Il processo di Saddam Hussein

Data 19/10/2005 8:37:52 | Categoria: Iraq

Per un Saddam dimagrito e riverniciato a nuovo - sembra quasi un intellettuale francese della nouvelle vague - e venuto il momento della pubblica gogna.

In una significativa coincidenza, il processo al satana iracheno si apre a soli tre giorni dal voto popolare che ha confermato la prima costitituzione su cui cercheranno di reggersi le fragili sorti del suo ex-popolo.

E' come dire "ora che c'è la democrazia", la cosa si può fare. Prima, evidentemente non si poteva (chissà come facevano gli iracheni, in passato, a gestire la pubblica giustizia?). E così il buon Saddam viene degradato al ruolo di semplice trofeo di caccia, da appendere nel salotto buono dell'occidente, che potrà finalmente mettere a tacere i sensi di colpa che lo perseguitano sin dal giorno dell'invasione.

Ma gli orsi di quel tipo - Milosevic insegna - la pelle la vendono cara. E quando le malefatte sono state condotte …
… con la piena complicità di chi ora ti sta processando, il rischio del ritorno di fiamma è enorme.

Non dimentichiamo che l'accusato avrà il diritto di citare chi vuole a sua difesa, e che proprio alla vigilia dell'invasione Saddam invitò platealmente Bush ad un aperto confronto, in diretta TV. Chissà se si ricorda ancora cosa voleva chiedergli.

Sarà forse per quello che l'accusa ha scelto di puntare tutto sul "semplice" massacro di 143 abitanti di Dujail, un sobborgo a maggioranza sciita, poco distante da Baghdad, per cercare di far condannare a morte l'ex-dittatore senza dover sollevare tappeti troppo ingombranti.

L'episodio è talmente insignificante (tutto è relativo, s'intende) che quasi nessuno lo conosceva fino ad oggi: nel lontano 1982, Saddam si era recato a Dujail in un tour personale, per cercare di raccattare un pò di supporto popolare, visto che la guerra con l'Iran stava volgendo al peggio. Finito di arringare le folle, ripartiva soddisfatto verso Baghdad, quando il suo convoglio veniva improvvisamente attaccato a colpi di mitragliatrice. L'agguato falliva, ma invece di procedere e allontanarsi, Saddam faceva dietro-front, tornava a Dujail, e improvvisava lui stesso un'indagine, interrogando personalmente i vari sospettati. Alla conclusione di quella giornata, venivano prelevati dalle loro abitazioni, ed in seguito uccisi, 143 abitanti di Dujail.

Si presume quindi che l'accusa si ritenga in grado di provare che l'ordine per il massacro fu dato direttamemte da Saddam.

Con la democrazia, infatti, arrivano anche certe regole noiose, che almeno in apparenza andrebbero rispettate. Non basta più sapere che Saddam, essendo il dittatore che nessuno nega sia stato, è ovviamente responsabile di tutte le operazioni di quel tipo mai avvenute in Iraq (di questa lo dovrebbe essere comunque, almeno indirettamente, visto che non ha mai fatto nè ricercare nè punire gli autori materiali della strage), ma bisogna "dimostrarlo" in maniera inconfutabile, come nei film di Perry Mason.

Anche Carla del Ponte dichiarò che avrebbe inchiodato Milosevic in 5 minuti, grazie ad alcune "prove inconfutabili" che teneva nel cassetto. Sono passati 5 anni, e il mondo è ancora lì che aspetta di vederle.

Si inserisce quindi la sceneggata nella sceneggiata: in un paese obbligato da ieri alla recita "democratica", davanti alle onnipresenti telecamere della CNN, un verdetto che è già scritto da tempo deve a sua volta apparire frutto di una libera decisione di liberi giudici. I quali sono talmente liberi, che di loro, a parte il fatto che siano cinque, non si sa assolutamente nulla. Per quel che ne sappiamo, potrebbero benissimo non esistere.

In chiusura, vengono alla mente due riflessioni. La prima ha i contorni tetri e inquietanti di Norimberga: un occidente che genera il mostro e lo alimenta sin dall'infanzia, per interessi personali, solo per vederselo scappare di mano ed essere obbligato a schiacciarlo come un verme, dando nel frattempo a lui la colpa di tutti i mali.

Non tutti i veterani sopravvissuti allo sbarco in Normandia sanno che i loro compagni d'armata morirono sotto i cannoni costruiti con i soldi del nonno di Bush, l'attuale presidente.

La seconda è che senza la complicità vergognosa dei giornalisti occidentali, che sin dall'inizio si sono prestati a veicolare la più grande bugia della storia umana, molto di ciò a cui stiamo assistendo non sarebbe mai successo.

E non mi vengano a dire che hanno il diritto di difendere la loro pagnotta. Di fronte a crimini di questa magnitudine, con migliaia di civili che muoiono ogni giorno, altrettanti che soffrono pene indicibili, e il rischio sempre più concreto di un disastro nucleare, l'unico diritto che i giornalisti hanno diventa un dovere irrinunciabile, ed è quello di denunciare al mondo al più presto quello che sta succedendo sotto i loro occhi.

Se non loro, chi mai potrà fermare la follia dilagante?

Massimo Mazzucco


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