“La Medicina che vorrei. Personalizzata, integrata e umanizzata” . È questo il titolo dell'ultimo libro del dottor Roberto Gava (1) che, dopo quarant'anni di pratica medica, riflette sulla malattia, sui trattamenti medici e sulla crisi della figura del Medico. Lo abbiamo intervistato per approfondire con lui i contenuti e gli obiettivi di questo testo.

Che cosa si intende per Medicina “personalizzata, integrata e umanizzata”?

Al di fuori di una vera emergenza sanitaria pubblica (che da noi non esiste), l’obiettivo principale di ogni trattamento medico, preventivo o curativo, dovrebbe essere sempre la sua personalizzazione, per adattarlo alle soggettive caratteristiche fisiopatologiche, nutrizionali, familiari, sociali e ambientali di ogni individuo. La ricerca medica più moderna va in questa direzione: si punta alla personalizzazione della terapia e si cercano i farmaci più efficaci per la singola persona, ad esempio anche in base ai suoi caratteri genomici. Quindi ritengo che oggi non si debba usare alcun trattamento che non sia stato preventivamente personalizzato. Infatti, se è vero che ogni uomo è unico e diverso dagli altri e che le cause delle malattie sono personali (oggi più che mai sembra che le cause prime delle patologie siano prevalentemente psichiche e quindi molto personali), mi sembra ovvio che anche la terapia debba essere personalizzata!

Anche l'integrazione, a mio avviso, oggi dovrebbe essere obbligatoria data la complessità delle patologie attuali che stanno diventando sempre più croniche. Una patologia diventa cronica quando noi non la sappiamo guarire e la trattiamo con i farmaci chimici che in realtà sarebbero adatti solo per la cura delle patologie acute (cioè per trattamenti brevi) o per la cura delle patologie irreversibili. Usare cronicamente un farmaco significa causare effetti indesiderati e quindi nuove patologie. Allora penso che i medici dovrebbero umilmente aprirsi ad altri approcci terapeutici, sia antichi (come quelli della Medicina Tradizionale Cinese), o un po’ datati (come l’Omeopatia) o moderni (come per esempio quelli della Medicina Quantistica e delle tecniche di Biorisonanza). In questo modo si potrebbero ridurre drasticamente l’uso e l’abuso dei farmaci (che sono la terza causa di morte nei Paesi industrializzati!) e si potrebbe anche risparmiare molto denaro pubblico.

 

Quindi abbiamo bisogno di una Medicina Integrata! Però abbiamo anche bisogno di una Medicina Umanizzata, perché l’uomo non è una macchina e non è neppure un semplice animale, perché è dotato, oltre che di corpo, anche di psiche e spirito. Il medico deve valorizzare tutto questo e considerarlo sia come possibile causa di patologia, sia come porta d’entrata per impostare una terapia che sappia agire a livello psichico e spirituale. E se un medico non sa fare tutto questo, deve ugualmente considerarlo e indirizzare il suo paziente ai professionisti competenti.

Su quali basi dovrebbe poggiare il rapporto medico-paziente e come invece questo si configura oggi abitualmente?

La meravigliosa complessità umana richiede sicuramente un rapporto medico/paziente basato sul colloquio e sull’ascolto, sul consenso, sulla complicità e sulla collaborazione reciproca. Il medico dovrebbe usare tutto il suo essere e il suo sapere per soccorrere, aiutare e consigliare il suo paziente trattandolo come tratterebbe se stesso. Oggi invece la professione medica per troppi aspetti sembra diventata un lavoro del tutto sovrapponibile a quello di una attività commerciale, ma in questo modo la nostra Medicina moderna non avrà futuro, perché distruggerà se stessa e distruggerà anche lo stesso Paziente, che subisce passivamente questo ingranaggio speculativo.

