Di Federico Giovannini

La sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa demielinizzante, cioè con lesioni a carico del sistema nervoso centrale. La ricerca delle cause e dei meccanismi che scatenano la SM è ancora in corso (9).Basta documentarsi un minimo insomma e salta fuori che la SM è una malattia non arrestabile, trattata con farmaci dai pesanti effetti collaterali e che in definitiva lascia poche speranze di una aspettativa di vita normale in durata e qualità.

Tuttavia il dottor Cicero G. Coimbra - brasiliano - sostiene di curare la sclerosi multipla; ormai i casi sono migliaia.

Lo fa con megadosi di vitamina D (link 6,8) tanto massicce (fino anche a 200000UI/giorno) che viene naturale pensare che le linee guida che raccomandano massimo 600UI al giorno, per paura di una presunta intossicazione da vitamina D, siano completamente errate. L’altro pensiero che subito ci si pone di fronte ai numeri offerti dal medico brasiliano è come mai la comunità internazionale non pone maggiori attenzioni verso un protocollo che non ha gli effetti collaterali che invece hanno i farmaci ufficialmente usati, che oltretutto non arrestano comunque la malattia; a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina, forse perché la vitamina D non si può brevettare? A proposito di sclerosi Multipla anche il dottor Gerardo Rossi vanta successi e remissioni dei suoi pazienti con il suo protocollo di medicina funzionale (composta da vitamina C e oligoelementi tarati sulla persona tramite esame del capello) volto all’espulsione di metalli tossici (1). Ci sono evidenze scientifiche che mostrano chiaramente che la sclerosi multipla è strettamente connessa al microbiota intestinale (link 2,3,4). Ci sono anche indizi che ci fanno pensare che i metalli tossici modulano in senso peggiorativo il microbiota umano e di qui probabilmente la spiegazione dei successi di Gerardo Rossi che detossificando l’organismo da questi veleni, cura il microbiota. E per chiudere il cerchio sappiamo che almeno un batterio intestinale è coinvolto nella produzione di vitamina D (5) e che viceversa La vitamina D modula il sistema immunitario modificando il microbiota intestinale (7).
Che aspettiamo a capire che le cause della sclerosi multipla (come d’altronde probabilmente tutte le malattie autoimmuni) si devono ricondurre a un’equazione fatta di microbiota intestinale sano, sufficienti valori di vitamina D e la meno possibile presenza di metalli tossici?

Qualche medico dice cose simili…. (10)

1 - https://mineraltest.wordpress.com/2013/05/30/e-ancora-un-altro-caso-sclerosi-multipla-scomparsa-di-lesioni-demielinizzanti-dopo-tre-cicli-di-cura-mineral-test/
2 - http://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/medicina/2017/08/08/isolato-nellintestino-un-batterio-che-cura-la-sclerosi-multipla_e1f3fd52-09a7-4e86-96cb-40b3d281199f.html
3 - https://microbioma.it/neuroscienze/sclerosi-multipla-microbiota-sintomi/
4 - https://microbioma.it/neuroscienze/serotonina-anello-di-congiunzione-tra-microbiota-e-sclerosi-multipla/
5 - https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23609838
6 - https://www.youtube.com/watch?v=hOfO29rL-gI&ab_channel=LeonardoRubini
7 - https://microbioma.it/immunologia/la-vitamina-d-modula-il-sistema-immunitario-modificando-il-microbiota-intestinale/
8 - https://www.dionidream.com/protocollo-coimbra/
9 - https://www.aism.it/home.aspx
10 - http://www.salutesicilia.com/2017/11/18/microbiota-glutine-sclerosi-multipla/

Tratto da " La sclerosi multipla , il microbiota, la vitamina D e i metalli tossici" - di Federico Giovannini

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Testo dell'intervista al dott. Coimbra

Leonardo Rubini intervista il dr. Cicero G. Coimbra - 8 marzo 2014, San Paolo, Brasile - (tratto da video youtube)

COME E' NATO IL SUO PROTOCOLLO?

Il protocollo è nato dalla seguente questione: in un determinato momento della mia vita professionale, ho sentito molto forte la necessità di provare ad aiutare a cambiare questa idea per cui la neurologia è una specialità medica fatta da brillanti diagnostici, ma senza nessun trattamento effettivo, disponibile per le malattie neurologiche; ed è così che è considerata nell’ambiente medico: una specialità di brillanti diagnostici ma senza nessun trattamento effettivo. Quando ho finito un periodo di training clinico a Miami (USA), presso il Jackson Memorial Hospital, sono tornato a San Paolo con l'obiettivo di specializzarmi e di iniziare a fare ricerche usando animali da laboratorio e creando modelli di malattie neurologiche in ratti, con l’obiettivo di testare nuove possibilità di diagnosi. Durante l’attività di ricerca, sei obbligato ad avere conoscenze all’avanguardia, non si può semplicemente leggere un libro di neurologia che ha informazioni di 5 o 10 anni fa; si è obbligati a sapere cosa è stato pubblicato la settimana scorsa a proposito della ricerca che si sta facendo. E questo è stato il nostro obiettivo.

Avendo delle quantità enormi di pubblicazioni che non sono state pubblicate nei libri di testo, ci siamo chiesti perché queste informazioni non sono applicate nella pratica clinica; e a volte sono informazioni davvero semplici. Poco alla volta ci siamo convinti che, molte cose che darebbero un grande beneficio ai pazienti, non sono discusse nei congressi di medicina e non vengono messe sui libri di testo, semplicemente perché possono ridurre il consumo di medicine, soprattutto quando queste medicine sono costose. In un determinato momento ci eravamo convinti che la vitamina D stimolasse la produzione di parecchie sostanze neurorigenerative nel cervello degli adulti, dei bambini, degli embrioni, dei feti. Ed è estremamente importante, tanto per lo sviluppo, quanto per le funzioni del sistema nervoso (stessa cosa nel sistema nervoso di un adulto). Queste conoscenze non sono disponibili sui libri di medicina e la maggior parte dei dottori non sono a conoscenza dell’importanza di questo ormone, che non è una vitamina, è un ormone che induce alla formazione di sostanze rigenerative del sistema nervoso. E noi abbiamo iniziato, per questo motivo a somministrare vitamina D alle persone che avevano malattie neurodegenerative e abbiamo fatto attenzione ai pazienti con Parkinson e abbiamo iniziato a dare vitamina D in dosi fisiologicamente realistiche. È importante che si dica che la dose giornaliera che è raccomandata oggi, internazionalmente, non esclude nessun paziente dalla carenza di vitamina D, è una dose irrisoria, molto sotto la dose fisiologica. E allora, quando abbiamo iniziato a dare la dose fisiologica, che è la dose di 10.000 unità giornaliere, cioè la dose che si produce con pochi minuti di esposizione solare, ossia, se hai addosso canottiera e bermuda, con le gambe e le braccia esposte al sole, produrrai in 20 minuti, se hai la pelle chiara e se sei giovane, 10.000 unità di vitamina D al giorno. Allora, 10.000 è una dose fisiologica, non è una super dose. Però la maggior parte dei dottori considerano questa dose potenzialmente tossica. E questi dottori affermano che oggi la dose raccomandata è di 600 unità internazionali.

