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Sionista suo malgrado - il caso di Mordechai Vanunu


SIONISTA SUO MALGRADO



Il caso Mordechai Vanunu

Pochi ne hanno sentito parlare. Ed in questa constatazione sta l'essenza stessa del caso che lo ha coinvolto da vent'anni a questa parte: la lotta è stata tutta per cercare di ridurlo al silenzio.

 Cittadino israeliano, ingegnere nucleare, Mordechai Vanunu è l'uomo grazie al quale il mondo sa con certezza da almeno vent'anni quello che tutti più meno sospettavano già da allora: Israele è una potenza atomica, e non certo delle ultime. La notizia divenne ufficiale - Israele infatti non la smentì mai - con la storica intervista che Vanunu rilasciò al Sunday Times di Londra, nel 1986.

Da quell' intervista, firmata dal giornalista inglese Peter Hounam, venimmo a sapere che l'impianto tessile di Dimona, nell' Israele del Sud, produceva ben altro oltre ai tessuti che tutti conoscevano. Le fotografie che Vanunu era riuscito a scattare di nascosto poco prima di andarsene da Dimona, dove lavorava come esperto nucleare, mostravano un impianto di arricchimento del plutonio che affondava di ben sei piani nel sottosuolo, ed i cui ingressi erano stati nascosti alla perfezione da un sistema di doppie pareti e finti ascensori. Secondo Vanunu oltre duecento ordigni nucleari giacevano in quei sotterranei pronti ad essere usati, ed altrettanti ne sarebbero stati prodotti nell'arco di pochi anni.

Vanunu aveva deciso di rendere pubblica la notizia poichè temeva una crisi internazionale - a quel tempo tutt'altro che improbabile - che avrebbe potuto portare Israele ad un "secondo olocausto".

Quelle rivelazioni, che provocarono un vero e proprio terremoto diplomatico, sono costate al "whistleblower" (lo "spifferatore") ben 18 anni di prigione. E per lui, oggi libero, non è ancora finita.

Per i pacifisti Vanunu è un eroe, per i difensori delle libertà individuali è un simbolo, per coloro che apprezzano l'integrità morale è un esempio da additare, per gli israeliani è un lurido traditore. Dipende, come al solito, dai punti di vista.

La vicenda non ha niente da invidiare ai migliori gialli di spionaggio internazionale.

Adescato da una seducente spia del Mossad, Vanunu si fece convincere a raggiungerla a Roma, perchè solo lì', per qualche strano motivo, sarebbe valso la pena di consumare l'agognato incontro.

 Ma ben altra sorpresa attendeva l'aitante 32enne, quando mise finalmente piede nel nido d'amore preparato per lui. Quattro agenti del Mossad - questi tutti maschi e molto meno romantici - lo aggredirono, imbavagliarono e rinchiusero in una specie di bara viaggiante, che fu trasportata nella notte su una spiaggia deserta, e da lì trasferita in motoscafo su una nave che attendeva al largo. Destinazione: Tel Aviv.

Evidentemente lo scienziato innamorato non aveva mai sentito parlare di Mata Hari.


Sulla mano di Vanunu, fotografato durante un trasferimento, si riesce a leggere "I was hijacked in Rome Italy 30.1.86..." (Sono stato rapito a Roma, Italia, il 30.1.86)


Una volta in Israele, Vanunu fu processato per direttissima da un tribunale speciale e condannato a 18 anni per alto tradimento. Di questi, ne ha passato ben 12 in regime di massimo isolamento, in una cella poco più grande della bara che l'aveva trasportato in Israele. Il silenzio cadde su di lui, ma non dentro di lui: per tutti questi anni, Vanunu ha tenuto duro.

Vanunu non ha famiglia, e i suoi genitori troncarono ogni rapporto con lui a seguito allo scandalo (ed anche per un secondo motivo, che citeremo in seguito).

L'unico che si preoccupò di tenere in qualche modo i contatti - per motivi non difficili da immaginare - fu proprio Peter Hounam, il giornalista che lo aveva intervistato, e che sarebbe diventato, nel corso degli anni, il suo vero e proprio alter-ego in libertà.

Hounam ha condotto da allora una incessante lotta per la liberazione di Vanunu, che riteneva ingiustamente condannato, e ancor più ingiustamente "estradato" dal paese in cui era stato rapito.
Ma contro la rigidità dell'establishment sionista non sono servite nè petizioni popolari, nè aperte richieste di  svariati capi di stato, nè il coinvolgimento di noti personaggi dello spettacolo, i quali hanno a turno spezzato una lancia in favore della liberazione di Vanunu. Tutto quello che Peter Hounan è riuscito a spuntare, in tanti anni di lotta, è stato qualche mese di sconto sulla condanna iniziale.

