di Maurizio Blondet
Appena si prova toccare l’argomento dei privilegi dei dipendenti pubblici – descrivendoli per quel che sono: una casta parassitaria, inadempiente e che si sente estranea al destino nazionale – subito mi scrivono degli statali raccontando il loro caso personale. Esibiscono le loro piaghe: gli anni di precariato, la fatica del concorso (“erano chiusi da dieci anni”), i trasferimenti ad altra sede, il misero stipendio; mi giurano che loro lavorano onestamente, anzi si esauriscono a sgobbare senza riscuotere la minima soddisfazione dal pubblico, e poi chiedono: “Le sembro un privilegiato, io?”.
Ora, con tutta la carità possibile, un simile argomento non dimostra, in chi lo usa, se non una cosa: una vera e propria falla dell’intelligenza, una incapacità al pensiero logico ed una allarmante inettitudine a cogliere le idee generali. Un caso personale non inficia un’asserzione generale. Il fatto che “io, statale, andrò in pensione con 1330 euro mensili” non smentisce il fatto che la pensione media dei pubblici dipendenti è di 1770 euro, che è il 72% superiore a quella media dei privati, e che questa è “indebitamente eccessiva”, un regalo esecrabile a danno dei poveri, rispetto alla condizione di bancarotta dell’ente previdenziale, il quale è stato messo a carico dei dipendenti privati – e contribuisce a diminuire le loro pensioni e a rendere “meno competitivo” il costo del lavoro italiano.
Chiaro? E’come se quel signore che prende la nota mega-pensione Inps pretendesse di smentire che tre milioni di pensionai Inps prendono le “minima, e la prova che la mia ammonta a 90 mila euro mensili!”. Che cosa c’entra? Come esempio di deficienza intellettuale, il caso personale equivale all’altro “argomento” che altrettanto regolarmente mi viene opposto quando parlo delle pensioni grasse degli statali: “Chissà quanto prende lei di pensione, Blondet; perché non ce lo dice?”. Perché ci sono anche questi. Forse qui il basso livello mentale è aggravato dalla bassezza morale: insinuano che “è un privilegiato anche lei, quindi non stia ad accusare i nostri privilegi; perché chissà che altarini possiamo scoprire su di lei, se ci mettiamo a scavare …”. Questa losca e furbesca chiamata di correità, è tipica, temo, di una categoria. La strizzata d’occhio fra privilegiati pubblici, non ci colpiamo tra noi…
Ed è la causa per cui essa come corpo sociale è non-riformabile: l’insegnante che mi scrive protestando “io sgobbo da mane a sera”, l’impiegato che protesta “sono onesto, io”, “non rubo, e sono competente” sono almeno colpevoli di questo: non hanno mai preso le distanze dai colleghi inadempienti per incapacità, fancazzismo o disonestà; quelli che hanno barato al concuorzo; né dai dirigenti che danno a tutti i loro sottoposti la valutazione di “massima produttività” onde tutti, inadempienti e no, possano avere il truffaldino “aumento di merito” o “di produttività”.
Anzi: voi capaci, meritevoli, onesti anzi eroici sgobboni, collettivamente avere sempre preso le difese dai colleghi inadempienti, li avete sindacalmente protetti, siete scesi regolarmente in sciopero – in massa come un sol uomo – perché non fossero licenziabili, con un corporativismo ottuso e scandaloso. Fino al caso estremo di Sanremo, dove ciascuno era pronto a timbrare i cartellini dell’altro perché si assentasse rubando lo stipendio – che vi è pagato da gente più povera di voi, come sono la maggioranza di italiani.
Il fatto che io, personalmente, appartenga ad una categoria (relativamente) privilegiata, i giornalisti, non mi impedisce di vedere, misurare – e denunciare – i privilegi abusivi della casta pubblica a spese dei privati, lavoratori e contribuenti, che li pagano: i loro veri datori di lavoro, che essi trattano come un bestiame da sfruttare senza scrupoli e senza limiti. Ormai siete un problema di oppressione, anche perché siete 3 milioni (i giornalisti sono ottomila) e il vostro costo è una gigantesca palla al piede per la società intera.
Siete vincitori di una lotta di classe non dichiarata – quelli che i soldi pubblici li prendono contro quelli che i soldi li danno – che sta soffocando la società produttiva. Ed oggi che la società produttiva sta rendendo meno per voi in imposte (pensate che il Comune di Milano ha visto ridurre il gettito dovuto alle miriadi di tasse sull’edilizia da 126 a 44 milioni, perché il settore immobiliare è in agonia), la state letteralmente uccidendo perché vi paghi gli aumenti”, e continui a darvi le vostre pensioni superiori del 72% alle sue. E peggio, perché i peggiori fra voi possano continuare ad estrarre le tangenti e i lucri delle loro malversazioni.
