Grecia: è il momento di Bitcoin?

Data 4/7/2015 12:20:00 | Categoria: Economia

Come leggiamo dalle cronache, nel momento di crisi del contante molte persone in Grecia sono ricorse all'uso di Bitcoin. La nuova moneta elettronica sembra, per certi aspetti, poter rappresentare una soluzione, almeno temporanea, alla chiusura dei conti correnti. Qualcuno aveva anche suggerito che, quando il governo greco ha parlato di una possibile "moneta parallela", Tsipras si riferisse proprio a Bitcoin.

La posizione di Varoufakis però sembra essere quantomeno ambigua al riguardo. Quello che segue è un suo articolo su Bitcoin, pubblicato di recente sul suo blog.

BITCOIN E IL PERICOLOSO SOGNO DI UNA MONETA "APOLITICA"

di Yanis Varoufakis

Che cos'è Bitcoin, e che cosa lo rende un tipo di valuta digitale molto particolare.

Bitcoin è una forma di moneta digitale che può essere usata in Internet per acquistare (un numero limitato di) beni e servizi. Ma la natura digitale di Bitcoin non è ciò che lo rende nuovo e unico. Esiste già infatti una vasta gamma di valuta digitale, compreso i dollari, gli euro, i punti dei frequent flyers, i punti di Amazon, eccetera. Se guardiamo alla semplice moneta (fiat), più del 90% dei dollari, euro, yen eccetera sono di fatto digitali. Quando ad esempio la vostra banca vi fa un prestito, questo appare come valuta digitale nel vostro conto corrente. E quando voi usate una carta di credito o l'Internet per mandare dei soldi a qualcuno da cui avete acquistato beni o servizi, i vostri dollari, euro o yen vanno e vengono come semplici unità di valuta digitale. Soltanto una piccola frazione della normale moneta prende la forma reale di carta o metallo. [...]
Quindi, Bitcoin non è una novità per il fatto di essere una moneta digitale, né per il fatto di essere "stata creata". Di valute digitali "create" ne esistono già dappertutto. Ciò che che rende veramente unica e nuova l'idea di Bitcoin e che non c'è nessuna istituzione o società particolare che si occupi di mantenere il cosiddetto "libro mastro" [ledger] di tutte le transazioni, che garantisce che quando tu hai speso una unità di moneta, vi sia veramente una moneta in meno nel tuo portafoglio (digitale).

Per fare un esempio, prendiamo le sterline d'oro: grazie alla loro natura (metallica) costituiscono un mezzo di scambio personale ed escludibile, nel senso che se io ne utilizzo una per acquistare da Maria un'automobile, finirò per avere una sterlina in meno nel mio portafoglio. La grande sfida nel creare una moneta totalmente non fisica, e interamente digitale, sta nella domanda che segue: se l'unità monetaria è costituita da una serie di zero e di uno sul mio hard-disk, che cosa mi impedisce di prendere quella serie e di farne un ripetuto copia-e-incolla, fino a diventare infinitamente ricco? Perché, se potessi fare quello, è come se ciascuno di noi avesse una piccola stampante in salotto, nel qual caso daremmo istantaneamente inizio ad una iperinflazione.

Prima dell'avvento di Bitcoin, era opinione diffusa che per poter creare una valuta digitale non iper-inflazionistica fosse necessario un "libro mastro" delle transazioni, che tracciasse ogni unità di moneta che viene spesa, mantenuto da qualche tipo di banca centrale o corporation, come quando la FED o la BCE o la VISA tracciano i movimenti dei vostri dollari digitali, oppure di euro.

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Bitcoin nacque nel 2008, quando uno sconosciuto esperto di computer che usava un improbabile pseudonimo giapponese (Nakamoto) pubblicò un algoritmo che aveva una caratteristica molto particolare: poteva generare una serie di zero e di uno che fosse unica, assicurandosi che prima di poterla trasferire da un computer ad un altro, un numero minimo di utenti potesse seguire il trasferimento e verificare che avesse effettivamente lasciato il computer del venditore, prima di approdare su quello del compratore. Inoltre, l'algoritmo era scritto in modo da poter garantire nel tempo una produzione stabile di Bitcoins, mentre il "libro mastro" veniva mantenuto dall'intera collettività. Infine, per mettere un tetto alla disponibilità di Bitcoins - e quindi per proteggere il loro valore - l'algoritmo garantiva che vi fosse un numero massimo di Bitcoins che poteva essere creato entro l'anno 2040: 21 milioni di unità. Una volta raggiunto quel numero, la sua "produzione" verrebbe a cessare, e gli utilizzatori di Bitcoin dovrebbero vedersela con questi 21 milioni di unità. Nel frattempo, fino al raggiungimento del tetto massimo, la facilità con cui nuovi Bitcoin possono essere creati rimane inversamente proporzionale alla quantità di Bitcoin già esistente in circolazione.

In un certo senso quindi, l'algoritmo di Bitcoin sembra aver progettato una nuova valuta basata su una versione brutale della Quantity Theory of Money "monetarista" (cioè l'idea che il valore del denaro dipenda esclusivamente dalla quantità di moneta in circolazione), e quindi in un certo senso, avrebbe creato l'equivalente digitale… dell' oro.

A pensarci bene, Bitcoin è stato effettivamente modellato sull'oro.