Allora, raccomandata 600 UI, ma se una persone si espone al sole per 20 minuti, produce 10.000 unità! Allora, esiste una differenza evidente tra la pratica medica e le conoscenze scientifiche. Allora, iniziamo a dare 10.000 unità alle persone con malattie neuro degenerative, e ricordo un paziente con Parkinson, che ha ricevuto 10.000 di vitamina D, quando è ritornato per la seconda visita, dopo 3 mesi (prendendo 10.000 ui di vitamina D al giorno) aveva una lesione di vitiligine sul viso che era diminuita tanto in pochi mesi di somministrazione di 10.000 UI. Questo ci ha portato a cercare informazioni nella letteratura medica in relazione agli effetti della vitamina D nel sistema immunologico. Siamo rimasti sorpresi per l’enorme quantità di pubblicazioni che erano disponibili già nel 2001-2002. In base a questo primo risultato, abbiamo iniziato a dare 10.000 unità di vitamina D ai pazienti con sclerosi multipla, che è la malattia autoimmune più comune in neurologia e quella che ha gli effetti più devastanti tra i pazienti neurologici. Siamo rimasti sorpresi nel vedere quanto questi pazienti siano migliorati. E questo è stato il punto di partenza, nell'attribuire un grande valore alla vitamina D nel trattamento di malattie autoimmunitarie. Oggi noi siamo assolutamente convinti, assieme alla comunità scientifica che si occupa della ricerca sulla vitamina D, che studia gli effetti della vitamina D nel sistema immunologico: la vitamina D è il maggior regolatore dell’attività del sistema immunologico e modifica il funzionamento di approssimativamente 4.500 geni in ogni cellula del sistema immunitario. È una sostanza senza eguali. Faccio un confronto per spiegare cosa intendo con 4.500 geni che sono regolati nella loro attività dalla vitamina D. Immagina un grattacielo dove sono presenti tante sale commerciali. Immagina che 4.500 porte all’interno di questo grattacielo possono essere aperte o chiuse da un'unica chiave. Allora dovete confrontare il grattacielo con ognuna delle cellule del sistema immunologico e la chiave è la vitamina D. Quando manca la vitamina D, l’ammalato non riesce a regolare, ossia aprire o chiudere, stimolare o ridurre l’attività di 4.500 funzioni biologiche all’interno delle cellule del sistema immunologico. La mancanza di questa sostanza rappresenta un disastro per il sistema immunologico!

COME SI COMPONE IL SUO PROTOCOLLO?

Gli elementi che compongono il trattamento, in realtà si riassumono in un'unico elemento, che è la vitamina D. Le persone che hanno malattie autoimmunitarie, secondo quello che è stato pubblicato nella letteratura scientifica inerente a questo argomento, queste persone hanno una resistenza parziale agli effetti della vitamina D; e questa viene ereditata geneticamente dal padre, dalla madre o da entrambi. Questa resistenza riguarda gli effetti immuno-modulatori della vitamina D, ed è una resistenza parziale e non completa. E questo è il motivo per il quale queste persone sono soggette a sviluppare malattie autoimmunitarie. Allora il grande elemento, forse l’unico (forse gli altri sono responsabili per il 5% dei risultati) ma il 95% dei risultati che abbiamo ottenuto nel controllo di malattie autoimmuni, in modo particolare nel controllo della sclerosi multipla, gli effetti sono dovuti, al 95%, alla vitamina D. E noi abbiamo bisogno di dare dosi molto elevate di vitamina D per ottenere un controllo completo della malattia. Queste dosi non sono uguali per tutti i pazienti, sono specifiche per ogni paziente e sono aggiustate in base al grado di resistenza che ogni persona portatrice di una malattia autoimmunitaria ha per la vitamina D (al grado di resistenza che possiede in relazione agli effetti della vitamina D). Quello che abbiamo fatto è sviluppare un metodo per aggiustare le dosi giornaliere individuali per ogni paziente, ed è fatto attraverso esami di laboratorio. Si raccolgono esami di laboratorio prima del trattamento, dopo di che si danno delle dosi già stabilite di vitamina D; e dopo almeno 2 mesi, che è il tempo necessario per aumentare e stabilizzare il livello di vitamina D nel sangue dei pazienti. Dopo 2 mesi si rifanno questi esami e si confrontano i risultati ottenuti prima e dopo il trattamento. Attraverso questo confronto riusciamo ad aggiustare la dose individuale per un determinato paziente. E dopo 2 mesi che abbiamo aggiustato, otteniamo l’effetto completo, che significa, nella pratica, ottenere lo stato di soppressione dell’attività della malattia. La malattia rimane soppressa dopo 2 mesi, dopo l’aggiustamento della dose giornaliera.

QUANTI PAZIENTI HA CURATO CON IL SUO PROTOCOLLO E QUALE E' LA SUA PERCENTUALE DI SUCCESSO?

Dunque, al momento stiamo lavorando con 5 medici che ci aiutano qui in clinica. Personalmente, io ho già visitato circa 1300 pazienti. Nella clinica, contando i medici che lavorano con noi da circa 1 anno, 1 anno e mezzo, in totale sono stati visitati 2500 pazienti e stiamo anche formando medici che lavorano all'estero. Ne esiste uno in Argentina, che lavora già con il nostro protocollo, e anche in varie città del Brasile. Questi medici stanno visitando centinaia di pazienti ciascuno. Allora ti posso dire che qui alla clinica abbiamo circa 2500 portatori di sclerosi multipla, stiamo parlando solo di questa malattia. Se parliamo anche delle altre malattie autoimmunitarie, certamente siamo passati a 3000 pazienti, ma parlando solo della sclerosi multipla, sono 2500 pazienti. Questo numero può ancora essere molto maggiore, considerato che non calcoliamo quei pazienti che sono stati visitati da 10 o 12 medici che lavorano in altre capitali del Brasile dopo aver fatto il trattamento qui. Ognuno deve aver visitato più di un centinaio di pazienti, allora questo numero ha raggiunto sicuramente migliaia di pazienti visitati e inoltre stiamo ricevendo pazienti dall'estero da vari Paesi. Questo è un fenomeno di internet, dei giorni nostri, le persone creano gruppi e questo in un certo senso è buono, perché i pazienti entrano in contatto gli uni con gli altri, per scambiare esperienze che hanno avuto con i diversi trattamenti. E questo ha creato un fenomeno proprio dei nostri giorni. Oggi, la grande maggioranza dei pazienti ci cerca dopo aver avuto accesso a internet. Abbiamo un paziente, che tu hai anche intervistato, si chiama Daniel Cunha, è un giornalista che ha raggiunto la svolta (“alta”) nella nostra clinica, è un ex portatore di sclerosi multipla, questo è una cosa importante che si dica. Perché dopo che riusciamo ad aggiustare il trattamento, cioè, la dose del paziente e comprovare che in due risonanze consecutive intervallate di 1 anno, cioè separate da 1 anno di intervallo, non si è avuta nessuna comparsa di nuove lesione, possono sparire lesioni recenti, ma non esiste nessuna lesione in attività, allora quando riusciamo a dimostrare questo e il paziente presenta miglioramenti, se lui non ha danni più vecchi, torna ad avere una vita normale, alla fine dei due anni di trattamento, durante il quale facciamo 3 o 4 visite, alla fine di questo periodo di due anni di trattamento, il paziente raggiunge la "svolta", bisogna mantenere la dose di vitamina D con le precauzioni necessarie per non provocare intossicazione, ma bisogna mantenere la dose di vitamina D e raccomandiamo che il paziente torni due anni dopo per una rivalutazione, poi, dopo cinque anni per una nuova rivalutazione. Noi non sappiamo ancora per quanto tempo il paziente ha bisogno di mantenere questa dose elevata di vitamina D e per adesso il trattamento è a tempo indeterminato, chiedendo che i pazienti facciano questa rivalutazione dopo due e cinque anni e forse in questo periodo riusciremo a stabilire un criterio per sapere se loro possono diminuire la dose e quali di loro devono continuare, ma in questo momento il trattamento si mantiene per tempo indeterminato.

QUALE E' LA PERCENTUALE DI SUCCESSO DEL SUO PROTOCOLLO SULLA SCLEROSI MULTIPLA?

