Mi ha molto colpito la distanza abissale che passava fra gli argomenti per le prove scritte negli esami di maturità di oggi: una versione di Seneca dal latino all'italiano per il liceo classico, un teorema sulla bicicletta con le ruote quadrate per il liceo scientifico.

Sembra quasi che i due test si rivolgessero a persone completamente diverse fra loro. Che cosa possono avere in comune una persona che sa tradurre dal latino, e una che sa calcolare la tangente di una ruota quadrata?

L'esercizio di traduzione di un pezzo come "Il valore della filosofia" [il testo di Seneca] richiede la familiarità con concetti filosofici, astratti e imponderabili. Bisogna saper giostrare nel proprio cervello frasi principali e frasi subordinate, bisogna saper capovolgere la struttura interna della frase, per trovarne il senso compiuto. Bisogna saper scegliere sul vocabolario fra dieci significati diversi, per comprendere l'esatta intenzione dell'autore nell'utilizzo di una certa parola. E in fondo il tuo esercizio di traduzione sarà sempre passibile di interpretazione, perchè una certa frase può voler dire una certa cosa, ma basta spostare una virgola e può anche volerne dire un'altra. (Vedi il famoso "Ibis, redibis, non morieris in bello").

L'esercizio di matematica invece richiede la conoscenza di regole ferree e immutabili, che possono dare mille risultati sbagliati (se applicate erroneamente) e uno solo giusto, se applicate correttamente. Il risultato dell'esercizio non sarà mai in discussione, e non sarà certo soggetto ad interpretazioni. O è giusto, oppure è sbagliato. Per dirla sempre con il latino, tertium non datur.

Quindi, che ci azzeccano le due prove una con l'altra? Perchè debbono essere giudicati parimenti maturi due studenti che siano in grado di svolgere due compiti così profondamente diversi fra loro?

Ma soprattutto, la domanda iniziale si può capovolgere: che cosa possono avere in comune una persona (lo studente del classico) che non sa minimamente calcolare la tangente di una ruota quadrata, e una (lo studente dello scientifico) che non sa nemmeno da che parte iniziare per tradurre Seneca dal latino?

Io ho fatto il liceo classico, e mi trovo a mio agio con i ragionamenti e con l'applicazione dei concetti in generale. Ma mi sento terribilmente menomato nel momento stesso in cui debbo calcolare l'angolo di rifrazione della luce sulla sabbia lunare. (E Dio sa quanto mi servirebbe saperlo fare, in questo momento!)

Altri - presumo - fanno ballare tangenti, proiezioni e ipotenuse come se fossero scimmiette addestrate, ma poi magari faticano a tenere insieme ragionamenti astratti di più largo respiro.

Perchè a scuola non ci insegnano tutte e due le cose, ovvero sia a ragionare con concetti aperti, di tipo filosofico, che a gestire concetti chiusi, di tipo matematico?

In fondo, pur essendo diversificato nelle materie, l'esame di maturità dovrebbe avere uno scopo comune, che mette sullo stesso livello tutti gli studenti: quello di stabilire se ciascuno di loro sia "maturo", in termini generali, per entrare a far parte della società adulta.

E invece sembra quasi che la differenziazione scolastica sia solo un modo, da parte della società adulta, per selezionare già in partenza i vari studenti predestinati - separatamente, e ciascuno al proprio livello - a svolgere senza intoppi il ruolo che la società stessa ha già deciso di assegnargli.

Massimo Mazzucco