Provate ad immaginare se i tre più importanti quotidiani italiani - Corriere, Stampa e Repubblica -decidessero tutti insieme di scatenare una campagna mediatica di discredito contro un singolo personaggio politico: persino i morti si accorgerebbero che c'è qualcosa di poco "giornalistico" in un'operazione del genere.

Ebbene, è proprio quello che sta succedendo negli Stati Uniti in questi giorni: i tre più importanti quotidiani americani, e cioè il New York Times, il Washington Post e il Los Angeles Times, hanno deciso di sparare ad alzo zero contro Donald Trump.

Già da tempo il Los Angeles Times usciva con articoli apertamente denigratori contro il magnate americano, definendolo ripetutamente un ciarlatano, un buffone senza credibilità, oppure addirittura una star da soap-opera. Adesso si sono aggiunti il New York Times e il Washington Post, che in un'azione chiaramente concertata stanno cercando di distruggere la credibilità dell'uomo che nell'arco di pochi mesi ha completamente stravolto le regole delle elezioni presidenziali.

Il Washington post ha pubblicato un paginone nel quale raccoglie tutte le presunte bugie e false affermazioni pronunciate da Trump negli ultimi mesi. Naturalmente, pur di aumentare il volume delle presunte "bugie", il Washington Post non si fa scrupoli nell'elencare anche delle semplici opinioni di Donald Trump, che fa passare come "falsità" solo perché non sono supportate dai fatti ( "unsupported claim").

Il New York Times è andato addirittura oltre, mettendo insieme una squadra di 20 giornalisti che sono stati incaricati di scavare nel passato di Trump, pur di far saltare fuori qualcosa di spiacevole sul suo conto. Ne è uscita una lista con dozzine di donne che sostengono di aver avuto con Trump un rapporto "ambiguo", dove lui le avrebbe "usate" e contemporaneamente "denigrate" per il solo fatto di essere donne.

Naturalmente, a nessuno del New York Times è venuto in mente che in certi casi possa essere la donna stessa a cercare questi rapporti "ambigui", per ottenerne un chiaro vantaggio personale. Si chiama dare per avere. Berlusconi docet.

Insomma, lo sbilanciamento contro Trump da parte delle testate più importanti è talmente evidente che porta a fare una riflessione: come mai in media di sistema temono così tanto un personaggio come Trump? Lo detestano semplicemente perchè è razzista e maschilista, o c'è sotto qualcosa di ben più grosso? (Di certo una presidenza Trump metterebbe un grosso freno alla politica imperialista espansionistica di USA e Israele in Medio Oriente, tanto per dirne una).

Ma la cosa più divertente è che i direttori di tutte queste testate si sono dimenticati di una cosa fondamentale: chi vota Donald Trump non legge certo né il Los Angeles Times, né il New York Times o il  Washington Post. All'elettore razzista e xenofobo dell'Alabama non può fregar di meno di come Trump tratti le donne, e gliene frega ancor di meno del fatto che racconti bugie, visto che queste bugie coincidono regolarmente con quello che l'elettore repubblicano vuole sentirsi raccontare.

Abbiamo quindi una totale spaccatura, sia a livello mediatico che a livello popolare, fra l' "intellighenzia" americana (localizzata sulle coste dell'Atlantico e del Pacifico) e il cuore profondo degli Stati Uniti, localizzato nel grande Mid-West, che ancora batte per veder sventolare in cima al Campidoglio la bandiera dei confederati.

In America la Guerra Civile non è ancora finita. Quella di novembre sarà certamente una elezione che va ben oltre la semplice scelta fra un candidato democratico e uno repubblicano.

Massimo Mazzucco