ELEZIONI NON SIGNIFICA DEMOCRAZIA

Data 8/1/2005 6:23:55 | Categoria: palestina

ELEZIONI NON SIGNIFICA DEMOCRAZIA

Curiosi accostamenti nella storia vorranno che in questo mese di Gennaio, a pochi giorni di distanza, si tengano elezioni "democratiche" in due nazioni islamiche sotto occupazione straniera (ove per straniera si intenda l'accoppiata di ferro Usa-Israele). Il paradosso stride, ovviamente, ma non abbastanza da fare che al mondo qualche altra nazione si preoccupi di aprir bocca in favore dei popoli che saranno "obbligati" a scegliersi così liberamentre i propri governi.

Solo oggi infatti si può cominciare a leggere con chiarezza il "piazza pulita" sistematico fatto negli ultimi tempi da Israele nei confronti dei vari leader palestinesi, in attesa della morte anche fisica di Arafat. Tra quelli riportati dai media, e quelli di cui non abbiamo saputo nulla, la morìa dirigenziale palestinese ha lasciato al nastro di partenza...
... soltanto due candidati effettivi: Mahmoud Abbas, l'erede naturale di Arafat (e presidente temporaneo del PLO dal momento della sua morte), e Mustafà Barghouti, un indipendente che compete nonostante gli vengano date scarsissime possibilità di vittoria. (Non ha nulla a che vedere con l'altro dirigente di Fatah, Marwuan Barghouti, che è attualmente agli arresti in Israele e che ha rinunciato da tempo a candidarsi).

Sia Abbas che Barghouti hanno un passato "doc", nel senso che il primo fu l'eminenza grigia che lavorò dietro le quinte per il successo dei trattati di Oslo, mentre il secondo prese parte, sempre per il PLO, ai trattati di Madrid. Ma la differenza fra i due è enorme, poichè secondo Barghouti oggi è proprio il PLO il nemico numero uno da battere. Democratico riformatore, da tempo si scaglia con violenza contro la presunta corruzione all'interno del gruppo dirigente di Arafat, ed oggi paga il prezzo di quegli attacchi con la scarsa popolarità che riscontra nell'intero elettorato.

Mentre Abbas, nonostante intoni il solito mantra anti-sionista dai toni accesi e dalle frasi fatte, sembra essere di gran lunga - forse perchè abituati a trattare con lui da più di vent'anni, forse per motivi diversi, che possiamo solo immaginare - il preferito da Sharon e compagni.

Sta di fatto che la capagna elettorale ha da tempo assunto i toni della farsa, della quale la vittima principale è stato proprio Barghouti. [lib align=left]barr-o.jpg[/img]Già un mese fa gli era stato impedito di fare propaganda elettorale in Gerusalemme Est: arrestato senza apparente motivo, accusò in seguito la polizia israeliana di averlo percosso, insultato e minacciato senza dargli alcuna spiegazione. Gli israeliani hanno negato tutto. E ieri ancora, in un suo nuovo tentativo di tour elettorale nella città occupata, è stato arrestato mentre si recava alla Moschea di Al-Aqsa a pregare. La polizia israeliana ha citato un presunto divieto per lui di accedere alla moschea, ma i suoi portavoce hanno decisamente negato che tale divieto esistesse.

Ma non sono solo i candidati ad essere impediti dei movimenti essenziali richiesti da una qualsiasi elezione, anche la popolazione incontrerà difficoltà aggiuntive, condizionando così ulteriormente i risultati di una già improbabile scelta popolare: dei circa centomila palestinesi residenti a Gerusalemme, con diritto di voto, solo 5000 potranno votare nei dintorni di casa loro. Per tutti gli altri sarà necessario imbarcarsi nella solita odissea dei checkpoints dalle file interminabili, con le continue angherie, le perquisizioni e la verifica ripetuta dei documenti, per raggiungere il seggio a loro assegnato. Idem per il ritorno a casa. Ci penserà poi il muro, la cui costruzione continua a ritmi serrati, a rendere difficili i movimenti a quelli che debbano spostarsi da un settore all'altro della Cisgiordania occupata.

Se in Italia dovessimo votare in queste condizioni, i seggi converrebbe non aprirli nemmeno.

Il resto della farsa lo vedremo nel week-end elettorale, durante il quale le forze israeliane "si ritireranno, per non intralciare il regolare svolgimento delle elezioni democratiche".

Se gli israeliani hanno insegnato molto agli americani rispetto a come affrontare certi problemi medio-orientali, bisogna dire che da questi hanno anche imparato in fretta l'arte sublime dell'ipocrisia più sfacciata: quando ormai tutto è stato deciso, e si tratta solo di far apporre una firma al "libero popolo palestinese", sono capaci tutti a fare quelli che rispettano i diritti altrui.

Ma la vera tragedia è che non ci va di mezzo solo il diritto all'autodeterminazione di un popolo, ma è il concetto stesso di democrazia che sta man mano sta venendo svilito, in ogni successivo atto di prevaricazione che si compie in suo nome, sotto gli occhi di tutti.

Dove sono i giornalisti degni ancora di portare quel nome?

Massimo Mazzucco

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