Bitcoin come simulazione digitale di un metallo prezioso (ad esempio l'oro).

Qual è il valore principale dell'oro? La sua scarsità! E sembra proprio che l'inventore dell'algoritmo di Bitcoin abbia fatto ogni sforzo possibile per emulare l'oro. Esattamente come l'oro, che si presume essere in quantità limitata sotto la superficie terrestre, anche Bitcoin è limitato (in modo artificiale, grazie all'algoritmo) ad un tetto massimo di 21 milioni di unità. Inoltre, esattamente come l'oro, vi sono due modi in cui si possono acquistare Bitcoin: uno è di comprarli con i dollari, con dei polli, con la seta, con il miele, o con qualunque altra cosa. Il secondo è quello di "scavarli", esattamente come facevano i cercatori d'oro del 19º secolo.

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L'unicità di Bitcoin, come detto prima, sta nel fatto che non vi sia nessuna istituzione centralizzata, né pubblica né privata, che custodisca il "libro mastro" delle sue transazioni. I custodi di questo libro mastro siamo tutti noi, che possiamo verificare in qualunque momento tutte le transazioni che avvengono con Bitcoin.

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Vi sono però due aspetti fondamentali, che rischiano di minare alla radice il grande potenziale di Bitcoin. Il primo è che l'economia sociale di Bitcoin è destinata già in partenza ad essere caratterizzata da una deflazione cronica. In secondo luogo, abbiamo già visto il sorgere di una "aristocrazia di Bitcoin", che oltre a sollevare questioni di giustizia distributiva, alimenta delle serie paure sulla possibilità che un numero ristretto di persone possa manipolare questa moneta in modo da arricchirsi personalmente, al prezzo di un'instabilità finanziaria.

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Conclusione: l'illusione di una moneta "depoliticizzata" e "onesta".

La crisi del 2008 ha introdotto nella nostra società un grande scetticismo sul ruolo delle autorità, sia i governi e le banche centrali. E' quindi naturale che molti sognino una moneta che i politici e i banchieri non possano manipolare: una moneta della gente, fatta dalla gente e per la gente. Bitcoin è nato come la grande speranza di ottenere qualcosa del genere. Ma purtroppo la speranza che fa nascere nel cuore di molte persone è falsa, ed il motivo è semplice: mentre è vero che certe comunità locali, nel passato, sono riuscite a produrre una moneta comune di successo (che le ha permesso di migliorare il welfare, specialmente nei momenti di crisi economica più acuta), non può esistere oggi nessuna valuta depoliticizzata che sia in grado di alimentare un'intera società industriale avanzata.

Da quando la seconda rivoluzione industriale ha fatto nascere i grandi oligopoli (gli Edison e i Ford del '900, oppure i Google e Apple di oggi) il capitalismo ha avuto sempre più bisogno di un forte gettito creditizio, al fine di finanziare le necessità di queste corporation. Questo credito richiedeva grosse iniezioni di denaro, sia per finanziare la creazione di nuovi beni capitali sia per supportare la dinamica dei consumi necessaria per mantenere la nuova capacità produttiva. Persino quando l'economia capitalista operava sotto il Gold Standard, le banche trovano comunque in modo di creare soldi, prestando quantità sempre maggiori di denaro rispetto all'effettiva disponibilità di oro.

Gli anni '20 ci hanno dimostrato l'impossibilità di avere una risorsa monetaria "apolitica". Per quanto le autorità monetarie insistessero su una costante equivalenza fra monete di carta e oro, il settore finanziario continuava a pompare inesorabilmente nuove quantità di denaro. Se fossero stati fermati, gli Edison e i Ford non sarebbero mai esistiti, e il capitalismo non avrebbe prodotto tutti i beni che ha prodotto. Anzi, i mercati avrebbero stagnato e avrebbero generato tensioni sociali in grado di produrre gravi problemi alle istituzioni ben prima del 1929. Fu così che le autorità stettero a guardare, permettendo alla bolla degli anni '20 di ingrandirsi, fino ad arrivare al '29 e alla Grande Depressione.

Nel momento in cui Bitcoin cerca di emulare il Gold Standard, se gran parte dell'attività economica avvenisse in Bitcoin, i dilemmi degli anni '20 tornerebbero a colpire l'economia.

[...]

Questo è il motivo per cui la moneta può essere gestita soltanto il modo politico: l'unico modo di mantenere la rotta fra gli estremi di una pericolosa crescita "ponzi" e la stagnazione del mercato è quella di esercitare un certo livello di controllo, razionale e collettivo, sulla quantità di denaro in circolazione. E poiché questo controllo non può che essere politico - nel senso che diverse politiche monetarie toccheranno in modo diverso i vari segmenti della popolazione - l'unico modo per gestire correttamente questo controllo è di farlo attraverso una entità collettiva e democratica.

In sintesi, mentre una moneta "apolitica" è una pericolosa illusione, una banca centrale che sia controllata in modo democratico (contrapposta al concetto indifendibile di una banca centrale "indipendente"), rimane la nostra speranza migliore di avere una moneta che sia per la gente, e fatta dalla gente. Bitcoin, nonostante i suoi notevoli aspetti interessanti, non potrà mai ottenere questo risultato.

Yanis Varoufakis

Traduzione di Massimo Mazzucco per luogocomune.net

(L'articolo è stato tradotto solo in parte. Qui l'articolo completo).





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