Approssimativamente nel 95% dei pazienti con sclerosi multipla, la malattia si mantiene in remissione permanente. Mentre loro mantengono questa dose elevata, la malattia si mantiene inattiva, senza segnali, né clinici né di laboratorio, di nuove lesioni. Il 5% dei pazienti ottiene un risultato appena parziale, significa che ottengono miglioramenti, ma non hanno la remissione completa dell’attività della malattia. Noi, in questo momento, stiamo studiando quali siano le ragioni che portano questo 5% a non raggiungere la remissione completa della sclerosi multipla e siamo arrivati a due fattori fondamentali: il principale di questi è il mantenimento di uno stress emotivo elevatissimo, molto alto. Noi sappiamo oggi che lo stress emotivo può minare seriamente il risultato di questo trattamento. L'altro fattore che può pregiudicare il risultato di questo trattamento è l'abitudine di fumare: il tabagismo pregiudica molto il risultato del trattamento con la vitamina D, ma questo non è un fattore da mettere in relazione specificamente alla vitamina D, esistono informazioni nella letteratura medica che dicono che l’abitudine di fumare accelera la progressione della sclerosi multipla, anche se il paziente è sotto il trattamento tradizionale. Quando parlo di 95%, sono quei pazienti che non fanno qualche altro tipo di trattamento, se non la dose elevata di vitamina D, associata a una dieta e idratazione abbondante, che sono necessarie per evitare gli effetti collaterali. A parte questo, può darsi che le infezione continue, come le infezione delle vie urinarie, nei pazienti che prima di iniziare questo trattamento già soffrivano di una serie di problemi della funzione della vescica, della funzione urinaria, che sviluppano facilmente infezioni urinarie continue, noi sappiamo anche che queste infezioni urinarie continue possono ridurre gli effetti immunomodulatori della vitamina D. Io parlo di effetti immunomodulatori, perchè la vitamina D non sopprime l’attività del sistema immunitario. Oggi, noi sappiamo, per conoscenze consolidate, che la vitamina D sopprime specificamente il tipo di reazione immunologica, non fisiologica, aberrante, che è conosciuta con la sigla "TH17", che è la reazione immunologica che provoca le malattie autoimmuni. Quindi, tutte le malattie autoimmuni, tutta l’aggressione del sistema immunitario contro il proprio organismo sono provocate da un tipo di reazione che non è normale, non è fisiologica, è abberante e si chiama "TH17". La vitamina D è l'unica sostanza, almeno per la mia conoscenza, che è capace selettivamente di inibire questa reazione, senza pregiudicare le altre reazioni del sistema immunitario. Anzi, la vitamina D potenzia la capacità del sistema immunitario di reagire contro i virus, contro i batteri, come il bacillo della tubercolosi. La capacità del nostro sistema immunitario di reagire contro questi microrganismi è potenziata dalla somministrazione di vitamina D. È già conoscenza consolidata nella comunità scientifica, che i portatori di tubercolosi hanno bisogno di essere supplementati con vitamina D, affinché gli effetti antitubercolari diventino più efficaci. Inoltre, si sa che i pazienti, per esempio, portatori di HIV oppure portatori di epatite C, hanno bisogno di essere integrati con dosi efficaci, e non le dosi giornaliere internazionalmente "raccomandate", ma di una dose fisiologica di 10.000 unità al giorno, cosi che il virus dell'epatite C non provochi troppi danni al fegato, come accadrebbe se ci fosse una carenza di vitamina D. Lo stesso succede per gli altri esempi dell'HIV e della tubercolosi.

QUALE E' LA PERCENTUALE DI SUCCESSO SULLE MALATTIE INFIAMMATORIE CRONICHE INTESTINALI, COME LA RETTOCOLITE ULCEROSA E IL MORBO DI CROHN?

Si, la malattia di Crohn, le malattie infiammatorie intestinali, che includono la rettocolite ulcerosa sono malattie di cui noi siamo riusciti ad avere il controllo completo, utilizzando lo stesso protocollo di trattamento. E' importante la sua domanda, perché l'uso della vitamina D nel trattamento delle malattie autoimmuni non è diretto a una malattia o a un'altra, ma è diretto alla regolazione del sistema immunitario. Per esempio: sotto l'effetto della vitamina D, il sistema immunitario aumenta la quantità di un tipo di cellule che sono prodotte dal sistema immunitario con l’obiettivo di mantenerlo regolato. Queste sono chiamate "linfociti T regolatori" e la quantità di queste cellule aumenta molto sotto l'effetto della vitamina D. Contemporaneamente, la reazione TH17, che è una reazione anormale, non fisiologica, aberrante, è selettivamente inibita dalla vitamina D. Queste 2 cose sono importantissime per il controllo di qualsiasi malattia autoimmune. Queste malattie autoimmuni che hai menzionato come le infiammazioni intestinali, la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa, sono casi che abbiamo trattato e che hanno risposto in forma completa. Il paziente vive completamente libero dalle manifestazioni della malattia e mantiene una vita normale, ma bisogna anche continuare la dieta di cui ho parlato prima. Non può ingerire latticini, oppure nessun alimento integralmente costituito dal latte e deve mantenere anche un'idratazione di almeno 2,5 litri d'acqua al giorno. Ripeto, le malattie autoimmuni che hai menzionato, finora tutti i casi, che non sono tanti come i casi della sclerosi multipla, ma sono comunque decine di casi, tutti hanno risposto in modo completo, senza subire gli effetti della vitamina D in dosi elevate.

PER QUALE MOTIVO NON HA ANCORA LAVORATO A UNO STUDIO IN DOPPIO CIECO SUL SUO PROTOCOLLO?

Questa domanda, in relazione agli studi in doppio cieco, è molto importante perché non si possono randomizzare errori metabolici. Quello che voglio dire è che se c'è una persona che che ha un problema metabolico diagnosticato tramite laboratorio, per esempio: una persona con ipotiroidismo (carenza di ormoni della tiroide), che è potenzialmente letale e può provocare danni alla salute della persona, se non viene corretta. Altro esempio è il diabete di tipo 1, in bambini che non producono insulina, io sono obbligato a correggere questo deficit e devo somministrare insulina. Allora, in queste circostanze, quando il paziente ha un problema metabolico, una carenza, una resistenza acquisita in forma ereditaria, in relazione a un ormone o a una vitamina, io sono obbligato a correggere. Se io non correggo, commetto un errore di negligenza medica. Allora, quando tu stai parlando di uno studio in doppio ciecorandomizzato, tu mi stai dicendo che io devo avere un gruppo di pazienti che saranno trattati, per esempio, con elevate dosi di vitamina D e un gruppo di pazienti che riceveranno un placebo; e i medici e i pazienti coinvolti in questo studio non sono a conoscenza di quali pazienti ricevono la vitamina D e quali pazienti ricevono il placebo. Molto bene, io non potrei fare questi studi ai bambini con diabete, per esempio. Mai abbiamo fatto uno studio in doppio cieco randomizzato per sapere se l’insulina è adatta ai bambini con diabete. Mai l'abbiamo fatto e mai lo faremo. La stessa cosa succede con persone che hanno l’ipotiroidismo, perché siamo obbligati a dare una cura. Non sarà mai fatto uno studio in doppio cieco randomizzato, dove un gruppo riceverà l’ormone della tiroide e l’altro un placebo. La stessa cosa accade per la carenza di vitamina D. Una carenza di vitamina B12 può provocare una malattia neurologica devastante che distrugge il midollo spinale, per cui non si può lasciare una persona con carenza di vitamina B12, senza trattamento, perché sarei negligente. Non si può lasciare una persona con la pellagra, che ha una carenza di niacina (la vitamina B3), perché può causare diarrea, dermatite e anche la morte. Allora, queste persone non si possono lasciare con una carenza. Se io faccio uno studio in doppio cieco randomizzato, sarò negligente con il 50% dei pazienti. Il gruppo placebo sarà vittima di negligenza medica. Questo è un concetto molto importante, perché oggi si cerca di dire alla classe medica che qualsiasi risultato pubblicato nella letteratura non deve essere considerato se non è stato il risultato di uno studio in doppio ciecorandomizzato. Questo è un grande errore.

Persone con carenza di vitamina D o con resistenza agli effetti biologici della vitamina D, per loro questa carenza deve essere corretta e questa resistenza deve essere compensata con dosi più elevate, che siano in grado di ripristinare in questo individuo tutti gli effetti biologici della vitamina D. Allora, non abbiamo nessun studio in doppio ciecorandomizzato e non lo faremo con nessun paziente, perché esistono due grandi principi base della pratica medica, che vengono insegnati in tutte le scuole del mondo occidentale. Il primo principio dice di non peggiorare la situazione, non fare male, non agire sul tuo paziente in una forma che peggiori la sua situazione clinica. E il secondo principio dice che il paziente deve ricevere tutti i benefici possibili. Allora, se io lasciassi un paziente con deficienza di vitamina D, sapendo che la vitamina D è un grande immunomodulatore, forse la sostanza più potente immunomodulatrice che esista in natura, un paziente che ha una malattia autoimmunitaria e ha il sistema immunologico non regolato e produce una reazione immunologica aberrante, non fisiologica, chiamata TH17, se io lascio questo paziente con una deficienza dell’unica sostanza che selettivamente, in una forma potente, è capace di inibire questa reazione TH17, producendo linfociti regolatori, io sarò negligente nei confronti di questa persona. Allora, io non farò mai uno studio in doppio cieco randomizzato usando vitamina D e placebo in persone che hanno malattie autoimmunitarie. Perché? Perché non farei queste cose con mia figlia, con mia moglie e neanche con i miei pazienti.

