[Maurizio Blondet esplora il "lato B" del caso Finkielkraut]

di Maurizio Blondet

“Il più pericoloso antisemitismo è tornato nel cuore dell’Europa…E’ la stessa feroce dinamica da cui si originavano i pogrom in Russia ai tempi degli zar, in Germania al tempo dei nazisti, nei paesi arabi – da Baghdad a Tripoli – negli anni Quaranta e Cinquanta”.

Così il direttore della Stampa Maurizio Molinari ha voluto dedicare un fondo di suo pugno alla aggressione (verbalmente) antisemita che i Gilet Gialli hanno diretto ad Alain Finkielkraut, un nouveau philosophe che tiene una rubrica settimanale France Culture, radio pubblica, dove parla solo per difendere Israele ed attaccare, insultare e schernire i cittadini francesi di discendenza maghrebina.

L’anti-islamismo primario a sfondo razzista è la costante degli interventi di Finkielkraut. Si è detto urtato da “l’accent des beurs”, ossia dall’accento maghrebino (beur è una forma offensiva).

Ha proclamato che gli animali “sono più sensibili degli abitanti delle banlieues”, tra i quali imperano “il sessismo e l’antisemitismo”.

“Mettere milioni di musulmani su una nave” ed espellerli è un proposito enunciato da Eric Zemmour (un altro intellettuale…) su cui Finkielkraut si è detto “certamente non scandalizzato”

Insomma si capisca il tipo: un provocatore, un po’ sul modello da noi del vecchio Vittorio Feltri, su posizioni ultra-sioniste e islamofobe, che parla dalla radio pubblica.

Questo è importante per capire la cosiddetta “aggressione antisemita” che ha subito, in favore di telecamere, e che (sia detto tra parentesi) ha tutta l’aria di una scena artefatta: chiunque può indossare un gilet giallo e recitare una parte in commedia.

Così come sarà possibile dubitare dei “casseurs” che a Bordeaux, approfittando della fine della manifestazione dei Gilet Gialli nell’Atto 14mo, spaccano arredi urbani e rovesciano una Mercedes: in nero e faccia nascosta, tipici black bloc – pari a quelli che vedemmo a Genova in un luglio 2001. L’estrema sinistra sempre a servizio del capitalismo, o agenti del potere costituito.

Ma i media, Macron, il suo ministro degli interni, sono balzati su questo micro-episodio: l’identificazione dei Gilet Gialli con l’antisemitismo nazista serve a delegittimarli radicalmente, e giustifica che le loro richieste sociali e fiscali non vengano ascoltate. A vedere le tv francesi, i giornali francesi, gli intellettuali “moderati” – e al seguito La7, Il Foglio e La Stampa, ossia i mezzi neocon fra noi – sembrava che le SS del Quarto Reich stessero scatenando un pogrom nel centro di Parigi.

Gli stessi intellettuali che sostengono i Gilet Gialli si sono sentiti in dovere di prendere le distanze. “Cose simili sporcano il movimento, tradiscono il suo spirito originale e rendono impossibile il compito a quelli che si sforzano di difenderli”, ha scritto Coralie Delaume.

Per 24, 48 ore, unanime la condanna. Corale. Assordante. Totalitaria.

Anche se lo stesso Finkielkraut, intervistato a caldo, ha sminuito:”No, non ho sentito l’espressione sporco ebreo di merda [tutti i media l’hanno strillato] …a cominciare non è stato un Gilet Giallo ……Era un tipo con un po’ di barba, mi ha detto “Dio ti punirà”, una frase da retorica islamista…”

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