Notizie e riflessioni su una delle più grandi "false flag" del 1939

di Enrico Voccia

Assai spesso, discutendo dell'11/9, alle critiche alla Versione Ufficiale dei Fatti si risponde opponendo l'idea che un coinvolgimento dell'amministrazione USA negli avvenimenti è molto improbabile, in quanto il numero di persone che avrebbe dovuto essere coinvolta sarebbe dovuto essere molto alto, che il paese è piccolo e la gente mormora e che prima o poi qualcuno avrebbe vuotato il sacco. Alcuni a questo genere di obiezioni rispondono con un approccio empirico, mostrando che questo numero non doveva essere chissà quanto elevato. Altri, che sostanzialmente si riconoscono in quest'approccio, mettono inoltre in evidenza il fatto che “vuotare il sacco” significherebbe, per la persona che lo facesse, un bel viaggetto dritto, se gli va bene, verso un processo che si concluderà con la pena capitale, se gli va male, verso il linciaggio.

Seguendo l'approccio teso a ridimensionare il numero di persone che avrebbero preso parte all' "inside job" dell'11/9, l'esempio storico più calzante è certo quello dell'incendio del Reichstag.

Oggi, il ritrovamento di vari documenti probatori e le confessioni al Processo di Norimberga, ci permettono, infatti, di ricostruire l'evento in questi termini: nel 1933 un piccolo gruppo di nazisti, al massimo una decina, ... ...collegati al numero due del regime Goering, progettano l'azione come una classica provocazione (un attentato al simbolo della nazione tedesca ed anzi delle sue istituzioni democratiche, da attribuire alla sinistra comunista); durante la fase della sua organizzazione, hanno un colpo di fortuna insperato (trovano un demente alcolista dal passato comunista che, nei suoi deliri alcolici, grida a destra e a manca di voler incendiare proprio il Reichstag); mettono in atto l'azione e, ciliegina sulla torta, lasciano sul luogo del delitto il demente alcolista che verrà poi accusato e giustiziato; sin dai primi secondi dell'evento fanno partire la campagna di disinformazione volta ad accusare i comunisti dell'attentato.

Sempre dalla storia del nazismo, però, è possibile analizzare con la stessa esattezza storica un'altra false flag che ha implicato un numero ben più alto di persone a conoscenza degli eventi: il finto attacco alla Germania da parte dell'esercito polacco che servì da giustificazione, nel 1939, al vero attacco dell'esercito nazista contro la Polonia, avvenimento che diede il via alla Seconda Guerra Mondiale. Analizzare quest'evento ci permetterà di capire come una false flag sia perfettamente costruibile anche dovendo coinvolgere un gran numero di persone.

La storia inizia il 24 novembre 1938 con un rapporto “segretissimo” di Hitler ai comandanti in capo delle forze armate: “(...) si devono compiere dei preparativi per l'occupazione (...) un'azione semirivoluzionaria in Danzica per approfittare della situazione politica favorevole, non una guerra contro la Polonia” (corsivi presenti nel rapporto stesso). In altri termini, il partito nazista polacco avrebbe dovuto dar luogo ad una serie di attentati e sanguinosi scontri di piazza per dare alla Germania ed all'URSS l'occasione di un “intervento umanitario”, volto a salvare la Polonia dal caos. Si trattava dello stesso piano utilizzato per la questione dei Sudeti e, di lì a poco, i mass media nazisti cominciarono a suonare la grancassa su pretese oppressioni della popolazione di lingua tedesca, ma, nei mesi seguenti, l'intelligente e tempestiva azione della polizia polacca impedì la libertà d'azione dei filonazisti polacchi e costrinse Hitler ad escogitare un piano diverso: il “Caso Bianco”.

Questo nasce il 3 aprile 1939, con un ulteriore rapporto “segretissimo” rivolto ai capi delle forze armate: si tratta di un dettagliato piano d'attacco militare classicamente inteso contro la Polonia, da effettuare a partire dal 1° settembre, dove veniva ancora citata “una situazione politica favorevole”.

Il 28 aprile, in un suo discorso, Hitler comincia ad accusare la Polonia di stare mobilitando le sue truppe, sobillata da Francia e Gran Bretagna, per attaccare la “pacifica” Germania: questo tema, da quel momento, cominciò ad essere ossessivamente ripetuto dai mass media tedeschi fino ed oltre l'invasione della Polonia.