Che divorano le finanze pubbliche in una percentuale enorme, inaudita. Ho già parlato di come le Fiamme Gialle abbiano denunciato alla Corte dei Conti 4835 funzionari pubblici disonesti-incapaci che, nell’insieme, hanno “bruciato” in sei mesi più di 3 miliardi di euro in malversazioni. C’è di tutto: dalla mala gestione del patrimonio pubblico alle creste sulla Sanità, dagli appalti raddoppiati all’appropriazione dei fondi europei, fino alla mancata percezione di affitti.
Costo, 3 miliardi in sei mesi. Sono 6 miliardi in un anno. Denaro pubblico fregato e sprecato da un campioncino minimo, meno di 5 mila statali. Poniamo che i disonesti non scoperti siano solo 50 mila – percentuale realistica, su 3 milioni – il vostro costo già è sui 60 miliardi l’anno. Solo il costo degli sprechi e malversazioni. Oltre al vostro mantenimento, ai vostri stipendi superiori a quelli privati, alle vostre pensioni, ai vostri benefit, al costo della vostra sindacalizzazione.
Per voi sono tre milioni di “casi personali” e di qualche migliaio di “mele marce” (che vi guardate bene dal denunciare, in genere). Per la società italiana, impoverita, arretrata e aggravata, siete il problema sociale primario. Proprio voi, proprio voi in quanto “pubblici”, dovreste rendervene conto e unirvi a chi vuol riformare il sistema, le istituzioni che proprio voi (così vicini ai politici) avete contribuito a deformare a vostro preteso vantaggio.
Invece negate il problema generale, ne fate un caso personale. Pronti a difendere i vostri privilegi – e quelli di voi che sono meno privilegiati,di fatto proteggono i privilegiati grossi, da cui non prendete le distanze. E’ per questo che qualunque ministro in carica che si proponga di riformare lo spreco pubblico, non può far altro che “tagli lineari”: perché se prova a fare i tagli a ragion veduta, dopo un’analisi minuta degli sprechi e del personale in eccesso, degli enti inutili e della municipalizzate truffaldine, vi ha contro “tutti”, tutte le categorie e sotto-categorie, e gli insegnanti da 1600 euro mensili sono lo scudo di massa che difende, in fondo i pretoriani del Parlamento, 100 mila euro di stipendio medio annuo, 350 mila di paga massima: aumentati da ricche aggiunte che vengono denominate “indennità”: l’«indennità meccanografica», l’«indennità recapito corrispondenza», l’«indennità immissione dati» – cioè prendono un’indennità per svolgere ciascuna delle mansioni che questi ricconi sono tenuti a svolgere per stretto dovere e ragguardevolissimo stipendio. E non c’è da stupire: le poche decine di impiegati parlamentari sono divisi (e potetti) da 11 sigle sindacali. Per questo sono intoccabili, e non tagliabili i loro stipendi – del resto la Corte Costituzionale, ossia la decina di marpioni da 450 mila euro annui, ha sancito che “tagli decisi unilateralmente” dal governo sono incostituzionali: e con questa motivazione ha bocciato il contributo di solidarietà sulle paghe pubbliche superiori a 90 mila euro annui. Perché hanno vinto o’concuorzo, e non siete stati assunti come noi nel privato: ma è logica, questa? E’ la logica del potere e degli sfruttatori.
Cosa ha da dividere, con questi scandalosi “Ricchi di Stato” lei insegnante di latino e greco di 52 anni che lavora da 3 anni per lo stipendio (non del tutto disprezzabile) di 1600 euro mensili? A parte che lei stesso non riconosce quanti privilegi ammette di godere nella sua lettera: dopo 5 anni di sofferenza “ a 200 chilometri da casa in una città dove il costo della vita è superiore del 15-20 per cento”, ha ottenuto il trasferimento “nella città natale”: già, perché succede questo, che gli insegnanti non sono laddove ci sono più studenti, ma dove conviene stare a voi. Ed avete la forza sindacale di strappare “i trasferimenti” al Sud spopolato dopo pochi anni al Nord dove il costo della vita è alto perché paga 50 miliardi annui alle Regioni meridionali. Che dite? Forse sono gli scolari che devono trasferirsi nel Sud in massa, dove voi potete vivere in famiglia, col costo della vita piacevole e vicino al parentado. Per le sue stesse parole, caro insegnate di greco e latino, lei rivela la mentalità tipica della categoria: che le istituzioni pubbliche non sono fatte per dare servizi al popolo, ma il popolo per servire voi.
