento dei giornalisti al seguito delle operazioni di guerra, che deriverebbe loro dalla "riforma" al codice militare, già approvata ieri dal senato, la quale prevede l'arresto per chi ne violasse i nuovi parametri. Finirà cioè sotto tribunale militare il giornalista che "procura notizie concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare, la dislocazione o i movimenti delle forze armate, il loro stato sanitario, la disciplina e le operazioni militari e, ogni altra notizia che, essendo stata negata, ha tuttavia carattere riservato."

L'articolo è poi corredato dalle timide voci di dissenso della sinistra, come quella del DS Fassone, che parla di "scelta molto inopportuna sotto molti aspetti, che rischia di avere conseguenze molto gravi anche nel campo della libertà dell’informazione". Il segretario della Fnsi, Serventi Longhi, definisce invece la misura "ricattatoria per i giornalisti invitati di fatto all’autocensura".

Dobbiamo invece dire che una volta tanto il nostro governo sembra avere ragione, almeno nello specifico, visto che non fa altro…
… che replicare un regola che è già in atto, sin dall'inizio della guerra, presso i nostri alleati americani.

Non si era ancora arrivati alle porte di Baghdad, in primavera, che un giornalista della CNN dovette tornarsene a casa, sotto minaccia del tribunale militare, per aver fatto sapere, all'interno di un suo reportage, la posizione del contingente militare nel quale si trovava incluso ("embedded", letteralmente: "incastonato").

Almeno fino a quando, da noi, la regola sarà applicata nei termini previsti, non si vede proprio perchè scandalizzarsi. Soprattutto quando si è stati completamente zitti in mille occasioni molto più gravi, in cui non si sarebbe rivelato nessun segreto militare, ma venivano invece affossate notizie molto più importanti, che mettevano in gioco i valori di fondo e i principi stessi che alimentano e definiscono questa guerra.

Come dire, abbaiare per il furto di un pollo, quando si tace nel veder portar via l'intera fattoria.

Non è qui, in occasioni come questa, che si "perde la libertà di informazione". Quella la si è già persa a partire dal 12 Settembre 2001, man mano che ciascun operatore dei media occidentali si adattava alla versione ufficiale sugli attentati, contribuendo così a validarla nel tempo.

Non ci voleva niente, il 13 di Settembre, ad obiettare che la lista dei dirottatori fornita dall'FBI era perlomeno curiosa. Bastava far notare che nessun nome arabo compariva nelle liste passeggeri fornite dalle aviolinee, e che sarebbe stato quindi impossibiile identificare in così breve tempo degli attentatori che a quel punto si erano necessariamente imbarcati con dei nomi falsi. In una situazione del genere, infatti, bisognerebbe almeno aspettare che tutti i familiari degli altri passeggeri si facciano vivi, dopodichè si resterebbe con quelli che hanno usato un nome falso. Ed anche a quel punto, dal ritrovarsi davanti un John Anderson qualunque, a capire che quello era invece un Mustafà ben preciso - con tanto di fotografia - ce ne passa.

Non ci voleva una laurea in scienze statistiche, per arrivarci. Eppure nessuno ha detto bah. E così, da quel momento, la strada per la menzogna è stata tutta in discesa: la piccola "palla" iniziale è diventata una vera e propria valanga di letame, che è arrivata oggi a ricoprire del tutto anche coloro che hanno permesso che si formasse.

Per quel che riguarda noi cittadini, invece, ci stiamo già da tempo abituando a cercare di capire da soli cosa stia succedendo. Finchè la logica e il buonsenso ci saranno compagni, basteranno tre o quattro elementi di fondo per capire - a grandi linee almeno - cosa avvenga dietro a quel bavaglio. Anche perchè la natura umana è sempre quella, e non cambia mai. E' la lotta infinita fra il potente e l'umile, fra chi ha e chi non ha, fra chi vuole condividere e chi vuole tenere tutto per sè.

I dettagli caso mai ce li racconteranno un'altra volta.

Massimo Mazzucco



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