ESISTONO STUDI OSSERVAZIONALI (NON IN DOPPIO CIECO O SIMILI) PUBBLICATI O IN CORSO, SUL SUO PROTOCOLLO? SE NO, PERCHE'?

Noi abbiamo iniziato a usare la vitamina D nel trattamento delle malattie autoimmunitarie nell'interesse del paziente. Il nostro obiettivo non era la ricerca, non era convincere qualcuno, ma è stato semplicemente esaudire il 2° principio basico della pratica medica: beneficiare in modo ottimale il paziente ossia, se il paziente ha una deficienza di un immunoregolatore potente, conosciuto e documentato, dobbiamo correggere questa carenza, se ha una resistenza, dobbiamo aumentare la dose in modo che possa compensare questa carenza. Allora, abbiamo accumulato molti dati lungo questo periodo e abbiamo acquisito esperienza nell’aggiustare le dosi per questi pazienti. Abbiamo pubblicato dati preliminari su vitiligine e psoriasi, e sono state le uniche malattie dove siamo riusciti a far approvare dal comitato etico-medico della UNIFESP (la nostra università) la ricerca. Noi volevamo che fosse attuato su altre malattie, ma purtroppo esistono fattori, che molte volte non capiamo, perché sono negativi rispetto alla volontà di fare un trattamento che potrebbe portare dei benefici, così come non capiamo come si possano negare le condizioni etiche affinché sia corretta una carenza in un paziente. Non riesco a capire, però la risposta è stata negativa per certe malattie. Questo non ci ha impedito di continuare a trattare i nostri pazienti in base ai loro interessi e abbiamo accumulato una grande esperienza di casi molto bene documentati. E quando avremmo la possibilità, solleciteremo un comitato etico che ci permetta di valutare in modo retrospettivo questi casi, se questo sarà possibile. Perché abbiamo delle regole per le pubblicazioni scientifiche. Allora, quando sottoporrò una pubblicazione a una rivista dove ci sono 2.500 pazienti trattati con elevate dosi di vitamina D, e vorremo pubblicare il decorso dei casi, l’editore della rivista ci chiederà dove si trova l’approvazione del comitato etico, perché altrimenti non potremo inviare questa nostra esperienza. Allora, prima dobbiamo sollecitare il comitato etico, affinché approvi una revisione delle cartelle cliniche di questi pazienti. Con la revisione delle cartelle cliniche possiamo inviare il materiale alla rivista medica. Speriamo che non ci siano problemi per quanto riguarda la revisione retrospettiva della storia clinica dei pazienti negli 11 anni di controlli. Però non sappiamo perché alcune volte certe persone prendono delle decisioni non adeguate per quanto riguarda la divulgazione delle conoscenze e per il beneficio dei pazienti.

ANCHE PER I MALATI DI PSORIASI LA PERCENTUALE DI SUCCESSO E' COME PER LA SCLEROSI MULTIPLA?

Si, esattamente, la percentuale di successo è simile alla sclerosi multipla. Ma è importante che si dica che quando abbiamo pubblicato questi lavori per la psoriasi e per la vitiligine, abbiamo usato una dose fissa per tutti i pazienti di 35.000 unità al giorno, associata a una dieta senza latticini, per evitare gli effetti tossici ai reni, e idratazione abbondante. In quell'occasione non abbiamo usato questo metodo di aggiustamento individuale della dose per ogni paziente. Abbiamo ottenuto questi risultati del 95% dei pazienti, quando abbiamo usato questo metodo di aggiustamento individuale della dose per ogni paziente, tenendo conto della risposta del laboratorio che ogni paziente ci mostra attraverso il confronto degli esami di laboratorio, fatti prima e dopo il trattamento, ossia dopo 2 mesi. Allora il risultato, in altre parole, è passato al 95% di successo, quando abbiamo iniziato a usare questo metodo di aggiustamento sulla risposta degli esami di laboratorio individuali, che ogni paziente ha in base a una dose prestabilita comune.

PER QUALE TIPO DI MALATTIE NEUROLOGICHE E' ADATTO IL SUO PROTOCOLLO E PER QUALE MOTIVO FUNZIONA?

Allora, alte dosi di vitamina D funzionano per le malattie autoimmunitarie in generale. Le malattie neurologiche autoimmunitarie dove abbiamo utilizzato la vitamina D, oltre alla sclerosi multipla, sono: la neurite ottica isolata, la sindrome di Guillain Barrè (GBS), la polineuropatia di origine autoimmunitaria, la miastenia grave. Queste sono le malattie neurologiche di origine autoimmunitaria che mi ricordo in questo momento. Il risultato di questo trattamento, quando utilizziamo il metodo di aggiustamento individuale delle dosi per ogni paziente, è stato lo stesso della sclerosi multipla: 95% di soppressione completa dell’attività autoimmunitaria. Ciò non significa che i danni irreversibili più vecchi provocati dal sistema immunologico, considerati come danni preesistenti, regrediscano. In generale, noi otteniamo come risultato una regressione completa o quasi completa, delle lesioni che si sono formate nel periodo di 1 anno prima dell'inizio del trattamento con elevate dosi di vitamina D.


OLTRE ALLE MALATTIE SCHELETRICHE E AUTOIMMUNI, IN QUALI ALTRI CASI IL SUO PROTOCOLLO PUO' ESSERE UTILE?

Esistono altre malattie, la cui comparsa è favorita o è dipendente dalla presenza di una deficienza di vitamina D. Per esempio, il ripetersi degli aborti nel primo trimestre di gestazione. Ad oggi, questa è considerata una malattia autoimmunitaria. Il sistema immunitario rifiuta l’impianto dell’embrione. Questo evento dipende dalla presenza di deficienza di vitamina D e di una resistenza parziale agli effetti biologici immunoregolatori della vitamina D. Anche la presenza di ipertensione, di pressione alta o altissima, alla fine della gravidanza, in situazioni così dette "eclampsia o pre-eclampsia", mettendo a rischio la vita della madre nella fase finale della gravidanza, per cui l’ostetrico deve anticipare il parto con il cesareo. Tutto questo può essere prevenuto con la somministrazione di dosaggi adeguati di vitamina D. Per dosaggi adeguati intendo dire 10.000 unità giornaliere. Inoltre, le donne in gravidanza, che non si espongono al sole in modo adeguato, favorendo così livelli molto bassi di vitamina D, corrono un alto rischio di far nascere figli che poi possono sviluppare un problema di autismo. L’autismo è altamente favorito dalla deficienza di vitamina D durante la gravidanza e nei primi anni di vita. La deficienza di vitamina D, verificandosi all’inizio della vita di un individuo durante la fine della gestazione o nei primi anni di vita, aumenta molto la possibilità che questo individuo, quando raggiungerà l’adolescenza sviluppi malattie psichiatriche come, per esempio, la schizofrenia. A prescindere dall'età, la insufficienza di vitamina D favorisce molto la comparsa della depressione. Processi depressivi sono favoriti o indotti a causa della presenza di deficienza di vitamina D, che è raramente presa in considerazione dai medici che oggi stanno trattando persone con depressione. È importante parlare del diabete. Sia quello di tipo 1, che è autoimmunitario, che quello di tipo 2, che è quello della maturità, entrambi sono altamente favoriti dalla carenza di vitamina D. La produzione di insulina è favorita dalla vitamina D. La deficienza di vitamina D favorisce lo sviluppo del diabete. Nel campo del diabete, gli effetti della deficienza di vitamina D sono oggetto di molte ricerche. Queste malattie sono le più importanti da menzionare per quanto riguarda la loro relazione con la vitamina D.