Per curare questo grande male, oggi purtroppo imperante specialmente ai livelli dirigenziali, temo che non serva più agire sul Vertice, cioè su coloro che hanno potere decisionale sulla Sanità Nazionale e su coloro che controllano la ricerca scientifica, ma credo che si possa solo agire sulla Base, da una parte facendo crescere i Malati in conoscenza, coscienza di loro stessi e consapevolezza del fine ultimo della loro esistenza, e dall’altra facendo crescere i Medici in coscienza e in amore per la loro meravigliosa Missione. Anche questo è lo scopo del mio libro: io so di non essere nessuno e che riuscirò a fare molto poco … però la mia “goccia” la voglio mettere nel “grande mare” della Medicina attuale.

Cosa intende per medicina amministrata?

Per Medicina Amministrata, termine utilizzato dal Prof. Ivan Cavicchi, si intende una Medicina vincolata a seguire primariamente procedure standardizzate con lo scopo di risparmiare. Con la Medicina Amministrata il Medico perde il controllo sia sui mezzi che impiega sia sugli scopi della cura, diventando di fatto un professionista tecnico-esecutivo. La Medicina Amministrata gestisce il Medico imponendogli un metodo “dall’alto” e lo fa attraverso i Protocolli o le Linee Guida. Un Medico di questo tipo è un buon esecutore di ordini, che però riducono fortemente la sua libertà di decisione e di cura.

Nella Medicina attuale tutto questo è palesemente anacronistico e snatura la professione medica che deve essere libera in tutte le sue espressioni per poter scegliere per ogni paziente, che è un soggetto unico e irripetibile e quindi diverso da tutti gli altri, il trattamento migliore o il non trattamento (a seconda del caso). Il metodo diagnostico-terapeutico da usare deve essere a sostegno delle conoscenze omnicomprensive del medico, ma in nessun caso può sostituirle, perché al medico capita spesso di trovarsi di fronte una realtà che raramente trova conferma nelle teorie precostituite dai Protocolli. Infatti, nel momento in cui il medico tenta di rispondere in modo adeguato alla complessità della malattia umana, è costretto ad adattare il metodo al suo paziente, perché i Protocolli e le Linee Guida sono stati pensati per la complessità, ma secondo logiche economico-riduzioniste … e talvolta, in qualche caso, anche a vantaggio del consumismo farmacologico.

Quali sono i principali problemi dei metodi di cura attuali?

Un giorno un amico Medico mi ha detto: “La Medicina Occidentale sta attraversando un periodo molto buio dove lo scientismo ha sostituito la vera Scienza e dove il marketing vince sulla salute delle persone e, ultimamente, anche sul buon senso e sulla semplice osservazione della realtà. C’è bisogno di un profondo cambiamento e che si sentano anche altre ‘campane’. O cambiano i comportamenti medici o cambiamo i medici”.

Nell’attesa che si realizzi questo cambiamento, momentaneamente io posso solo fare un’analisi della realtà. Da questa analisi, che è frutto della mia esperienza professionale, credo si possano evidenziare essenzialmente cinque ‘punti deboli’ della nostra Medicina Moderna:

1. La perdita del dialogo e dell’ascolto personale tra medico e paziente.

2. La frammentazione dell’Uomo, che è invece un’unità indissolubile.

3. La soppressione farmacologica fine a se stessa di ogni quadro sintomatologico della persona, senza chiedersi cosa l’ha causato e quindi cosa dovrebbe essere modificato nell’atteggiamento del malato, dato che un fattore causale o scatenante deve pur esserci stato.

4. L’ipermedicalizzazione farmacologica del Malato, come più comune conseguenza dei tre punti precedenti, con grande rischio tossicologico e quindi di nuove patologie future per colui che già soffre per i suoi problemi.

5. I conflitti di interesse presenti nella Sanità attuale e il potere dell’Industria Farmaceutica che condiziona al suo profitto economico ogni orientamento dei trattamenti medici.