E così nell'estate del 2004, dopo 17 anni e mezzo di prigionia, Mordechai Vanunu è tornato in libertà. A condizioni però tutt'altro che convenienti, specialmente per un paese che ama dirsi democratico: privo di passaporto, non può lasciare Israele, non può comunicare con giornalisti stranieri, avvicinarsi ad ambasciate, possedere cellulari o usare computer, e tutto questo è motivato dal fatto - sostiene l'attuale Ministro di Giustizia Yosef Lapid - che "Vanunu è in possesso di altre informazioni che potrebbero ulteriormente danneggiare Israele."

Come se con le restrizioni in cui vive ora Vanunu non potesse - sempre in perfetto stile romanzesco - scrivere un semplice bigliettino e darlo al garzone di turno, dicendogli "ragazzo, porta a nome mio questo biglietto a questo indirizzo. Sarai ricompensato profumatamente".

 Ma Vanunu di segreti non ne ha più, e tutto quello che sapeva vent'anni dì fa, come suggerisce lui stesso, oggi è comunque obsoleto. Mente esistono motivi di ben altra natura che spiegherebbero meglio perchè Vanunu venga perseguitato anche da libero cittadino. Oltre che un traditore della patria, egli è infatti uno dei rarissimi ebrei convertiti al cristianesimo. Anglicano, per la precisione. Ecco il secondo motivo del "disconoscimento" improvviso da parte dei genitori. Da quando è uscito di prigione, Mordechai Vanunu vive nella Chiesa Anglicana di S. Giorgio in Gerusalemme, ospite personale del vescovo Riah Abu El-Assal.

Inoltre, Vanunu dichiara pubblicamente di non amare Israele, e di volersene andare al più presto "in un paese decente". E questo forse è l'affronto più imperdonabile per Heretz Israel, la "terra promessa" in cui vivono oggi milioni di persone che hanno fatto l'impossibile per arrivarci. Sembrerebbe quasi che lo vogliano tenere a tutti costi fra la sua gente - che di certo non lo ama - come in una specie di "punizione" supplementare: dovunque Vanunu vada, viene regolarmente insultato o comunque trattato in maniera diversa dagli altri.

Un paria di altri secoli, esposto costantemente al ludibrio popolare.

Nè lui peraltro ha mai fatto granchè per conquistarsi la simpatia popolare. Appena uscito di prigione, davanti alle telecamere e ad una folla già ostile, Vanunu non ha esitato un istante a togliersi qualche sassolino dalla scarpa, con dichiarazioni di questo tenore: "Questa è una prigione gestita direttamente dal Mossad. Mi hanno tenuto illegalmente a guardare un muro per diciott'anni, dopo avermi arrestato in modo altrettanto illegale, ma non sono riusciti a spezzarmi. Anzi, confermo davanti a tutti che oggi rifarei esattamente quello che ho fatto vent'anni fa, perchè sono pienamente convinto…. " Ma non è riuscito a concludere, perchè la folla sempre più agitata ne ha sepolto le parole con insulti e grida. La cosa si è fatta seria, al punto che Vanunu è riuscito miracolosamente ad andarsene prima di venire linciato dalla gente imbestialita.

A cercare di proteggerlo nella ressa c'era Peter Hounam (foto a destra).

In seguito lo stesso Hounam ha dovuto pagare di persona le conseguenze dell'intervista che condusse vent'anni fa. Trovandosi in Israele per un reportage televisivo, Hounam è misteriosamente scomparso dal suo albergo senza lasciare tracce apparenti. Solo dopo 24 ore si è saputo che era stato arrestato, per motivi imprecisati, senza poter nè vedere un avvocato nè comunicare con l'esterno. Peter Hounam è stato poi liberato, senza che nulla fosse stato iscritto a suo carico, espulso dal paese e rispedito in Inghilterra.

Un modo molto curioso di concepire la libertà di stampa, bisogna dire, specialmente nei confronti della nazione senza la quale Israele non sarebbe mai esistito in primo luogo.

Nel Novembre 2004 anche Vanunu è stato di nuovo arrestato, ed in seguito rilasciato, dopo un vero e proprio assalto alla chiesa di S. Giorgio, in cui una trentina di agenti dei corpi speciali israeliani hanno terrorizzato i turisti, irrompendo a mitra spianati alla ricerca di Vanunu. L'accusa - da lui negata - era di aver comunicato con un giornalista inglese.

Oggi Mordechai Vanunu è un 50enne che vive in una specie di limbo esistenziale, sospeso fra un passato che gli è stato rubato ed un futuro che non accenna ad iniziare, nel pieno paradosso di essere un libero cittadino in un libero stato, ma assolutamente impossibilitato a condurre in qualunque modo una vita normale.

Un suo recente tentativo di ottenere asilo politico in Svezia è andato a vuoto.

La storica Università di Glasgow lo ha eletto rettore, nella speranza che almeno questo possa contribuire a convincere le autorità israeliane a lasciarlo andare una volta per tutte. Ma per ora nulla lascia presagire che ciò stia per avvenire.

Nel caso per gli altri il messaggio non fosse stato abbastanza chiaro.


Scritto da Massimo Mazzucco per www.luogocomune.net


Fonti: BBC, UK Telegraph, Maariv, Yediot Ahronot.





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