IL SUO PROTOCOLLO MIGLIORA ANCHE LA CAPACITA' DI ESPULSIONE DEI METALLI PESANTI NEI PAZIENTI CON SM,DATO CHE HANNO UN DEFICIT ENZIMATICO?

Io non ho nessuna informazione a riguardo, ma non significa che non esista, che la vitamina D possa facilitare l’eliminazione di metalli pesanti dall'organismo, non ho questa informazione. Ho una forte convinzione che l'insorgenza di malattie autoimmuni dipenda principalmente da tre fattori: che si tratti di un individuo che ha ereditato dal padre o dalla madre questa predisposizione, che riguarda una resistenza parziale agli effetti biologici della vitamina D. Dipende anche da un secondo fattore che è la deficienza di vitamina D, dovuta alla scarsa esposizione solare. E il terzo fattore è il fattore emozionale. Quest'ultimo sarebbe il fattore scatenante che porta all'attivazione delle malattie autoimmuni, compresa la sclerosi multipla, in persone che presentano gli altri due altri fattori che le predispongono a sviluppare questa malattia. Manca solo il fattore emozionale scatenante dato da un evento di vita ad alto stress emotivo. Per esempio: un adolescente o una adolescente che vive la separazione dei genitori; un individuo di 18, 19, 20 anni d´età che vive una rottura affettiva; una persona di 30-35 anni che vede la dissoluzione del suo matrimonio; una persona grande che assiste alla morte inaspettata del figlio. Sono traumi emozionali che, alla fine, portano all’attivazione delle ricadute delle malattie autoimuni, inclusa la sclerosi multipla. Data questa esperienza, di avere circa il 95% dei pazienti con il controllo totale della malattia usando alte dosi di vitamina D, non é che stiamo escludendo altri fattori che possano contribuire al processo, ma se questi fattori di fatto stanno contribuendo allo sviluppo delle malattie autoimmuni, il loro ruolo è molto minoritario, d´importanza fisio-patologica inferiore agli effetti della vitamina D o alla mancanza degli effetti biologici imunomodulatori della vitamina D nel nostro organismo.

MA E' LA CARENZA DI VITAMINA D CHE PROVOCA AUTOIMMUNITA' OPPURE E' LO STATO PATOLOGICO A PROVOCARE LA CARENZA DI VITAMINA D?

Molti ricercatori affermano che una persona con sclerosi multipla, avendo una deficienza neurologica che le impedisce di camminare liberamente, tende a rimanere in ambienti chiusi, dentro casa, per questo ha meno esposizione al sole e per questo ha una mancanza di vitamina D. Quindi affermano che la deficienza di vitamina D é una conseguenza della malattia e non la causa della malattia e questa sarebbe la questione. Bene, questo non spiega il perchè, e già esistono studi pubblicati nel 1986, quando si valuta in un paziente, nel corso di alcuni anni, la quantità di ricadute, prima e dopo essere stato trattato con vitamina D, queste ricadute diminuiscono drasticamente dopo il trattamento. Il numero di ricadute, dette “relapse”, sono diminuite drasticamente. Questo tipo di argomentazione sta escludendo il ruolo fondamentale della vitamina D, già molto ben documentato, come immunomodulatore. In parole povere, la vitamina D inibisce le reazioni in riferimento a tutte le malattie autoimmuni e alla reazione aberrante, non fisiologica, detta TH17. La vitamina D aumenta la quantità di linfociti immunoregolatori. Il livello di vitamina D, quanto più elevato è, più bassa sarà l’attività della malattia autoimmune; minore è livello della vitamina D, più è alta l'attività della malattia autoimmunitaria. Se si considerano tutti questi fattori insieme, si avrà solo un’unica spiegazione: la mancanza di vitamina D porta alla malattia autoimmune. Un altro fattore che può essere aggregato a questo insieme, che é solo spiegato per intendere la mancanza di vitamina D, come determinante o ausiliare dell’occorrenza della malattia autoimmune é in relazione alla differenza della linea dell’equatore, quanto più ci si allontana dalla linea dell’equatore, maggiormente si verifica la presenza di malattie autoimmuni. Se si analizza un Paese che è ben distante dalla linea dell’equatore, come la Norvegia, per esempio, si nota che nel nord della Norvegia il livello di sclerosi multipla, contrariamente alla regola della linea dell’equatore, si notano meno casi di malattie autoimmuni come la sclerosi multipla, in relazione al sud della Norvegia, dove è localizzata la città di Oslo. Anche questo si spiega in relazione alla vitamina D, perchè nella Norvegia del nord la dieta è fondamentalmente composta dal consumo di pesci di acqua fredda, che sono pesci ricchi in grassi, come il merluzzo o il salmone, i cui grassi contengono elevate quantità di vitamina D. Quindi possiamo invertire la regola dell’equatore quando c'è presenza di vitamina D. La stessa cosa si verifica in Svizzera, nelle Alpi svizzere, nelle città situate a circa 2.000 metri di altitudine, la quantità di vitamina D nel sangue della popolazione è maggiore che nel nord della Svizzera e il nord della Svizzera si avvina di più al livello del mare. Allora, perché succede questo? Possiamo spiegarlo con l’esposizione al sole. Nei Comuni localizzati in altezze elevate, in una posizione sopra le nuvole, si è soggetti a maggior esposizione solare. Le malattie autoimmuni non sono facilitate a causa delle temperature rigide, perché se fosse il contrario, nelle alpi svizzere si avrebbero più casi. Nelle Alpi svizzere ci sono meno casi, perché c’è più esposizione al sole e di conseguenza, più vitamina D. Nel nord della Svizzera c’è meno esposizione al sole e quindi quantità minori di vitamina D in circolazione nel sangue degli abitanti e di conseguenza più malattie autoimmuni. Tutte le epidemiologie delle malattie autoimmuni, sono rese comprensibili da un unico fattore: carenza di vitamina D. Tu puoi arrivare a considerare un unico fattore, un’unica caratteristica di distribuzione epidemiologica della vitamina D e dire: "No, ma esiste una spiegazione alternativa, le persone che sono affette da sclerosi multipla, quelle che hanno forme più gravi di sclerosi multipla, hanno una maggiore deficienza di vitamina D perché stanno più chiuse in casa." È una spiegazione alternativa, ma non spiega tutte le altre problematiche delle funzioni biologiche della vitamina D, di tutte le altre caratteristiche epidemiologiche della vitamina D. Caratteristiche epidemiologiche delle malattie autoimmuni.

E' D'ACCORDO SUL FATTO CHE E' FONDAMENTALE LA MISURAZIONE DEL PARATORMONE, PERCHE' QUESTO E' UNA CARTINA DI TORNASOLE CHE SERVE A VERIFICARE IL METABOLISMO DELLA VITAMINA D?

