Mi ha colpito molto la morte di Gillo Dorfles. Primo, perchè non sapevo che fosse ancora vivo. Secondo, perchè il suo nome mi ha portato a ricordare i miei primi passi verso l'apprezzamento della cultura in senso lato. Fu infatti leggendo il suo libro "Kitsch, antologia del cattivo gusto" - che ancora oggi conservo gelosamente - che cominciai ad aprire gli occhi verso un approccio critico del mondo reale. Mentre iniziavo ad apprezzare la differenza fra "artisticità" e "artefatto" - spiegata da Dorfles in modo magistrale - si introduceva il me il concetto di analisi strutturale, materia per me ignota fino a quel momento.

Poi vennero i libri di Roland Barthes, che con "La camera chiara" e "L'impero dei segni" mi insegnava a "leggere" le immagini ben al di là del loro contenuto plastico e formale.

Poi c'era Jaques Monod, che con "Il caso e la necessità" metteva in discussione le origini naturalistiche della specie umana.

E poi mi piaceva leggere Bertrand Russell, che introduceva in me degli elementi di logica formale assolutamente ferrei ed irrinunciabili, ai quali attingo ancora oggi ogni volta che cerco di attivare il mio cervello.

Eccetera eccetera. Non voglio tediarvi troppo con le mie letture personali, anche perchè ognuno di noi ha fatto un percorso culturale diverso, e quello che è stato valido per me non deve esserlo necessariamente anche per gli altri. Una cosa però si può dire, degli anni '70 - '80 del secolo scorso, e questa vale per tutti: la cultura esisteva, la cultura era in movimento, la cultura formava la società.

Crescere in quegli anni significava confrontarsi con idee diverse, significava poter attingere a fonti culturali diverse, per costruire ciascuno il percorso di crescita individuale che riteneva più adatto ed opportuno.

Ma oggi? Quali possibilità ha di formarsi un ragazzo che cresce nel mondo di oggi?

Da una parte abbiamo Internet, che ti offre mille volte più possibilità di allora di raggiungere le nozioni culturali che più ti interessano. Ma in compenso è scomparsa la sete di sapere, la sete di capire, la voglia di impadronirsi degli strumenti necessari per poter inquadrare il mondo all'interno di una propria visione personale.

Oggi la visione del mondo è unificata, i valori sono già stati fissati da altri, e tu puoi solo decidere se starne dentro o starne fuori. Ma non più realmente modificarli, plasmarli, alterarli. Puoi soltanto accettarli o rifiutarli, ma la maggioranza del consensus è talmente schiacciante che paradossalmente hai meno libertà culturale oggi di quella che avevi ieri.

Oggi i ragazzi sono profondamente ignoranti, non nel senso che mancano di nozioni, ma nel senso che mancano degli strumenti critici per gestire correttamente queste nozioni.

Esiste una possibilità per invertire il senso di questo percorso apparentemente suicida per l'intera umanità?

Massimo Mazzucco