di Maurizia Leoncini Vecchi

Il trattato Italia-Francia, firmato in data 26 novembre 2021 a Roma, tocca punti nevralgici e poco comprensibili all’interno di una Comunità europea che dovrebbe combattere, anziché permettere, la creazione di ‘assi’ particolari tra singole nazioni.

In 12 articoli che vanno dagli Esteri alla Sicurezza e Difesa, alle Politiche migratorie e Cooperazione transfrontaliera, agli Affari e all’Economia, allo Sviluppo, allo Spazio, alla Cultura ed in cui è previsto un incontro annuale di verifica e coordinamento delle reciproche linee d’azione, si gioca molto del nostro futuro. Se guardiamo al passato, i rapporti Italia-Francia, attraverso i secoli, ci danno un quadro devastante, con scenario di crimini di guerra ancora aperti e che nessun governo italiano, si è azzardato a denunciare.

Se si guarda alla Storia, la mano della Francia sull’Italia è stata lunga e pesante. Bisogna andare al 1282 per registrare la rivolta dei siciliani che, con i ‘Vespri siciliani’, riuscirono a liberarsi degli oppressori. Per il resto sono più che altro asservimenti, occupazioni, oltraggi. Nel 1305, Clemente V (il francese Bertrand de Got) sposta il papato da Roma ad Avignone facendone la sede stabile e trasferendovi dalla Città Eterna quanto più può, opere d’arte incluse.

Per 70 anni la sede di San Pietro resta senza pontefice mentre il potere della cristianità converge oltralpe e ci vorrà Santa Caterina da Siena per riportare a Roma Gregorio XI, settimo Papa nominato in Francia. Nel 1797 Napoleone pugnala alle spalle la neutrale Venezia, la più illuminata Repubblica che la storia d’Europa abbia mai conosciuto, e fa dell’Italia una specie di colonia che suddivide in Regno d’Italia e Regno di Napoli. Annette alla Francia il Piemonte, annette anche il papato, arrivando a imprigionare Pio VII, che reagisce da Papa, scomunicando tutti. L’Elba non basta, ci vorrà Sant’Elena (grazie agli inglesi) per liberarci di questo eccezionale nemico, che ha cambiato per sempre gli equilibri del Vecchio Continente. Nel 1861 Vittorio Emanuele II proclama il Regno d’Italia.

Comunque l’unità sia stata raggiunta, vi è un’Italia unita che si può gestire in autonomia. Arriva il 1868. L’Italia guarda all’altra sponda del Mediterraneo. Fa un ottimo accordo con la Tunisia (8 settembre 1868). I privilegi per gli italiani sono grandissimi; l’accordo bilaterale è ottimo anche per i tunisini. Inizia a fiorire il commercio. Molti sono gli italiani che si trasferiscono per aprire imprese.

Agli inizi del 1881, con un colpo di mano, la Francia interviene militarmente e occupa la Tunisia. Jules Ferry, considera che ‘si può fare’, tanto gli italiani non si sarebbero opposti più di tanto, avendo da poco sottoscritto il rinnovo del trattato di commercio italo-francese. ‘Intanto guardate: Tunisi è là! […] E ci sono i francesi là, che ce l'hanno presa a tradimento! E domani possiamo averli qua, in casa nostra, capite?’ (Luigi Pirandello, I vecchi e i giovani, 1913). L’episodio passa alla storia come ‘Lo schiaffo di Tunisi’.

Le ripercussioni sugli interessi italiani sono enormi. La Tunisia diviene protettorato francese. Con la sciagurata occupazione mussoliniana della Libia, scattano le sanzioni volute da Francia e Inghilterra che non vedono di buon occhio una presenza italiana nell’area medio-orientale. Questo produrrà l’isolamento dell’Italia e faciliterà il disgraziato legame con la Germania hitleriana. Con la seconda guerra mondiale si apre una delle peggiori e più ‘dimenticate’ pagine delle relazioni tra Italia e Francia. Moravia, ne ‘La Ciociara’, accenna a quanto accadde a decine di migliaia di donne, bambini anche uomini ad opera dei ‘liberatori’ francesi.

Classificati come ‘marocchinate’, furono gli stupri di massa, le torture e le violenze, degne di un museo degli orrori, di cui furono vittime le popolazioni inermi (dalla Sicilia alla Toscana) dal luglio del ’43 all’ottobre del ’44 prima che le truppe francesi lasciassero l’Italia. Il Generale Alphonse Pierre Juin, proclamato eroe e insignito delle più alte onorificenze francesi, aveva assicurato l’impunità a chiunque (nero o bianco) delle sue truppe avesse commesso stupri e crimini di guerra contro la popolazione italiana indifesa dei villaggi e paesi, ma quando i suoi arrivarono in Provenza, cambiò registro assicurando la condanna a morte per chi si azzardasse a toccare una donna francese. Nessuna donna francese, infatti, di contro alle 60.000 italiane, subì stupri (per chi vuole approfondire: M.Lucioli-D. Sabatini, La ciociara e le altre, 1998; Andrea Cionci, La Stampa, 16.03.2017). Ancora oggi, questa pagina di sangue attende giustizia.