Il paratormone (PTH) per noi è di estrema importanza. Perché? Perché quando si somministra la vitamina D, la vitamina D inibisce la produzione di paratormone. Allora, se io misuro il paratormone prima di iniziare a somministrare la vitamina D e dopo 2 mesi, riesco a utilizzare l’abbassamento del paratormone (quanto è sceso il PTH con la somministrazione di vitamina D) io riesco a utilizzare questo come parametro di risposta biologica all'effetto della vitamina D. Questo è esattamente il fattore che noi utilizziamo per adattare la dose di vitamina D individualmente. Se la vitamina D inibisce la produzione del PTH, io aumento il livello di vitamina D fino a quando il PTH raggiunge il valore inferiore del normale. Non sopprimo il PTH, io aumento solamente la vitamina D finché il PTH giunge vicino al limite inferiore dalla fascia normale di variazione del PTH. Dalla produzione di questo effetto biologico, io deduco che: se la vitamina D ha ottenuto il massimo effetto nell’inibizione del PTH, deve anche aver raggiunto il massimo effetto immunoregolatore. E, attraverso questa premessa, noi adattiamo la dose di vitamina D a seconda dell’abbassarsi del PTH. Io non posso sopprimere il PTH, tanto da renderlo non individuabile, perché se lo sopprimo, metto l’individuo a rischio. Sta prendendo una dose così alta di vitamina D, che potrebbe sottrare una grande quantità di calcio dalle ossa. Aumentando questa quantità eccessiva di calcio, prelevato dalle ossa, e alzando la concentrazione sanguina, si può compromettere la funzione renale. Quindi, il paratormone per noi è una misura di sicurezza, un livello di sicurezza. Se io non sopprimo il paratormone, io sono sicuro che non sto dando dosi tossiche di vitamina D. Io posso bilanciare in relazione alla resistenza biologica agli effetti della vitamina D che quell’individuo ha per motivi genetici ereditari. Dico questo in altre parole. Un individuo può avere bisogno di una dose di vitamina D, per esempio, di 30.000 UI, per fare in modo che il suo paratormone raggiunga il valore inferiore del normale. Un altro individuo può avere bisogno di 100.000 UI per fare in modo che il suo PTH raggiunga questa fascia inferiore del normale. Quindi, misurare quanto si abbassa il PTH, per noi è un modo di aggiustare la dose di vitamina D, per la necessità individuale di quel paziente. Il livello del PTH è il test di laboratorio più facilmente disponibile, che ci può dare un'idea della resistenza della persona agli effetti della vitamina D. Esistono altre possibilità, altri elementi che noi possiamo misurare. Ma il paratormone è fatto da tutti i laboratori, non è una cosa eccezionale. Molti medici chiedono il dosaggio del paratormone. Allora, non è un test eccezionale, è un test facilmente disponibile in qualsiasi luogo del mondo.

QUALI DOVREBBERO ESSERE I LIVELLI IDEALI DI 25(OH) D3 E PTH IN UNA PERSONA CON UNA MALATTIA AUTOIMMUNE E QUALE NELLE PERSONE SANE?

In qualche modo, ho già risposto a questa domanda. Una persona che ha un livello di paratormone vicino al limite superiore del normale, questa persona probabilmente ha un livello di deficienza di vitamina D molto importante. E sta prelevando calcio dalle ossa per mantenere la concentrazione del calcio del sangue, dato che non ha abbastanza vitamina D per assorbire il calcio dall'intestino, dagli alimenti che transitano nell'intestino, che digerisce nell'intestino, per la mancanza di vitamina D. Allora, la persona che ha il paratormone vicino al limite superiore del normale oppure oltre il limite superiore del normale, questa persona ha una deficienza di vitamina D molto grave. E questa è una cosa che varia tanto per una persona con una malattia autoimmune, quanto per una persona sana. Per esempio, se una persona oggi non ha nessuna malattia autoimmune, questo non significa che non potrà avere una malattia autoimmune in qualsiasi momento del suo futuro. Allora, in termini di prevenzione, è molto importante che la persona mantenga il suo livello di PTH almeno nel punto medio, tra il valore inferiore e superiore del normale, attraverso la somministrazione di una dose realistica di vitamina D. Allora, la stessa persona sana, prendendo vitamina D, 10.000 UI, probabilmente (non sicuramente, ma probabilmente) questa dose sarà sufficiente per mantenere il suo paratormone dentro la fascia normale di variazione. Né vicino al limite superiore né oltre il limite superiore.

MA QUALE E' IL LIVELLO IDEALE DI PARATORMONE NEL SANGUE? Si, questa è una cosa importante... I laboratori hanno diverse fasce di variazione (range) per valutare la normalità del paratormone. Allora, un laboratorio può dire che per il test che fa, la modalità con la quale misura il paratormone, il livello normale varia, per esempio, tra 4 e 58 pg/ml. Un altro laboratorio può dire che per loro il normale range va da 12 a 65 pg/ml. Allora, questa domanda sul livello sotto 20 è per le persone che usano un laboratorio che dice che la fascia normale di valutazione è da 12 a 65. E quindi deve stare tra 20 e 12. Ma una persona che utilizza un secondo laboratorio che dice che il valore normale è da 4 a 58, allora io devo rimanere tra 10 e 4. La stessa cosa che ho spiegato prima. Io devo essere vicino al limite inferiore del normale, ma non sotto al limite inferiore del normale. Io doso la vitamina D per ottenere questo effetto. Allora, non è necessario essere sotto 20. Sotto 20, o sotto 10, o tra 12 e 20 o tra 10 e 4, dipende da qual’è il range di normalità che usa il laboratorio come riferimento. Per cui, dipende dal laboratorio.

QUALE DOVREBBE ESSERE L'INTEGRAZIONE MIGLIORE PER LA VITAMINA D? GIORNALIERA, SETTIMANALE, MENSILE O ANNUALE? E PERCHE'?

Non abbiamo ancora valutato se una somministrazione settimanale possa essere migliore o peggiore di una somministrazione giornaliera, o se una somministrazione mensile possa essere migliore o peggiore di una somministrazione settimanale. Non abbiamo fatto nessuno studio a riguardo. Siamo partiti solo dal presupposto che la buona norma sia che una persona si esponga al sole ogni giorno. Allora, se questa è la normalità, cerchiamo di aggiustare la dose in accordo con le somministrazioni giornaliere, e questo é giustificato dal fatto che si evitano le grandi variazioni provocate da somministrazioni molto distanziate l'una dall'altra. Allora, quando noi somministriamo quotidianamente, la variazione della concentrazione sanguigna si mantiene piú regolare, meno oscillante, e l'ampiezza di variazione sará minore.

CHI SEGUE IL PROTOCOLLO DEVE BERE ALEMENO 2,5 LITRI DI ACQUA. E LE PERSONE SANE CHE ASSUMONO 10.000UI AL GIORNO? Chi prende 10.000 unitá al giorno sta prendendo una dose fisiologica, la stessa dose che produrrebbe la sua pelle se venisse esposta al sole per venti minuti, senza filtro solare, vestita con una maglietta a maniche corte e calzoncini corti, in altre parole lasciando braccia e gambe esposti al sole, essendo una persona di pelle chiara e giovane. Allora, questo non può provocare nessun problema a nessuno perché è la quantità che produciamo normalmente. Quindi, non c´è la necessitá di fare una dieta o qualsiasi idratazione speciale, oltre a quella che ogni individuo dovrebbe fare normalmente per mantenersi in salute. Non c'è necessità di prendere nessuna precauzione quando si assumono 10.000 UI di vitamina D. Mia figlia prende 10.000 unità di vitamina D al giorno da più di sei anni. Non c´è nessun problema nel prendere 10.000 unità di vitamina D al giorno, non c´è necessità di prendere nessuna misura di precauzione. Questa, con certezza, non è una dose tossica, questa dose è venduta senza prescrizione medica negli Stati Uniti senza alcun problema.

IN CHE MODO IL SUO PROTOCOLLO INTERAGISCE CON IL MICROBIOTA INTESTINALE, CON L'APPARATO DIGERENTE E CON I VDR?

Allora, in realtà non conosciamo nessun effetto della Vitamina D sulla flora intestinale normale. Se esiste una pubblicazione a questo riguardo, non è di mia conoscenza. Siccome la Vitamina D aumenta la potenza di reazione contro gli agenti patologici, possiamo anche aspettarci che la Vitamina D riduca la presenza di batteri nocivi nell´intestino. Questo speriamo. Non ho nessuna informazione che dica che la vitamina D possa alterare in forma nociva l´apparato digerente. È possibile che la mancanza, la deficienza di vitamina D possa pregiudicare il lavoro dell´apparato digerente, dato che tutte le nostre cellule, incluse quelle dell'apparato digerente, rispondono biologicamente agli effetti della vitamina D. Altera le sue funzioni in relazione agli effetti della vitamina D. L'attività propria dell´apparato digerente può essere favorita con la correzione della deficienza di vitamina D. Ma, effetti nocivi provocati da alte dosi di vitamina D (a meno che non siano tossiche, cioè accompagnate da un corrispondente aumento di calcio nel sangue), effetti nocivi all´apparato digerente non ci possono essere, con uso di alte dosi di vitamina D, calibrate in accordo con gli esami di laboratorio. Per quanto riguarda i recettori della vitamina D, esistono varie malattie che sono legate alle mutazioni genetiche del recettore della vitamina D, rendendo queste persone resistenti alla vitamina D. La comparsa di questa resistenza può essere dovuta al fatto che l'individuo in questione abbia un'alterazione dell´enzima che si occupa dell'attivazione della vitamina D, che sono due idrossilasi. L'individuo può avere un´alterazione della prima idrossilasi, della seconda idrossilasi, può avere un'alterazione del ricettore della vitamina D che è presente nelle cellule, obiettivo dell´azione della vitamina D.