Qualche maligno potrebbe malignare su questa incapacità mentale di distinguere il generale dal particolare, questa inettitudine ad usare il pensiero logico, al fatto che troppi i cervelli, una volta vinto o’ concuorzo, non hanno avuto più bisogno di funzionare e pensare.
Purtroppo, la verità è ancora peggiore, fosse solo insufficienza mentale. Avete visto il caso della AAMPS, la municipalizzata di Livorno per la raccolta dei rifiuti? Una azienda in bancarotta. Il nuovo sindaco del Movimento 5 Stelle, Filippo Nogarin, ha fatto quello che dovrebbero fare tutti i sindaci, a cominciare da quello di Roma: portare i libri in Tribunale. L’azienda municipale messa in procedura di fallimento, soluzione legale e geniale: non solo il debito viene praticamente ridotto, e i creditori (che hanno avuto il torto di prestare a dei buchi neri, convinti che comunque l’Erario avrebbe provveduto) sono messi in fila a recuperare il 20 per cento , se possono; il meglio è che i dipendenti “pubblici” sono tutti finalmente nelle condizioni di un’azienda privata che fallisce – sulla strada – poi fra loro una nuova azienda può scegliere i migliori. Per l’ATAC di Roma, sarebbe quella essenziale, il risanamento radicale e perfettamente legale. Le municipalizzate sono infatti “privatizzate”, hanno lo status di società per azioni, anche se il solo azionista è il Comune. Una furberia, che per anni è servita solo a una cosa: a politici a fare assunzioni di amici e clientes senza bando pubblico, acquisti senza pubbliche aste, a sottrarre la contabilità alla Corte dei Conti….
Contro questo provvedimento, gli spazzini di Livorno ( tutti ex imbucati dal PCI, che governa la città dal dopoguerra), coi loro sindacati, hanno fatto di tutto: riempito la città di spazzatura con giorni e giorni di sciopero, per poi accusare il sindaco Nogarin di minacciare la salute pubblica dei cittadini; quando questi ha assunto 33 avventizi per ripulire la rumenta, l’hanno denunciato di comportamento antisindacale, sfruttamento di precari, di essere “contro i lavoratori”.
Infine, sorprendentemente, il Tribunale fallimentare di Livorno ha deciso, in modo sorprendente: sì, la AAMPS è fallita. Avrà un commissario liquidatore ( “Potrà finalmente aprire quella scatola in cui sospettiamo troverà molte sorprese”, gongola il sindaco, che evidentemente non ci poteva entrare, pur essendone l’unico azionista). E ancor di più, i giudici civili hanno respinto le opposizioni dei “Lavoratori” e dei loro sindacati con questa motivazione: “Non solo non sussiste alcun obbligo da parte dell’ente pubblico di finanziare la società partecipata in perdita – scrive il tribunale – ma anzi l’intervento pubblico teso a ricapitalizzare la società in caso di perdite non è ammesso se non in casi eccezionali, dovendo le società pubbliche essere gestite sulla base di principi di economicità, efficienza e legalità finanziaria”.
Subito dopo, cosa è successo al sindaco Nogarin? Prima, ha avuto le gomme dalla Passat tagliate; poi, ha subito un furto in casa, con effrazione; infine, la a Passat è stata distrutta da ignoti vandali che l’hanno resa inutilizzabile, rubando, già che c’erano, il pc portatile, il navigatore satellitare e vari documenti.
Non potete dimostrare che sono stati gli onesti lavoratori e compagni della municipalizzata a farlo. Solo, mi conferma in un vecchio dubbio. Anni fa, da giornalista, provai a fare delle inchieste sul “sistema Emilia”, le coop rosse, le commistioni fra pubblico e privato dove il capo partito passava da una coop al comune, dalla Regione a una coop..e dove non potevi aprire una bancarella senza aver pagato il pedaggio al Partito. “Il sistema è esattamente uguale alla Mafia in Sicilia”, mi confidò sotto anonimato un piccolo albergatore di Rimini (naturalmente iscritto al PCI, o PD che fosse). “Almeno però non sparano”, dissi io, credendo di dire una cosa spiritosa. “Non sparano perché non sono contrastati. Se magistrati, se carabinieri cominciassero il contrasto, vedrà…”.
A Livorno forse stiamo cominciando a vederlo: “La Violenza Rossa”, titola Rebuffo su Rischio Calcolato.
Un urrà al sindaco Nogarin e al suo coraggio. Se i 5 Stelle riescono a fare lo stesso a Roma, li seguirà la nostra eterna gratitudine, e il nostro voto.
Maurizio Blondet (Fonte)