Val Susa: ventata di democrazia?

Data 7/12/2005 9:16:00 | Categoria: politica italiana

di Andrea Franzoni

Ho una voglia matta di andare in Val Susa, e non è per i paesaggi nè per la neve. In Val Susa, da mesi, si sta consumando infatti il più scintillante esempio di impegno civile e di opposizione/proposizione dal basso. Una ventata di democrazia pura che manca, quaggiù, nell'asfittica Pianura Padana come nei sontuosi palazzi di Roma, nei gabinetti profumati della Bresso, di Chiapparino, di Lunardi, come sui palcoscenici asettici di Bruxelles.

Sindaci di centro-destra (ora paiono spariti, forse richiamati all'ordine dai partiti semi-democratici che servono) e sindaci di centro sinistra (che, evidentemente, se ne fregano dei richiami delle loro gerarchie altrettanto centraliste), giovani e pensionati, donne e uomini, costruiscono barricate, chiedono incontri, raccolgono documenti, progettano alternative, "occupano" le loro valli (chi se non loro ha il diritto di occuparle).

I sindaci, con le fasce tricolori al petto, fronteggiano i poliziotti ...
...e i loro manganelli. Anziani pensionati bivaccano con gli studenti e i sognatori fino a notte fonda presidiando le vie di accesso ai cantieri. Le donne, con i bambini al seguito, portano "al fronte" la legna per i falò. Le strade vengono bloccate, le ferrovie occupate, nelle fabbriche di Torino si organizzano scioperi spontanei e i leader del movimento, quei leader puliti, primi tra pari, a cui migliaia di uomini e donne affidano la loro valle e le loro vite, chiedono incontri con le autorità per presentare i piani alternativi alla TAV, eco-compatibili, enormemente meno onerosi, più funzionali ed enormemente più convincenti. E' questa la democrazia, il governo del popolo. E oggi, 220 anni dopo Thomas Jefferson e la rivoluzione americana, la strada dei popoli è ancora sbarrata dai manganelli degli affaristi e delle oligarchie.

La creazione del corridoio ferroviario Torino Lione, inserito nell'ambizioso progetto della tratta Lisbona-Kiev, prevede che, invece che raddoppiare la linea già esistente, si proceda alla costruzione di 52 chilometri di galleria, infilandosi sotto tutte le montagne della zona, riversando poi i detriti (15 milioni di metri cubi) ricchi di amianto e uranio nelle valli circostanti. L'opera faraonica, che necessiterà di una grande mole di denaro proveniente dalle pingui casse dello stato (16 miliardi di euro), sarà affidata in gran parte ad una azienda francese che ha subappaltato i lavori all'azienda di proprietà della famiglia Lunardi, la Rocksoil.

Perfino i Tg (forse la copertura che mancò per il Vajont) non possono esimersi dal trasmettere le immagini delle cariche della polizia. Uomini disarmati trascinati fuori dal gruppo e pestati con i manganelli. Sindaci a cui viene strappata la fascia tricolore che fanno la fine dei concittadini. Pensionati svenuti a terra dopo una manganellata al petto. Miti pensionati (saranno queste le "avanguardie eversive" di cui parlava Pisanu?) che urlano alle telecamere che i manifestanti erano immobili, con le mani alzate, mentre la polizia avanzava frullando i manganelli. Ragazzi che accusano i questori che dalle retrovie invitavano i poliziotti a "spianare" i manifestanti.

E' il locale, la base, il popolo, che per la prima volta si ribella spontaneamente ai "potenti" e agli stessi vertici che li dovrebbero forse rappresentare, a partire dalla presidente di regione Mercedes Bresso, che ha per nome il titolo di una canzone di Janis Joplin e che è eletta per la sinistra, ma che è in prima fila nel sostenere l'inizio degli sciagurati lavori. Alla fabbrica del programma i politici rimangono in attesa, mentre il divino Ciampi da manforte al governo. Dopo essersi schierati contro i manifestanti fino a qualche giorno fa, sostenendo la necessità della TAV e accusando i manifestanti di essere vittime della sindrome di Nimby (not in may back yard) che si oppongono al necessario progresso, i cari Prodi, Fassino e Rutelli, stanno tentando con un colpo di coda di strumentalizzare l'opposizione pacifica alla TAV, movimento autonomo e apartitico.

La partnership di questi personaggi, va detto, getterebbe solo discredito sulla protesta. Che lascino le associazioni, le comunità montane, gli uomini e le donne comuni che credono in questa pacifica opposizione, liberi dalla zavorra dei figuranti di palazzo Madama. Che li lascino continuare a volare perchè, con il loro esempio, possano ridare un valore ai concetti demodè di impegno civile e di democrazia.

Abbiamo proprio bisogno, in questa epoca buia, di favole fantastiche ma concrete come questa.

dii Andrea Franzoni (Mnz86)



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