L'individuo può anche avere un'alterazione genetica ereditaria della proteina che cattura la vitamina D e la carica con sé nella circolazione sanguigna. Quindi, ci sono varie alterazioni genetiche che possono spiegare la resistenza dell´individuo all´assimilazione della vitamina D. Un individuo poi può avere bisogno di molta più vitamina D per il fatto d´avere un peso eccessivo per la sua altezza. Le persone più anziane hanno poi una minore quantità di recettori della vitamina D in ogni singola cellula: diminuisce la concentrazione di recettori della vitamina D in ogni singola cellula con l´aumento dell´età. Ci sono quindi vari punti che spiegano perché in determinati casi un individuo vede aumentata la sua resistenza parziale agli effetti della vitamina D. Un individuo può essere affetto da due o tre di questi punti che contribuiscono alla sua resistenza agli effetti della vitamina D. Per questo, noi utilizziamo l´effetto finale di questa catena, che è la riduzione dei livelli del paratormone. E' un modo per evitare di dover verificare qual è effettivamente la ragione di questa resistenza. Non importa se la ragione è questa, è quella, o se ci sono più ragioni concomitanti per questa resistenza alla vitamina D. Misurando l´effetto biologico, che è la riduzione dei livelli del paratormone, noi vediamo l´effetto finale di tutti questi possibili punti di resistenza alla vitamina D, ed è un modo di ottimizzare il nostro lavoro, per poi raggiungere il migliore effetto biologico della vitamina D per quell´individuo, a prescindere dal motivo per il quale ha una resistenza. Noi semplifichiamo tutto misurando un solo effetto biologico, che sarebbe la riduzione dei livelli del paratormone.

PERCHE' LA VITAMINA B2 E' MOLTO IMPORTANTE NEL SUO PROTOCOLLO? Si, perché quando si produce la vitamina D nella pelle o si ingerisce vitamina D, si sta ingerendo la forma inattiva della vitamina D, che è chiamata colicalciferolo. Questo colicalciferolo subisce l’azione di due enzimi, in modo consecutivo, per essere trasformato nella forma finale, che è appunto la forma attiva. Quindi, il colicalciferolo subisce l’azione di un enzima chiamato 25-idrossilasi, che aggiunge un gruppo chimico chiamato idrossile in posizione 25 della molecola del colicalciferolo, trasformando questo colicalciferolo in calcidiolo-25-idrossi-vitamina D, che è quello misurato nel sangue per rilevare se l’individuo ha deficienza o no. A sua volta questa sostanza, 25-idrossi-vitamina D o calcidiolo, subisce l’azione di una seconda idrossilasi, che aggiunge un altro gruppo chimico in posizione 1. Per cui, questo enzima, che è chiamato 1-alfa-idrossilasi, può essere geneticamente alterato. Infine si produce, attraverso la seconda idrossilasi, la forma attiva della vitamina D, chiamata 1,25-diidrossi D3 o calcitriolo, che andrà poi a produrre l’effetto biologico finale sul sistema immunitario e su tutte le cellule del nostro organismo. Molto bene, queste idrossilasi dipendono dalla vitamina B2, non direttamente, ma indirettamente, perché nel passaggio di idrossilazione della vitamina D, gli enzimi si ossidano, e affinchè si possa raccogliere una nuova molecola, idrossilare un’altra molecola, quindi, deve essere ridotta, chimicamente chiamato processo di riduzione. E questo processo di riduzione richiede la presenza di vitamina B2. Circa il 10-15% della popolazione in generale, mondiale in generale, ha molta difficoltà ad assorbire la vitamina B2. Questa è un’altra alterazione genetica che riguarda il10-15% della popolazione. In alcune regioni d’Italia che hanno avuto la malaria endemica nel corso dei secoli, dal 300 a.C., questa percentuale può essere più alta, può arrivare al 50% degli individui interessati e queste regioni in genere corrispondono alla penisola del Po, che è la regione di Venezia e a un’altra regione nel lato ovest dell’Italia... Un'altra regione che ha avuto casi di malaria endemica nel corso di vari secoli, dal 300 a.C., è la Sardegna, dove ci sono stati casi di malaria endemica nel corso dei secoli. E, in apparenza, le persone che avevano difficoltà nell’assorbire la vitamina B2 dagli alimenti erano resistenti alla malaria, quindi, i bambini che avevano questa questo problema genetico non morivano di malaria nell’infanzia, potevano passare all’età adulta e trasmettevano i loro geni alle generazioni future, A differenza dei bambini che non avevano questa alterazione genetica ed erano suscettibili alla malaria.

Allora, la maggior parte dei bambini, che non avevano questa alterazione genetica morivano di malaria nell‘infanzia e non potevano passare i loro geni alle generazioni future, arrivare all’età adulta e passare i loro geni alla generazione futura. Quindi, nel corso dei secoli, c’è stata una selezione naturale e in queste regioni d’Italia troviamo molte più persone con difficoltà ad assorbire la vitamina B2, la riboflavina, in confronto al resto della popolazione mondiale, dove si ha circa il 10-15% di individui con questa difficoltà ad assorbire la riboflavina. In queste regioni d’Italia, individui discendenti da italiani, che abitano anche in Brasile e sono discendenti da italiani che vengono da quelle regioni d’Italia, hanno una maggiore probabilità di essere portatori di questa difficoltà di assorbire la riboflavina. Questo può contribuire alla resistenza alla vitamina D, perché a volte le idrossilasi, in mancanza di un livello di vitamina B2 adeguato, funzioneranno male e sarà un altro fattore che contribuirà alla resistenza alla vitamina D. Allora, per questo motivo, in modo che non si debba dosare la vitamina B2 in tutti gli individui, visto che non è un test facilmente disponibile nei laboratori e il sistema sanitario non copre questi esami, per non dosare la vitamina B2, noi somministriamo la vitamina B2, che è assolutamente innocua, a tutti gli individui, in una dose maggiore di quella che normalmente si dà, con l’obbiettivo di coprire quella carenza...

QUALE E' LA REALAZIONE TRA VITAMINA D E FOSFORO?

Abbiamo misurato il fosforo perché la vitamina D mobilizza sia il calcio che il fosforo dal tessuto osseo. E dato che noi stiamo usando dosi inedite di vitamina D, questo è stato anche un suggerimento del professor Michael Holick, per cui dobbiamo documentare tutto ciò che sta succedendo. Una delle nostre preoccupazione è che non venga alterato il fosforo; che i livelli di fosforo non vengano alterati. Infatti, il dosaggio che usiamo, con queste precauzioni, non alterano i livelli di fosforo. È soltanto una precauzione per avere la certezza che i pazienti stiano bene dal punto di vista laboratoriale. Tutti i parametri laboratoriali che possono essere alterati per l´uso di alte dosi di vitamina D vengono misurati e questo è solo uno di loro. Questa è la ragione per cui misuriamo i livelli di fosforo.

QUALE E' IL RUOLO DELLA VITAMINA D IN CASO DI INSUFFICENZA RENALE CLINICA?

I pazienti affetti da insufficienza renale, per noi è un gran problema dare loro dosi elevate di vitamina D. Perché se io do una dose di vitamina D che provoca un assorbimento eccessivo di calcio, sia delle ossa che dell´intestino, io devo avere la certezza che i reni lo espelleranno; tuttavia, se una persona ha l`insufficienza renale, io perdo questa certezza. Quindi, se una persona ha una insufficienza renale, questo causa molto più lavoro, dobbiamo aver molta più cura rispetto a una persona che ha delle funzioni renali normali. Questa è l`unica cosa che posso dire sull`insufficienza renale. Ci sono delle malattie come il lupus eritematoso sistemico, nel quale il sistema immunologico aggredisce i reni. Cerchiamo di “arrestare" il lupus prima che provochi la lesione renale. Se la persona ha già delle lesioni renali dobbiamo avere molta più cura. Iniziamo con un dosaggio basso di vitamina D per la sicurezza che nulla succederà alla persona. C´è bisogno che i reni espellano l'eccesso di calcio che si forma nella circolazione e se la persona ha una insufficienza renale questo diventa un problema.

