È finita la luna di miele fra Barack Obama e il sogno di riuscire a mandare avanti il paese con quell'appoggio realmente “bipartisan” che il presidente ha detto di voler cercare sin dal primo giorno della sua candidatura. Dieci intense giornate di manovre e contro manovre, una legge sul rilancio economico che è andata e tornata più volte fra Camera e Senato, e alla fine Obama si è ritrovato a veder passare il suo “stimulus package” da 800 miliardi di dollari, con l’appoggio di tre repubblicani soltanto. Questo non ha rappresentato un problema rispetto alla maggioranza numerica, che è nettamente dalla parte democratica, ma ha rappresentato uno smacco notevole per il neo-presidente, che ha dovuto lottare, paradossalmente, più con i suoi democratici che con gli stessi repubblicani. È stata infatti Nancy Pelosi, capo del gruppo democratico alla Camera, a infarcire la nuova legge con così tanti progetti di tipo "sociale", che ha finito per rendere impossibile ai repubblicani di convergere su di essa, senza scavarsi la fossa a casa loro, per la rielezione. I parlamentari americani infatti raramente votano secondo coscienza, mentre lo fanno quasi sempre in ragione della reazione che avranno i cittadini del proprio stato, … … che li hanno eletti, e che li aspettano al varco al turno seguente. Era molto difficile quindi, per un repubblicano, votare un progetto di legge che contenesse miliardi di dollari destinati a ospedali o scuole pubbliche, quando sappiamo bene che i repubblicani, se solo potessero, ne farebbero a meno del tutto. A loro volta i democratici non vedevano l'ora di tornare a casa ed esibire come trofeo qualche centinaio di migliaia di dollari ottenuti per la scuola locale. Ma una coperta che abbondi da ambeduie i lati non l'hanno ancora inventata, e Obama l'ha imparato sulla propria pelle. In realtà la sua l'idea non era malvagia: investire pesantemente nelle infrastrutture - scuole, ospedali, uffici pubblici, ponti, autostrade - visto che questo può dare lavoro immediato a qualche milione di disoccupati, mentre i frutti di questo investimento tornerebbero comunque a vantaggio della nazione, nel corso del tempo. Ma i repubblicani, come sappiamo, hanno la vista corta, e a loro del futuro, da dopodomani in poi, interessa molto poco. Alla fine Obama ha costretto la Pelosi a rinunciare ad alcuni dei suoi "sogni nel cassetto”, ma ha incassato soltanto 3 voti da parte dei senatori avversari. Uno di loro, Arlen Specter, ha detto di essere perfettamente cosciente che questo voto gli costerà la rielezione, a casa propria. (In fondo, Specter può anche permetterselo: è in pista dal 1963, quando inventò la teoria del “proiettile magico” che riuscì a salvare la Commissione Warren da una figuraccia, dopo che si era ritrovata con soli tre proiettili in mano, un assassino che non sapeva sparare, e almeno una dozzina di ferite da spiegare). Alla domanda dei giornalisti, che gli chiedevano un commento su questo evidente fallimento della strategia bipartisan, Obama ha risposto che "ci vuole tempo. È difficile togliere alla classe politica certe abitudini che si trascinano da decine di anni, ma la strada rimane quella, e con il tempo ci riusciremo”. Ma Obama da oggi viaggia con i piedi ben piantati per terra, e se non starà più che attento, nel fare mosse troppo ambiziose, l'uomo che voleva tornare a legalizzare la cannabis rischia di venire “fumato” dai suoi colleghi come una sigarettina qualunque. Massimo Mazzucco