[img align=right]library/rumgo.jpg[/img]Elezioni americane: non hanno vinto i democratici, hanno perso i neocons. Non è bastata la tanto sbandierata condanna a morte di Saddam - definita da Bush addirittura una "vittoria della democrazia" - a salvare un partito che assomiglia sempre di più ad una nave dalla quale i topi saltano giù prima che affondi. La "falla" che imbarca acqua a tonnellate, ormai è chiaro, è l'Iraq, e quella destinata ad andare a fondo insieme alla nave è ovviamente la squadra dei neoncons che l'ha voluta e provocata. Dopo aver tenuto in ostaggio per tanto tempo il paese, tenendo in ostaggio il presidente, i "discepoli di Strauss" hanno esaurito la loro missione primaria, che non era quella di "conquistare il mondo", come tutti credevamo, … … ma di saccheggiare le casse dello stato più ricco del mondo, dopo aver imposto alla nazione una politica di "conquista globale" grazie all'undici settembre. Basta solo pensare al fatto che i soldati americani erano costretti a blindarsi da soli delle jeep di cartapesta, e a farsi mandare da casa un giubbotto antiproiettile, se non volevano crepare al primo scoppio di una bomba - perchè Rumsfeld non glielo pagava - per capire quanto "amore" e quali preoccupazioni potesse provare quell'uomo per i ragazzi che mandava così disinvoltamente a "difendere la libertà". Ora Rumsfeld va a casa, e lascia i soldati che ha sparpagliato per il deserto abbandonati a una missione che senza di lui perde anche quel poco di senso che le era rimasto. Senza più un' "ideologia" che in qualche modo illuminasse il loro cieco cammino, e gli facesse accettare condizioni altrimenti inaccettabili, ora rimangono solo degli stupidi ragazzoni sudati, spaesati, e incazzati, ostaggio del caldo, della fatica, e dell'odio di un paese che hanno invaso senza nemmeno capire perchè. Sarà qualcuno molto meno in vista di Rumsfeld, molto più pratico e discreto, a fare lo "sporco lavoro" di riportarseli a casa uno per uno, senza dare l'impressione di aver perso una guerra che davano già tutti per vinta, esattamente come nel caso del Vietnam. Che era poi quello che Kerry aveva già suggerito due anni fa, durante la sua campagna presidenziale contro Bush. Ma allora la cappa di insanità mentale sotto la quale Cheney era riuscito a tenere il paese, dal dodici settembre in poi, era ancora abbastanza integra da permettergli di portare a casa quel secondo mandato di cui i neocons avevano tanto bisogno per completare la razzia in corso. Non è un caso infatti che le elezioni di ieri negli stati-chiave, che sono costate ai repubblicani anche il Senato (la Camera era già data per persa da tempo), non siano state affatto delle vittorie dei democratici, ma sonore sconfitte dei candidati repubblicani, dovute a scandali di ogni tipo, colore e dimensione. Si va dal senatore Foley della Florida, travolto dallo scandalo dei messaggi erotici mandati ai paggi del Senato, al senatore Burns del Montana, pizzicato con in bocca un assegno da $ 150.000, firmato, purtroppo per lui, da quel Jack Abramhoff amicone di Bush che è finito in galera dopo aver confessato di aver pagato mazzette milionarie a mezza America I democratici, ancora doloranti per le bastonate di due anni fa, non hanno più commesso l'errore di attaccare l'amministrazione Bush sull'Iraq, perchè si sarebbero di nuovo sentiti dare degli antipatrioti da Cheney, rischiando nel frattempo di offuscare la vista agli americani su quello che davvero succede laggiù, e che ormai è evidente per tutti. Hanno lasciato quindi che le immagini dall'Iraq facessero il loro lavoro, e hanno puntato tutto sulla "politica della corruzione" dei repubblicani, facendo centro pieno: i candidati di Bush sono puntualmente affondati tutti, nessuno escluso. Che cosa cambia, ora? Tutto, e niente, si direbbe. A parte un prevedibile stallo legislativo, dovuto al muso a muso che spesso si verificherà fra Parlamento e Presidenza (gridlock), è presto per capire che strada prenderà l'America da oggi. Diciamo per ora di aver vissuto il primo giorno di un'era che volge ormai chiaramente al tramonto, e questo di per sè è già tutt'altro che poco. Massimo Mazzucco