LE SQUADRE SONO FATTE Alla fine Kerry ha optato per Edwards come suo “running mate” alle presidenziali. Lo ha annunciato ieri mattina a Pittsburgh, in Pennsylvania, dopo aver creato una intelligente tensione sull’argomento, che gli ha consentito di essere al centro dell’attenzione dei vari network per tutta la giornata. Difficilmente poteva fare una scelta migliore, e senza dubbio è stata molto meditata. Lo stesso concorrente che gli aveva dato il maggior filo da torcere durante le primarie, è stato selezionato da una lista di venticinque papabili, tra cui spiccavano nomi di rilievo come quello dell’onnipresente Hilary Clinton, o del leader democratico Dick Gephardt. Una scelta intelligente poichè che gli consente di ricompattare la base elettorale, in vista di una campagna lunga e difficile, e soprattutto di guadagnare i consensi in alcuni stati-chiave del Sud, dove la vittoria tra Kerry e Bush sarà decisa da una manciata di voti. Nato in South Carolina, ed eletto per la prima volta senatore nel North Carolina, Edwards è un uomo che non fa nulla per mascherare il suo caratterisctico accento del Sud. Può così compensare quel difetto genetico-culturale che non rende troppo gradito John Kerry, ricco "lord" del New England, ad un popolo che non elegge un presidente nordista dall’epoca di Kennedy. Troppo raffinato, troppo colto, .... ... troppo europeo – anzi, “francese”, è stato definito con malizia dagli “spinner” repubblicani - specie se confrontato alla rozzezza da vaccaro che caratterizza il suo avversario texano. Inutile dirlo, agli americani gli uomini troppo sofisticati non sono mai piaciuti. Loro preferiscono il machismo dei cow-boy che parlano il linguaggio della gente comune. Da questo punto di vista Kerry partiva svantaggiato, ed aveva bisogno di un uomo col giusto registro per arrivare agli elettori del Sud. Non che Edwards non sia raffinato, ma ha saputo conservare quel tocco di “campagnolo” tipico di quelle parti, diventando così la perfetta icona americana: il figlio di un operaio che grazie alla forza di volontà e ai sacrifici del padre riesce a laurearsi e a diventare avvocato di successo, che fa i miliardi difendendo i deboli e gli sfruttati. È la dimostrazione che l’American Dream può diventare realtà; un vero asso nella manica per Kerry che oggi, dopo averlo attaccato per mesi (ma rientra nel gioco dei ruoli), lo osanna affermando di non riuscire a esprimere a parole quanto sia fiero di averlo al suo fianco, e quanto sia ansioso di vederlo in un faccia a faccia mediatico con il suo diretto concorrente Dick Cheney, che oggi educatamente lo ha chiamato per complimentarsi e per dargli il benvenuto nella campagna elettorale. Anche il mondo del lavoro sarà contento della scelta, non avendo mai nascosto le proprie simpatie per il giovane Edwards (ha appena 51 anni), che tra i suoi primi atti, quando concorreva alle primarie, aveva annunciato la volontà di riformare il Nafta, il Trattato di libero commercio Nordamericano, che fa emigrare in Messico posti di lavoro sotto-pagati e sotto-garantiti. Paradossalmente, con la scelta di Edwards, Kerry si rafforza alla sua sinistra (si fa per dire), una cosa che fino all’ultimo avrebbe voluto evitare, tanto che arrivò anche a flirtare con il senatore repubblicano John McCain, al quale fu offerta la possibilità di cambiare sponda e di correre come vice contro Bush e Cheney. Ora i giochi cominciano a definirsi, e i due dovranno faticare molto, malgrado la scarsa intelligenza dei loro avversari, per guadagnarsi la fiducia degli americani (a loro volta non molto più acuti, almeno nella media). Dovranno anche ricucire un rapporto con il popolo minoritario - ma rilevante - dei pacifisti, dal momento che entrambi hanno sostenuto la guerra in Iraq e votato le leggi "fascistissime" incluse nel Patriot Act. Così come dovranno interagire con il crescente movimento omosessuale, con il quale hanno un rapporto discreto, per quanto entrambi si siano detti contrari ai matrimoni gay, ma favorevoli alle unioni civili. La partita si preannuncia a tutto campo. Fabio de Naris