Movimento 5 Stelle. Ovvero, l'arte di spararsi nei coglioni.

La cancellazione da parte di Di Maio del confronto con Renzi, prevista per martedi sera su LA7, è stato un suicidio politico della miglior specie. Difficilmente si può immaginare un uomo politico che riesca a farsi così tanto danno in un colpo solo.

Con una mossa da grande scacchista Di Maio era riuscito ad ingabbiare Renzi in un confronto diretto, senza se e senza ma. Talmente astuta e azzardata era stata la mossa di sfidarlo pubblicamente, che il buon Renzi non ha avuto altra scelta che accettare. E ora tutta l'Italia si pregustava già uno showdown all'americana, uno di quei confronti diretti che di solito lasciano vivo sul campo un solo concorrente. Uno vince, e l'altro viene portato via in barella fra i fischi del pubblico accalorato.

In un confronto diretto, Di Maio avrebbe finalmente potuto accusare Renzi di tutte le bugie che ci ha raccontato negli ultimi 3 anni. Avrebbe potuto rinfacciargli il fatto di aver aiutato le banche ma non i suoi risparmiatori. Avrebbe potuto sbattergli in faccia il fallimento della sua politica sul lavoro, con il 92% dei "nuovi contratti" che sono in realtà delle garanzie di precarietà. Avrebbe potuto metterlo alle strette, accusandolo di regalare bonus elettorali a destra e a manca, pagandoli con un incremento vergognoso del debito nazionale. Sarebbe stato come sparare nel mucchio: c'era solo da scegliere l'argomento preferito, e premere il grilletto.

In poche parole, il candidato premier Di Maio, con una battaglia ben preparata a tavolino, avrebbe potuto facilmente spostare un buon 2-3 % dell'elettorato a proprio favore, e a diretto discapito del Partito Democratico.

Saremmo quindi potuti andare al dibattito con un 28 a 26 di partenza (più o meno gli attuali sondaggi nazionali) ed uscirne il mattino dopo con un tranquillo 31 a 23.

Vi sembra poco, in meno di 24 ore?

Ma, invece di approfittare di una opportunità così ghiotta (e probabilmente irripetibile), Di Maio ha preferito giocare la carta della presunzione: "Renzi nel PD non conta più niente - ha detto in buona sostanza - io voglio solo confrontarmi con un mio equivalente".

E così in queste ora si sta prendendo del vigliacco e del voltagabbana dai piddini, oltre che dell'arrogante e presuntuoso da moltissime altre persone.

In fondo, quanto conti oggi Renzi nel PD è un problema interno del partito democratico, e non sta a Di Maio di decidere la sua importanza politica. Fino a prova contraria, Renzi è il segretario del PD, votato regolarmente, e rimane anche il candidato premier, almeno fino a nuovo ordine.

E siccome è stato Di Maio a chiedere il confronto giovedì scorso (quando già si sapeva che il PD sarebbe uscito bastonato dalle elezioni siciliane), non può dire ora che non vuole più incontrarlo, solo perchè ha perso in Sicilia. Lo sapevamo tutti che avrebbe perso. E quindi?

In questa mossa di Di Maio c'è stata tanta presunzione quanto c'è una vera mancanza nel saper leggere quelli che sono gli umori della popolazione. Pur di rimarcare la sconfitta di Renzi con questo suo dietro-front plateale, Di Maio ha perso l'oppurtunità di dimostrare agli italiani che i 5 Selle al governo sarebbero davvero meglio di tutto coloro che li hanno preceduti.

Davvero c'è qualcuno che può pensare che il gioco sia valso la candela?

Massimo Mazzucco