Ognuno di questi aspetti ha il suo senso e le sue radici, ma oggi dobbiamo avere il coraggio di cambiare per migliorare ulteriormente la nostra Sanità e le nostre attuali condizioni di vita.

Nel libro sostiene che la prima terapia è la prevenzione. A cosa fa riferimento quando parla di prevenzione?

Sappiamo che una malattia non traumatica si sviluppa in un distretto del corpo solo quando tutto l’organismo si trova in uno stato di squilibrio. Sappiamo pure che la persona umana ha in sé le ‘armi’ per proteggersi da quasi tutti gli squilibri (ci sono poche eccezioni, come quelle causate dai traumi e dagli avvelenamenti). Pertanto, se una malattia si instaura, significa che la persona non è stata in grado di attivare tutte le sue difese.

Partendo da un tale presupposto, risulta ovvio che la migliore prevenzione non è quella di agire di volta in volta sul distretto dell’organismo che secondo il nostro giudizio appare debole o alterato (somministrando, per esempio, il vaccino per l’influenza, l’Aspirina® per fluidificare il sangue e prevenire le patologie cardiovascolari, l’antibiotico per uccidere i batteri, ecc.), bensì quella di tenere perfettamente funzionanti tutti i fisiologici meccanismi difensivi dell’individuo. Questo è raramente possibile con i farmaci chimici, sia perché agiscono solo su distretti ben delimitati del corpo, sia perché sregolano invece di potenziare i nostri meccanismi fisiologici, mentre lo si può fare con qualcosa che agisca sull’intera Persona e che rispetti i nostri fisiologici meccanismi omeostatici. Pertanto:

la migliore prevenzione, è mantenere in salute

tutte le componenti della persona:

il corpo, la psiche e lo spirito.

Più volte nel libro afferma che “il nostro corpo ci parla prima di ammalarsi”. A quali segnali dovremmo prestare attenzione?

Il nostro corpo, indipendentemente dall’età, ci avvisa sempre prima di ammalarsi… ma dobbiamo ascoltarlo. Ad esempio, il nostro corpo ci dice, e ce lo ripete mille volte usando in genere sempre lo stesso linguaggio, che si sta indebolendo, che è stanco, che gli manca qualche sostanza nutrizionale per lui necessaria… ma quasi mai noi gli poniamo attenzione. Anzi, il più delle volte non sappiamo neppure quali sono i suoi linguaggi più semplici per avvisarci delle sue debolezze e disturbi e allora è palese che non li potremo considerare. Per capire il linguaggio del corpo, tappa fondamentale se vogliamo stare in salute e vivere a lungo, consiglio prima di tutto di:

- dargli importanza: dedicargli un po’ della nostra attenzione;

- studiare per acquisire informazioni e conoscerlo meglio;

- interrogarsi sui suoi “linguaggi” o comportamenti: chiedersi sempre perché talvolta e in alcune condizioni si comporta in modo anomalo o singolare o personale (se gli organismi sono diversi tra loro, pure i loro linguaggi saranno personali).

Questi tre consigli dovrebbero diventare anche un fondamento della metodologia medica, perché il Medico dovrebbe valorizzare qualsiasi messaggio che giunge dal corpo del Paziente e non solo quelli che lui già conosce e sa interpretare. È proprio interrogandosi sui “linguaggi” insoliti e anomali del corpo dei malati che il medico cresce in conoscenza e in capacità di cura.

Quindi, consiglierei a tutti, medici e non-medici, di seguire tre regole fondamentali:

I Regola: Fermarsi e osservare il malato.

II Regola: Ascoltare quello che il malato dice.

III Regola: Dare una interpretazione logica dei messaggi verbali e non verbali del malato chiedendoci cosa ci sta realmente dicendo.

Quali caratteristiche dovrebbe avere il “medico ideale”?