Dai primi di Maggio, cominciarono ad essere fatte entrare clandestinamente in Polonia armi (tra cui persino sedici cannoni, di cui quattro di grosso calibro) ed ufficiali dell'esercito tedesco. Gli invii di materiale bellico ed uomini proseguirono per i mesi seguenti, ed a metà di Agosto giunsero centocinquanta uniformi dell'esercito polacco. Parallelamente, venne anche progettato l'assassinio dell'ambasciatore tedesco come pretesto per la guerra, cosa che però venne accantonata a favore dell'“attacco” polacco.


"Operazione Himmler"

L'“aggressione” polacca prese il nome di “operazione Himmler”. Le SS avrebbero inscenato un finto attacco polacco alla stazione radio tedesca di Gleiwitz, impiegando alcuni internati di un campo di concentramento travestiti da soldati polacchi, offrendo così il pretesto per la guerra.

L'operazione venne messa in atto da Canaris (che, pur non dicendo di apprezzare “azioni di tal genere” non si tirò effettivamente indietro), Keitel, Himmler, Heydrich ed Obersalzberg.

A dirigere le operazioni sul campo venne scelto un giovane elemento dei servizi segreti, Alfred Helmut Naujocks, che già dal marzo contrabbandava esplosivi nella zona “per creare incidenti”.  Il 22 agosto, davanti ai suoi generali, Hitler affermò testualmente: “Quanto alla propaganda, troverò qualche spiegazione per lo scoppio della guerra. Non importa se plausibile o no, Al vincitore non verrà chiesto, poi, se avrà detto o no la verità”.

Naujocks effettuò una dichiarazione giurata al Processo di Norimberga, dalla quale sappiamo che, il 1° settembre 1939, l'azione fu effettivamente svolta in vari luoghi della frontiera polacca, lasciando sul luogo decine di cadaveri di detenuti precedentemente travestiti da soldati polacchi e trasmettendo dalla radio di Gleiwitz una trasmissione radio che descriveva il finto attacco. Nei giorni precedenti, la propaganda sulle “provocazioni polacche” era giunta al parossismo. I giornali titolavano: “Polacchi pazzi e sanguinari contro la pace e la giustizia in Europa”, “Varsavia minaccia di bombardare Danzica”, “Caos completo in Polonia”, “Famiglie tedesche fuggono”, “Truppe polacche premono alla frontiera tedesca”, “Tre aerei civili fatti segno al fuoco polacco”, “Fattorie tedesche date alle fiamme”, “La Polonia mobilita un milione e mezzo di uomini che si dirigono verso la frontiera”, ecc., in un esemplare meccanismo di invenzione mediatica della realtà.

Lo pseudo-attacco polacco venne utilizzato come pretesto per il vero attacco tedesco e preso per vero persino da molti mass media occidentali (il caso più eclatante è il New York Times del 1° settembre 1939) ed utilizzato senza remore dalla propaganda nazista per tutta la durata della guerra, persino durante gli incontri diplomatici con chi si sapeva benissimo conoscere la realtà dei fatti.

Quante persone sapevano della realtà delle cose in Germania, a parte i vertici nazisti? Evidentemente, alcune centinaia, se non migliaia di militari ed agenti dei servizi; sospetti a parte, la realtà delle cose non venne però a galla se non dopo la fine della guerra.

Abbiamo già visto cosa pensasse Hitler in merito: la realtà delle cose non verrà mai rinfacciata al vincitore. Ciononostante, per alcuni mesi l'esito della guerra in Europa fu incerto e la schiacciante vittoria iniziale delle truppe tedesche nel 1940 non era affatto scontata: per la propaganda nazista sembrò determinante mantenere in piedi la bufala. Si falsificarono tutti i documenti interni per togliere da essi ogni riferimento all'operazione Himmler e, secondo la testimonianza del Generale Lahousen, resa al Processo di Norimberga, “vennero tolti di mezzo” la gran parte degli uomini implicati nella sua esecuzione materiale: una strage in nome della Ragion di Stato paragonabile per dimensioni alla “Notte dei Lunghi Coltelli”, di cui, però, si parla pochissimo.

Insomma, sappiamo dalla storia dell'Operazione Himmler che una false flag coinvolgente un numero enorme di uomini è stata realizzata nella storia e con iniziale successo, venendo effettivamente scoperta solo dopo il crollo del regime che l'aveva organizzata.  I modi, sia pure un po' sbrigativi, per gestire un relativamente alto numero di uomini coinvolti in una false flag ci sono e sono stati effettivamente utilizzati nel corso delle vicende umane, per di più da parte di persone appartenenti ad un servizio segreto che, successivamente, è stato in larga parte integrato in quello USA in funzioni di “comuni ideali” anticomunisti. L'obiezione che operazioni del genere non possano essere tenute segrete a lungo, pertanto, non ha consistenza.


Enrico Voccia (Shevek)