[img align=right]library/GP2-o.jpg[/img][b]GRAZIE WOYTILA [i](Articolo del 2 Febbraio. Commenti nuovi)[/i][/b] Carol Woytila sta per morire. Ottantaquattrenne, già pieno di acciacchi, afflitto dal Parkinson - ma soprattutto stanco dentro - che superi o meno questa crisi polmonare, è probabile che non viva molto più a lungo. Il realtà questa papa è andato morendo già negli ultimi quattro anni, a partire dalla notte in cui inaugurò un nuovo millennio che fino a poco tempo prima non aveva nemmeno osato sperare di vedere. Quella era forse stata l'ultima scadenza terrena che si era prefisso di raggiungere: ci teneva tantissimo ad andare a Gerusalemme per quella data, per unirsi al capo dei rabbini, a quello degli ortodossi e a quello dei musulmani, e ce la fece. Il resto è stata una lenta decelerazione di una carriera importantissima, i cui veri effetti si sentiranno solo nel tempo. Il segno che Woytila ha lasciato nella storia della Chiesa cattolica, sia positivo che negativo, ... ... è stato tutto marcato nel periodo fra il 1989, storica data della caduta del muro, e il duemila appunto, anno carico di un simbolismo che va assumendo proporzioni sempre maggiori man mano che il tempo passa. Anche se le Torri sono cadute nel tardo 2001, fu con l'elezione persa da Al Gore e vinta da George Bush, l'anno prima, che il mondo cambiò decisamente rotta. Gli attentati dell'11 Settembre ce lo avrebbero soltanto comunicato a voce alta. Impossibile tentare di riassumere in poche righe il percorso storico del papa polacco. Più facile forse indicare un paio di momenti significativi, anche perchè il criterio qui diventa personale. Talmente personale che, se mi fosse posta la domanda, io indicherei come passaggio fondamentale del suo papato non il contributo innegabile che diede alla caduta del Muro, non la resistenza all'ammodernamento della Chiesa che ha contrassegnato mille sue decisioni, non gli enormi passi fatti per promuovere un'interfede effettiva a livello mondiale, ma una frase, una semplice frase, che espresse qualche anno fa senza che i più se ne accorgessero: "l'inferno è freddo". Dice Woytila (dalla catechesi "L’inferno come rifiuto definitivo di Dio"): "Ricorrendo ad immagini, il Nuovo Testamento presenta il luogo destinato agli operatori di iniquità come una fornace ardente… [ma] Le immagini con cui la Sacra Scrittura ci presenta l'inferno devono essere rettamente interpretate. Esse indicano la completa frustrazione e vacuità di una vita senza Dio. L'inferno sta ad indicare più che un luogo, la situazione in cui viene a trovarsi chi liberamente e definitivamente si allontana da Dio… L'inferno è gelo, perchè è solitudine interiore, è assenza del divino in noi prima ancora che intorno a noi." Non c'è bisogno di essere credenti per riconoscere la portata storica di questo concetto rivoluzionario, che con tre parole ribaltava secoli e secoli di bieca teologia bacchettona, con tutto quel che ne era stato fatto conseguire. Per la prima volta un papa ha staccato, teologicamente parlando, il giudizio divino dalla figura esteriore, iconografica, del "vecchio padre barbuto sul monte", e lo ha portato dentro l'Uomo. Per la prima volta nella teologia cristiana è l'Uomo causa ed artefice del proprio male come delle sue conseguenze, che il Divino - a questo punto molto meno indispensabile - si limiterebbe a controfirmare con più o meno dispiacere. Woytila forse è stato il portatore di un nuovo Umanesimo spirituale, o forse, paradossalmente, di una spiritualità secolare, fatta finalmente a misura d'uomo. Ma tutto questo se n'è andato col secolo scorso, e se tornerà attuale lo farà soltanto fra molti anni da oggi, poichè prima l'uomo moderno dovrà riuscire a scrostarsi di dosso i molteplici strati di errori madornali che è riuscito ad accumulare in questo brevissimo arco di millennio appena iniziato. A riprova che Woytila rimane un papa "del secolo scorso", vi sono state mille occasioni, in questi ultimi quattro anni, in cui ha cercato inutilmente di far sentire la sua voce a livello mondiale. L'episodio forse più sintomatico avvenne durante il suo viaggio di ritorno dal Centroamerica, nell'estate del 2001, quando si fermò in Texas ad incontrare il neo-eletto George W. Bush, e gli chiese pubblicamente di risparmiare la vita ad un condannato a morte che sarebbe stato ucciso pochi giorni dopo. La richiesta era tanto ampia e simbolica, quanto piccola e brusca fu la risposta di Bush: "Non dipende da me. Il Governatore di questo stato non sono più io". Ma in quelle parole, in quello schiaffo pubblico, così significativo già allora, si può oggi leggere anche un intero Occidente preso in ostaggio da una nuova teologia, quella disumana, cieca e rapace del neoconservativismo PNAC, a discapito di una vecchia teologia, contorta oppressiva ed ambigua finchè vuoi, ma ancora umana. Ecco, forse il Woytila che si spegne lentamente è come il ricordo che tutti abbiamo di un secolo pieno di contraddizioni e di errori da parte di tutti, di vittorie e di sconfitte per tutti, ma ancora, sempre e comunque, a misura umana. Un secolo che è terminato solo da qualche anno, ma che ci sembra ormai distante mille anni luce, prigionieri come siamo di un tempo che di umano non ha più quasi nulla. Sperando che l'inferno non sia già questo in cui viviamo. Massimo Mazzucco [lib]woyt-o.jpg[/img] (L'Osservatore Romano - 29.07.99)