Credo che il medico che vuole dedicarsi alla Medicina Clinica, e cioè al contatto diretto con il malato, non può certamente essere uno qualsiasi ma, come ho spiegato nel mio libro, dovrebbe essere un medico con doti particolari: sereno, riflessivo, ragionevole più che razionale, dotato di molto buon senso, privo di conflitti di interesse, prudente, senza pregiudizi, cioè aperto alla relazione e al confronto, aperto all'ascolto e all'accoglimento, paziente, mite, umile, studioso, psicologo, inarrendevole, caritatevole, ricco di valori morali. Medici di questo tipo possono essere formati solo da molta scienza, esperienza, buon senso, riflessione, introspezione e carità. Pertanto, non potranno essere ‘medici qualunque’, ma persone ricche di molte doti scientifiche, umanitarie e spirituali insieme.

Gli uomini d’oggi, e quindi non solo i malati, hanno bisogno di questi medici, ma ne ha un profondo bisogno anche la Medicina Moderna. In ogni caso, queste caratteristiche teoriche del medico possono lasciare, non tanto i pazienti quanto i medici, un po’ perplessi e stupiti, ma colui che ha in mano la salute e la vita di un uomo non può essere ‘uno qualsiasi’. So bene che queste qualità sono più un dono che una conquista e che è raro ritrovarle tutte in una stessa persona, ma credo che ognuno di noi medici debba almeno sforzarsi quotidianamente di tendere ad esse servendosi di tutti i talenti che gli sono stati concessi.

Ha iniziato 40 anni fa la sua pratica medica. Stiamo meglio o peggio di prima?

Dal mio osservatorio ambulatoriale e ospedaliero direi che la Medicina d'oggi è profondamente cambiata rispetto quella di 4 decenni fa. Abbiamo sicuramente una massa di conoscenze e di ausili tecnico-farmacologici enormemente più ampia e più potente, però il rapporto umano tra medico e paziente è stato sicuramente squalificato e ha bisogno di essere rinnovato. Non possiamo risolvere tutto con i farmaci chimici, perché a volte il paziente ha solo bisogno di una parola, di un sostegno, un consiglio, un incoraggiamento. Anche questa è La Medicina che Vorrei!

Chi vorrebbe che leggesse questo libro?

Credo che ogni autore auspicherebbe che il suo studio e lavoro editoriale venga eletto dal maggior numero di persone. Conosco i miei limiti e non oso tanto, ma mi piacerebbe che questo mio libro venisse a letto da molte persone comuni e che poi queste lo regalassero ai propri medici.

Ora che programmi ha per il futuro?

Ho vari progetti in mente in ogni caso mi sta a cuore che le persone possano crescere in conoscenza e consapevolezza. Per questo ne approfitto per ricordare a tutti che, per chi vuole, può seguirmi sulla mia pagina facebook e iscriversi alla mia newsletter sul mio sito www.robertogava.it, in modo da essere aggiornato su nuovi articoli, libri, convegni, ecc.

1. Il Dr. Roberto Gava si è laureato in Medicina e Chirurgia all'Università di Padova, si è specializzato in Cardiologia, Farmacologia Clinica e Tossicologia Medica, per poi perfezionarsi in Agopuntura Cinese, Omeopatia Classica e Bioetica. Dopo aver lavorato per quindici anni in ambiente universitario, aver scritto due libri di Farmacologia e più di cento pubblicazioni scientifiche, essendosi convinto che il compito di un clinico è quello di scegliere di volta in volta la tecnica terapeutica più appropriata per il suo paziente in modo da poter personalizzare qualsiasi trattamento, sia preventivo che curativo, da quasi trent'anni studia sistematicamente la letteratura scientifica per accrescere le proprie conoscenze scientifiche e per poterle utilizzare nella pratica clinica quotidiana e nei suoi interventi divulgativi. È inoltre convinto che la vera Medicina non sia tale se non può essere Personalizzata e Umanizzata e pensa che questo lo si ottenga solo con una Medicina Integrata dove i saperi moderni e antichi si fondono insieme.

Fonte