Appena dichiarata la fine della guerra, la Francia si annette il Piemonte e inizia, in Ventimiglia, a sopprimere tutte le scritte e nomi in lingua italiana sostituendoli col francese. Gli anglo-americani calmano le pretese galliche facendo osservare che non ci si è ancora seduti a un tavolo di pace. Dell’impossibilità di ottenere estradizioni dalla Francia per criminali cui si devono stragi in Italia, non vale nemmeno parlare tanto è cosa arcinota. I nostri faticosi buoni rapporti con la Libia che ci vedevano come interlocutori privilegiati, sono stati spazzati via dall’intervento voluto da Sarkozy.

Inutile sottolineare che i francesi hanno sostenuto il generale Haftar, avversario del presidente al-Serraj riconosciuto dall’Italia, e che la collaborazione Italia-Francia sul problema libico, è più un ‘bacia la mano che non puoi mordere’, che un successo diplomatico del governo Draghi. Davanti al corpo massacrato di Giulio Regeni, lo studente di dottorato ucciso in Egitto, e al ritiro del nostro ambasciatore (cfr. OGGI7, 29.11.2020), la Francia non ha visto di meglio che cercare di ledere ancora una volta gli interessi italiani occupandone spazi non più protetti, invitando a Parigi il Presidente Al-Sissi, insignendolo della massima onorificenza francese, la ‘Légion d’Honneur’, costringendoci così a riprendere velocemente i rapporti di collaborazione con l’Egitto.

Di contro, non è sufficientemente chiaro quale reale vantaggio ci sia stato per l’Italia nell’avere supportato (dal 2020, quale secondo Paese contributore, a notevoli costi) l’intervento armato francese in Mali, già colonia francese e la cui lingua ufficiale è il francese. La nazionalizzazione di STX (cantieri navali francesi) per impedire che Fincantieri diventasse azionario di maggioranza, stracciando gli accordi in precedenza presi, fa da contraltare a quanto è stato permesso dall’Italia a Vivendi, azionista maggioritario all’interno di TIM, con le comunicazioni italiane che possono scivolare in mani francesi.

Nel frattempo, Peugeot-Citroen si è unita a Fiat Chrysler creando Stellantis, con il risultato che l’Italia non fabbrica più automobili italiane. In quanto all’accordo recente Italia-Francia, il progetto spaziale a guida francese ha ottenuto dall’Italia un finanziamento miliardario, sottratto al prestito europeo che fino ai nostri nipoti e oltre saremo chiamati a restituire con gli interessi. E’ certo che investire nello spazio darà un ritorno economico sicuro. Il punto è ‘a chi’.

Vogliamo sperare che il beneficiario saranno le casse piangenti dello Stato, ma se guardiamo alla privatizzazione dell’acqua, decreto passato nottetempo, contro la volontà del popolo italiano (referendum quasi plebiscitario per la non-privatizzazione), se valutiamo la fallimentare e discriminatoria gestione della pandemia, la riduzione enorme del budget destinato alla Sanità pubblica, nonché altri elementi ‘di contorno’, non si può esserne tanto sicuri. Intanto, Nexi ha ceduto alla holding europea dei listini (che controlla anche le borse di Amsterdam, Bruxelles, Dublino, Lisbona, Oslo e Parigi) la piattaforma tecnologica in capo a Sia che gestisce, di fatto, il debito pubblico italiano, e che dunque passa in mani europee a conduzione francese.

Ora, in tempo di elezioni italiane, pochi si strappano le vesti più dei francesi che titolano tragicamente ‘Quel avenir pour l’Europe après Mario Draghi?’ (Quale avvenire per l’Europa dopo Mario Draghi?) ( https://www.institutmontaigne.org/); Macron ‘a salué jeudi 21 juillet en Mario Draghi ‘un grand homme d'État italien’ (Macron ha salutato in Mario Draghi un grande uomo di Stato italiano), ‘un partenaire de confiance’(un partner di fiducia) e ‘un ami de la France’ (un amico della Francia) (lefigaro.fr); tragicamente Le Monde ha commentato le dimissioni di Draghi titolando ‘Il ne manquait plus que ça’ (Ci mancava anche questa).

Mentre le elezioni avanzano i titoli si fanno sempre più drammatici ‘Une immense inquiétude au niveau européen’ (Una immensa inquietudine a livello europeo) (https://www.publicsenat.fr/; 18.8.22). Considerato il passato dal 1282 al 2015, data in cui abbiamo firmato lo sciagurato ‘Trattato di Caen’ con cui abbiamo regalato ai francesi pescosissimo mare italiano (il trattato non è ancora diventato esecutivo grazie alle rimostranze dei pescatori che sono riusciti a bloccare la ratifica del Parlamento, ma basta una ‘svista’ per attivarlo), per giungere al recentissimo periodo che ha visto nostre aziende scivolare in mani francesi, c’è da riflettere su quanto il rapporto Italia-Francia sia stato sempre pesantemente sbilanciato in favore della seconda e quanto potremmo trarre (anziché perennemente perdere) dall’accordo stipulato al Quirinale.