L'INTEGRAZIONE DI VITAMINA D E' INCOMPATIBILE CON LA CARENZA DI G6PD(FAVISMO)?

La deficienza di G6PD è una delle malattie che sono aumentate in Italia come conseguenza della malaria endemica. Le persone con deficienza di G6PD sono resistenti alla malaria. È lo stesso tipo di selezione naturale che è successo con la deficienza della riboflavina. Però non ho nessun dato che mi indichi che la vitamina D e la deficienza di G6PD sono cose incompatibili, nel senso, che non possa dare vitamina D alle persone che hanno carenza di glucosio-6-fosfato-deidrogenasi, che è chiamata G6PD. Non vedo nessuna incompatibilità.

QUALE E' LA RELAZIONE TRA VITAMINA D E DISTONIA?

Non ho questa informazione, che la vitamina D possa aiutare persone con la distonia. Per ora non ce l'ho, però posso fare una ricerca, perché la vitamina D è una sostanza che ha tante funzioni, tutte le cellule rispondono alla vitamina D; il fatto che io non abbia informazioni a riguardo, o il fatto che non sia stato pubblicato nessuno studio sulla relazione tra la vitamina D e la distonia, queste cose non stanno a indicare che la vitamina D non possa portare dei benefici alle persone con la distonia. Ma non ho proprio l`informazione disponibile in questo momento.

HA MAI AVUTO PAZIENTI CON ADN (ADRENOLEUCODISTROFIA) ? SI PUO' TRATTARE CON IL SUO PROTOCOLLO?

No, non abbiamo nessun paziente con l'adrenoleucodistrofia, che è una malattia metabolica. Non c´è una relazione diretta con la vitamina D. Molte persone che hanno delle malattie degenerative del sistema nervoso, potenzialmente possono essere favorite da un dosaggio ragionevole della vitamina D. Sicuramente, queste persone non possono rimanere con deficienza di vitamina D, perché si sovrapporrebbero due fattori: il problema genetico, ereditario, metabolico, proprio di quella malattia e, in più, la deficienza della vitamina D, che può accelerare la progressione della malattia. Allora, suggeriamo alle persone che hanno delle malattie neurologiche o metaboliche che non hanno una relazione diretta con la vitamina D, suggeriamo che debbano, più delle altre persone, di mantenere i livelli normali di vitamina D. Sconsigliamo dei dosaggi alti di vitamina D, ma soltanto dosaggi normali di 10.000 UI al giorno. Queste persone devono preoccuparsi, piu delle altre persone, di non essere carenti di vitamina D.

UN PAZIENTE PUO' PRENDERE LA VITAMINA d E IL CUMADIN INSIEME?

Per un paziente che prende questi anticoagulanti con la vitamina D? Di base non esiste nessuna incompatibilità con la vitamina D, di fare il trattamento con la vitamina D, o l’alto dosaggio di vitamina D, sempre osservando le precauzioni: dieta e idratazione. Non abbiamo informazioni che possa provocare alcun problema con l`uso di anticoagulanti. Un avviso importante è per le persone affette da ipertiroidismo, ossia livelli elevati degli ormoni della tiroide, e che non prendono medicinali o non seguono trattamento che mantenga i livelli normali degli ormoni della tiroide, queste persone possono essere molto sensibili agli effetti tossici della vitamina D. L'ormone della tiroide potenzia l´effetto della vitamina D nel mobilitare il calcio dalle ossa. Queste persone sono più sensibili alla vitamina D, quelle che hanno ipertiroidismo non trattato, non controllato. Questo è un avviso, abbiamo avuto già due casi di persone che hanno sviluppato l'ipertiroidismo, che sono diventate più sensibili alla vitamina D di quello che abitualmente si verifica; il livello di sensibilità di queste persone è più alto di quelle che hanno la normale funzione tiroidea.

CI SONO FARMACI CHE NON SONO COMPATIBILI CON LA VITAMINA D?

Si, diciamo ai pazienti che devono prendere antibiotici o antinfiammatori, farmaci che sono tossici per i reni, che devono aumentare l´idratazione. Non basta bere 2,5 litri di liquidi, ma un litro in più: 3,5 litri di liquidi al giorno, Perché quando il farmaco passa per i reni, in questo modo viene diluito e diminuisce l'effetto nefrotossico, cioè tossico per i reni.

PENSA CHE PER PRENDERE 10.000UI AL GIORNO SIA NECESSARIO ESSERE SOTTO CONTROLLO MEDICO?

La persona che assume 10.000 unità di vitamina D prende la stessa dose di vitamina D che un giovane produrrebbe nella pelle se vestito con maglietta a maniche corte e pantaloncini corti, lasciando braccia e gambe esposte al sole, una persona giovane e di pelle chiara, senza uso di filtro solare, produrrebbe 10.000 UI di vitamina D, che non può essere considerata una dose tossica di vitamina D. E non c´é nessun bisogno di fare controlli di laboratorio o di essere sotto controllo medico, per il semplice fatto che un adulto sta prendendo 10.000 unitá di vitamina D. Questo, peró, non é valido quando si tratta di bambini; ai bambini sottopeso, questa dose può risultare eccessiva.

E' DISPONIBILE A VENIRE IN ITALIA PER UN SIMPOSIO SUL SUO PROTOCOLLO CON ALTE DOSI DI VITAMINA D?

Si, l'importante è che il simposio abbia una logica e sia produttivo; che permetta di entrare in contatto con professionisti disposti a lavorare con questo protocollo, usando la vitamina D a favore dei pazienti, in questo caso abbiamo tutto l'interesse. Poco produttivo sarebbe andare in Italia solo a fare quello che stiamo facendo adesso qui, cioè solo per orientare il pubblico, perché ripeteremmo solo le stesse cose. Il personale medico che fosse interessato, altri professionisti che siano interessati nei risultati di questo trattamento, possono fare domande tecniche che non siano state fatte qui oggi. Allora, in questa situazione sarebbe molto produttivo un viaggio in Italia, per la quantità di persone che possono avere un beneficio con questo trattamento, per i giovani che potrebbero diventare ciechi o paraplegici a causa dalla sclerosi multipla, o che potrebbero soffrire per tutta la vita gli effetti di una malattia come l'infiammazione del colon, e molte altre giá menzionate. La presenza di un professionista in Italia che mettesse in pratica questo trattamento, darebbe un beneficio alle persone che vivono in Italia incommensurabile. Non si ha idea dei benefici che si potrebbero avere. E lui avrebbe la stessa soddisfazione, lo stesso livello di gratitudine, immenso, che noi stiamo ricevendo, tenendo le persone al di sopra delle ricadute ("alta") della sclerosi multipla e delle malattie autoimmuni. Perdiamo un paziente quando raggiunge il risultato atteso ("alta"), ma riceviamo come ricompensa un amico per tutta la vita e questa è una cosa che non ha prezzo.

PER I MEDICI INTERESSATI : Scrivere in inglese, allegando CV in inglese e dichiarando la propria conoscenza della lingua inglese, a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. L'oggetto deve essere obbligatoriamente questo, in portoghese: "ESTAGIO DE MÉDICOS ITALIANOS - L. RUBINI" THANKS TO: Mona Montirami, Iara pavoni, Juliana Lopes Marinho, Christian Porcaro, Matteo Gennari, Isabel Cristina Guandalini Cilla, Juliana Lopez Marinho, Enri Tommasin, Alessandro Tuoni, Caterina Brunelli, Andrea Ceravolo, Matilde Costantini, Jonathan Mullins, Nicola pace, Chiara Schenetti and Simonetta Silvestri. Luisa Rovati Questa operazione è senza scopo di lucro, perché la salute non ha prezzo, come la riconoscenza del prossimo.

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